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Autore: BlackJack25    12/07/2011    1 recensioni
Una storia cupa ambientata nell'universo di Metro 2033. Segui i passi di un esploratore, perso nell'oscurità della post-apocalittica Metropolitana russa.
Genere: Avventura, Dark, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Ci tengo a precisare che questa è la traduzione di una fanfiction che io NON ho scritto. Di conseguenza, tutti i vostri complimenti vanno al reale scrittore. L'ho tradotta e l'ho messa a disposizione dal momento che mi sembrava veramente interessante. Ditemi che ve ne pare.

Adventure

Fanfiction su Metro 2033 scritta da Xmaster117

 

   Oscurità. Ci sono due piccoli funghi che crescono all’angolo, dietro una colonna di supporto, i quali emettono una leggera ma confortevole luce verde. L’aria è fredda e umida. Il tunnel è lungo. Molto lungo. I deboli getti di luce delle torce non ne raggiungono la fine. Le sue batterie sono vecchie e fiacche. Nelle vicinanze, non un’anima viva.

   Un uomo eretto su di una piattaforma di legno, che un tempo faceva parte di un lungo sistema ferroviario, il quale si estendeva per tutta la lunghezza dei tunnel. Era davvero un gran bel posto, la Metropolitana russa. Enorme, veloce e con treni d’argento che sfrecciano lungo le gallerie ogni giorno... almeno tempo prima. Sono decenni che un uomo non mette piede in questi luoghi. Anni di solitudine hanno lasciato il segno. La metro non è più un luogo accogliente. Un tempo era nuova e splendente, ora è vecchia e arrugginita.

   Un uomo eretto su di una piattaforma di legno. Sotto i suoi piedi, il terreno è fangoso e sporco, ma le sue scarpe sono nuove e pulite e, incredibilmente, dopo quattro giorni ancora asciutte. L’uomo esita, i pensieri che affollano la sua mente... da questo punto in poi non c’è più alcuna piattaforma di legno su cui camminare, ma andare sui binari di ferro sarebbe rischioso. Un passo falso e...

   L’aria peggiora sempre di più. La tanica di ossigeno della sua maschera è quasi finita, e la maschera strappata in sé non è d’aiuto. L’uomo se la sfila... l’aria è putrida, morta. Molti uomini coraggiosi hanno perso la vita in questo modo, dicendo: «Tanto non è velenoso!» ... vero. Ma sono morti ugualmente.

   I binari di ferro sono l’unica cosa rimasta di quella che un tempo era un’imponente e lunga ferrovia. Si riesce anche a vedere una vecchia e marcia asse, ma in ogni modo il ferro antico scricchiola anche avendo un passo da felino.

   «D’accordo, è tempo di sporcarsi un po’» pensa l’uomo, prima di saltare nel fango, facendo attenzione a non incappare in bottiglie rotte.

   L’aria è putrida, morta. Egli si sente come perso in una giungla. Vorrebbe gridare, chiedendo aiuto. Allungandosi per miglia e miglia, i tubi sulle pareti conducono verso ciascun angolo della metro... forse qualcuno può sentirlo! Da bambino, spesso passava le serate con la testa appoggiata su un tubo del gas, ascoltando i suoni del sottomondo, e a volte udiva delle voci. Deboli e distanti, ma senza dubbio voci umane. Eppure non poteva rispondere. Urlare nella giungla non è mai una buona idea, con le bestie feroci che si nascondono nelle ombre, aspettando le loro prede...

   «Mmmh, meglio rimanere in silenzio» si disse.

   Nelle sue mani, l’uomo reggeva un fucile. Vecchio e tenuto insieme con del nastro adesivo, con il caricatore mezzo vuoto, ma ciononostante un’ottima arma. Vi si stringe contro, come se fosse l’unica cosa a tenerlo in vita, come se fosse l’unica cosa che scacciasse le ombre dalla sua mente. Eppure, anche quello presto non sarà abbastanza...

   L’aria è putrida, morta... e non è tutto! Qualcosa non va bene, per niente! L’uomo si ferma quando i suoi scarponi affondano nel fango. Improvvisamente, comincia a sentire un leggero mal di testa, il suo cuore batte all’impazzata e le sue orecchie fischiano.

   L’aria è putrida, morta.

   Per anni quel luogo è stato in pace ed ora quest’uomo, quest’anima persa, osa entrare in quel posto di cui nessuno vuole neanche minimamente parlare.

   «Avrei dovuto starmene a casa» l’ultimo pensiero sano di un ex coraggioso esploratore.

   Improvvisamente il tunnel comincia ad agitarsi e a rombare, un flusso d’aria lo attraversa, il terreno si liquefa, pezzi di roccia e fango cadono dal soffitto e dal muro, i tubi si agitano e scricchiolano rompendo le pareti. Tutto comincia a girare e a deformarsi! Qualcuno corre verso l’uomo, alle sue spalle! Si gira, ma non c’è nessuno. Nel panico, non ricorda più da dove veniva o dove voleva andare. Vorrebbe urlare, chiedere aiuto. Se solo ci fosse qualcuno pronto ad aiutarlo! Inciampa, comincia a correre fregandosene del fango o del vetro o dei binari di ferro. Sente dei passi, qualcuno lo sta seguendo, correndo alle sue spalle, ma non osa voltarsi. La sua luce comincia a tremolare, quasi sul punto di spegnersi. L’uomo si ferma, afferra il fucile e, girandosi, preme il grilletto...

 

   La squadra di soccorso trovò il suo corpo due giorni dopo. Si era sparato. Aveva appoggiato l’arma alla sua testa e aveva premuto il grilletto. Dopo quattro giorni di cieco vagabondaggio nel buio, impazzì. Purtroppo, non sapeva che si trovava solo un miglio dal più vicino avamposto. Corse nella direzione sbagliata, come se fosse stato inseguito da qualcosa. Ma non vi erano segni di colluttazione. Tutto in quel tunnel era così come lo era stato per gli ultimi vent’anni: vecchio e arrugginito.
   «E questo è ciò che succede quando si fa di testa propria, esplorando i tunnel!» disse il capo della spedizione, indicando il corpo. «E non voglio vedere nessuno di voi senza maschera. L’aria è putrida.»

  
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