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Autore: Beatriz Aldaya    13/07/2011    14 recensioni
Dalla nascita di Teddy, avete vissuto in una bolla di sapone.
Quest'anno, l'Estate è arrivata in anticipo e nessuno potrà portartela via come è successo trent'anni fa.
Sai che nulla potrà andare male, mentre guardi Teddy che si è di nuovo assopito: questa gioia sarà per sempre.
Ancora non puoi immaginare che questa bolla di sapone presto svanirà, scoppiando e disperdendosi a causa del leggero vento.
Sono un gioco crudele, le bolle di sapone. Affascinano, ma hanno breve vita.
____PARTECIPANTE AL CONTEST "ONE SHOT DELL'ESTATE!"____
Lo sai chied'è la Bolla de Sapone?
L'astuccio trasparente d'un sospiro.
[…]
La vita mia, che nasce per un gioco
come la maggior parte de le cose,
sta chiusa in una goccia...
Tutto quanto
finisce in una lagrima de pianto.
(Trilussa)
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Teddy Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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bolle di sapone

Bolle di Sapone

Partecipante al concorso 'One shot dell'Estate!'



Siete seduti fianco a fianco in giardino, con le mani affondate nell'erba soffice, godendovi il sole sulla pelle.
Teddy dorme beato sulle gambe di Dora: è la prima volta che lo portate fuori casa, un piccolo fagottino tenero e urlante di appena pochi giorni.
Lo ami come non avresti mai pensato di amare nessuno: dopo tanti anni colmi di sofferenze e paure, ti sei sciolto di fronte a quel neonato che Andromeda ti ha lasciato frettolosamente in braccio il giorno del parto, quando ancora non sapevi da che parte prenderlo e sei rimasto a bocca spalancata di fronte al miracolo della vita.

Da quel giorno, vivete in una bolla di sapone.

Dora è raggiante perché ha capito che finalmene hai accettato fino in fondo quel piccolino che ti aveva causato tante paure ed angosce, mentre tu sei completamente rapito dal potere che quel neonato dalla faccina rossa e congestionata dallo sforzo del parto ha esercitato su di te.
Non appena hai posato gli occhi su di lui, quando ancora non sapevi quale sarebbe stata la sua natura, hai capito che lui ti avrebbe sempre amato semplicemente perché sei il suo papà. E questo ti basta: ti colma il cuore di gioia, ti fa venire voglia di lasciarti tutto alle spalle e ricominciare a vivere veramente, dimenticando che fuori dal vostro mondo perfetto c'è la guerra che incombe, ignorando le notizie sempre peggiori che giungono alle vostre orecchie.

Ma non hai più tanta voglia di imbarcarti in imprese inutili e sanguinose, adesso che hai l'amore di una moglie e un figlio. Vorresti rimanere in quel campo fiorito per sempre, aspettare che la Primavera ceda il posto all'ormai incalzante Estate, che con questa stupenda giornata di sole ha ormai annunciato il proprio imminente arrivo.

Dora ti distoglie dai tuoi pensieri, ponendoti come al solito una domanda inaspettata.
Ti coglie sempre di sorpresa, è per questo che la puoi amare: se non l'avesse fatto innamorandosi di te, chissà dove saresti adesso.
«Remus, cosa ne diresti di una vacanza?»
La guardi un po' spiazzato. «Cosa intendi?»
«Non so: il mare, per esempio. Portare Teddy a mettere i piedini nell'acqua e stare un po' tranquilli, solo noi. Cercando di dimenticare tutti i problemi.»
Esiti. L'idea di allontanarsi così tanto ti preoccupa e, anche se negli ultimi giorni vi siete estraniati dal mondo intero vivendo nella vostra bolla perfetta, senti il peso della responsabilità che grava sulle tue spalle.
«C'è gente che conta su noi due, là fuori.»
Dora sbuffa e i suoi capelli passano dal gioioso rosa acceso al nero tempestoso, tuttavia quando risponde la sua voce è dolce.
«Ci possiamo smaterializzare in ogni momento. Cosa cambia essere qui o essere in qualunque altro posto? E poi, la guerra potrebbe durare decenni ancora. Staremo segregati in casa per tutto questo tempo?»
Non puoi far altro che riconoscere che ha ragione: eppure, in qualche modo, sei timoroso.
Provi ad immaginare come potrebbe essere una vacanza con la tua famiglia: mare, sole, asciugamani, lettini, crema solare.
All'improvviso, dei ricordi che hai fatto di tutto per sotterrare nei meandri della mente cominciano a riaffiorare, pallidi come fantasmi ma altrettanto paurosi.

