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Autore: reilin    10/07/2011    3 recensioni
Era però il momento prima di coricarsi, quando la grande casa silenziosa era stata rassettata, che fra quelle mura gelide e buie la sua solitudine sembrava urlare fino a farle perdere completamente il senno. Guardava e riguardava quel letto tanto grande, nel quale nessuno l’aspettava per darle compagnia, e la voglia di dormire svaniva in un istante. Seguendo il consiglio di Francis, buttava giù due o tre bicchierini di qualcosa di forte, con la speranza di stordirsi, di attutire il dolore che provava proprio al centro del petto e che non le dava pace.
{Prungary}{Dedicata ad _Ayame_chan}
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Prussia/Gilbert Beilschmidt, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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white demon love song

White Demon Love Song


      

 

Non sapeva se era la forza dell’abitudine o quella della disperazione che ogni sera la spingeva a ripercorrere gli stessi passi della notte precedente, alla ricerca di un conforto che la stordiva al punto da ottenebrarle mente e cuore.
Ogni sera, lui trovava sempre un ottimo motivo per defilarsi da casa loro, col suo solito innato garbo ed educazione, subito dopo cena… Già, quelle poche volte nelle quali ancora si ricordava di avere una casa cui fare ritorno, quando la sua musica o lei non voleva sapere cosa o chi altro lasciavano un po’ di spazio, affinché lui si ricordasse che la sua compagna era sempre lì in cucina ad aspettarlo.
Ogni sera, sempre più spesso, consumava in silenzio e fra lacrime amare, pietanze prelibate, cucinate in gran quantità e destinate ad essere condivise con il suo uomo, ormai sempre più latitante da quelle quattro mura.
Era però il momento prima di coricarsi, quando la grande casa silenziosa era stata rassettata, che fra quelle mura gelide e buie la sua solitudine sembrava urlare fino a farle perdere completamente il senno. Guardava e riguardava quel letto tanto grande, nel quale nessuno l’aspettava per darle compagnia, e la voglia di dormire svaniva in un istante. Seguendo il consiglio di Francis, buttava giù due o tre bicchierini di qualcosa di forte, con la speranza di stordirsi, di attutire il dolore che provava proprio al centro del petto e che non le dava pace. Sapeva ormai che riempirsi di alcool non l’avrebbe aiutata a trovare la calma, anzi, accresceva in maniera indicibile la sua irrequietezza ed il suo senso di insoddisfazione. Era in quel momento che, complici i vapori dell’alcool che la privavano dei suoi freni inibitori, compiva gli stessi gesti, i medesimi passi che la conducevano sera dopo sera, senza neanche realizzare davvero come, a bussare alla porta dell’unica persona al mondo che sembrava realmente comprendere il suo dolore e la sua frustrazione nell’essere rifiutata.
Nella casa di lui si respirava la stessa aria di cupa solitudine a cui lei era ormai abituata: ognuno poteva leggere negli occhi dell’altro una tristezza inesprimibile a parole. Lui la invitava ad entrare e si sedevano lì, sul divano in pelle verde, una di fianco all’altro, in silenzio. Passavano così interminabili minuti, nei quali ognuno dei due sembrava troppo assorto a guardarsi attorno o a rimirare la punta delle proprie scarpe, per dire o fare qualsiasi cosa. Poi lui d’un tratto ritornava conscio dei doveri di un padrone di casa, così si alzava e spariva nel buio della stanza accanto, per poi tornarne fuori poco dopo con una bottiglia di vino rosso d’annata e due calici.
“Altro alcool”, si diceva lei ironicamente, sogghignando, e mentre lui stappava la bottiglia e versava il vino, cercava di intavolare una conversazione banale sul tempo o su quello  che avevano mangiato a cena.
Entro una manciata di minuti, come ogni sera, quella innocua discussione si sarebbe trasformata nell’ennesimo sfogo disperato dell’infelicità di lei che, fra le lacrime, ancora una volta avrebbe rimpianto i giorni spensierati della sua infanzia nei quali credeva di esser un maschio ed insieme giocavano a tirare di spada.
Lei non poteva fare a meno di ripetergli quanto avrebbe voluto ancora essere considerata un uomo, proprio come faceva lui in quei tempi ormai lontani. Lo sguardo cremisi del ragazzo indugiava sulla figura della giovane donna: avrebbe voluto dirle che mai, nemmeno quando erano piccoli, lui l’aveva mai considerata un uomo, e che anzi sempre aveva trovato in lei la donna perfetta da desiderare ed amare. Sapeva benissimo, però, che una simile esternazione l’avrebbe fatta fuggire all’istante, distruggendo in un attimo quello strano legame che era nato fra loro in quegli ultimi giorni, e lui non voleva assolutamente che ciò accadesse! Avrebbe taciuto, avrebbe tenuto chiuse dentro di sé quelle parole e quei sentimenti che lei non desiderava conoscere e si sarebbe avvicinato a lei nell’unico modo che gli era concesso, da qualche tempo a questa parte.
 
