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Autore: despicableandri    12/07/2011    13 recensioni
Sono Justin Bieber, un ragazzo di diciassette anni da poco compiuti, costretto a vivere con una ragazza che non sopporto e qui inizia la mia storia. No, non quella che conoscono tutti. Questa è solo mia, mia e sua, e basta.
Ebbene si, un'altra storia su Justin Bieber.
Se vi ho incuriosito, mi farebbe piacere un vostro parere. :'3
#withlove, An.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La mia storia. Primo passo verso ‘noi’.
Capitolo 13 – A game of lips.


Dal capitolo precedente:
Le diedi un ultimo bacio a stampo per poi scendere a baciarle il collo. Questa volta fu il suo turno di sospirare. Sorrisi contro la sua pelle profumata.
“Justin” sussurrò, avvicinandomi a sé. Non me lo feci ripetere due volte e ripresi quella dolce tortura. Preso da chissà quale istinto primordiale, portai una mano al bordo della sua maglietta e la sentii tremare sotto il mio tocco. Poi scosse violentemente la testa.
“Justin”sussurrò ancora, ma questo non era un gemito, era un sussurro deciso e forse anche amareggiato. Mi staccai da lei, mettendomi a sedere e lei mi imitò.
“Scusa non avrei dovuto” dissi imbarazzato.
“No, non è per quello che stavi per fare” sussurrò, tornando a posare lo sguardo nel mio e vidi che era sincera “è per quello che stiamo facendo entrambi, io non” continuò.
“Ragazzi!” ci interruppe mia madre dal piano di sopra. Dio mamma, proprio ora?!
Si allontanò ancora di più da me, si riavviò i capelli e si strofinò energicamente un palmo sulle labbra, come a voler cancellare ciò che era successo. No ragazza, non si sarebbe mai cancellato.
Mia madre arrivò da noi, con un enorme sorriso sulle labbra.
“I nonni hanno detto che Adele può venire con noi!” disse raggiante. E ecco di nuovo l’emozione colmarmi.
“Davvero?” sussurrammo all’unisono io e Adele.
“Certo!” sbottò mia madre, correndo ad abbracciare Adele.

