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Autore: AmaleenLavellan    10/07/2011    4 recensioni
Un concorso, un filo conduttore.
Un francese che si assume il ruolo di Cupido, un mondo intero che coglierà l'opportunità.
«Bonsoir, gentili ascoltatori, qui è il vostro Francis da Radio “Le Monde”. Prima di lasciarvi cullare da dolci note jazz, devo fare un annuncio importante: dalla settimana prossima, inviateci una dedica, breve o lunga, a una persona a cui tenete, e scrivete anche il nome di una canzone. Ogni giorno, fino a domenica, sorteggeremo una di queste, che verrà letta qui alla nostra radio a fine programma. Che cosa romantica, oui? Mi raccomando, scrivete, scrivete, scrivete! L’amore che dichiariamo ai nostri cari non è mai abbastanza. Potrebbe essere un bel regalo, non è forse vero? Ora vi saluto, sintonizzatevi domani, alla stessa ora, su Radio “Le Monde”! Au revoir~ »
[UsxUk, Angary, GerIta, Spamano, PoLiet, SviLiech]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Allied Forces/Forze Alleate, Axis Powers/Potenze dell'Asse, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buonsalve a tutti!
Yeah! Per la prima volta nella mia vita sono riuscita a rispettare una scadenza che mi ero imposta! Questo si che è powah u.u
Chiedo ancora scusa per il ritardo precedente di tre mesi ç.ç
Comunque, insomma... Ecco a voi il finale di questa Fanfiction... Ma il momento ommioddio mi viene da piangere ho finito una fanfiction lo metto alla fine, dato che il capitolo è abbastanza diabetico di suo xD

Alcune note: 1. Ho deciso di chiamare Seychelles Soléne, mentre la Jordan che viene nominata a un certo punto è Wy.. poi sapete che Peter è Sealand, vero? xD
2. Francis lavora e abita a Monaco, perchè è la grande città in Germania più vicina a Vienna, se no i personaggi non ci arrivavano in un solo pomeriggio è una città molto bella ^^"
3. La canzone della lettera è Thank You di Johnny Reid, che secondo me è commovente (secondo me qualunque cosa è commovente...), mentre quella citata alla fine è Thank God I Found You di Mariah Carey.

Avvertimenti: Altamente diabetica. Avete presente... il capitolo Angary? Ecco, questo lo è di più. Però dovrebbe essere una diabetichezza (?) che ci sta... spero.
Forse le situazioni passate di Canada e Seychelles sono un po', come dire, esagerate. Però io sono esagerata, che ci volete fare.

MMH, non mi sembra ci sia da dire altro! Vi lascio al capitolo :D



Domenica - Pomeriggio
Francis appoggia le chiavi sulla prima scrivania che si trova davanti, stupendosi di trovare la luce accesa all’interno delle varie stanze. Eppure è convinto di averle spente tutte, la sera prima. Beh, poco male, mi sarò dimenticato, pensa con un’alzata di spalle, dirigendosi verso il suo ufficio. Si trova a metà di uno dei numerosi corridoi, quando ad un tratto sente un rumore strano. Il francese si blocca, con gli occhi spalancati. Non è mai stato un tipo che si spaventa facilmente, lui, ma da quando ha ricevuto mail di protesta per lettere non lette, con annesse velate (e non) minacce, è un po’ più… sensibile a ciò che percepiscono i suoi sensi.
-       C’è qualcuno? – chiede ad alta voce, sentendosi piuttosto stupido a fare una cosa del genere, osservando con circospezione ogni cosa gli capiti davanti lo sguardo, come se si aspettasse di veder spuntare qualcuno.
-       Francis! – esclama una voce dietro di lui. L’uomo fa quasi un salto, girandosi di scatto, ma il suo volto si apre in un sorriso riconoscendo quella voce.
-       Solé! – esclama con un cipiglio falsamente arrabbiato – mi hai fatto prendere un colpo -
Francis si porta una mano al cuore, con un gesto teatrale, mentre la moretta abbassa gli occhi, dispiaciuta. – Scusami - afferma. Lui, in tutta risposta, le accarezza i capelli, con sguardo paterno.
-       Sei una sciocchina, dolcezza. –
-       Smettila di trattarmi con una bambina, Francis! Non ho più dodici anni! – Soléne incrocia le braccia, sbuffando.
-       Sì, sì, hai ragione. –
-       Ho detto di non trattarmi come una bambina! –
Francis scoppia a ridere, senza togliere la mano dalla testa della minore. Per quanto quella ragazza continui a dire di essere cresciuta, il francese sa che nel suo cuore la piccola rimarrà sempre la “sorellina” di dodici anni.
-       Eppure hai già vent’anni… - sospira quasi senza rendersene conto, lasciando scivolare le dita fino alle spalle della ragazza.
-       E tu sei un vecchiaccio – afferma lei di rimando, con un ghigno.
-       Piccola impertinente! – grida lui, stringendola in un abbraccio mozzafiato, scoppiando a ridere di nuovo – andiamo, fai vedere al fratellone quanto è cambiato il tuo bel corpicino… -
Soléne riesce a liberarsi dalla sua stretta a fatica, con un’espressione disgustata. – è da quando ho tredici anni che mi fai la stessa proposta, e anche la risposta rimarrà sempre uguale. Mai, brutto maniaco! – Per quanto si sforzi, però, non riesce a trattenersi, e la sua risata cristallina si diffonde per tutto l’edificio, seguita da quella dell’uomo. A quel punto la ragazza si gira, tornando nel suo ufficio, dal quale era sbucata poco prima e Francis, che si è improvvisamente ricordato del fatto che lei era lì da prima del suo arrivo, la segue a ruota per avere spiegazioni. Soléne si siede alla scrivania, prendendo dei fogli e mettendoli da parte, poggiandosi poi sul naso degli occhiali da lettura, mentre l’uomo si lascia cadere su una poltroncina gialla, poco lontano da lei.
-       Solé? –
-       Sì? – chiede la ragazza, alzando lo sguardo.
-       Come mai sei arrivata qui prima? –
Francis vede la ragazza spalancare gli occhi, mentre con le dita corre ad accarezzarsi una delle code che porta ogni giorno.
-       Ehm, dovevo sistemare delle faccende e… -
-       Piccola, ti conosco. Ti tocchi i capelli in quel modo ogni volta che stai inventando una bugia o non sai cosa dire, è così da sempre. Avanti, che è successo? –
La minore sospira, scuotendo la testa. – Cavolo, mi becchi sempre. Niente, è che c’è questo mio amico, si chiama Peter, che mi ha chiesto di fargli un favore. C’è questa ragazza, Jordan, che gli piace da morire ma non riesce a dichiararsi, e mi ha chiesto per piacere di convincerti a leggere la sua lettera, stasera. – Soléne a quel punto unisce lo sguardo con quello di Francis, negli occhi una supplica. – Per piacere, fratellone, gli devo un favore… -
Francis sbatte le palpebre svariate volte. E lui che si era perfino preoccupato che potesse essere successo qualcosa di grave! Annuisce lievemente, chiudendo per un istante le palpebre. – Certo che sì, piccola. Dopotutto io non ho fatto altro che comportarmi da Cupido per tutti quegli idioti dei miei amici per tutta la settimana, naturalmente tocca anche a te! –
Alla ragazza si illuminano gli occhi, mentre si alza e corre ad abbracciare l’amico – Grazie, grazie, grazie Francis! Ti adoro! – esclama, stringendolo forte.
-       Sì, lo so, anch’io mi adorerei – scherza lui rispondendo all’abbraccio. – Allora, me la dai questa letter–
-       Eh no! – esclama Soléne subito, scuotendo velocemente la testa. – No, Peter mi ha chiesto anche di non farla leggere a nessuno fino al momento di farlo via radio. È terribilmente timido! Figurati, non l’ho letta neanche io. –
Francis non è esattamente convinto della spiegazione della ragazza. Che sia stata lei, a scrivere quella lettera per un qualche ragazzo che le piace? Riflette. Ah, l’amore!
-       D’accordo, farò come vuoi. Allora io adesso vado nel mio ufficio… mi raccomando, quando è ora di andare in onda ricordati di chiamarmi! –
Francis si alza dalla poltrona, mentre la ragazza annuisce.
-       Ah! Soléne? – chiede a un tratto il francese, dopo un attimo di esitazione, prima di scomparire oltre la porta.
-       Sì? –
-       … Ti voglio bene, Soléne. Anche se non siamo davvero fratello e sorella. Anche se ormai non sei più una bambina. Lo sai, vero? –
Solé sorride, mentre il suo viso si illumina. – Lo so. – afferma convinta, - anch’io ti voglio bene, fratellone. –
Francis, a quel punto, sembra soddisfatto, e lascia la stanza con un cenno del capo. Non sa perché ha detto quelle cose all’amica, semplicemente… sta crescendo, la sua piccola sorellina. E, quasi come un padre –anzi, proprio come un padre- vede i suoi lineamenti cambiare, il suo sguardo farsi maturo, ed è cosciente che, presto o tardi, la sua bambina se ne andrà per la sua strada. A Francis si stringe il cuore a pensare a quel momento. La sua Soléne… sembra ieri che aveva bussato alla porta del nuovo appartamento in cui si era appena trasferito, in lacrime, e gli aveva detto tra i singhiozzi “Prendimi con te”. E il giovane l’aveva presa con sé, quella bambina di appena dodici anni, che aveva conosciuto al parco sei anni prima. Quella bambina che aveva una famiglia piuttosto normale, ma che in pochissimo tempo si era trovata sul lastrico.
 
