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Autore: Medea00    10/07/2011    11 recensioni
Ecco la storia di Blaine...narrata proprio dagli occhi di Blaine. Dal suo primo arrivo alla Dalton fino al fatidico incontro con Kurt, e da lì in poi, tutte le scene topiche del telefilm raccontate dal punto di vista di Blaine, ma non solo. Fanfiction Blaine (e ovviamente Klaine)-centrica.
Mi hanno detto di dire che non scrivo per scopi di lucro e che tutti i personaggi da me trattati appartegono a Ryan Murphy e alla Fox. E già che ci siamo aggiungo che tutti i riferimenti a fatti e persone sono puramente casuali, ahah!
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Tratto dal capitolo 15:
E non riuscii più a negarlo: anche lui piaceva a me. Mi piaceva il suo sorriso, il suono della sua risata, la sua stravaganza, e perfino la sua insolenza. Mi piaceva quando fuori facevano venti gradi e lui indossava un cappotto invernale. Mi piaceva quando piangeva, e non avevo mai creduto fosse possibile, ma ogni volta che vedevo quelle lacrime provavo l’irrefrenabile istinto di baciarle via, perché era bellissimo, anche con la fronte imperlata di sudore e una smorfia di disappunto dipinta sulle sue labbra.
Mi piaceva così tanto da star male. Perché non riuscivo più a non pensare a lui, e alle sue morbide labbra premute contro le mie. Perché, in quel momento più che mai, la mia mente riepilogò quel discorso fatto a San Valentino.
E cominciai a riflettere.
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 13
Silly Love Song


Striscioni colorati, negozi tinti di un dolce rosso acceso, profumo di cioccolatini, coppiette felici che passeggiano per le strade…sì, San Valentino è proprio arrivato.
Adoravo come il mondo si trasformasse in quel breve periodo che precedeva la festa. Tutto sembrava più bello, più magico, e io mi sentivo ricaricato di un’energia mai provata fino ad allora. Quella dell’amore.
Il giorno prima mi ero preso un caffè con Jeremiah e non riuscivo ancora a scrollarmi dalla testa quei suoi occhi stupendi, ma prima di poter volare troppo con la fantasia e organizzare uno splendido piano per rivelargli i miei sentimenti avevo bisogno dell’unica opinione che valesse davvero, quella dell’unica persona che mi aveva sempre detto quello che pensava senza peli sulla lingua, anche quando sosteneva che tutto quel gel mi avrebbe fatto diventare calvo.
“Ok –esordì Kurt una volta arrivati al caffè, afferrando un peluche dal bancone- mi piacciono le frivolezze, ma devo dire che queste decorazioni di San Valentino sono veramente squallide. Insomma, che diavolo sarebbe questa cosa?”
Sorrisi, incantato. “Sono due barboncini innamorati, guarda che belli!”
Nel momento in cui glieli ripassai uno dei due, con una voce seriamente robotizzata, squittì “TI AMO!” e per poco non caddero in terra a causa del sussulto di Kurt.
“Inquietanti.”
“Adorabili” commentai simultaneamente a lui, e mi lanciò un’occhiata cinica.
“E’ semplicemente una scusa per vendere dolcetti e cartoline ridicole.”
“Questo non è vero! San Valentino si festeggia da secoli… -alzai la testa con fare orgoglioso- sarò anche un inguaribile romantico, ma è la mia festa preferita.”
Inarcò un sopracciglio, incredulo: “Sul serio?”
“E’ una cosa positiva che esista un giorno in cui si è incoraggiati ad abbandonare le difese e dire ad una persona: sono innamorato di te.”
Rimase un attimo interdetto dal tono caldo con cui avevo pronunciato quella frase, come se fosse riferita direttamente a lui; dal canto mio, vedendo la sua espressione scossa, mi sentii ancora più fiducioso nella magia che San Valentino riusciva a effettuare su di me.
“Lo sai? Quest’anno voglio fare un gesto estremo. Però ho bisogno della tua opinione.”
Si voltò verso con un’espressione di tacito ascolto mista a curiosità, e cercai di non sembrare troppo impacciato nel presentare la situazione, e anche se l’idea che avevo in mente poteva sembrare un po’ ridicola e fin troppo sopra le righe, sapevo che Kurt non mi avrebbe mai giudicato in nessun modo.
“C’è questo ragazzo che…m-mi piace.” Wow, faceva un certo effetto dirlo ad alta voce. I suoi occhi si illuminarono per un secondo, ma non disse niente, così continuai.
“Non ci conosciamo da molto, però vorrei fargli capire che i miei sentimenti stanno diventando sempre più…profondi. Ti volevo chiedere: credi che sia troppo cantare per qualcuno a San Valentino?”
Lui mi fissò un secondo, uno sguardo indecifrabile, e poi sussurrò “nient’affatto”, rimanendo un attimo paralizzato mentre mi dirigevo al bancone delle ordinazioni.
Dentro di me ero euforico. Ora che avevo ricevuto l’approvazione del mio migliore amico mi sentivo in grado di fare qualunque cosa, e l’avrei fatto. Mi sarei dichiarato a Jeremiah. Ed ero così sicuro di me stesso, o così follemente cieco, da credere che lui avrebbe ricambiato il mio amore, che ci saremmo fidanzati e che avremmo passato dei bellissimi momenti romantici. Mi sentivo un vulcano in eruzione: c’era la mia festa preferita e dovevo cantare una serenata; in pratica giocavo in casa!
E mentre pensavo a quelle cose ordinai due caffè e un dolcetto, sperando di convincere Kurt a ripudiare la sua campagna anti-calorie e a festeggiare con me. Questo, preso in contropiede, mi guardava attonito, stupendosi del fatto che sapessi come prendeva il caffè.
“Ma certo che lo so.” Andavamo in quel bar praticamente tutti i giorni, tra poco conoscevo di più la sua ordinazione della mia; sapevo anche che quando si sentiva particolarmente stanco ci aggiungeva una bustina di zucchero o, al contrario, quando era spossato, lasciava il suo caffè esattamente a metà cominciando a giocherellare con la cannuccia e campando qualche scusa circa l’eccessivo tasso di calcio nel latte, che lo rendeva imbevibile. Alla fine decisi di stuzzicarlo ancora un po’ di più e offrii io per entrambi, lasciando persino una lauta mancia alla cameriera, perché era una brava ragazza, e perché ero incredibilmente di buon umore. Sapevo che stavo per fare una cosa altamente rischiosa e persino imbarazzante, ma, infondo, potevo sempre contare sul sostegno dei miei amici, no?
 