Hai sette anni e tanta voglia di gridare saltellando come un pazzo. È giovedì 8 Giugno 1967, il cielo è coperto di nuvole ed un'afa terribile pesa su di te: eppure, corri a perdifiato fino a casa, pendendo pericolosamente da un lato per la cartella troppo pesante.
Irrompi in casa come una furia mollando per terra la vecchia borsa di cuoio con malagrazia, poi urli: «Mamma, sono a casa!».
Scavalcando le valige e i bauli ammonticchiati davanti la porta della cucina, sgusci nel salotto, dove trovi tua madre affaccendata con gli ultimi affari da sbrigare prima di partire.
Balzi sul divano facendo cadere per terra una pila di vestiti appena stirati e, abbassandoti per schivare uno scappellotto affettuoso della mamma, le salti al collo gridando: «Domani è l'ultimo giorno di scuola! Quando partiamo per il mare?»
«Domani pomeriggio, Remus. Hai preparato le tue cose?»
«Si!» rispondi ributtandoti sul divano e cominciando a saltare.
«Domani andiamo al mareee!» ululi fuori di te dalla gioia «Addio scuola babbana!»
Proprio mentre stai lanciando quest'ultimo urlo, senti la porta di casa aprirsi.
Scendi dal divano e inciampando sul tappeto corri a rotta di collo verso l'ingresso, mentre tua madre scuote la testa divertita.
«Papà! Papi! Domani è l'ultimo giorno di scuola! Si va al mare!» gli gridi andandogli incontro, ma ti blocchi. Tuo padre non ha l'usuale aria felice, anzi, sembra molto arrabbiato e preoccupato per qualcosa.
«Papà? Tutto bene?» gli domandi abbassando notevolmente il tono e bloccandoti in mezzo al corridoio. Lui avanza lentamente e con un cipiglio da far paura, si abbassa meccanicamente per darti un bacio sulla fronte, poi prosegue chiamando tua madre.
Lo segui a passettini: sei curioso di sapere cos'è successo, ma sei quasi certo che non avrai il permesso di assistere alla conversazione.
«Harvey, che succede?» domanda la mamma corrugando la fronte, poi si siede accanto al papà che è crollato sul divano e sbotta: «Fenrir. Fenrir Greyback.»
La mamma sembra preoccupata, ma tu non sai chi sia, anche se hai già sentito questo nome quando il papà parla di lavoro. Pensi che possa essere un suo collega e lavorare con lui al Ministero, Ufficio della Regolamentazione e Controllo delle Creature Magiche.
«Abbiamo avuto una brutta litigata. L'ho offeso ed ha giurato vendetta.»
Vedi la mamma portarsi le mani alla bocca, mentre il papà si prende la testa fra le mani.
Non capisci cosa li preoccupi tanto.
«Quindi? Mica ci può mangiare il tuo collega. Chissà che vendetta escogiterà mai... Al massimo, ti metterà una puntina sulla sedia come ha fatto Tommy la settimana scorsa: avreste dovuto vedere che salto ha fatto la maestra.» Scoppi a ridere, ma capisci subito che hai detto qualcosa che non va, perché sia la mamma che il papà alzano lo sguardo fulminandoti.
Per qualche secondo la situazione rimane tesa, poi il papà cerca di stirare le labbra in un sorriso nervoso che assomiglia molto ad una smorfia di dolore.
«Hai ragione, Remus. Per il momento non dobbiamo preoccuparci. Domani nel primo pomeriggio si parte, però, e penso che la vacanza durerà più del previsto. Ti dispiace?»
Sgrani gli occhi e non riesci a tenere fermi i piedi dall'eccitazione.
«Scherzi? Io... oh... Wow!» balbetti felice, poi schizzi su per le scale ad aggiungere alcune cose al tuo bagaglio.