 -  Non possono più tenermi. – dice la bambina con un filo di voce, afferrando con mani tremanti la camomilla che il suo fratellone le ha preparato, il corpo ancora scosso dai singhiozzi appena cessati.
Francis spalanca gli occhi. - …Come? –
- M-mamma e papà. N-non hanno abbastanza soldi p-per mantenermi. – tenta di spiegare lei, cercando di non scoppiare di nuovo a piangere.
- Chi te l’ha detto, Solé? – Francis le accarezza i capelli con una mano, come fa ogni volta che la piccola è preoccupata, o triste. Cerca di comunicarle sicurezza e protezione con lo sguardo, ma è quasi impossibile; ciò che le ha detto è grave.
- È stato ieri notte – confessa dopo qualche istante di silenzio, cercando di rilassarsi. – Mamma e papà pensavano che stessi dormendo, ma io avevo sete e volevo andare in cucina. E loro erano lì, seduti al tavolo, con tanti fogli diversi in mano. Stavano parlando a bassa voce e io allora non mi sono fatta vedere, ma sono rimasta ad ascoltarli. –
Mentre Soléne racconta, Francis vede la scena come se si fosse svolta sotto i suoi occhi: la piccola dodicenne fa capolino da dietro lo stipite della porta, torturandosi le codine, sempre avvolte nei nastri che il suo fratellone gli ha regalato, mentre i suoi genitori discutono al tavolo; il padre legge e rilegge quei fogli che ha davanti, senza riuscire a capacitarsene, mentre la madre si passa una mano tra i capelli, pensando a una soluzione.
- Mamma diceva qualcosa come “Ce la possiamo fare, mi cercherò un altro lavoro”, mentre papà scuoteva la testa e diceva che mamma ha troppe cose da fare e non può trovarsi un altro lavoro, ma che forse vendendo la casa e le nostre cose ce la potevano fare, però una bambina costa molto… E allora mamma è scoppiata a piangere, e ha detto il mio nome, buttandosi tra le braccia di papà. Io mi sono spaventata perché pensavo che mi avesse scoperto, ma poi non hanno guardato dalla mia parte; papà ha cominciato ad accarezzare i capelli di mamma e ha pianto un po’ anche lui. Mamma singhiozzava e diceva “La nostra bambina, ci porteranno via la nostra bambina” e allora sono scappata. Io non voglio lasciare mamma e papà, fratellone, non voglio che mi portino via! – grida. E piange, Soléne, piange ancora, mentre il suo “fratellone” non può fare altro che stringerla e sussurrarle che andrà tutto bene, con tutta la sua convinzione. Francis ne è certo: tutto si risolverà, perché non può esistere un Dio tanto cattivo da volere che una bambina meravigliosa come la sua Solé soffra. Tutto si risolverà, perché anche in caso quel Dio esistesse, lui non ha intenzione di dargliela vinta.
 
Quando poi, stremata dalle lacrime che sembravano averla prosciugata, Soléne si era addormentata tra le sue braccia, Francis aveva sollevato quel corpo sottile ed incredibilmente fragile e l’aveva poggiato con delicatezza sul suo letto, coprendolo con le lenzuola. “Sempre come un padre”, pensa, adesso, trattenendo un sorriso.
A quel punto era corso al telefono, e aveva chiamato i suoi genitori. Aveva tranquillizzato il genitore della bambina, al quale tremava la voce; aveva cercato di ignorare la madre, che sentiva singhiozzare dall'altra parte della cornetta. Recuperata in parte la tranquillità nel sapere che la figlia era al sicuro, l'uomo gli aveva spiegato la situazione: il nonno di Solé era morto qualche mese prima (questo Francis già lo sapeva, la ragazza gliel'aveva raccontato) ma negli ultimi tempi era venuto fuori che costui, da quando la moglie era morta, aveva accumulato debiti su debiti, che ora il figlio era costretto a pagare. Una storia quasi da clichè, un film già visto, una trama tanto banale da essere reale.
"La prendo con me" aveva detto, in un momento di silenzio, Francis. Le parole gli erano sfuggite dalle labbra da sole, partendo dal cuore ed entrandogli direttamente in gola, senza passare prima dalla mente. Non ci aveva ragionato; era stata una proposta spontanea, inverosimile, eppure dal momento esatto in cui aveva pronunciato quella frase, il giovane aveva capito che era la scelta giusta. E più si impegnava per spiegare l'idea all'uomo, sia a telefono che il giorno dopo, di persona, più si rendeva conto di quanto l'idea fosse perfetta: Solé avrebbe vissuto con lui, finchè la situazione a casa non fosse migliorata. Non erano stati necessarie eloquenza e false promesse per convincerli: Francis era una persona affidabile, nato in una famiglia di tutto rispetto; lo conoscevano ormai da sei anni ed essendo i suoi genitori ricchissimi imprenditori pieni di impegni, avevano in un certo senso vissuto la sua adolescenza al posto loro.
 