“Che è quella faccia?” Fece Ed, inarcando un sopracciglio. Nick Colin e Flint si aggregarono a lui, posando una mano sotto al mento o accarezzandosi i baffi invisibili.
“Quale faccia?” Domandai io, allungando il mio sorriso. Era da tipo tre ore che stavo fantasticando su Jeremiah, e onestamente non mi ero nemmeno reso conto che avevano messo il gioco in pausa solo per scrutarmi meglio.
“Esatto, questa! Ma che espressione hai? Ti sei fumato qualcosa?”
Gli risposi di no, tra una risata e l’altra.
“Allora hai bevuto? -Fece Ed, scrutandomi- sei ubriaco?”
“…Sì. –risposi io, con un grande sospiro- in effetti lo sono.”
Mi guardarono per un secondo, perplessi. Io presi un bel respiro e mi buttai.
“Sono ubriaco d’amore!”
…Ok, forse spiattellargli la mia cotta in quel modo era stato sin troppo diretto persino per uno come me, ma dopotutto è risaputo che non sono proprio un mostro di discrezione, credevo che fossero abituati alle mie uscite improvvise.
E invece no.
Colin per poco non fu preso da un attacco cardiaco ed Ed sputò tutta la coca-cola che stava comodamente bevendo addosso a Flint. Ma questo non batté ciglio, continuava a fissarmi con occhi sgranati, così come gli altri.
“…Tu…sei….cosa…?”
 “FINALMENTE!!” Urlò Nick, scansando di colpo Ed per correre ad abbracciarmi. Quest’ultimo rotolò via come se fosse completamente privo di sensi, come se avesse perso tutte le forze per reagire a qualsiasi cosa.
“L’ho sempre detto che San Valentino avrebbe fatto la sua parte!” Continuò il moretto.
“Blaine, sono così felice per voi due!” Flint per poco non stava per mettersi a piangere.
Travolto da tutta quell’ondata di emozioni cominciai a rallegrarmi anche io, prendendo parte alla felicità.
“Oh, ragazzi, onestamente ero un po’ preoccupato a dirvelo, pensavo che avreste cominciato a picchiarmi, o a ridermi in faccia, o a ricordarmi per l’ennesima volta quanto sia basso!”
Colin si strinse nelle spalle: “Beh, sei più basso di lui, ma se per lui non è un problema…”
“No, credo di no…” aspetta un attimo: come facevano a sapere che Jeremiah era più alto di me?
“Siamo così felici per te! Ma adesso dicci: gliel’hai già detto?”
“No, no. Lui non sospetta niente, credo. In verità avevo intenzione di…beh, di cantare per lui, nel giorno di San Valentino.”
“Ma è perfetto! Si vede che lo conosci proprio bene, è un’idea geniale.”
“Siete così in simbiosi…siete fatti per stare insieme!”
Esitai un attimo. Erano entusiasti. Troppo entusiasti, forse, dal momento che nemmeno conoscevano il soggetto della questione.
“Grazie… -sussurrai io- ma onestamente ho dei dubbi a riguardo: insomma, non so nemmeno se la canzone che ho scelto gli piacerà…”
“La canzone! –esclamò Nick, con gli occhi di un bambino che guarda un orsetto di peluche gigante- La canzone sarà la cosa più importante di tutte! Deve rappresentare i tuoi sentimenti, deve trasmettere ciò che provi veramente quando gli sfori impercettibilmente la mano, o quando i vostri sguardi si incontrano furtivi, o quando lo fissi a lungo e ti perdi nei suoi occhi...”
Colin fece una smorfia da troppe-romanticherie-in-una-volta-sola. “Nick, devi smetterla di mangiare baci perugina. Allora che canzone hai scelto?”
“Beh, come ha detto Nick, ho pensato di cantare tutto quello che non riesco a esprimergli a parole. Come mi fa sentire, insomma.”
“Bravo!” Fecero in coro.
“…Quindi ho scelto when I get you alone! E’ perfetta, non trovate??”
Nessuna risposta.
“Ah, ma voi mi darete una mano, vero? Canterete con me, vero???” Chiesi con i miei grandi occhi imploranti, ma, di nuovo, non ottenni nessuna risposta.
Ed alla fine si alzò a sedere con un colpo di addominali. Mi guardò fisso negli occhi, e poi mise le mani sulle mie spalle.
“Va bene, Blaine. Sono con te. Te li presto io i preservativi.”
Diventai rosso fino alla punta dei capelli.
“N-non è quello il mio intento! Non per il momento, almeno…cioè, questo non vuol dire che abbia intenzione di, hem, non ora, magari un futuro prossimo, insomma, sì, cioè, no. No ma grazie, Ed.”
“Ah. Ok.”
Che diavolo, era vero che quella canzone avesse un testo un po’…come dire, schietto, ma insomma, io non avevo nemmeno mai baciato una persona…la sola idea di fare altro mi faceva girare la testa.
Dopo lunghi secondi di tacito imbarazzo per la frase di Ed, Nick si schiarì la gola e parlò da vero diplomatico.
“Personalmente, non credo che sia proprio la canzone adatta.”
“Già –annuì Flint- …come dire, è bello che tu provi queste cose per lui, ma non mi sembra un tipo molto sicuro di sé a riguardo…”
“Anche secondo me –fece Colin- è un po’ presto…voglio dire, Kurt è così delicato…”
“Chi!?”
Si zittirono all’istante sotto al mio sguardo incredulo.
 “Ma di chi state parlando!? Io mi riferivo a Jeremiah!”
E stavolta furono loro ad urlare “CHI!?” assumendo un’espressione sconcertata.
“Il commesso del Gap! Quello che vado a trovare ogni giorno da tipo due mesi!”
“E questo da dove spunta fuori!?”
“Non ce ne hai mai parlato!”
“E perché avrei dovuto!?” Ma soprattutto, perché si stavano infuriando così tanto?
“Ci spieghi chi diavolo sarebbe!?” Sbottò Ed, sull’orlo di una crisi di nervi. In risposta lo guardai freddo, e parlai con il tono più calmo che potessi avere.
“E’ il ragazzo di cui sono innamorato. Ti basta sapere questo.” Quell’atteggiamento di certo non mi aveva invogliato a raccontargli i dettagli.
“Ma non è possibile!”
“Ma sei impazzito?”
“Non puoi essere innamorato di lui!” Esclamò Flint massaggiandosi il collo come esasperato. E io, vedendo le loro reazioni, mi stavo davvero alterando.
“Non sapevo che foste VOI a dover decidere di chi IO debba essere innamorato.”
“Ma perché, Blaine – Nick cercò di guardarmi fisso negli occhi, ma io sviavo il suo sguardo- non so come dirtelo, ma tu…insomma, pensavamo che ti piacesse Kurt.”
“Sì, cioè –seguitò Colin, gesticolando freneticamente – bevete tutti i giorni caffè, cantate duetti romantici, passate ore a guardare vecchie sfilate di moda…”
“Certo. –Ribattei- Certo che è così. Siamo amici. E’ questo che fanno degli amici: passano del tempo insieme.”
“Amicizia, Blaine? Sei sicuro che si tratti soltanto di questo?” Gli occhi scuri di Flint adesso mi stavano fissando intensamente, come se stessero cercando qualcosa nei miei, una luce, forse, oppure una presunta briciola di sanità mentale.
Quella frase era stata l’ultima goccia. Io avevo aperto il mio cuore a loro, e loro si erano arrabbiati! Sapevano lo sforzo che mi era costato per riconoscere il mio innamoramento, era la mia prima vera cotta, lo sapevano bene, e l’unica cosa che fecero fu rimanere scandalizzati perché il ragazzo in questione non era Kurt. Mi alzai in piedi, afferrando la tracolla, e li guardai uno ad uno.
“Capisco. –sentenziai, a denti stretti-  Grazie mille per il vostro supporto.”
“Blaine-“ mormorarono, ma io ero già andato via.
Chissenefrega di loro. Chissenefrega delle loro false speranze. Potevo cantare benissimo anche senza di loro. Dopotutto, c’era ancora tutto il resto degli Warblers, anche se non avevo la minima idea di come avrei fatto a convincerli.
 
