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Autore: _hurricane    10/07/2011    11 recensioni
C’era una volta un giovane fanciullo dalla pelle chiara, così chiara che tutti lo chiamavano Porcellana. La sua matrigna, la regina Sue Sylvester, lo costringeva a vestirsi di stracci e lavare i pavimenti del suo palazzo. Porcellana aveva un grande sogno: incontrare un bellissimo principe che lo avrebbe salvato per portarlo al suo castello e sposarlo, proprio come nelle favole che leggeva da piccolo. Ma si sa, i sogni non sempre si avverano: certe volte, la vita è anche meglio.
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“No, non devi scusarti,” – disse Porcellana, tirando su con il naso, - “io voglio farlo. Voglio che tu sappia tutto di me, Blaine. Tu…”. Alzò il viso e lo guardò. Ormai doveva dirlo. “Tu sei il mio principe” concluse, arrossendo lievemente.
“Il tuo principe?” chiese l’altro, incuriosito ma in fondo vagamente affascinato dal modo in cui suonava quella frase.
“Sì, proprio come quelli dei libri. Lo so che io non sono una principessa, però… ho sempre aspettato. E alla fine sei arrivato. Non ti sei nemmeno preoccupato del fatto che fossi soltanto un servo, mi hai salvato e basta, come nelle favole. Tu sei il mio principe, Blaine”.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel, Sue Sylvester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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XII – Once upon a time, darkness

 

Porcellana, sei sicuro di non voler venire con noi? Cosa farai qui tutto solo?” disse David con tono preoccupato il mattino seguente, mentre i Dwarflers si radunavano davanti alla porta per recarsi in miniera.

“Ma no, state tranquilli. Vi sarei solo d’intralcio, e poi troverò sicuramente il modo di far passare il tempo!” rispose Porcellana radioso, essendosi svegliato di buonumore e con tanta voglia di preparare una torta a loro insaputa.

I ragazzi si guardarono tra loro e alla fine, dopo qualche occhiata perplessa, annuirono.

“Va bene, allora ci vediamo stasera. Non parlare con gli sconosciuti!” gli disse il Dwarfler mentre si poggiava il piccone sulla spalla. Porcellana rise.

“Andiamo David, non ho mica 5 anni! Su, non fate tardi!”

I sette si disposero in fila e, senza nemmeno doversi dare un qualche tipo di segnale per partire, iniziarono a camminare con fare ondeggiante.

“Buon lavoro!” gridò Porcellana alzando una mano, mentre li vedeva allontanarsi sempre di più al ritmo di “You make me, feel like I’m living a teenage dream, the way you turn me on, I cant’ sleep, let’s run away and don’t ever look back, don’t ever look back!”

Il ragazzo sospirò. Era sempre uno spettacolo nuovo guardarli, così perfetti nella loro semplicità. Pensò che non se ne sarebbe mai stancato, e che se Blaine avesse potuto vivere lì con loro allora tutto, proprio tutto, sarebbe stato perfetto. Magari sarebbe successo, prima o poi. Gli sembrò forse un po’ troppo bello come auspicio, ma in fondo lui era un sognatore. Adesso che aveva il suo principe accanto, avrebbe dovuto trovare un nuovo sogno in cui sperare… Kurt era fatto così.

Si voltò e tornò dentro casa, chiudendosi la porta alle spalle. Rifece tutti i letti, spolverò i pavimenti, tolse quelle fastidiose ragnatele dalle mensole più alte, piegò i vestiti sparsi ovunque, lavò a mano quelli più indecenti e li stese sul prato per farli asciugare.

“…a room is still a room,

even when there’s nothing there but gloom!

But a room is not a house

and a house is not a home

when the two of us are far apart

and one of us has a broken heart…”

Così cantava Porcellana, continuando la canzone della mattina precedente bruscamente interrotta dal sonnambulismo di Jeff, mentre cercava gli ingredienti per la torta dagli sportelli più bassi della cucina, accovacciato sul pavimento.

Chissà come i Dwarflers avevano tutto l’occorrente in grande abbondanza, ma evidentemente poco tempo per sfruttarlo. Tirò fuori un grosso sacco di farina, delle uova e vari tipi di frutta, riflettendo sul gusto da dare alla torta.

Raccolse le varie cose da terra usando le braccia, rischiando di far cadere una mela che stava in equilibrio su di un’altra, all’altezza del suo gomito; poi si voltò verso la finestra aperta per disporre tutto sul tavolo, ma qualcosa lo fece sobbalzare sul posto e le mele caddero rovinosamente, mandando a monte i suoi sforzi.

Una vecchietta avvolta in un mantello nero stava appoggiata al davanzale, sfoggiando un sorriso a tremila denti – anche se a occhio e croce doveva averne al massimo cinque – e fissandolo con una certa insistenza. Porcellana rimase impietrito per qualche secondo, il sacco di farina ancora stretto al torace e le uova incastrate tra le dita come fosse un giocoliere.

“Buongiooooorno, figliuuuuolo!” disse la vecchietta con una lentezza quasi estenuante, facendo durare quella frase per un tempo che sembrò infinito.

“B-buongiorno” rispose Porcellana tutto d’un fiato, per gentilezza. Forse quella donna conosceva i Dwarflers, magari li stava cercando. Non sarebbe stato carino fare l’indifferente o rispondere in modo brusco, e poi non era certo da lui farlo.