Eravamo finalmente in aereo.
Erano passate ormai ore dal quel momento idilliaco che era stato il bacio tra me e Adele. ‘Il bacio ’, certo. “I baci, vorrai dire” dissi a me stesso, pensando alle carezze per nulla innocenti, le mie labbra esigenti sul suo candido collo. Da quando mia madre ci aveva interrotti, si, proprio lì, Adele aveva fatto finta che nulla – e dico nulla – di tutto ciò che era successo fosse davvero accaduto. Un’ingiustizia.
Adele aveva preparato la sua valigia in meno di un quarto d’ora, ficcandoci entusiasta qualsiasi cosa – aveva cercato di farci entrare anche un minuscolo vaso da fiori.
Avevamo preso la macchina, eravamo arrivati lì, io la mamma e lei. Mia madre e Adele borbottavano fitto su cosa avrebbero fatto una volta in Canada, mentre mamma le spiegava tutto ciò che poteva fare in quei dieci minuti di tragitto in macchina. Arrivati in aeroporto Kenny ci aveva fatto una specie di ramanzina sul ritardo, dicendo che probabilmente avevamo perso l’aereo, invece in quel preciso istante una voce femminile aveva detto in tono pratico che il nostro aereo avrebbe tardato di ben due ore.
Lì era iniziata un’altra fase post-bacio. Adele s’era accasciata su una poltroncina, non una qualunque, ma quella accanto alla mia e mia madre l’aveva immediatamente affianca.
Iniziarono di nuovo quella frivola conversazione sul Canada, mentre io riflettevo su quanto fosse stato magnifico quel minuscolo mucchio di minuti in cui ero stato così vicino a lei da sentirla quasi mia e che adesso vederla così, parlare con mia madre senza degnarmi di una parola, neanche uno sguardo era un pugno allo stomaco. Come poteva far così finta che nulla fosse accaduto?
Da quello che riuscivo a sentire sopra il ronzio della mia mente che diceva quanto Adele fosse carina con i capelli arruffati, Adele non aveva mai preso l’aereo.
Avrei voluto dirle che non era niente di che, che era solo un po’ di movimento, come stare su delle montagne russe un po’ speciali; ma non avevo avuto neanche la forza di guardarla negli occhi quando si girò verso di me, allo scoccare delle due ore, per dirmi di andare.
La voce metallica della donna risuonò ancora dagli altoparlanti per avvisarci di allacciare le cinture e cercai di scacciare dalla mia mete il pensiero che Adele mi avesse baciato solo perché le avevo detto che me lo doveva, dopo i favori che le avevo fatto io. Non poteva essere così, lei non era una che donava sorrisi, figuriamoci baci.
Allacciai la cintura e lasciai che i pensieri scivolassero via dalla mia mente. Ero accanto a Kenny. Lo riconobbi nonostante gli occhi chiusi perchè sentivo l’odore della sua colonia e il suo calore accanto alla mia spalla. Ma improvvisamente qualcosa cambiò. Il suo calore abbandonò il posto accanto al mio, mentre borbottava qualcosa, per poi essere rimpiazzato da un odore migliore e da un corpo decisamente meno..espansivo, ecco.
Riaprii gli occhi, sorpreso.
“Dormivi?” chiese Adele, accoccolandosi come meglio poteva sul sedile trattenuta dalla cintura. Alla fine riuscì a portare entrambi i piedi sul sedile.
“No” risposi senza sapere bene cosa dirle, ipnotizzato da quegli enormi occhi verdi.
“Kenny ha detto che preferiva il posto vicino al finestrino, mentre io ho una fifa esagerata. Quindi eccomi” disse sorridendomi. La voglia di averla ancora premuta sotto di me risvegliò quella cosa nel mio petto, facendola sussultare.
“Ho preso l’aereo abbastanza volte per dirti che dopo la prima ci fai l’abitudine, anzi, diventerà piacevole, vedrai” la rassicurai, cercando di buttare giù dall’aereo l’immagine di me e lei, avvinghiati uno all’altro sul divano di casa mia.
Mi guardò attentamente negli occhi, poi si sporse verso di me portando di nuovo entrambe le gambe affusolate giù dal sediolino.
Mi era pericolosamente vicina. In due secondi le avrei potuto circondare quel viso perfetto con entrambe le mani e baciarla fino all’atterraggio.
“So a cosa stai pensando” sussurrò a cinque centimetri dal mio naso, continuando a sostenere il mio sguardo.
“E a cosa penso?” le chiesi, cercando di non guardarla fisso negli occhi, ma quei due fari verdi erano due calamite.
“Al bacio” disse tranquilla.
Sospirai, abbassando ancora la testa contro il cuscinetto intriso di quell’odore pungente del disinfettante.
“Non era un favore, Bieber” disse, posando la testa rossa nell’incavo tra il mio collo e la mia spalla. Sussultai suscitando in lei una risatina, ma non si mosse.
“E cos’è stato, per te?” le chiesi, cercando di mantenere la voce ferma.
“Lo volevo” disse rialzando la chioma dalla mia spalla e fissandomi negli occhi ora di nuovo aperti. Il mio cuore non aveva perso un battito questa volta, aveva iniziato a battere così freneticamente che avevo paura che potesse scappare dalla mia gabbia toracica.
Mi scrutò per un minuto intero, poi sorrise accarezzandomi i capelli.
“Credo di volerlo ancora. Tu?” disse tranquilla, col sorriso ancora sulle labbra. Aveva un tono pacato e normale, come se stessimo parlando delle previsioni meteo o una festa in paese. Come faceva a essere così tranquilla, mentre dentro di me scoppiava una tempesta?!
Portò ancora lo sguardo nel mio, notando che non rispondevo. Cercai di sorriderle.