E così Soléne si era trasferita da lui. Con l'entusiasmo tipico di una ragazzina, ma la maturità di un'adulta, aveva accettato di buon grado la sua situazione; dopotutto i genitori la venivano a trovare quasi ogni giorno e quando si sentiva triste, sola, o spaesata, per lei c'era sempre il suo adorato fratellone… per il quale, aveva poi scoperto Francis, si era presa una cotta fragorosa.
- Se ci ripenso quasi non ci credo! - esclama ad alta voce, abbandonandosi sulla poltrona della scrivania con un sorriso - è stato un periodo tanto incredibile da sembrare surreale!-
Accende il computer, con la ferma convinzione di mettere da parte il passato e prendere in mano il lavoro, quando, mentre sta aspettando che il computer scarichi tutte le nuove mail, un pensiero gli fulmina la mente. Con uno scatto fulmineo afferra il telefono, componendo quel numero che ormai aveva imparato a memoria, e ascolta impaziente il suono fastidioso del telefono, fino a quando una voce candida, dall’altra parte della linea, decide di mettere fine alla sua attesa.
-       Pronto? –
-       Ehi, piccolo! – esclama il francese con un sorriso quasi luminoso.
-       C-Ciao Francis – mormora con un sorriso il ragazzo dall’altra parte della cornetta.
-       Come hai fatto a indovinare che ero io? –
-       Francis, sei l’unico che mi chiama in quel modo, sul serio. – ride candidamente l’altro.
-       Mmmh, in effetti hai ragione tu. Beh, mon cher, come stai? –
-       C-Come sempre, non c’è nulla di nuovo. E tu? –
-       La stessa vita di sempre. Me manques, Mathieu. Quando vieni a trovarmi? – domanda Francis, sconsolato, con un sospiro.
Dall’altra parte, per qualche istante gli risponde solo il silenzio. Il francese sente Matthew prendere una grande boccata d’aria, per poi cominciare a parlare.
-       Je ne sais pas, Francis. Alfred in questo periodo è da Arthur… - Francis ghigna. Come se non lo sapesse, lui! – … e mi ha chiesto di badare a casa sua. L-lo sai che è ancora un bambino, è ancora convinto che ci siano gli alieni pronti ad assaltargli casa quando non c’è. Non dovrei dargli corda, lo so, ma è il mio gemello ed è anche l’unica famiglia che ho… - 
-       Anche io sono la tua famiglia, piccolo. Lo sai. –
Francis non perde un attimo per valutare la portata di quelle parole. Dal primo momento in cui aveva parlato con il canadese, aveva capito di essere diventato parte integrante della sua famiglia, forse ancor più importante dei genitori stessi del ragazzo.
 
Aveva sedici anni, Matthew, quando Francis l’aveva incontrato. La situazione, a casa di Solé, si era finalmente sistemata, ed il francese si era da poco trasferito nell’appartamento di Alfred e Arthur, a Berlino. Un giorno, dal Canada era venuto il fratello di Alfred a trovarlo, e così Francis l’aveva conosciuto. Il ragazzo l’aveva colpito fin dal primo istante: era timido, silenzioso, per quasi tutto il soggiorno non aveva rivolto parole che non fossero di cortesia a nessuno, nemmeno a suo fratello; stava lì, torturandosi le mani nascoste da felpe troppo larghe. Matthew, però, aveva stupito il maggiore soprattutto perché quei meravigliosi occhi viola, sembravano… vuoti.
Francis aveva deciso di rimediare alla situazione, e da subito aveva provato a stabilire un contatto con lui… ma era tutto inutile. Qualsiasi tentativo era un buco nell’acqua. Matthew rifuggiva quel contatto, lo rifiutava. Finchè, un giorno, era successa una cosa che aveva sconvolto il giovane francese.
 
-Alfred, razza di idiota! Ascoltami una buona volta! –
Arthur, infuriato come non mai sta inseguendo, attraverso il corridoio dell’appartamento, una figura bionda, agitando il pugno; quella, però, sembra ignorarlo, e ad ogni parola dell’inglese accelera il passo, invece di fermarsi.
-       Alfred! – continua a gridare l’inglese – vieni subito qui! So che sei stato tu ad asciugare l’acqua con cui hai allagato il bagno con le mie camicie! –
La figura, però, continua a non rispondere, ma invece cammina ancora più veloce. Arthur riesce in ogni caso a raggiungerla, e afferra il ragazzo per la manica della felpa, con violenza.
-       Alfred, guardami quando ti parlo! – grida, strattonandogli il braccio per farlo voltare. Il ragazzo però gira il viso dall’altra parte, e questa è per l’inglese la goccia che fa traboccare il vaso.
-       ALF-
-       Arthur! – lo sovrasta Francis. Con uno strattone costringe l’inglese a mollare la presa del ragazzo, poi si pone tra i due, a difesa dell’altro – si può sapere cosa diamine ti prende?!
-       È una cosa tra me e Alfred, fatti i fatti tuoi, stupida rana! – continua a gridare Arthur, rosso di rabbia.
Francis rimane in silenzio per alcuni istanti, sbattendo le palpebre. Poi, quando sembra realizzare cosa ha appena detto l’amico, lo guarda come se fosse impazzito – Ma sei fuori di testa, dannato inglese?! Cosa hai messo in quel tuo tea?! Questo è Matthew! – tuona.
Arthur lo guarda perplesso, per poi scoppiare in una risata amara. – Non prendermi in giro, francese. –
Francis non risponde, ma si sposta, rivelando Matthew, che guarda il francese con gli occhi lucidi spalancati dallo shock. Le guance di Arthur passano in un secondo dal rosso acceso al bianco, impallidendo visibilmente. Fissa il canadese come se gli fosse appena spuntato un terzo occhio, prima di balbettare qualche scusa e fuggire via, imbarazzato.
Francis e Matthew si scambiano una lunga occhiata, prima che il maggiore, con dolcezza, gli chieda: - Ti ha fatto male? –
-Eh? – è l’unica cosa che riesce a rispondere l’altro, completamente scosso dal fatto che non solo Francis si sia ricordato il suo nome, ma che l’abbia perfino riconosciuto e addirittura difeso.
- Ti ho chiesto se Arthur ti ha fatto male al braccio. – gli ripete, sfiorando l’arto in questione.
- Ah, no – balbetta il canadese, imbarazzato – Non ti preoccupare. Non è la prima volta che succede – sussurra, con finta tranquillità.
Francis rimane in silenzio per alcuni secondi, non capacitandosi di ciò che ha appena sentito. – Matthew, non è possibile. Tu vuoi dirmi che non è la prima volta che qualcuno scambia te per quell’idiota di tuo fratello? –
-       Succede di continuo, ci sono abituato – è l’unica risposta di Matthew, mentre si morde il labbro. – Tu sei il primo che non lo ha ancora fatto. – si trova a dire, in un unico mormorio.
-       Ma siete completamente diversi! – esclama a quel punto Francis, esasperato, allargando le braccia. Il canadese lo guarda di nuovo come se avesse appena visto un angelo circondato di luce, mentre mormora: Davvero?
Gli occhi viola di Matthew si illuminano.
E Francis decide che sono una delle cose più belle che abbia mai visto.
A quel punto, con tutta naturalezza e senza una parola, lo prende per mano e lo trascina nella sua camera. Matthew è spaventato da questa intimità, ma non oppone resistenza.
-       Ora tu ti siedi lì – dice, indicando il letto – e mi spieghi perché non parli mai, perché la gente confonde te, che sei tanto adorabile, con quel casinista di tuo fratello, e perché i tuoi occhi sono spenti. –
E Matthew, con gli occhi che brillano di un sentimento indefinito, per la prima volta nella sua vita si abbandona a qualcuno.
 