Mi sono innamorato di te
Perché non potevo più stare solo
Il giorno volevo parlare dei miei sogni
La notte parlare d’amore...

 

 

Le iridi di rubino dell’albino si piantarono in quelle color smeraldo dell’ungherese, mentre le sue dita nivee giocherellavano con le onde dei capelli della ragazza.
“Ironico che mi sia concesso esprimere ciò che provo per lei solo in questo modo e non con le parole…”, si ritrovò a pensare Gilbert Beilschmidt mentre la sua mano tracciava il profilo del viso di Elizaveta Herdèvary fino a sollevarlo verso il suo, reclinava il capo e poggiava le sue labbra su quelle della giovane.
«Gilbert…», sentire il suo nome pronunciato da lei riusciva sempre ogni volta a dargli i brividi.
Ancora non aveva ben compreso per quale grandioso miracolo Eliza non solo non respingeva i suoi baci, ma anzi rispondeva ad essi con una passione ed un trasporto che Gilbert aveva creduto potessero esistere solo nei suoi sogni migliori.
L’ungherese si stringeva sempre più intensamente al prussiano, le sue dita si divertivano a scompigliarne i capelli color argento e a solleticargli la nuca, mentre i suoi baci diventavano sempre più profondi ed ardenti, facendogli perdere del tutto la testa.
Gilbert aveva un odore ed un sapore così buono: quando la teneva fra le sue braccia era come se non esistesse niente e nessuno al mondo: c’erano solo loro due ed il desiderio di stare bene fra loro. Questo pensava Eliza mentre le sue esili dita passavano in rassegna uno per uno i bottoni della camicia del giovane, slacciandoli e facendo spazio a quella pelle candida e liscia come l’alabastro, sotto la quale si agitavano possenti muscoli, scattanti ad ogni sua sollecitazione.
I respiri di entrambi diventavano sempre più corti, mentre Gilbert, scivolando a baciarle il collo, iniziava a slacciarle il corpetto del vestito. Anche quella sera il loro gioco si era spinto troppo in là per poter tornare indietro: lui la baciava ancora una volta sulla bocca con intensa passione, prima di prenderla fra le braccia e di portarla nella sua stanza da letto. Lei si lasciava docilmente prendere in braccio da lui, percorrendo con le labbra il profilo del suo collo, mentre lui camminava per corridoi bui fino a posarla delicatamente sul suo letto. Gilbert ed Eliza si scambiavano un compiaciuto sguardo di intesa, mentre si univano nell’ennesimo abbraccio e si scambiavano l’ennesimo bacio infuocato.
Come attori di un copione che non si sarebbero mai stancati di recitare, continuavano a scambiarsi carezze e baci sempre più languidi, ad assaporarsi l’un l’altra fino a diventare una cosa sola, abbandonandosi completamente al piacere, godendone, fino a rimanere senza un briciolo di forze, spossati ma sorridenti, addormentandosi docilmente l’uno fra le braccia dell’altra.
 
