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Autore: Minner_    12/07/2011    3 recensioni
Settembre '43.
Feliciano è un innocuo soldato del fronte greco. La sua vita, però, verrà presto sconvolta dalla rottura del Patto d'Acciaio e ben presto si ritrova in un campo di lavoro in Germania.
Ludwig è il tipico soldato ligio al dovere, per lui l'onore della Patria è tutto ma gravi ferite lo riporteranno alla sua cità natale.
Ecco la storia di due soldati che non avevano niente in comune ma che nonostante tutto cercheranno di affrontare insieme gli ultimi anni di quella terribile guerra.
Genere: Drammatico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: IMI, n. 17061
Titolo capitolo: Lui era nato per la guerra
Personaggi: Germania
Genere: drammatico, storico
Avvertimenti: AU
 

Lui era nato per la guerra

 

Ecco arrivati gli italiani.
La fronte aggrottata, gli occhi celesti carichi di ira, le mani che si contraevano con rabbia attorno alla gruccia. Ludwig guardava quegli uomini dall’aria spaurita mentre scendevano dal treno per poi essere caricati sui camion che li avrebbero portati in seguito ai campi di lavoro. Non provava compassione per loro, dopotutto erano solo dei traditori.
Ludwig lo aveva sempre saputo, aveva intuito fin da subito che degli italiani non c’era da fidarsi. Quando era andato a combattere in Russia aveva avuto a che fare con quegli smidollati: non avevano fatto altro che chiacchierare del più e del meno, scrivere lettere, lamentarsi delle condizioni rigide dell’inverno russo, per non parlare poi di quando li aveva visti combattere. Un vero disastro. Una massa indefinita di uomini disarmati e incompetenti che si lanciavano in battaglia per poi ritirarsi quasi immediatamente.
Non vi era onore in loro.
Ludwig li guardava dalla sua sedia in legno posta sul portico della casa di famiglia, da lì infatti aveva un’ottima visuale di chi andava e veniva nella sua città natale, nota per essere assolutamente monotona e noiosa. Non che lui fosse lì per sua spontanea volontà anzi, se fosse stato per Ludwig sarebbe già sui campi di battaglia magari in Francia o in Polonia e invece no, lui doveva rimanere lì. Relegato tra quelle mura domestiche si sentiva come un leone in gabbia, lui non era fatto per rimanere inattivo mentre i suoi compagni combattevano sui vari fronti europei, eppure con una gamba fuori uso e la vista ridotta, non poteva più essere d’aiuto all’esercito.
Ogni sera, quando i rumori della casa si zittivano, Ludwig chiudeva gli occhi ripensando a quegli ultimi giorni passati al fronte. Ricordava di quella mattina quando si era offerto volontario per condurre le truppe attraverso il territorio nemico guidando uno dei loro carri armati migliori, ma questo non era bastato. Le bombe dei nemici li avevano colti di sorpresa e per pura casualità una di queste era caduta proprio sopra di lui. Da allora non riusciva più a camminare bene, ogni tanto il braccio destro si intorpidiva dolorosamente, la vista si annebbiava e la luce artificiale gli era insopportabile. Ma uno delle conseguenze peggiori erano gli incubi che doveva sopportare ogni notte.
Ormai non c’era più posto per lui nell’esercito ne tanto meno nelle vita comune, era costretto a vivere sulle spalle della propria famiglia e questo era ancora più insopportabile del dolore fisico.  

 