“Che cosa fai di bello?” disse allora l’anziana sporgendosi ancora di più e mostrando ai suoi occhi chiari il naso pieno di bozzi, prima nascosto dalla penombra creata dal mantello scuro. Porcellana si affrettò a guardare in basso, per non sembrare irriverente nel fissarla.

“Preparo una torta per i miei amici, ma non so di che gusto farla” rispose con sincerità, abbozzando un sorriso. Approfittò della pausa per liberarsi dalle cose che teneva ancora in mano, sistemandole in modo disordinato sul tavolo.

“Parli dei nani che vivono qui? Ah, che cari ragazzi!” disse la Regina mentendo spudoratamente.

Si compiacque di quanto risultasse convincente quella frase, e ancora di più dell’ingenuità di Porcellana quando questi rispose: “Oh, li conosce? Purtroppo adesso sono a lavoro, li stava cercando?”

“Eh si, proprio così. Devi sapere che io sono la loro sarta, li aiuto a rammendare i loro abiti e gliene procuro di nuovi… comunque com’è che ti chiami, tesoro?”

“Ehm, Porcellana” rispose lui esitante, indeciso su quale nome usare. Si disse che in fondo Kurt era il nome riservato a Blaine, solo lui lo chiamava così.

“Porcellana, potresti consegnare loro questa sciarpa da parte mia?” rispose la vecchietta tendendogli improvvisamente una mano. Teneva una sciarpa azzurra avvolta su sé stessa in un fagotto.

Porcellana la osservò un po’, incuriosito. Credeva che i Dwarflers si vestissero sempre tutti uguali.

“A quale di loro?” chiese allora con aria vagamente sospettosa.

La Regina esitò, maledicendosi per non aver chiesto allo specchio anche i nomi dei nani.

“Beh, ecco…” disse per prendere tempo, poi ebbe un lampo di genio e continuò: “…non me lo hanno detto. Mi hanno detto che era un regalo per un loro ospite… oh, che sbadata, forse era una sorpresa!”

Porcellana si illuminò, portandosi tutte e due le mani al petto in segno di ammirazione.

“Ma… che pensiero gentile! Somiglia perfino ad una sciarpa che avevo da piccolo!” pigolò, afferrando la sciarpa dalla mano della vecchietta senza la minima esitazione.

La donna lo osservò attenta, sporgendosi con tutti e due i gomiti per vederlo volteggiare da un capo all’altro della stanza mentre sventolava l’inaspettato regalo.

“La ringrazio tanto!” disse Porcellana con occhi sognanti, senza staccarli dalla sciarpa che teneva in mano.

Non si accorse del ghigno della vecchietta, mentre questa rispondeva: “Non c’è di che!”

Ad un certo punto si fermò, portandosi un indice sulle labbra, pensieroso.

“Qualcosa non va caro?” chiese allora la Regina, preoccupata dal fatto che i discutibili gusti del figliastro potessero essere cambiati nel corso di quegli anni senza che lei lo sapesse.

“No, è solo che…” – rispose Porcellana, gli occhi sempre fissi sull’indumento, - “…non so come abbinarla!”

La vecchietta roteò gli occhi, certa che tanto il ragazzo non se ne sarebbe accorto. No, i gusti erano rimasti gli stessi, e le sue manie sembravano addirittura peggiorate.

Cercò di trattenersi dallo scavalcare il davanzale con un salto e avvolgere a forza la sciarpa intorno al collo di Porcellana, anche perché probabilmente i reumatismi e gli acciacchi del suo corpo temporaneo glielo avrebbero impedito.

“Ma tesoro, non devi preoccuparti, sono certa che ti starà molto bene. Avanti, perché non la provi?”

Porcellana si voltò verso di lei sorridendo in un modo così innocente da fare tenerezza a chiunque. Ma non a Sue Sylvester.

Con un gesto leggiadro, prese la sciarpa dai due lembi estremi e la distese per eliminarne le pieghe: un momento che alla Regina sembrò praticamente infinito. Poi se la avvolse intorno al collo, facendola aderire alla pelle chiara ma lasciando che le estremità cadessero con naturalezza lungo il petto, come piaceva a lui.

Chiuse gli occhi e si immaginò di essere davanti allo specchio della sua vecchia stanza, accanto al suo bellissimo armadio, libero di fare piroette con gonne a palloncino o abiti lunghi di seta pregiata.

Ma all’improvviso, sentì il respiro venire meno. Pensò che fosse per l’entusiasmo, ma non era una bella sensazione. Gli mancava l’aria, come se fosse rinchiuso in una bolla. Il petto cominciò a fargli male, così se lo strinse, ma poi fu il collo a fargli male, e la testa, e le gambe… le forze gli mancarono di colpo e cadde in ginocchio, poi disteso sul pavimento.

Riaprì gli occhi, ma tutto intorno a lui aveva perso colore, persino la sua mano inerme sul legno sembrava avvolta da un contorno scuro, sempre più spesso. Percepì l’oscurità avvolgerlo, e l’ultima cosa che sentì prima di perdere i sensi fu una risata meschina e cattiva.

Nel suo ultimo attimo di lucidità, se ne rammaricò profondamente: se proprio doveva morire, avrebbe voluto sentire la voce del suo principe mentre lo faceva.

 

 

* * *

 

 

Drabble n° 7: "We can dance until we die. You and I, we'll be young forever"

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=757271


 

   
 
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