Il canadese gli aveva raccontato che lui e Alfred erano figli dello stesso padre, ma di due madri diverse. A distanza di poche settimane aveva messo incinte la moglie, e in un attimo di passione e follia la sua segretaria, canadese. I genitori di Alfred erano molto ricchi, e non volevano che scoppiasse lo scandalo, quindi anche quando la moglie lo scoprì, decisero di tenere tutto nascosto e, subito dopo la nascita del bambino, il padre licenziò la donna e tenne invece il bambino, che spacciò per gemello di Alfred, che nacque tre giorni dopo.
Così Matthew aveva vissuto tutta la sua vita all’ombra del fratello minore, come “figlio non desiderato”, senza una madre e con un padre troppo impegnato per prestare attenzione ai suoi figli. Tutti lo scambiavano per Alfred semplicemente perché… quasi per nessuno, Matthew esisteva davvero.
Da quel giorno, Francis era diventato la famiglia del ragazzo.
 
-       Certo, lo so. – Francis si riscuote dal flusso di pensieri, e presta attenzione a Matthew - Infatti verrò appena quell’idiota tornerà a casa, promesso. A-anche io… Nel senso… Io…-
Ma, a quel punto, si blocca. Francis sospira, perché ormai è abituato a scenette del genere. Matthew gliene fa ogni volta che deve dimostrare un qualsiasi suo sentimento, è sempre stato così.
-       …Sì? –
Matthew prende nuovamente un grande respiro, prima di dire tutto d’un fiato – Anche tu mi manchi-. A quel punto le sue guance diventano fiamma viva, e cerca di cambiare argomento. – E-e anche Solé! H-ho moltissima voglia di vederla!  Come sta? –
Il canadese sente l’altro sbuffare, ma in maniera divertita. – Sta bene, sta bene. Adesso però mi conviene mettermi a lavorare, non ho ancora cominciato ed è tardi. Allora ti aspetto prima possibile, Mathieu. Au revoir! –
 
Quando sente il “clic” che segnala che la conversazione è chiusa, Matthew sospira, infilando il cellulare in tasca.
-       Cosa voleva? – domanda l’uomo seduto davanti a lui, sul sedile del passeggero, passandosi una mano tra la zazzera bionda.
-       Mi ha chiesto quando lo vado a trovare… - mormora a bassa voce il canadese, senza trattenere un sorriso divertito.
-       Ahahah! Allora ha chiamato proprio al momento giusto! Non gli hai detto la verità, vero? – l’uomo alla guida si gira verso il fratello, con un’occhiata sospettosa.
L’altro ragazzo gli tira un pugno leggero, rispondendo al posto di Matthew - Certo che no, Alfred! Tuo fratello mica è stupido come te! E guarda la strada, idiota! Non ho voglia di morire in un incidente per colpa tua! –
-       Arthur, mi hai fatto male! Che bisogno c’era di picchiarmi? – Alfred si massaggia la testa, riportando lo sguardo sulla strada davanti a lui.
A questa affermazione, però, non fa altro che ricevere un altro pugno – Perché tu le parole non le capisci. E guida più piano, che mi viene la nausea! E perché superi la macchina di Ludwig? Guarda che dobbiamo seguirli! Non puoi superare una persona che devi seguire! È una cosa stupida! E ti ho detto di rallentare! –
–      C’è dell’altro? –
–      Sì! Sei un idiota! –
Alfred sospira, sistemandosi gli occhiali sul naso, ormai abituato alle crisi isteriche di cui è in preda Arthur ogni volta che sono in macchina insieme. “Prima o poi si dovrà abituare al mio modo di guida. E lo farà sicuramente, perché io sono un eroe!”
Matthew sospira per l’ennesima volta, anche perché quei due si stanno comportando così da quando è arrivato alla villa di Roderich, qualche ora prima. – Sono idioti tutti e due… - sussurra; ma, come al solito, non viene preso in considerazione.
- Scusa, Matthew, ma Arthur non poteva andare con qualcun altro? Non fraintendere; ma se litigano così tanto quando Alfred guida, perché sono nella stessa macchina? – domanda perplesso Toris, che sta ormai ascoltando battibecchi del genere da almeno due ore.
-       Per questo. – sorride stanco il ragazzo, guidando lo sguardo del lituano sulle dita intrecciate di Alfred e Arthur.
 