Il giorno dopo indissi una riunione straordinaria. All’inizio rimasero tutti felicemente colpiti dalla mia rivelazione amorosa, ma il loro umore venne completamente stravolto dalla mia proposta di cantare fuori dal campus. Dopo che Wes recitò a memoria l’ultima esibizione pubblica degli Warblers, accennando ad una sorta di disastrosa decapitazione di alcuni cantanti, non riuscivo più a controbattere. Ero già demoralizzato per come l’avevano presa i miei amici, vedere che anche il consiglio non mi spalleggiava mi faceva perdere completamente le speranze. E io non ce l’avrei mai fatta da solo, non ero abbastanza forte. Ma, per mia grande fortuna, non ero solo, c’era Kurt.
Prese le mie difese. Nessuno gliel’aveva chiesto, in verità, ma lui era fatto così: mi sosteneva sempre, spontaneamente, anche quando avevo torto, anche quando tutto il mondo era contro di me. Lui stava sempre dalla mia parte. E quella cosa non l’avrei mai dimenticata. Con il suo fare umile e allo stesso tempo ironico riusciva a convincere tutti, e così fece anche stavolta; mentre Wes rideva alla sua ennesima battuta su un gatto che lo aveva assalito ad una casa di riposo, nella mia mente lo stavo ringraziando un centinaio di migliaia di volte, per essersi esposto in quel modo per me, per far sì che dichiarassi il mio amore a Jeremiah, un ragazzo che nemmeno conosceva!
“Dove si terrà l’esibizione?” Chiese alla fine David, convinto anche lui.
“Al Gap. –risposi io, contenendo tutta la mia euforia- Lo chiamerò Gli Warblers al Gap-attack.”
Tutti ridacchiarono divertiti, e Kurt mi sorrise soddisfatto. “Come mai proprio quel posto?”
In effetti non sapeva assolutamente niente sul ragazzo che mi piaceva. Chissà che idea si era fatto di lui! Ero proprio curioso di sapere che tipo si fosse immaginato. Ma non avevo tempo per soddisfare la mia fantasia, così risposi alla sua domanda, sorridente.
“Il ragazzo che mi piace è il viceproprietario.”
Non potevo rendermi conto, in verità, di quanto estremamente importante fosse quell’informazione.
 
