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Autore: hunter95    13/07/2011    2 recensioni
Ciao a tutti! questa è la mia prima ff e, personalmente, penso sia un po' strana. è ambientata appena prima di incontrare Usopn quidni siamo agli albori e una ragazza cercherà di far il proprio ingresso nel mondo. basta, non vi dico altro, spero vi piaccia, recensite, mi racocmando!!!
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Roronoa Zoro
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Quando Zoro aveva visto il pugnale penetrare nella schiena di Jane aveva sentito un tonfo al cuore, non credeva che avesse fatto una cosa del genere per una persona quasi sconosciuta. La cosa che più lo stupì fu la pietà che mostrò al suo nemico. Lui al posto suo lo avrebbe ucciso come un cane. La vide cadere, il sangue sgorgare copioso dalla schiena e formare una pozza sotto di lei. La gente si accalcò intorno lasciando solo spazio a malapena sufficiente per il passaggio del dottore del villaggio: una donna piccola ma decisa, che con un paio di urli allontanò le persone e fece arrivare due uomini con una barella. La dottoressa sollevò Jane per metterla sopra la branda e Zoro la vide in volto: era pallida e sembrava morta! E lui ci avrebbe anche pensato se non fosse stato per fiotto di sangue che sputò dopo un colpo di tosse, il coltello ancora piantato nella schiena. La portarono via, dentro l’ambulatorio e la folla si disperse. Sembrava non fosse accaduto nulla, come un’allucinazione e solo il brigante che stava venendo arrestato e la pozza di sangue per terra dimostravano che era tutto vero. Nami e Rufy arrivarono di corsa.
-Hai visto? – domandò Rufy. Non c’ era bisogno di risposta, era ovvio che avesse visto.
-Cosa ne pensi? – Chiese Nami.
-Quella ragazza ha fegato, non sono molti quelli che avrebbero fatto come lei! – Rispose Zoro.
-Già, infatti ho deciso! – Disse Rufy.
-Cosa? – Nami era interdetta.
-La voglio nella ciurma! – Esclamò contento Rufy.
-Non credo che verrà con noi. Ha detto che deve aspettare perché non si sente pronta e poi credo che si senta in dovere verso il suo villaggio. –
-Non importa! Io la voglio con noi! Non mi arrenderò sino a che non accetterà di partire con noi! – Dichiarò Rufy.
-Prima devi aspettare che si riprenda – Disse Nami.
-Aspetteremo, tanto non abbiamo fretta. Ci vediamo stasera sulla spiaggia, ciao! – Concluse lui.
Zoro andrò all’ambulatorio,voleva vedere come stesse Jane. Stava per bussare quando la porta si spalancò …
-Entra! – Disse una voce.
Zoro si sentiva in imbarazzo senza sapere il motivo.
-Vorrei sapere come sta Jane – Chiese titubante.
-Tu sei uno dei pirati che sono sbarcati? – Domandò a bruciapelo.
Zoro s’irrigidì, credeva che fossero riusciti a nascondere la barca
-Non ti preoccupare, finché non fate niente di male, non importa chi siete .Jane è nell’altra stanza. Vieni con me. - Zoro la seguì e arrivato nella stanza vide Jane: era priva di sensi e sembrava debole,pallida. Le fasciature la prendevano fin sopra al seno nel punto in cui la schiena era stata colpita. Era sdraiata di schiena ma intuì che quella posizione le faceva male. Infatti la dottoressa la girò su un fianco, rivelando una macchia rossa nelle bende.  Era attaccata a una flebo ed a un inalatore d’ ossigeno, ma Zoro non sapeva se fosse normale o volesse dire che era grave. L’unico rumore per qualche secondo fu quello regolare dell’elettrocardiogramma, ma la dottoressa ruppe il silenzio:
-Ha perso molto sangue, è debole ma l’abbiamo stabilizzata, Ci vorrà qualche giorno di riposo prima che si rimetta ma non avrà danni permanenti, si rimetterà come al solito … --
Che vuol dire “Come al solito”?