Nella macchina davanti a loro, se possibile c’è persino più confusione… anche se il motivo sembra essere l’opposto.
-       Stupido crucco, ti decidi ad andare più veloce? Guarda che così ci arriviamo domattina, a Monaco, non tra due ore! – grida in italiano Lovino, cercando di sporgersi in avanti per tirare qualche pugno a Ludwig, che come al solito cerca di ignorarlo.
-       Mi corazòn, callate, Alemania no es Italia. Se ti beccano fare qualche infrazione qui, è un disastro! – cerca di calmarlo Antonio, prendendolo per i fianchi e cercando di zittirlo con un bacio, mentre l’altro si dimena.
-       Fate guidare il fantastico sottoscritto! La mia magnifica guida è la migliore, naturalmente! – interviene qualcuno in tedesco.
-       Gil, non possiamo fermarci a cambiare persona alla guida. Rischiamo di perdere gli altri. – cerca di ribattere Ludwig, che lascerebbe tranquillamente il volante in mano a qualcun altro, perché il mal di testa lo sta uccidendo.
-       Doitsu, Doitsu, anche io voglio fermarmi! Devo andare in bagno! –
-       Stupido fratello, ci siamo fermati perché dovevi andare in bagno mezz’ora fa! –
-       Sì, ma ci devo andare ancora fratellone! –
-       Ragazzi, non possiamo fermarci e basta. Volete arrivare a Monaco, sì o no? – cerca di portare la calma (inutilmente) il tedesco.
-       Guarda che è colpa tua che guidi troppo piano, bastardo di un mangiapatate! Se fossi andato più veloce nelle ultime due ore ora ci potremmo fermare! –
-       Dovevate far guidare la mia divina persona fin dall’inizio! Vero, Gilbird? –
-       Tieni quel piccione lontano da me, crucco numero 2! –
-       COME HAI OSATO CHIAMARE IL MIO SPLENDIDO GILBIRD?! –
-       Piccione, bastardo! Quel coso è solo un piccione tinto di giallo! –
-       Chiedi scusa a Gilbird! È il magnifico me a ordinartelo! –
-       Mai! –
-       Doitsuuuu, ti prego, devo andare in bagno e mi è anche venuta fame… Dai, amore… Per piacere… -
Ludwig è arrivato a quel punto di sopportazione, in cui non sa se sbattere ripetutamente la testa contro il volante, lanciarsi dal finestrino o fare per puro caso incidente.
-       Madre de Dios… - è l’unico commento di Antonio, che scoppia a ridere.
 
Nella macchina che sta facendo strada alle altre, invece, regna sovrano il silenzio.
-       Tesoro, avete intenzione di ignorarvi ancora per molto? – domanda esasperata Elizaveta a Roderich, seduto al posto di guida.
-       Di chi parli, Eliza? Io non sto ignorando assolutamente nessuno. – è l’unica risposta dell’austriaco, mentre si sposta un ciuffo di capelli dagli occhi con un cenno del capo.
-       Vash, per piacere, è brutto quando non vi parlate tu e Roderich, io e Liz ci stiamo male. – cerca di riparare la situazione Lili, prendendo la mano dello svizzero.
Vash arrossisce, come fa sempre a un qualsiasi contatto, poi si gira dall’altra parte. – Roderich? Io non conosco nessun Roderich. –
-       Lasciatevelo dire, siete peggio di due bambini. Il muro del silenzio ho smesso di farlo quando avevo 10 anni, non più di venti. –
-       Elizaveta ha ragione, cercate di comportarvi come persone mature. Siete grandi ormai. –
-       Ragazze, ma di chi parlate? Ci siamo solo io e voi, in macchina. – afferma Rod continuando con la sua farsa.
-       Accidenti, Roderich! Fermati! – grida Elizaveta, indicando una piazzola di servizio. Roderich, spaventato, senza neanche pensarci ubbidisce all’ordine della fidanzata. Quando si sono fermati, l’ungherese scende dalla macchina e con passo di marcia si dirige dall’altra parte, spalancando la portiera dell’austriaco. – Scendi – gli intima, minacciosa, ed appena l’altro si è alzato, prende il suo posto alla guida. Lili, che ha improvvisamente capito cosa lei voglia fare, in tutta fretta corre al sedile precedentemente occupato dalla cugina.
-       Ma cos-
-       Ora voi due vi sedete dietro, da bravi bimbi quali siete, e nessuno dei due passa davanti finchè non avrete fatto pace. –
-       S-Starai scherzando spero. – balbetta Roderich, con gli occhi spalancati.
-       Ho la faccia di una che scherza? Guarda che se non ti sbrighi a sederti ti lascio qui. –
-       Sei spietata, Liz – sorride, un po’ preoccupata, Lili. L’altra scoppia a ridere, mentre a malincuore Roderich lentamente va a sedersi, il più lontano possibile dallo svizzero. I due uomini si scambiano una rapida occhiata e poi sbuffano, in coro, girando la testa dalle parti opposte, scatenando le risate incontrollate delle altre due. Mentre la macchina riparte, l’austriaco improvvisamente sembra ricordarsi di un dettaglio piuttosto importante.
-       Liz… - mormora, cominciando a sudare freddo.
-       Sì? –
-       Lo sai bene che soffro incredibilmente il mal d’auto. – afferma con un lamento, cominciando ad aprire di qualche millimetro il finestrino, in cerca d’aria. Il ghigno che increspa le labbra della fidanzata, in quel momento, è a dir poco spaventoso.
-       Allora ti conviene fare la pace più velocemente con Vash, piccolo. –
 
 
-       Il nostro programma sta quasi volgendo al termine, cari ascoltatori. Come sapete questa sera è purtroppo l’ultima della settimana, e quindi sarà anche l’ultima in cui leggerò una vostra lettera. Ma non disperate, miei adorati! L’amour in questo programma è sempre il protagonista. Se siete innamorati pronti a dichiararvi, single con speranza, inguaribili romantici e amanti dell’amore, e volete raccontarci la vostra storia, chiamate al numero 170 300 350, oppure andate sul sito internet www.radiolemonde.de e scrivete una mail. Vi richiameremo la sera stessa! Ora vi lascio alla potente voce di Adele, “Set Fire To The Rain” e “Rolling in the Deep”. A dopo! –
Quando Francis vede l’insegna luminosa del “On Air” spegnersi, e le note della canzone cominciare a diffondersi per la stanza di registrazione, si alza e con un gran sorriso si dirige verso Soléne, che gli sta facendo il segno dell’ok dall’altra parte del vetro. Lei apre la porta, avvicinandosi a lui.
-       Ecco, questa è la lettera! – esclama con un sorriso, porgendogli un foglio fresco di stampante, piegato a metà – Ma non leggerla adesso, mi raccomando! – afferma poi con cipiglio severo.
-       Tranquilla, piccola, non lo farò... – ribatte scuotendo la testa lui, poggiando il foglio sul tavolo al centro della stanza e prendendo un sorso d’acqua da una bottiglietta che gli porge un altro uomo, a cui lui risponde con un sorriso.
-       Hai sentito Matthew oggi? – chiede tutt’un tratto Solé, mentre finisce la prima canzone e comincia la seconda. Il francese fa un cenno con il capo.
-       Sì, sì. Solo per poco, però… ha detto che verrà a trovarmi appena Alfred tornerà in America. –
-       A trovarmi? Vorrai dire a trovarci – afferma la minore con un’occhiata superiore, per poi sorridere – Sai che voglio bene a Matt come se fosse un fratello… Beh, in un certo senso lo è! –
-       Già, siete entrambi i miei piccoli. –
-       Quando la smetterai di chiamarci in quel modo? – afferma una voce sottile alle sue spalle. Francis, nell’udirla, si gira di scatto, spalancando la mascella e Soléne, a vedere tale reazione, scoppia a ridere.
-       Matthew?! –
-       Sorpresa – afferma lui candidamente, con le guance che si tingono di un rosso vivo.
-       Ma cos-
-       Parlate dopo! – interviene a quel punto la ragazza, spingendo fuori Matthew e facendo rapidi cenni a Francis – ora devi andare in onda! –
Francis si siede sulla poltrona, ancora a bocca aperta, spostando lo sguardo sull’uomo di prima che con le dita gli dà il via, mentre la lucina dell’ “On Air” si accende.
 