 
Non avevo visto né Kurt né i ragazzi per tutto il giorno. Nessuno di loro si era presentato alle prove, e mentre me lo aspettavo da Ed e gli altri, di certo mi stupì il comportamento di Kurt: non aveva mai mancato una prova, nemmeno quando la sua giacca si era macchiata di caffè e lui era andato nel panico per venti minuti, dicendo di non potersi presentare in quelle condizioni, ma alla fine si presentò lo stesso. Certo, dopo averlo convinto a fare cambio giacca, prima che gli prendesse un attacco cardiaco.
Gli mandai un messaggio chiedendogli che fine avesse fatto; la sua unica risposta fu “Non sono alla Dalton. Torno stasera.”
Visto che mi era già capitato di farmi troppi castelli in aria per un nonnulla, pensai semplicemente che fosse indaffarato, o stanco, o nervoso per fatti suoi, e quindi lo aspettai in sala comune, riprovando per un migliaio di volte la canzone e, sì, anche tutte le espressioni facciali da assumere davanti a Jeremiah, sorrisi accennati di fronte al suo immenso stupore, felicità contenuta per quando mi avrebbe chiesto di metterci insieme, insomma, cose così.
Erano ormai passate le undici, ma di Kurt neanche l’ombra. Il professore di sorveglianza mi ordinò di andare a dormire, e a malincuore fui costretto ad obbedire. Proprio nel momento in cui attraversai il corridoio principale lo incontrai, assieme a Chase, gli occhi del primo velati da una sorta di tristezza, quelli del secondo freddi, come sempre del resto.
“Hei ragazzi!” Esclamai, con un enorme sorriso.
Entrambi trasalirono, uno sbiancando, l’altro invece avvampando di nervosismo. Come mai quella reazione?
“Che fate ancora in piedi?”
Kurt balbettò qualcosa. Non riusciva a guardarmi negli occhi. Non si era mai comportato in quel modo, sembrava quasi…imbarazzato. Teso. Era a causa mia? Chase, invece, rimase un attimo a guardarmi torvo, e poi si voltò verso di lui.
“Kurt. Fammelo picchiare. Ti prego. Mi stanno prudendo le mani.”
Cosa!? E ora che avevo combinato!? Non riuscivo davvero a capire: l’ultima volta che avevamo parlato era stato alla riunione degli Warblers, e fino a quel momento sembrava che andasse tutto bene, anzi, più che bene.
“No, Chase.” Sentenziò lui, con tono stranamente apatico.
“Eddai, un colpettino soltanto! Ti prometto che non mirerò alla faccia!”
Io ero senza parole. “Kurt? Posso parlarti un attimo? In privato.”
Lui iniziò ad agitarsi, guardandosi intorno, come alla ricerca di qualcosa, o forse di una via di fuga.
“Hem…è tardi, Blaine… devo andare a dormire, c’è il coprifuoco, lo sai.”
Mi avvicinai a lui, con passo deciso. Ignorai completamente l’occhiata omicida di Chase e mi piazzai a pochi centimetri di distanza. Nonostante i pugni stretti e la mascella serrata, nel momento in cui mi trovai così vicino ai suoi dolci occhi azzurri mi placai quasi immediatamente, il viso si distese in un’espressione di dolce preoccupazione, e parlai con il mio solito tono caldo, gentile.
“Kurt…cosa c’è? Andiamo, sono io.”
Rimase interdetto dalle mie parole. Chase sbuffò, mettendosi le mani in tasca –forse per non mettermele addosso- e borbottando qualcosa di indefinito si allontanò, lasciandoci finalmente da soli.
Non sopportavo di vederlo angosciarsi in quel modo, soprattutto a causa mia. Inclinai la testa, veramente rammaricato.
“Kurt…se ho fatto qualcosa, qualsiasi cosa, che ti abbia fatto star male, io ti chiedo scusa, davvero, scusami Kurt, dal più profondo del cuore. Però ti prego, parlami.” Se avessi saputo l’origine del problema, probabilmente sarei riuscito a dire qualcosa di più efficiente. Lui, comunque, sembrò un poco rinfrancato. Fece un grande respiro e si morse un labbro.
“Blaine, tu…non hai fatto niente. E’ una cosa mia. Non ti preoccupare. Ho solo bisogno di dormirci sopra, credo.”
“…Sul serio?”
Alla fine alzò lo sguardo. Era come se guardare i miei occhi color miele gli provocasse una incredibile fitta di dolore. Cercò di abbozzare un sorriso, mentre i suoi occhi diventavano sempre più rossi e pungenti.
Annuì frettolosamente, per poi scostarsi un poco.
“Dovresti riposare. Domani è una giornata importante.”
“Oh, è vero.” Al solo pensiero di dover cantare una serenata a Jeremiah il mio stomaco andò in subbuglio. Gli confessai tutte le mie preoccupazioni, perché era l’unica persona con cui non avevo riserve.
“Sai, sono così teso! E se non cantassi bene? E se Jeremiah non si innamorasse di me?”
Vidi le sue spalle irrigidirsi. “Oh, Blaine, solo uno stupido potrebbe non innamorarsi di te.”
No, non colsi il sottile sottotesto celato nelle sue parole e nelle sue gote rosse. Anzi, feci anche di peggio. Lo abbracciai, velocemente, amichevolmente,  in segno di gratitudine.
“Domani alle otto. Puntuale, eh!”
La sua faccia era completamente inespressiva.
“Sì. Ci sarò.”
Si voltò senza aggiungere altro, e lo vidi dirigersi ai dormitori con l’andamento di un cadavere. Pensai che doveva essere molto stanco.
Poco dopo tornai in camera anche io, palesemente più felice e rilassato, e vi trovai Flint, che mi salutò titubante. Ricambiai con un cenno del capo e andai in bagno, preparandomi per la notte.
Sospirai. Non mi era mai piaciuto lasciare le cose a metà, e decisamente dovevamo finire il discorso di quella mattina.
“Flint… -per poco non cadde dal letto quando sentì la mia voce calma -mi dispiace, per oggi. E’ che sono molto teso per domani, e mi sono sfogato su di voi. Non dovevo andarmene in quel modo.”
Vidi il suo volto rilassarsi in un sorriso. “No, siamo noi a doverti chiedere scusa.”
“Oh, no, avete ragione voi, avrei dovuto parlarvi di Jeremiah, e invece mi tengo sempre tutto per me. Sono un idiota.”
“Questo è vero.” Feci una smorfia, ma lui cacciò un ghigno. “Ma devi esserlo, per cantare una canzone del genere di fronte ad un centinaio di persone. Ti prometto che lasceremo le telecamere a casa.”
Abbassai lo sguardo, preso in contropiede. “Pensavo che non sareste venuti…”
“E lasciare il tuo immenso ego a briglia sciolta?”
Scoppiai a ridere, e lui assieme a me. Mi diede una pacca sulla spalla, augurandomi buona notte, e buona fortuna, dopodiché si coricò nel letto. Lo imitai, benché non credessi che sarei riuscito a dormire.
 