Era ancora poco più che l’alba quando Elizaveta si svegliava dal suo sonno ristoratore. Aprendo appena gli occhi, vide così vicino a lei il volto rilassato del giovane albino che dormiva accanto a lei con un’espressione talmente beata da sembrare un bambino innocente. Sorrise appena, Eliza, mentre con la testa appoggiata sul petto di Gilbert, ascoltava il ritmico battito del suo cuore: aveva un qualcosa di misteriosamente ipnotico e allo stesso tempo rassicurante. Accarezzò il braccio sinistro col quale l’uomo l’abbracciava e la stringeva al suo petto, e si ritrovò a pensare che non si era mai sentita più serena e più protetta come in quei momenti trascorsi fra le braccia di Gilbert. In tutta la sua vita, lui era sempre stato l’unico che l’aveva davvero considerata nel modo esatto nel quale lei desiderava esserlo: quando erano piccoli, lui era il solo che la trattava come un maschio, senza storcere il naso di fronte a quella bizzarra richiesta di una bambina confusa e spaventata dal futuro quale lei era. Ora che era cresciuta ed invece non desiderava altro che essere considerata una donna che Roderich avesse potuto considerare degna del suo amore, quell’austriaco preferiva il suo pianoforte e la sua musica a lei. Gilbert, invece, nonostante si divertisse spesso e volentieri a punzecchiarla, meritandosi più di una volta le sue proverbiali padellate sulla testa, le aveva dato costante e continua prova di un amore incondizionato, il cui ardore non si spegneva neanche di fronte ai rifiuti più duri e alle parole più sprezzanti e taglienti di lei. Quando i suoi occhi color rubino si posavano su di lei, Eliza si sentiva davvero una donna amata e completa.
Cercò di svegliare le sue membra dal languore che quei pensieri avevano generato in lei e, con estrema delicatezza, si divincolò dalla stretta del prussiano. Si alzò dal letto e camminò silenziosamente per la stanza raccogliendo gli abiti che, svestendosi in preda alla passione, aveva sparso sul pavimento la notte precedente; sempre cercando di non fare il benché minimo rumore si rivestì in tutta fretta, pronta per tornarsene a casa prima che qualcuno potesse sorprenderli insieme.
Si avvicinò al letto nel quale Gilbert ancora riposava beatamente per percorrere con lo sguardo, ancora una volta, quel viso così dolce e allo stesso tempo superbo, quel corpo possente e caldo che giaceva fra quelle candide lenzuola.
“Perché non sono rimasta al suo fianco ancora un po’ ?”, si stava chiedendo Eliza. Nella sua mente fantasticava su che spettacolo sarebbe stato vedere la sorpresa negli occhi del prussiano che, appena aperti, la trovavano per una volta al suo fianco. Questo sogno ad occhi aperti era destinato a durare solo un attimo: l’ungherese infatti sapeva bene cosa avrebbe significato per Gilbert trovarla accanto a lui al suo risveglio. Sarebbe stato l’inizio di qualcosa di più grande ed importante rispetto allo storia di solo sesso che entrambi avevano creato come giustificazione ai loro ultimi incontri. Ma la loro poteva essere considerata davvero una semplice questione di sesso? Sapeva benissimo che per il prussiano non si era mai trattato solo di quello, lui glielo aveva ripetuto fino alla nausea che la amava… e lei? Quali sentimenti si agitavano nel suo cuore? Sperava ancora di riconquistare il cuore di Roderich? No, non era ingenua fino a questo punto: sapeva benissimo che ormai le cose fra loro non si sarebbero più aggiustate. Allora perché non lo lasciava andare? Ne era ancora innamorata, forse? A questa domanda lei non sapeva darsi una risposta certa: dopotutto aveva trascorso molti anni assieme all’austriaco, e benché lui le avesse reso gli ultimi tempi un vero inferno in terra, proprio non riusciva ad odiarlo.
E allora perché ogni sera andava da Gilbert? Perché passava ogni notte con lui? Era davvero solo mera attrazione fisica o forse un modo poco ortodosso per sfogare la sua frustrazione? No: non era né l’uno né l’altro: sentiva che c’era dell’altro, che c’era di più di quello… Lo percepiva in ogni sguardo ed in ogni gesto che si scambiavano.
Lei però era troppo impaurita per guardarsi dentro per davvero: aveva sofferto troppo a causa di Roderich, ed ora restare al fianco di Gil anche solo per qualche ora in più l’avrebbe inevitabilmente costretta a fare chiarezza nel suo cuore… e lei aveva un terrore enorme di innamorarsi di nuovo e ricominciare a soffrire… Quindi sarebbe fuggita via da quella stanza come un ladro che scappa via dal luogo nel quale si è consumato il suo reato.
 