-       Buonasera, gentili ascoltori, e bentornati su  Radio Le Monde. – dice, suadente, nel microfono - Ecco a voi ora l’ultima lettera di questa settimana. Restate con il fiato sospeso. – lancia un sorriso a Solé e Matthew che gli fanno cenni d’incitamento, poi prende in mano il foglio, e comincia a leggere.
 
-       Ehi, fratellone. Già da questo saluto avresti dovuto capire chi è l’autore di questa lettera, o meglio, chi sono, perché sì, siamo in due. In ogni caso quello che stiamo per dirti non lascerà spazio ai dubbi. –
 
Francis fa una piccola pausa, mentre lancia un’occhiata perplessa a Soléne, che però sta guardando da un’altra parte. “Ma non era un suo amico che si doveva dichiarare?”
 
-       Quante ne abbiamo passate, insieme, eh? Ci hai visto crescere, o meglio, in un certo senso ci hai cresciuto tu. Tu, che a diciotto anni hai dovuto imparare a essere sia una madre che un padre, e a poco più di venti, invece, a essere un fratello maggiore responsabile. Difficile per te, che eri in mezzo a tutti i casini che succedevano sia al liceo che all’università! Eppure ce l’hai fatta, per noi due: una bambina entusiasta e sempre sorridente con una cotta per te, che ancora oggi ha sempre indosso i nastri che le hai regalato quando ha compiuto otto anni, e un ragazzo che non aveva mai davvero cominciato a vivere, e passava la sua vita nascosto dall’ombra di suo fratello.  –
 
Silenzio. Una penna cade sul pavimento. Francis guarda il foglio con occhi spalancati, improvvisamente lucidi; vorrebbe stringerlo più forte, perché la presa si è allentata, ma non ci riesce.
La voce gli è morta in gola.
Alza lo sguardo, verso i due ragazzi che lo stanno guardando: la pelle candida di Matthew si è di nuovo tinta di rosso per l’imbarazzo, mentre Soléne sembra sul punto di piangere. Ma sorridono.
Quindi Francis non può fare altro che sorridere di rimando e fare un respiro profondo, per prendere l’aria di cui ha bisogno, per continuare.
 
-       Ci hai salvato entrambi, fratellone. Ci hai trascinato fuori da tutte le tempeste che abbiamo attraversato, tenendoci per mano; ci hai sorretto quando stavamo per cadere; se non ci fossi stato tu, le nostre vite sarebbero andate alla deriva, se non ci fossi stato tu, non avremmo avuto nessuno a cui sorreggerci. –
 
Francis cerca di reprimere il singhiozzo che gli sale alla gola, mentre stringe convulsamente quel misero pezzo di carta che ha tra le mani, e continua con voce tremante.
 
-       Quindi , perdona la brevità, ma abbiamo solo una cosa da dirti.
Grazie; per darci ciò che ci dai, grazie per essere ciò che sei. Ti vogliamo bene, non c’è bisogno di dire altro. –
 
Una lacrima, lenta e leggera, bagna l’inchiostro nero.
 
-       Con affetto, i tuoi “piccoli” che ormai, non sono più bambini. –
 
La musica parte subito, senza che il francese saluti i suoi soliti telespettatori. Lentamente si alza, senza asciugarsi le guance bagnate, e si dirige verso la porta.
 
-       If I only had
Two words left to say to you…
 
Alza lo sguardo verso i due ragazzi che sorridenti, ma con gli occhi lucidi, lo stanno aspettando. Cammina lentamente verso di loro, abbandonando il foglio sul tavolo. Francis fissa Soléne e Matthew come una madre che guarda i figli scusarsi perché, nel prepararle una torta per il suo compleanno, hanno combinato un disastro in cucina. C’è un cenno di rimprovero, in quegli occhi blu, ma l’affetto e la commozione sono tanto brillanti da oscurare il resto. Il mondo, intorno a loro, è sparito.
-       Siete due stupidi – commenta, dopo qualche istante di silenzio, aprendo le braccia.
 
- You’ve never left my side
Even when I fell behind…
Thank you,
Thank you for the life you’ve given me.
 
E i due ragazzi si abbandonano all’uomo, stringendolo come se ne dipendesse della loro stessa vita. Lacrime tiepide bagnano la camicia del francese, lì dove la sua bambina ha nascosto il viso. Le mani di Solé hanno afferrato la stoffa leggera, e ora vi è aggrappata, come se stesse per scivolare nel baratro più buio. Matthew cerca di trattenersi, si impedisce di piangere; da sopra la spalla di Francis si limita a mordersi convulsamente il labbro. Gli occhi viola brillano di un sentimento senza nome, che porta i colori della gratitudine, della gioia e della commozione, ed il velo di imbarazzo che provava, il piccolo canadese, si è dissolto nel momento esatto in cui si è trovato avvolto dal profumo morbido di Francis.
 
-       Thank you,
For sharing all your love and all your dreams.
Thank you,
for every tear of happiness I’ve cried.
 
 
Francis poggia le labbra tra i capelli scuri di Soléne in un candido bacio, mentre con una mano accarezza con delicatezza quelli biondi di Matthew. Si separa da loro lentamente, quasi come fosse un film. Dopo lunghi istanti di silenzio, trova la voce per parlare.
-       Sono… senza parole. Vi voglio bene, ragazzi. –
La ragazza si asciuga gli occhi con una manica, come una bambina.
-       Anche noi, fratellone. - 
 
-       Thank you, for layin’ down beside me here tonight.
 
L’uomo guarda di nuovo i due giovani di fronte a lui, questa volta un po’ divertito. Solé ha gli occhi arrossati, mentre le guance di Matthew sono di nuovo accese dalla vergogna e si sta torturando le mani, mentre con la coda dell’occhio osserva tutti i colleghi del francese, che lo stanno fissando stupiti, divertiti e anche un po’ commossi.
-       Dobbiamo andare a darci una ripulita, ragazzi – afferma con un sorriso – siamo in condizioni indecenti. E per commemorare questo meraviglioso regalo, vi porto fuori a cena, cosa ne dite? –
-       Sono estremamente d’accordo! – dichiara la ragazza, asciugandosi l’ultima lacrima e scoppiando a ridere. Francis e Soléne fanno per uscire dalla stanza  e dirigersi verso i bagni, quando un richiamo li blocca.
-       Aspettate! – esclama Matthew, seppur con la sua solita vocina. – La sorpresa… non è finita qui. – rivela.
La complice, fino ad allora, di tutta la macchinazione, lo guarda ad occhi spalancati: - Ma come? A me non hai detto niente! –
Il canadese sembra rimpicciolirsi, mentre con un’alzata di spalle, ribatte:
-       Non è stata una mia idea. È degli altri. –
Lo sguardo del francese passa da uno all’altra, senza capire chi siano gli “altri” di cui parlano.
-       Dobbiamo andare nella stanza principale – spiega a quel punto il giovane, - Lì c’è una sorpresa che ti aspetta. –
-       Andiamo, allora! – esclama allora il francese con un sorriso bonario, avviandosi verso la stanza indicata; dietro di lui, Matthew spiega a bassa voce all’amica di che “sopresa” si tratta.
 