-Non è la prima volta che Jane rischia di morire. È da quand’è qui che salva il villaggio e i suoi abitanti. – Spiegò la dottoressa – A dodici anni ha salvato due bambini da una tempesta. L’aveva visti cadere in mare e si era tuffata bambini riuscì a salvarli e lei per poco non affogò , la trovammo tre ore dopo che aveva portato i bambini sulla spiaggia, aggrappata a un tronco e coi polmoni pieni d’ acqua. Pochi mesi dopo da casa sua vide un branco di due lupi malefici avvicinarsi al villaggio e diede l’allarme. Ma non era stagione per i lupi e nessuno le credette. Allora andò da sola a combatterli. Ma era poco più di una bambina e i lupi prima di soccombere la ferirono più volte con gli artigli. Gli ululati e i guati avevano attirato l’attenzione e quando gli uomini accorsero trovarono Jane ricoperta di sangue e ferite. Riuscì solo a pulire le spade dal sangue dei lupi per poi svenire. Rimase in coma tre giorni. Per non parlare dei tutti i briganti, pirati che ha schiacciato! È l’eroina del villaggio. Ma la sua bravura e tutto il sangue di cui si è ricoperta per il paese l’ha resa agli occhi di tutti pericolosa, una minaccia da evitare, ma di cui farsi forza quando serve. Sono tutti dei codardi e lei è rimasta sola. Non ha amici e non ne vuole. Passa il tempo al Dojo ad allenarsi o a leggere sul promontorio, vicino a casa sua. –
Zoro era senza parole. Come faceva a continuare a combattere per gente così meschina?
-So cosa pensi, ma le persone di qui non sono ciniche o ipocrite, sono solo pavide e certi che Jane li difenderà sempre. Sono tutti convinti che diventerà un marine. -
-Ce lo ha spiegato ma lei non sembra convinta. – Zoro voleva sapere quanto sapesse la dottoressa.
-No, infatti, lei vuole fare il pirata, come voi … -
Lui  era curioso: - Ma come fa a sapere che noi … ? –
-Ragazzo, è ovvio che lo siate, stranieri arrivati senza una comitiva e che girano armati! – Disse guardando le tre spade che gli pendevano al fianco.
-E per quello che riguarda Jane? –
-Lo so da quando aveva quattordici anni ha sempre cercato di nasconderlo, ma quando usciva l’ argomento era  sempre dalla parte dei pirati e una volta andai a casa sua perché stava male, ma non voleva venire in ambulatorio. Casa sua è spartana, ha il minimo indispensabile. Le uniche cose che fanno capire la sua personalità sono i numerosi attrezzi per allenarsi, e i libri. Ha la casa piena di libri, con gli argomenti più disparati, ma il tema principale è la pirateria. Tutto ciò che si può sapere sui pirati le loro navi, i simboli o le battaglie, tutto in quei libri! È bastato fare 2+2 ed è stato facile capire le sue intenzioni. –
-Ho capito, ma allora, poiché non ha detto niente, lei è d’accordo con la sua scelta? Insomma, saprà anche dei suoi progetti … -
-Far cadere il Governo Mondiale? Si lo so. –
-Se ci riuscisse diventerebbe pericolosissima e Ringtown sarebbe sempre piena di pirati, criminali e marines. Sarebbe la città d’origine di chi ha cambiato il mondo! E lei è d’accordo? –
Zoro non la finiva più di stupirsi . Aveva sempre considerato la gente che viveva nei piccoli villaggi molto chiusa e abitudinaria e una dottoressa che dava corda a una ragazzina con certe ambizioni  era straordinario!
-Che cosa dovrei fare? – Rispose lei – Dire al villaggio che Jane è potenzialmente pericolosa? Farla cacciare dal villaggio? Obbligarla a combattere contro chi ha sempre difeso per salvarsi? Il villaggio ha già paura, ma per ora si è limitato a escluderla. Non ho intenzione di fomentare una faida per qualcosa che non è ancora successo. Oltretutto non cambierebbe nulla; Ringtown è e sarà sempre la sua città d’origine, anche se fosse cacciata. Non cambierebbe nulla lo stesso. Diventerebbe pirata un anno prima del previsto ed è abbastanza abile da cavarsela, benché continui a credersi debole. La sostengo perché è l’unica in questo villaggio ad avere avuto il fegato di cambiare il suo destino e decidere per sé. Tu che avresti fatto? –
-Io credo che sia giusto sostenerla, che i sogni sono ciò che ci fanno andare avanti e che ha abbastanza coraggio da portare avanti le sue idee allora ha tutto il diritto di farlo. –
La dottoressa sembrava soddisfatta: - Come ti chiami ragazzo? –
-Sono Zoro, Roronoa Zoro –
-Zoro, e tu che sogno hai? –
-Voglio battere a duello Drakul Mihawk e diventare così lo spadaccino più forte del mondo. –
-Ambizione importante . Per questo sei dalla sua parte? –
-So che significa avere desideri che la gente ritiene impossibili e fare di tutto per realizzarli. Ora è meglio che vada, arrivederci dottoressa! –
-Chiamami Maggie, e non ti preoccupare per Jane, starà bene, le ci vorrà un po’, ma guarirà completamente. –
-Ok, grazie … Maggie – Disse Zoro e uscì dall’ambulatorio.