 
“Eccolo, è lui. -feci un cenno a Kurt, indicandogli Jeremiah- il biondino che piega i maglioni…” ma perché doveva essere così bello!? La mia voce sembrava un miagolio. Il mio amico lo scrutò attentamente, per poi affermare: “In effetti è carino. Quanti capelli.”
“Si chiama Jeremiah.” Sospirai, ammirandolo. “Se fossimo sposati avrei il 50% di sconto da Gap.”
Ero troppo immerso nella mia bolla di sapone per accorgermi dell’occhiata torva che mi aveva appena puntato Kurt. Ok, mi dicevo, i ragazzi sono in posizione, tu sei riscaldato…è il momento. Stai per cantare una canzone d’amore, ad un ragazzo, nel bel mezzo di un negozio.
“Questo è assurdo! –esclamai, dando voce ai miei pensieri- Non lo posso fare. Non siamo nemmeno mai veramente usciti insieme! Andiamo via-“
“Oook coraggio coraggio –disse Kurt prendendomi per le spalle e spingendomi verso di lui- sei fantastico. Lo farai innamorare.”
Se lo dice lui…
Un piccolo cenno con la mano, e poi si diede inizio alle danze.
Presi un bel respiro. Coraggio Blaine, coraggio Blaine. Distesi braccia e gambe, roteando un attimo il collo per sgranchirmi. Cominciai a camminare verso di lui. All’inizio il mio passo era incerto, devo ammetterlo. Ma non appena intonai la prima nota il mio corpo si fece più fermo, il mio atteggiamento più sicuro, e io cominciai a cantare, a gesticolare e a volteggiare su appendiabiti e carrellini pieni di cardigan, e i ragazzi mi seguivano divertiti, imitando la mia spavalderia, giocando con gli oggetti di scena –noncuranti del fatto che fossero, effettivamente, degli oggetti in vendita di quel negozio-, ondeggiando a ritmo di musica.
Non riuscivo a togliere lo sguardo da Jeremiah nemmeno per un secondo. Lo seguivo per il negozio come se fossi stato la sua ombra, sorridevo, ammiccavo persino, e lui semplicemente schivava, cercava di non guardarmi, ma di tanto in tanto era costretto a soffermarsi, e in quel momento potevo notare tutto il suo stupore, i suoi occhi azzurri che gridavano “oh, non è possibile, non sta succedendo sul serio.”
E invece sì, Jeremiah. Tu mi piaci, e molto. E non ho paura di urlarlo al mondo.
 