Quando Francis varca la soglia della stanza, lo accoglie un applauso; si guarda intorno colpito, mentre tredici visi familiari gli sorridono.
-       Ma cosa?! - esclama sorpreso, quando i compagni di una vita gli si affollano attorno, ridendo della sua espressione.
-       Sorpresa! – esclama Antonio, mettendogli un braccio sulle spalle.
-       I tuoi amici comuni, più il magnifico me, sono venuti a trovarti! – grida Gilbert dandogli una pacca sulla schiena.
-       Contento di vederci? – ghignano a quel punto in coro.
-       Gente, contento è dire poco! Non ci vediamo da un anno intero! Però voi siete sempre uguali… - ride il francese abbracciandoli forte.
 
A quel punto voci, grida, risate si sovrappongono: tutti hanno qualcosa da raccontare, da spiegare, da ricordare, e in quella confusione di immagini e suoni a Francis gira la testa.
-       Gente! – grida, coprendosi le orecchie con le mani – uno alla volta, per piacere. Casinari come sempre, eh? –
-       Senti chi parla, stupida rana. Quante persone hai molestato da quando ci siamo visti l’ultima volta? – interviene con voce nasale Arthur, alzando gli occhi al cielo.
-       Una decina, una ventina, chi lo sa. Non tengo il conto, mon cher! –
-       Oh, cielo, stai scherzando spero! – La voce sconvolta che emerge dalle risate è quella di Roderich, che ha gli occhi spalancati.
-       Ma certo, Rod. Dopotutto la mia vittima preferita sei tu… -
-       Ehi, francese, giù le mani dal mio uomo! – esclama Elizaveta, con una risata, spuntando da dietro l’austriaco e avvolgendogli le braccia intorno al collo. Sull’anulare, brilla riflettendo la luce una fascia dorata.
Francis guarda il dito della ragazza ad occhi spalancati.
-       Elizaveta, ma quello… -
-       Hai capito bene! – gli occhi dell’ungherese splendono adesso quasi più dell’anello – Roderich mi ha chiesto di sposarlo! –
-       Eliza, non mi sembra il caso di continuare a ripetere il concetto… - Roderich, imbarazzatissimo, si copre il viso con una mano, mentre comincia ad avvertire un vago senso di nausea.
-       Invece è una cosa meravigliosa! – esclama Francis – Ma quando… -
-       Ieri. –
-       Ieri… vuoi dire… -
-        Sì. Dopo la lettera. In un certo senso… è grazie a te. – ammette la ragazza con dolcezza, guardandolo negli occhi.
 
Francis apre e chiude la bocca, senza riuscire a parlare. È una notizia tanto grande che non sembra essere in grado di reggerne il peso. Matrimonio… Anche grazie a lui, ci sarebbe stato un matrimonio! Agli occhi degli altri, potrebbe essere un nonnulla, ma ai suoi… è davvero qualcosa di grande.
-       Grazie… a me? – ripete, lentamente.
-       Certo, fratello. – Gilbert gli batte l’ennesima pacca sulla spalla, con un ghigno.
-       Ho fatto… così tanto? –
-       Oh, hai fatto molto di più! – la voce di Lili, sottile ma in qualche modo potente, si leva dal fondo della stanza, dove sta, accanto a Vash. Vedendo lo sguardo perplesso del francese, Alfred, che stranamente non ha ancora fatto il suo eroico intervento, si sente in dovere di dare spiegazioni.
-       Grazie a questa tua idea delle lettere, non solo Rod si è dato una mossa e ha chiesto  a Liz di sposarlo! Antonio e Lovino hanno fatto pace, Toris ha detto “Ti amo” a Feliks dopo secoli che stavano insieme, Lud e Feliciano sono finalmente una coppia ufficiale, io e Artie ci siamo messi insieme e Vash-
-       Cosa?! – il grido strozzato di Francis blocca il coro di insulti e proteste che stavano prendendo voce contro l’americano, per aver reso in quel modo orribile una settimana di avvenimenti – Tu e Arthur state… insieme? –
 
Nella stanza piomba il silenzio. Francis guarda Arthur a metà tra lo sconvolto e l’incredulo, finchè l’inglese sbotta, rosso in viso:
-       Perché, hai qualche problema? –
Francis rimane a fissarlo, immobile, prima di aprirsi in un enorme sorriso.
-       Era ora! Finalmente il piccolo Arthur è diventato grande e non ha più paura dell’amore! – esclama, facendo scoppiare tutti a ridere, mentre Alfred blocca il ventitreenne dall’uccidere l’eterno rivale, seduta stante. Francis sta un attimo in silenzio, prima di parlare ancora.
-       Beh ragazzi, non posso credere che tutto questo in parte sia anche per merito mio. –
-       E invece è così – dichiara a quel punto Toris, facendosi sentire per la prima volta dall’inizio della conversazione. Il fidanzato, accanto a lui, annuisce convinto.
 
-       Per questo ti abbiamo fatto un regalo, veh! – urla Feliciano lasciando la mano di Ludwig, che stava stringendo, e saltellando davanti al francese.
-       Per ringraziarti, in qualche modo. – conferma Ludwig.
-       Te lo meriti, bastardo! – questa volta è Lovino a parlare.
-       Un regalo? Ancora? – domanda Francis. Questo è  decisamente uno dei giorni più belli della mia vita, pensa, passandosi una mano tra i capelli biondi.
-       Veh! – Feliciano gli mette davanti agli occhi una scatola poco fonda, ma molto larga, che prima nascondeva dietro la schiena.
Francis la afferra con mani tremanti, perché ha la netta sensazione che sarà qualcosa di estremamente ridicolo oppure estremamente commovente, e soprattutto nel secondo caso, per oggi sente di aver pianto abbastanza. Con una lentezza esasperante la apre, e a occhi spalancati tira fuori un… poster. Dal foglio lucido, i visi di tutti i suoi amici gli sorridono, le guance arrossate e gli occhi lucidi, un po’ brilli. Al centro, Antonio e Gilbert gli stanno facendo le boccacce mentre lui, concentratissimo, è tutto intento a soffiare ventisei candeline da una torta a dir poco enorme. Il suo ultimo compleanno, ovvero l’ultima volta che si erano visti tutti insieme.
 