Si stava dirigendo verso la spiaggia, dove avevano attraccato, quando si accorse di essersi perso. L’orientamento non era mai stato il suo forte e ben presto capì che non sapeva dove andare. A un certo punto si trovò davanti un sentiero e pensò che tanto valesse seguirlo, non avrebbe potuto perdersi di più. Quando il sentiero finì, si accorse di essere arrivato alla base di un promontorio, si trovava lontano dal villaggio, eppure c’era una casa. Non era molto grande, ma aveva due piani, al contrario di quelle del villaggio in cui c era un negozio e poi sopra la casa oppure una famiglia per piano. Zoro si ricordò che Maggie gli aveva detto che Jane abitava fuori dal villaggio e che passava molto tempo sul promontorio. Inoltre la bandiera della marina che sventolava lì vicino non lasciava  dubbi: Quella era la casa di Jane!
Sapeva che non sarebbe dovuto entrare, d’altronde la proprietaria era priva di sensi con una larga ferita sulla schiena nell’ambulatorio del villaggio e non sarebbe stato il caso di intrufolarsi in casa sua. D’ altro canto la curiosità era forte e lui era un pirata, un criminale per definizione e se lo poteva permettere di comportarsi come tale. Alla fine vinse il suo lato curioso ed entrò. Maggie aveva ragione. La casa non era niente di speciale. Era chiaramente famigliari viste le dimensioni e il numero delle camere. L’ arredamento era semplice e senza nulla più che il minimo indispensabile. Al piano terra c’erano una cucina con un tavolo e una sola sedia, segno che non aveva mai ospiti, un salotto con un divano semi nuovi, un caminetto perfettamente pulito come se non fosse usato da qualche tempo e uno scrittoio pieno di lettere indirizzate a Jane.
“Probabilmente provenienti dai suoi genitori” pensò Zoro.
 C’erano due stanze chiuse a chiave, ma intuì che fossero camere da letto, visto che erano l’unica cosa che mancava e il bagno era semplice, senza niente di particolare. Era tutto tenuto in perfetto ordine, e tutto, dai colori agli oggetti, riportava alla vita militare. Niente più di ciò che servisse: niente quadri alle pareti, niente soprammobili, niente tendine colorate. Sembrava vuota benché si vedesse che ci vivesse qualcuno. Decise di salire al piano di sopra e ciò che vide lo sorprese. Era completamente diverso dal piano terra: i colori trionfavano, anche se predominava l’arancione. Le pareti erano ricoperte di quadri e foto in cui il tema principale era il mare: in tempesta, calmo, con il tramonto, di notte, solcato da velieri, visto da un’isola, in prospettiva con una scogliera in primo piano. Anche il bagno era completamente diverso: le pareti piastrate con vare tonalità di blu e azzurro, dipinti di sirene e mare anche lì. Ma la cosa più incredibile era la vasca da bagno: incassata nel pavimento, era più simile a una piscina che a una vasca, vari getti d’acqua posti ai lati, molto profonda, tanto che a Zoro il bordo arrivava alla vita. Giochi di luci e audio subacqueo erano incastrati sul fondo. Neppure l’idromassaggio mancava! Per non parlare delle dimensioni! Occupava gran parte della stanza e ci sarebbero potute stare comodamente dieci persone. Uscito da lì Zoro entrò in una vera e propria palestra! Ovunque macchinari per forza fisica, allungamenti, stretching e soprattutto pesi. Moltissimi manubri da molti chili o anche cavigliere, polsiere, pesi di tutti i tipi ed estremamente pesanti. Era ovvio che Jane si allenava molto visto lo stato in cui erano gli attrezzi. Non erano molto vecchi e ben tenuti, eppure erano consumati. C’erano solo una finestra, ma occupava tutta la parete esterna e si vedeva il mare. Zoro immaginò come fosse allenarsi vedendo il cielo in tempesta. Uscito da lì, si diresse verso l’unica stanza che ancora non aveva visto: La camera.