“Lo voglio da quando per poco non facevi scoppiare di rabbia Selena in spiaggia Adele, da sempre” sussurrai sincero e parve notarlo, perché nel suo sguardo lessi orgoglio. Ero sicuro che la mia faccia dovesse somigliare più a un pomodoro che ad una faccia vera e propria. Riportò la fulva chioma sulla mia spalla, sospirando.
“Lo sai che non possiamo, meglio di chiunque altro” mormorò iniziando a giocherellare con le pieghe della mia felpa.
“Non sto davvero con Selena, lo sai. Siamo amici e magari all’inizio mi piaceva. Ma la nostra storia è vera quasi quanto un’ipotetica amicizia tra quel Fotter e Vold-qualcosa che mi hai raccontato tu” le dissi, sorpreso dalla sincerità della nostra conversazione.
“Potter e Voldemort, Justin” mi corresse e la sentii sorridere contro la mia spalla.
“Non importa..” sbuffai.
“Ovvio che importa, invece” rispose, alzando la testa e fissandomi. Sospirò.
“Okay, devo dirtelo”
“Dirmi cosa?” chiesi, tra il sorpreso e il confuso.
“Che io e Selena eravamo migliori amiche – oh, non fare quella faccia da ebete! – Lo siamo state finché non le ho rubato il ragazzo” disse. Questa volta in quei due squarci di prato che erano i suoi occhi lessi tristezza, tanta.
“C-cosa?” sbottai, decisamente confuso.
“Si, eravamo insperabili. Io lei e Ally eravamo un trio. Poi lei è diventata famosa ma non ci siamo mai davvero divise. Quando Ally se ne andò mi rimase solo lei, ma anche lei era lontana. Avevamo sedici anni e lei usciva con Nick Jonas, non so se ricordi. In quel periodo ero maledettamente sola e quando mi chiamò per passare il week end da lei, il suo ragazzo ci provò per scherzo con me e io lo baciai. Selena era furiosa. Non posso farle lo stesso, non di nuovo!” sbottò, due lacrime le solcarono il viso. E adesso sapevo anche l’unica altra terza volta che aveva pianto nella sua vita, quella ‘top-secret’.
“Mi dispiace contraddirti Adele” sussurrai, asciugandole con il pollice la lacrima “ma io e lei non-stiamo-insieme. Se lei continua a dirlo è solo per la fama. Io non la amo” continuai, indeciso se dirle che probabilmente l’unica che amavo era lei.
“Volente o no, Justin, a lei piaci e sarebbe una conferma di quel ‘troia’ che mi urlò d’avanti a tutti due anni fa” sussurrò avvicinandosi.
Non ci pensai due volte e le porsi la domanda che vagava nella mia mente: “Perché ieri nel bagno non hai voluto baciarmi?”
“Per lo stesso motivo, scemo” disse facendo comparire un sorrisetto sulle sue labbra perfette. Sentii ridacchiare alle mie spalle. Sporsi la testa e scorsi mia madre, che sorrideva come una bambina davanti al cioccolato. Scossi la testa. Sempre la solita. Ormai era palese che amava Adele.
Mi avvicinai alla ragazza in questione, spostandole dalla fronte una ciocca che era sfuggita alla coda che stava cercando di farsi.
“Adele?” la chiamai. Lasciò perdere la coda e una cascata di capelli rosso vivo invase entrambi. Ci sorridemmo.
“Potresti..rifarlo?” chiesi, con voce tremante. Mi avvicinai ancora di più. Sentivo il suo respiro solleticare il mio, le sue labbra che per parlare sfioravano le mie così leggermente da farmi formicolare il labbro inferiore.
“Intendi la cascata di capelli?” sussurrò maliziosa.
“No” mormorai a meno di un centimetro dalla porta del paradiso. La vidi sorridere, prima di portare entrambi le mie mani sui suoi fianchi perfetti e le sue raggiunsero la mia nuca.
“Ti ho mentito. Ho già preso l’aereo, per andare con mio fratello in Italia. Quando eravamo così vicini al cielo facevamo finta di essere in un’altra vita, fingendo di avere enormi ville o cose del genere” disse, ma sapevo che c’era dell’altro. Eppure non la lasciai finire.
“Potremmo fingere di essere Justin e Adele, due ragazzi che si baciano dolcemente in un aereo senza preoccuparsi del fatto che potrebbero vederci e” ma questa volta lei interruppe me, portando un dito alle mie labbra.
“Per una buona volta, Bieber, usa quelle labbra per qualcosa di utile!” sbottò a bassa voce, mentre si appropriava delle mie – ma ormai anche sue – labbra.
Ci baciammo, ancora, e ancora. Sentivo mia madre esultare in silenzio e dare gomitate a Kenny ogni volta che le nostre labbra si allontanavano per riunirsi. Era uno strano gioco. Lei stuzzicava me mordendomi il labbro e io scendevo a baciarle il collo – avevo capito che era quello il suo punto debole – e per punirmi mi mordicchiava il labbro, intrecciando le dita sottili ai miei capelli, il mio punto debole. E tutto ricominciava d'accapo. Esattamente come un gioco.
Si, uno strano gioco, ma forse il mio preferito.
Più dell’hokey col nonno, i canestri con Kenny sul Tour bus, la xbox. Era un gioco di labbra, carezze passionali e, almeno da parte mia, tutto l’amore che avevo.



Note d’autore.
Macciao donzelle. :3
Ho notato che non aspettavate che il bacio, beh, credetemi, anche io.
Ma in realtà questo è solo l’inizio. Ma non voglio anticiparvi nulla. v.v
Vi ringrazio come sempre, siete fantastiche. Anche se vedere che le recensioni diminuiscono non è bello. e.e
Ma sono comunque contenta per le mille e passa visualizzazioni, graaaaazie ancora. :3
Sperando che vi piaccia. e.e
Al prossimo capitolo, #withlove.

An.
(:
   
 
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