 Ecco arrivati gli italiani.
La fronte aggrottata, gli occhi celesti carichi di ira, le mani che si contraggono con rabbia attorno alla gruccia. Ludwig guarda quegli uomini dall’aria spaurita mentre scendono dal treno per poi essere caricati sui camion che li porteranno in seguito ai campi di lavoro. Non prova compassione per loro, dopotutto erano solo dei traditori.
Ludwig lo aveva sempre saputo, aveva intuito fin da subito che degli italiani non c’era da fidarsi. Quando era andato a combattere in Russia aveva avuto a che fare con quegli smidollati, non avevano fatto altro che chiacchierare del più e del meno, scrivere lettere, lamentarsi delle condizioni rigide dell’inverno russo, per non parlare poi di quando li aveva visti combattere. Un vero disastro. Una massa indefinita di uomini disarmati e incompetenti che si lanciavano in battaglia per poi ritirarsi quasi immediatamente.
Non vi era onore in loro.
Ludwig li guardava dalla sua sedia in legno posta sul portico della casa di famiglia, da lì infatti aveva un’ottima visuale di chi andava e veniva nella sua città natale, nota per essere assolutamente monotona e noiosa. Non che lui fosse lì per sua spontanea volontà anzi, se fosse per Ludwig sarebbe già sui campi di battaglia magari in Francia o in Polonia e invece no, lui doveva rimanere lì. Relegato tra quelle mura domestiche si sentiva come un leone in gabbia, lui non era fatto per rimanere inattivo mentre i suoi compagni combattevano sui vari fronti europei, eppure con una gamba fuori uso e la vista ridotta, non poteva più essere d’aiuto all’esercito.
Ogni sera, quando i rumori della casa si zittivano, Ludwig chiudeva gli occhi ripensando a quegli ultimi giorni passati al fronte. Ricordava di quella mattina quando si era offerto volontario per condurre le truppe attraverso il territorio nemico guidando uno dei loro carri armati migliori, ma questo non era bastato. Le bombe dei nemici li avevano colti di sorpresa e per pura casualità una di queste era caduta proprio sopra di lui. Da allora non riusciva più a camminare bene, ogni tanto il braccio destro si intorpidiva dolorosamente, la vista si annebbiava e la luce artificiale gli era insopportabile. Ma uno delle conseguenze peggiori erano gli incubi che doveva sopportare ogni notte.
Ormai non c’era più posto per lui nell’esercito ne tanto meno nelle vita comune, era costretto a vivere sulle spalle della propria famiglia e questo era ancora più insopportabile del dolore fisico.  
Ecco arrivati gli italiani.
La fronte aggrottata, gli occhi celesti carichi di ira, le mani che si contraggono con rabbia attorno alla gruccia. Ludwig guarda quegli uomini dall’aria spaurita mentre scendono dal treno per poi essere caricati sui camion che li porteranno in seguito ai campi di lavoro. Non prova compassione per loro, dopotutto erano solo dei traditori.
Ludwig lo aveva sempre saputo, aveva intuito fin da subito che degli italiani non c’era da fidarsi. Quando era andato a combattere in Russia aveva avuto a che fare con quegli smidollati, non avevano fatto altro che chiacchierare del più e del meno, scrivere lettere, lamentarsi delle condizioni rigide dell’inverno russo, per non parlare poi di quando li aveva visti combattere. Un vero disastro. Una massa indefinita di uomini disarmati e incompetenti che si lanciavano in battaglia per poi ritirarsi quasi immediatamente.
Non vi era onore in loro.
Ludwig li guardava dalla sua sedia in legno posta sul portico della casa di famiglia, da lì infatti aveva un’ottima visuale di chi andava e veniva nella sua città natale, nota per essere assolutamente monotona e noiosa. Non che lui fosse lì per sua spontanea volontà anzi, se fosse per Ludwig sarebbe già sui campi di battaglia magari in Francia o in Polonia e invece no, lui doveva rimanere lì. Relegato tra quelle mura domestiche si sentiva come un leone in gabbia, lui non era fatto per rimanere inattivo mentre i suoi compagni combattevano sui vari fronti europei, eppure con una gamba fuori uso e la vista ridotta, non poteva più essere d’aiuto all’esercito.
Ogni sera, quando i rumori della casa si zittivano, Ludwig chiudeva gli occhi ripensando a quegli ultimi giorni passati al fronte. Ricordava di quella mattina quando si era offerto volontario per condurre le truppe attraverso il territorio nemico guidando uno dei loro carri armati migliori, ma questo non era bastato. Le bombe dei nemici li avevano colti di sorpresa e per pura casualità una di queste era caduta proprio sopra di lui. Da allora non riusciva più a camminare bene, ogni tanto il braccio destro si intorpidiva dolorosamente, la vista si annebbiava e la luce artificiale gli era insopportabile. Ma uno delle conseguenze peggiori erano gli incubi che doveva sopportare ogni notte.
Ormai non c’era più posto per lui nell’esercito ne tanto meno nelle vita comune, era costretto a vivere sulle spalle della propria famiglia e questo era ancora più insopportabile del dolore fisico.  
 

  
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