Entrò e pensò di essersi sbagliato, poi vide il letto e capì che aveva avuto ragione, ma sembrava una biblioteca! Si ricordò che Maggie glie lo aveva detto, ma non credeva fossero così tanti. Una parete era occupata dal letto, con un comodino affianco e una scrivania, ma tutt’attorno vi erano scaffali, ripiani, scaffalature, incassi alle pareti, tutti ricoperte di libri. Tutti erano visibilmente consumati ed erano ordinati per l’argomento per pubblicazione. Il più vecchio risaliva a dodici anni prima! Eppure erano consumati, letti decine di volte, sfogliati da mani impazienti ma delicate allo stesso tempo. Trattavano degli argomenti più disparati: storia, poesia, geografia, filosofia, matematica, lingue ormai in disuso o quasi sconosciute, medicina, erboristeria, leggende, meccanica e quant’altro, ma l’argomento più frequente era la pirateria. C’erano tutta la storia di tutti i pirati conosciuti fin dai primi albori in cui si erano affacciati al mondo. Maggie aveva ragione: non ci voleva molto a capire quale fosse la sua passione. Stesi per terra, c’erano una miriade di tappeti multicolore sovrapposti l’ un altro in modo che formassero un arcobaleno per terra. Il soffitto non esisteva, al suo posto c’era un lucernario immenso che illuminava tutta la stanza. Per completare il quadro, al centro esatto della stanza si trovava una poltrona con ampi braccioli e la seduta molto larga. Zoro immaginò che Jane seduta sopra dovesse apparire come una bambina che ruba la poltrona al padre. Zoro uscì dalla casa e si diresse verso la nave. Per tutta la cena fu silenzioso e anche la notte non chiuse occhio, per fortuna era il suo turno di guardia. Stette sveglio pensando a Jane: gli era sembrata una ragazza molto determinata e sola, forte e coraggiosa, un po’ malinconica e triste. Ma la sua casa era lo specchio di una ragazza dolce, solare, positiva e indipendente. Tutte le finestre davano sul mare o al cielo, simbolo di profonda libertà che mal si accordava con il senso di prigionia che quel luogo sembrava darle, eppure era reticente ad andarsene, benché non avesse legami con quel luogo. Jane lo incuriosiva e, benché non fosse un ficcanaso, decise che sarebbe tornato in quella casa. L’indomani si congedò da Rufy e Nami con la scusa “Mi devo allenare”; benché fosse sua abitudine farlo sul ponte, se ne andò a cercare la strada per il promontorio. Dopo un’ora d’inutile di girovagare arrivò al villaggio, il suo senso dell’orientamento aveva sempre lasciato a desiderare. Si aggirò per il villaggio e arrivò al Dojo. Era una mattinata di lezione e si vedevano gli alunni che, diligentemente, si allenavano con le spade di canna. Zoro calcolò che solo due o tre di quei ragazzini sarebbero diventati veri spadaccini. Sembravano tutti affiatati, tutti amici, un senso di cameratismo e unione che era stato negato a Jane per la sua forza.
Continuando a girare incontrò Maggie e le chiese come stesse Jane.
-Non ha ancora ripreso conoscenza, ma non penso le manchi molto – rispose.
-È così grave? Ormai è passato un giorno! –
-Non ti preoccupare, si riprenderà, ma è ferita seriamente. Le devi dare del tempo! –
-Ho capito, grazie dottoressa –
-Ciao Zoro, e non ti preoccupare per nulla! –
Ormai era tardi, la mattina aveva silenziosamente ceduto il passo al pomeriggio e Zoro non era ancora riuscito a trovare la strada per il promontorio. Girando un po’ a vuoto e un po’ a istinto finalmente sbucò davanti alla casa di Jane. E, facendosi pochi scrupoli, entrò.