All these intrusions just take us too long
And I want you so bad..
Because you walk pretty,
Because you talk pretty,
'Cause you make me sick
And I'm not leavin', till you're leavin'

But I pray to something when she's pumpin',
Rubbin' up on me, now
Want me to break it down?
Check it
Well did you want me to make it now?
On my house, on my job
On my loot, shoes, my voice,
My crew, my mind, my father's last name?

When I get you alone
When I get you alone baby
When I get you alone
When I get you alone

 
Ci fu un applauso generale dal pubblico improvvisato, e io sorridevo soddisfatto verso il commesso, porgendogli un paio di calzini come se fosse stato un anello di fidanzamento. E io ero sicuro che mi avrebbe detto sì. Ero stato sensazionale. I miei amici erano fuori di sé per l’entusiasmo. Io mi sentivo il Dio del mondo, e sorridevo estremamente compiaciuto di me stesso e della mia voce, aspettando da un momento all’altro una lode, o quanto meno un sorriso.
“Aspettami fuori.”
Detto quello si girò di scatto e se ne andò, scuotendo la testa.
Che è successo?
 
 
 
“Ci vediamo alla Dalton.” Fece David, insieme a tutti gli altri Warblers.
“Ottima esibizione, Blaine!” Fecero in coro Ed e Colin, mentre Flint e Nick si domandano eccitati quando sarebbe stata la prossima esibizione pubblica. Tra una risata e l’altra se ne andarono quasi tutti, eccetto Kurt. Gli avevo chiesto io di rimanere con me: avevo un brutto presentimento.
Indossai il mio cappellino blu, quasi fosse un portafortuna, e mi sedetti su una panchina, le mani congiunte, il respiro irregolare.
Kurt non aveva spiccicato parola per tutto il tempo. Continuava a guardarsi le scarpe, riscaldandosi le gambe con i guanti.
“Ho esagerato?” Domandai infine, decifrando il suo atteggiamento. Soltanto in quel momento alzò lo sguardo. Non ci fu bisogno di aggiungere altro.
“Ok ho esagerato.”
In quel momento Jeremiah uscì dal negozio e io scattai subito in piedi. Mi ci vollero diversi secondi per riuscire a ingoiare il rospo che stava affogando la mia gola. Ridicolo: soltanto qualche minuto prima quella stessa gola si era esibita in acuti e note perfettamente cristalline.
“Jeremiah. Ciao.”
“Che diavolo stai facendo?”
“In che senso?”
“Sono stato appena licenziato.”
Il sorriso da ebete svanì immediatamente dal mio volto. Jeremiah mi guardava come se non sapesse bene cosa fare: arrabbiarsi oppure scoppiare a ridere.
“Non puoi dare spettacolo in un posto di lavoro.”
“Ma è piaciuto a tutti!” Ribattei.
“Beh non al mio capo. E nemmeno a me.”
Oh.
Abbassai istintivamente lo sguardo, perché, davvero, non riuscii più a sostenere il suo.
Lui inclinò il capo, cercando di contenere il nervosismo.
“Blaine, qui nessuno sa che sono gay.”
“Scusami? –esordì Kurt, avvicinando una mano alla bocca come per sussurrargli un segreto -Francamente parlando, penso che quei colpi da sole parlino da soli.”
Lui lo guardò, come per dire “Chi diavolo è questo?“  e anche io mi voltai. Persino in  una situazione simile, era riuscito a farmi sorridere. Anche se, devo ammetterlo, durò soltanto un attimo.
“Blaine –concluse infine Jeremiah- siamo chiari. Io e te abbiamo bevuto solo un paio di caffè. Non stiamo insieme. E poi mi manderebbero in galera: sei minorenne.”
Ecco. Quella era stata davvero la botta finale. Mi diede una pacca sulla spalla, ma a me sembrò piuttosto un colpo di cannone in pieno petto.
Provai a dire qualcos’altro. Ma che potevo dire? Mi sentivo troppo uno schifo, non volevo aggiungere umiliazione ad altra umiliazione. Le sue parole continuavano a rimbombare nella mia testa come una raffica di mitragliatrice, perforanti e lancinanti.