-       Girala – gli consiglia lo spagnolo, mentre Matthew e Soléne si sporgono da dietro di lui per cercare di vedere.
Dietro la foto, in una scrittura ordinata, c’è una frase.

“Thank God I found you,
I was lost without you,
My every wish and every dream
Somehow became reality
When you brought the sunlight,
Completed my whole life,
I’m overhelmed with gratitude
Cause baby I’m so thankful
I found you”
 
E lì, campeggiano le firme di tutti loro.
Francis sa che, a meno che qualcuno non faccia qualcosa di assolutamente ridicolo, si metterà a piangere di nuovo come un bambino.
 
-  Hai visto? Ti abbiamo regalato una canzone! – esclama Feliciano, convinto - Io volevo cantartela, ma Arthur, Lud, Rod e tutte quelle persone noiose si sono rifiutate, veh! – a quel punto la sua espressione diventa piuttosto stizzita.
 
Francis scoppia a ridere, così come tutti gli altri (incluse le cosiddette persone “noiose”), ringraziando mentalmente l’italiano per averlo salvato da un pianto a dirotto.
-  Io... non so cosa dire… - balbetta il francese, tenendo tra le mani quella foto come se fosse fatta di cristallo.
- Potresti provare con un “grazie”, cosa ne dici? – gli suggerisce con un grande sorriso all’orecchio, ma in modo che sia udibile a tutti, Soléne.
 
Francis annuisce, prima di sorridere di tutto cuore a quel gruppo di persone che lo guardano con affetto.
 È un gruppo di amici messi insieme dal caso, persone così assolutamente diverse e per questo perfette se unite; urlano, fanno casino, litigano e si insultano in continuazione; si comportano da stupidi, da bambini, e non sembrano sapere il significato della parola “quiete”. Ognuno di loro è pieno di così tanti difetti che elencarli sembra impossibile… ma proprio per questo Francis sa, che non avrebbe potuto mai desiderare nulla di meglio dalla vita.
 
-  Grazie. Grazie a tutti di cuore. –
 
Thank you for sharing all your love and all your dreams…
Thank you,
Thank you.
 


***Angolino Personalidiotissimo di MoonBlossom***
Ed eccoci qui... Anche questo capitolo è finito.
Spero vi sia piaciuto... Ho voluto fare un grande regalo a Francis, perchè insomma, l'ho usato come Cupido per 8 capitoli e mezzo, lo maltratto quotidianamente e lo prendo in giro in continuazione, quindi un momento tutto suo se lo merita, su.
Spero di essere riuscita a non creare situazioni Frashelles o Franada, nel senso, non era quello il mio intento. Per l'ultimo capitolo volevo che non fosse il romanticismo in sè il protagonista, ma... l'affetto. 
Puro e semplice. Senza l'aspetto sporco che ha l'amore. (Sporco in senso buono, eh!)
[Per questo voglio un sequel Franada, dannazione! >.< xD]
Non ci sono riuscita con Vash e Lili, ahem, Spero di esserci riuscita questa volta.

Che dire... non riesco a credere che sia finita questa fic. Era, cioè è, la mia prima long su Hetalia, e in un certo senso quella a cui voglio più bene, perchè ho messo insieme tutti i miei pairing preferiti, ed essendo io fangirl accanita, ho gradito non poco la cosa.
Sembrerà stupido, ma io sento di essere cresciuta con questa fic. Sì, perchè ho scritto il primo capitolo mentre uscivo da un periodo "Non voglio mai più leggere fanfiction perchè poi mi viene la dipendenza e la cosa non va assolutamente bene" (ed effettivamente è andata proprio a finire così) quindi c'era più entusiasmo che altro. Anche a livello stilistico, mi sembra di essere un po' migliorata... voglio dire, a confrontare il capitolo Usuk con questo qui, qualche progresso l'ho fatto, vero? *si sconvolge per la differenza di lunghezza tra i due capitoli*
Beh, un po' mi mancherà questa fic. Cioè, un po' tanto. 
Ma non disperate, voi che mi avete seguita! E mettete via i forconi, ho quasi finito!
Questi ultimi due capitoli mi hanno dato molti spunti per scrivere dei prequel/spin-off, per esempio l'incontro tra Francis e Canada, oppure la lite Ivan-Alfred e la vicenda Alfred-Arthur-Francis che ne consegue... Di sicuro non scriverò mai dei momenti Fruk :P E chissà... forse ci sarà anche un Sequel! (Franada, Franada, Franada, ahem ahem)
Fatemi sapere cosa ne pensate ^^ 

Ultima (più o meno) cosa. Devo fare un ringraziamento ultraspeciale alla queridissima DateAtTeaTime, mia beta di fiducia <3 Sopporta tutti i miei scleri quotidiani, le mie ansie per le fic, i miei momenti fangirl, mi regge anche se sono ultra diabetica (tipo adesso xD) e c'è sempre per qualsiasi consiglio, anche le cose più stupide. Mi ha supportato lungo tutta questa fanfiction, soprattutto quest'ultimo capitolo per il quale ero piena di dubbi, e ha retto le mie scenate isteriche sul fatto che non trovassi la canzone adatta a Furansu Onii-san, quindi fatele un bell'applauso! Grazie, caraH!

Quindi, per finire...
Concludere una storia è un po' come finire di leggere un libro... lascia l'amaro in bocca, e un rimescolio caldo nello stomaco. 
Oddeus, sto esagerando, vero? Mi commuovo per MOLTO poco, scusate. E poi, per me che vivo di One-Shot, una storia di nove capitoli è una gran cosa! Sì, lo so, faccio schifo xD

Grazie infinite a tutti voi che avete avuto la voglia di leggere questa fanfiction! Siete fantastici <3 E grazie soprattutto a AiEmTheHero, Albion, artemis89, Berrish, Blacket, Djibril88, Karly_chan [Ehi, tu! Ti meriti un ringraziamento speciale per essere ovunque xD], Lovina_Vargas, MareikeTiaycia, Usagi93 e Yuuki_Sara per aver messo questa storia nelle preferite, claws, Lellas92 e Yumeji per averla inserita nelle ricordate, e alucard51, Chibi_, Color__by, Hullabaloos, van_Kirkland, Jekkun, kiky 92, Kuro_Renkinjutsushi, lall, Lellas92, nippon93, Revy21, sasuchan7, yayachan18, YuKa96 ,Yumeji e _Ayame_ per averla messa nelle seguite. Vi adoro, ragazzi! **

Allora arrivederci! Alla prossima!
_Moon (che ora è diventata MoonBlossom)

P.S. Vero che me la lasciate qualche recensioncina? Vi prego, non fatemi deprimere ç.ç Sono già depressa per aver finito la fic xD

   
 
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