La porta della stanza da letto si era richiusa dietro Eliza. Rimasto solo, Gilbert aprì gli occhi: ora poteva smettere di fingere di dormire. Benché impercettibili, i movimenti della ragazza che si liberava dal suo abbraccio lo avevano svegliato, come ogni mattina. E, come ogni mattina, aveva finto di dormire, limitandosi a guardarla di sottecchi mentre lei gli dava le spalle: tutto questo al fine di evitare alla donna che amava il penoso compito di doversi giustificare per fuggire da lui e dall’amore che avevano fatto solo qualche ora prima. Leggeva nei movimenti dell’ungherese una certa esitazione, del dubbio, ed in cuor suo, il ragazzo dai capelli argentati aveva sperato ancora più intensamente che lei avesse finalmente deciso di restare al suo fianco, di dargli un’opportunità. Il cuore gli batteva forte in gola mentre lei, dopo essersi vestita, era andata accanto al letto e aveva indugiato per lunghissimi minuti sulla sua figura, poi si era seduta sul bordo del giaciglio e si era chinata su di lui, fino a poggiargli un delicato bacio sulle labbra. Aveva dovuto far ricorso a tutta la sua forza di volontà per rimanere immobile e ad occhi chiusi: avrebbe voluto rispondere a quel bacio, stringerla forte fra le braccia ed implorarla di restare con lui! Era stato così doloroso tenere tutto questo nel suo cuore, con la donna che amava alla follia così pericolosamente vicina a lui! Non aveva tuttavia potuto fare diversamente: una simile dichiarazione d’amore avrebbe fatto sentire Elizaveta braccata, senza via di fuga, facendola fuggire irrimediabilmente via da lui. In fondo Gilbert l’aveva capito che lei, a modo suo, lo amava, ma era spaventata a morte dai suoi stessi sentimenti e dai vincoli che essi generavano: per questo ignorava deliberatamente ciò che invece il suo corpo urlava ogni volta che loro due erano insieme. Sospirando profondamente, lui lo ripeté ancora una volta a se stesso: ne era sicuro, un giorno o l’altro al suo risveglio avrebbe incontrato gli occhi verdi pieni di amore consapevole della sua bella Eliza!
Fino ad allora, lui l’avrebbe aspettata: l’avrebbe accolta con un sorriso ogni sera, amata con tutto se stesso ogni notte e lasciata andare senza neanche provare a fermarla ogni mattina.
 
Mi sono innamorato di te
E adesso non so neppur io cosa fare
Il giorno mi pento di averti incontrata
La notte…. Ti vengo a cercare...


... Dedicata dalla prima all'ultima parola alla dolcissima fangirl pro _Ayame_chan! 
Era da tempo che avevo in mente di scrivere una Prungary: ed eccola finalmente qui!
Per il titolo ho preso ispirazione  da una canzone dei The Killers "White Demon Love Song", in riferimento al colore di capelli e al caratterino di Gilbert, poi, mentre scrivevo la fic, ho riascoltato la bellissima "Mi sono innamorato di te" di Luigi Tenco, e ne ho inserito due strofe all'interno della storia. Queste parole sembrano rappresentare così bene i sentimenti  che legano Gil ed Eliza, le loro speranze ed aspettative, i loro timori...
Spero che vi piaccia!

{ Questa storia partecipa al The One Hundred Prompt Project con il prompt 088.desiderio}

The One Hundred Prompt Project

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