Io e te abbiamo bevuto solo un paio di caffè. Non stiamo insieme.
Non ci potevo credere: per tutto quel periodo mi ero fissato su un ragazzo…o, piuttosto, mi ero fissato dell’idea che mi ero fatta di lui?
Ma…ma che diavolo avevo combinato?
Mi voltai verso Kurt, d’istinto, in cerca di sostegno, conforto, qualsiasi cosa che mi facesse stare meglio. Perché stavo davvero male, e lui lo sapeva: fu per questo che, dopo una breve pausa, si alzò in piedi, sfiorandomi leggermente un braccio. Non mi chiese niente. Non mi fece delle stupide domande tipo “come ti senti?” oppure “ne vuoi parlare?”; semplicemente, mi prese per un braccio, delicatamente, e cominciammo a camminare. La meta era piuttosto ovvia: ogni volta che avevamo un problema, o che ci sentivamo giù, ci eravamo sempre consolati di fronte ad una bella tazza di caffè.
Ero stato in silenzio per un buon quarto d’ora, senza il coraggio di aprir bocca, e senza nemmeno tanta voglia, onestamente. Più camminavo, però, e più il mio fegato si attorcigliava fastidiosamente, il mio cuore si accartocciava, e io mi sentivo sempre peggio, sempre più arrabbiato.
Striscioni colorati, negozi tinti di un dolce rosso acceso, profumo di cioccolatini, coppiette felici che passeggiano per le strade…che diavolo. Sto per vomitare.
Arrivati da starbucks cominciai a sfogarmi come se stessi esplodendo.
“E’ chiedere troppo qualcosa che non sia ricoperto da stupidi cuoricini!? -guardai schifato quegli stessi cagnolini che pochi giorni prima mi avevano fatto tanta dolcezza-  Che orrore.”
Kurt guardò vago le decorazioni intorno a noi: “Beh, hai cambiato idea in fretta.”
“Non penso di aver MAI fatto una figuraccia peggiore in tutta la mia vita. Il ché la dice lunga, perché ho cantato nei parchi a tema!”
Ero caduto talmente tanto in basso che non riuscivo nemmeno a trovare una giusta metafora per esprimere il mio disappunto. Non sarebbe bastato scavare una fossa o farmi colpire da un’incudine di duecento tonnellate. Forse le due cose messe insieme ed elevate alla millesima potenza riuscivano ad avvicinarsi a quell’amara sensazione che stava divampando per tutto il mio corpo.
 “E’ solo…-sospirai, e lì cominciarono a salire l’angoscia e la depressione- …è solo che non riesco davvero a credere di essermi immaginato tutto…”
Avrei voluto scomparire, seppellirmi fino al San Valentino successivo. Avrei voluto prendere il nome “GAP” dall’elenco telefonico e stracciarlo in mille pezzettini. Avrei voluto afferrare quel me esaltato che fissava un’icona creata dalla mia mente e prendermi a pugni fino a svenire. In effetti, avrei proprio voluto cancellare tutto il me stesso di quei tre mesi.
Ancora immerso nei miei pensieri, Kurt si posizionò di fronte a me, le braccia conserte, il volto di chi deve dire qualcosa di davvero importante.
“Ok, posso dirti una cosa?
Noi siamo stati sempre molto sinceri l’uno con l’altro.
Tu e io, noi…usciamo insieme…cantiamo duetti romantici…sai come prendo il caffè…dovevo supporre che non significasse niente?”
Aggrottai le sopracciglia. “Che vuoi dire?”
Esitò un secondo, aprendo la bocca più volte cercando di parlare, e alla fine ci riuscì: “ho pensato che il ragazzo a cui volessi cantare quella canzone, nel giorno di San Valentino…fossi io.”
Oh.
Piacevo a Kurt.
Piacevo a Kurt Hummel.
E tu, Blaine Anderson? Che ne dici, ti piace?
 

“Courage.”

“La divisa ti sta benissimo.”

“Pensavo che tu ti fossi stancato di me.”
“Oh, ti assicuro, Blaine, che questo è assolutamente impossibile.”
 

“Presto starai bene. Te lo prometto.”

 

“Quasi quasi fingo anche io di star male.”
“E perché?”
“Beh, così ci vediamo in infermeria e stiamo un’oretta insieme.”