Questa sera non riesci a dormire. Il caldo nella tua piccola camera ti tortura senza lasciarti pace e sei troppo eccitato a causa della partenza imminente per riuscire a posare la testa sul cuscino. Senti mamma e papà che parlano nella loro stanza, mentre stai seduto sul comodino con le braccia appoggiate al davanzale della finestra. Finalmente si alza una brezza leggerissima, quasi impercettibile, mentre scruti il cielo alla ricerca delle costellazioni che il papà ti ha insegnato a riconoscere. Trovi qualche stella di riferimento, ma l'enorme disco argentato e luminoso proprio davanti a te cattura presto tutta la tua attenzione.
«Mamma, papà! Stasera c'è la Luna piena.» annunci rapito dalla sua bellezza.
La Luna... ti ha sempre affascinato.
Subito, ogni rumore cessa nell'altra stanza: sembra che i tuoi genitori si siano improvvisamente bloccati. Poi, tuo padre comincia a correre verso il piano di sotto.
«Vado a prendere le scope! Ada, Remus, preparatevi, si parte subito.» grida sopra il frastuono dei suoi passi sulle scale di legno.
Non capisci cosa sia stato a scatenare quel terrore che ti sembra aver sentito nella voce del papà. In ogni caso sei già vestito e con le valigie pronte, quindi rimani accoccolato sul davanzale, guardando il cielo.
Ad un tratto, noti qualcosa che si muove nell'ombra del giardino. Aguzzi la vista, ma non capisci cosa possa essere: forse un grosso animale. Curioso, ti alzi e ti sporgi dalla finestra per vedere meglio.
Nel giro di una frazione di secondo, avverti un dolore lancinante alla faccia e qualcosa ti scaraventa all'interno della camera. Senti il sangue colare, inondarti la bocca: non riesci a muoverti, urli con tutto il fiato che hai nei polmoni.
Poi non ricordi più nulla, se non il fatto che a scuola non sei più tornato e che non siete mai partiti per quelle vacanze tanto desiderate.


Ti scuoti da quei ricordi lontani e amareggiato sospiri, cercando di scacciare i ricordi dolorosi delle prime trasformazioni, della paura, della sensazione di non essere mai accettato da nessuno, fino a quando non ti rimane solo la dolcezza del senso dell'attesa di quel lontano giugno, scoprendoti sorprendentemente ansioso e felice di poter finalmente compiere quel viaggio che ti era stato promesso all'età di sette anni.
Dora ti sta osservando, studiando i cambiamenti sul tuo volto.
Chissà cosa vi ha potuto leggere mentre ricordavi...
«Partiamo domani?» chiedi guardandola negli occhi.
«Si va al mare!» esclama lei alzando le mani in segno di vittoria.
«Hai sentito, Teddy? Papà ha detto di sì.» dice poi all'orecchio del bimbo, che si è svegliato e guarda in giro beato con due grandi occhioni violetti e il pugnetto in bocca.
Poi Dora si rialza e si gira verso di te con sguardo malandrino.
«Mi chiedo cosa ti abbia fatto cambiare idea.» domanda, inclinando leggermente di lato la testa.
La osservi, e non puoi fare a meno di pensare a quant'è bella, nella sua gioia coi capelli rosso fuoco e dagl'occhi dorati.
Annulli le distanze e le posi un bacio sulle labbra fresche. Senti un fremito salire dal profondo del cuore, ma ti imponi di allontanarti.
«È una lunga storia. Vuoi che te la racconti?» le domandi ridendo sotto i baffi.
Sei stupito di te stesso: solo pochi mesi prima non prendevi mai nulla alla leggera, mentre ora scherzi come se fossi ritornato ad essere un ragazzo spensierato.
«Più tardi!» esclama lei, abbracciandoti e cercando ancora qualche bacio.

É come se il sole morente di questo primo giorno di maggio ti sia entrato dentro e ti scaldi l'anima, mentre rimani con Dora ad ammirarlo.
Finalmente, dopo tanto tempo nella tua vita, sei felice; felice in una maniera pura, dolce, quasi fanciullesca.

É il primo maggio millenovecentonovantotto.
Quest'anno, l'Estate è arrivata in anticipo e nessuno potrà portartela via come è successo trent'anni fa.
Sai che nulla potrà andare male, mentre guardi Teddy che si è di nuovo assopito: questa gioia sarà per sempre.

Ancora non puoi immaginare che questa bolla di sapone presto svanirà, scoppiando e disperdendosi a causa del leggero vento.
Sono un gioco crudele, le bolle di sapone. Affascinano, ma hanno breve vita.


Lo sai chied'è la Bolla de Sapone?
L'astuccio trasparente d'un sospiro.
[…]                                                
La vita mia, che nasce per un gioco
come la maggior parte de le cose,
sta chiusa in una goccia...

Tutto quanto
finisce in una lagrima de pianto.

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