 

“Oh oh! Guarda chi c’è sotto al vischio????”

Oh mio Dio! Ho provato a baciare Kurt. Sono pazzo. Completamente pazzo!

“Quest’anno sarà semplicemente fantastico. Io e te, saremo fantastici.”

“Volevo dirti grazie…per tutto. Per essere qui. Per essere esattamente come sei.”  


“…Wow. Sono…sono, davvero un idiota.
Ascolta, Kurt…non so quello che sto facendo. Faccio tanto lo spavaldo, e so che mi riesce bene quando canto, ma…la verità, è che…non sono mai stato il ragazzo di nessuno.”
“…Nemmeno io.” Disse lui, abbozzando un sorriso.
“…Lascia che sia chiaro su una cosa. Io ci tengo davvero, davvero tanto, a te.” I suoi occhi cerulei si illuminarono.
“Ma come tu e una ventina di acquirenti scandalizzati avete visto...non sono molto bravo in amore. Non voglio rovinare tutto.”
Non avevo mai fatto un discorso simile in tutta la mia vita. Sapevo di non essere molto capace con le parole, sono troppo schietto e tendo a non considerare i pensieri altrui, ma quella volta, davvero, mi impegnai con tutto me stesso affinché venisse fuori un discorso decente. Perché era tutta colpa mia se Kurt era stato male, era colpa mia se si era creata quella bruttissima tensione tra di noi, e nonostante tutto lui si era aperto con me. Così dissi quelle cose. Perché fino a due secondi prima ero convinto di essere innamorato di un ragazzo di cui conoscevo a malapena il nome, e, soprattutto, perché la nostra amicizia era la cosa più importante di tutte.
Dovevo solo sperare che Kurt accettasse quel macabro tentativo di scuse.
“Fa molto Harry ti presento Sally. –disse infine- Però io faccio Meg Ryan.”
Sorrisi. “Affare fatto.”
Era un film che non conoscevo molto bene, l’avevo visto una volta diversi anni prima, ma ricordavo benissimo l’amicizia trai due protagonisti, il loro grandissimo affetto, la loro capacità di sostenersi  a vicenda, di dirsi sempre tutto, anche se a volte poteva essere rischioso, ma ne uscivano sempre più rinforzati di prima, proprio come noi. E poi ricordavo un’altra cosa.
“Non si mettono insieme alla fine?”
“Mhm?”
Kurt andò avanti, sporgendosi sul bancone.
“Posso avere un latte macchiato scremato e un cappuccino per Billy Crystal?”
Lo guardai divertito. “Sai come prendo il caffè!”
Mi guardò di sottecchi, ma subito dopo fu come colto da un’illuminazione.
“Sai? Ho appena avuto un’idea su come passare il giorno San Valentino.”
Una parte di me si domandò che razza di piano avesse in mente. L’altra, però, era ancora rimasta al discorso di prima, profondamente sconcertata da quella rivelazione, ma, allo stesso tempo, era come se si fosse aperto qualcosa, dentro di me. Come se, in verità, avessi sempre saputo quelle cose, ma non avessi mai concesso loro il permesso di emergere a galla.
Mi chiesi se il discorso fatto a Kurt fosse stato quello giusto. Subito dopo mi ricordai di essere appena stato vittima di un poderoso due di picche. L’amore è troppo rischioso. Se in quel breve lasso di tempo che aveva preceduto la risposta di Kurt avevo provato un’incredibile paura di perderlo, era niente, messa a confronto con quella implicata da una relazione.
L’amore è troppo rischioso. Dopotutto, sono sempre stato uno che sceglie la via più facile, piuttosto che affrontarne una ombrosa e piena di dubbi, e io ero troppo inesperto, troppo stupido, troppo legato a Kurt e sì, lo ammetto, troppo codardo, per prenderla in considerazione.


***

Questo capitolo è stato un parto.
Sono così stremata che non riesco a scrivere una postfazione decente.
Spero che riteniate coerenti i pensieri di Blaine. Per me, infatti, non è nella 2x16 che lui si accorge di essere "preso" da Kurt. Per me è successo in questo momento. La sua faccia quando Kurt glielo dice, e poi, quando fa "Wow. Sono proprio un'idiota.", ecco, ho subito pensato che qualche rotellina nella sua testa avesse cominciato a girare nel verso giusto. Però poi si costringe a non farsi piacere Kurt, perchè ha troppa paura di perderlo. Che scemo. Ma infondo lo amiamo anche per questo (o almeno, Kurt di sicuro).
I vostri commenti, davvero, sono vitali. Quindi vi prego: commentate. Soprattutto questo capitolo, ci tengo tantissimo al vostro parere e rispondo a tutti con grandissima gioia.
E per tutte quelle persone che mi hanno messa nelle seguite, nelle ricordate o, addirittura, nelle preferite (preferite! E' una parola grossa, eh!!!): STRAGRAZIEMILLISSIMEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE
Ps - un grandissimo grazie a monochrome, che ormai è diventata la mia beta ufficiosa. I love you!!

   
 
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