Non gli interessava il primo piano, quindi puntò direttamente al secondo. Ancora una volta girò tutte le stanze, osservando i particolari, e si convinse sempre di più che l’immagine della ragazza sola, triste e malinconica che si mostrava in giro non corrispondeva per niente alla ragazza che aveva arredato quelle stanze. In particolar modo si soffermò sulla camera da letto. Voleva vedere se riusciva a capire qualcosa di più di Jane leggendo i suoi libri o osservando i suoi oggetti. Si diede alla lettura: sfogliava dei libri sommariamente facendo attenzione a rimetterli nel posto giusto, ma non riusciva a farsi un quadro del carattere. Sembrava davvero difficile capire come fosse Jane davvero. Ormai era pomeriggio inoltrato e, immerso nella lettura, non si accorse della porta d’ingresso che si aprì e si richiuse e nemmeno dei passi leggeri che salivano le scale. Quando però si apriva la porta della camera, Zoro era già pronto con una mano sull’elsa della spada, ma quando vide chi entrò per poco non cascò a terra per lo stupore. Jane stava in piedi sulla soglia, la faccia sconvolta e rossa di chi ha corso nonostante fosse senza energie, i capelli arruffati dal vento, la pelle cerea, quasi diafana e le gambe che le tremavano leggermente. La cosa che più colpì Zoro, però, furono i suoi occhi: erano lucidi, tristi, quasi in procinto di piangere, eppure erano come in collera, arrabbiati e non sembrava che la causa fosse Zoro che si era intrufolato in casa sua. Dopo un attimo di stupore, Jane entrò in camera a passo spedito, prese a colpo sicuro un libro e uscì correndo. Zoro notò la macchia di sangue che le macchiava le bende altrimenti candide.  Il pirata non sapeva che cosa fare: sembrava volesse stare sola, ma qualcosa, probabilmente la curiosità, lo attirava verso la ragazza. Uscì dalla casa e, memore di cosa gli aveva detto la dottoressa Maggie, si diresse verso la cima del promontorio. Arrivato, trovò Jane seduta con le gambe che penzolavano nel vuoto, intenta a piangere e a sfogliare convulsamente il libro che aveva preso. Così Zoro si avvicino:
-Jane … - sussurrò preoccupato.
Jane, ebbe come un sussulto, e si asciugò velocemente le lacrime.
-Che cosa vuoi? – il suo tono era duro, ma la tradiva il tremolio della voce
-Che ti è successo? Perché sei venuta qui a piangere? –
-Non sto piangendo – Disse lei tra i singhiozzi.
-D’accordo, non stai piangendo –  Zoro si sedette accanto a lei – Allora cosa ci fai qui? Non mi sembra in gran forma! –
-Sto bene, è solo che mi sono svegliata e mi è venuta voglia di stare da sola a pensare, quindi sono venuta qui. –
-Sembri sconvolta –
-È solo che … no, niente. – Al pronunciare queste parole Zoro notò che Jane stava arrossendo.
-È solo che ... cosa?!? Puoi fidarti di me! –
-È che mi sono resoconto di essere ancora troppo debole, insomma, mi sono fatta fregare da un uomo morente. Come posso pretendere di prendere il mare? Come posso osare sperare di far cadere il Governo Mondiale, se nemmeno riesco a uscire indenne da una scaramuccia così stupida?!? – tutte le lacrime erano sparite lasciando spazio a un’ira infuocata negli occhio.
-È solo questione di pratica, migliorerai col tempo. –
-Ho diciassette anni, ed è da quando avevo cinque che mi alleno e non sono poi così forte come dovrei. Sono sicura che chiunque altro sarebbe riuscito a fare meglio! Tu che avresti fatto? Sei uno spadaccino anche tu, come ti saresti comportato? –
-Probabilmente non avrei rinfoderato subito le spade, o invece di usare tutto il corpo come scudo avrei sacrificato solo un braccio, ma non vuol dire niente! Tu hai agito d’istinto e magari anche tu a mente fredda avresti ragionato come me, ma nella battaglia è tutto diverso e non è facile pensare con lucidità-
-Ma sarei dovuto riuscirci! – Jane si era alzata di scatto. – Un bravo guerriero deve essere in grado di razionalizzare in qualunque circostanza! Pensare sempre a sangue freddo, ma non ci sono riuscita! Come farò a dimostrare di non essere solo una debole ragazzina? – stava iniziando a stancarsi, la ferita alla sua schiena si faceva sentire e il dolore aumentava.
-Tu non sei una debole ragazzina! Non puoi abbatterti così, devi ancora iniziare a vivere e non puoi lasciarti andare così. La bravura si acquisisce con l’esperienza, quindi rimanendo in questo villaggio, è ovvio che farai fatica a migliorare. –
-Tu dici che dovrei partire? –
-Il prima possibile, ma forse ciò che ti trattiene non è la tua debolezza – intuì Zoro – forse c'è qualcos’ altro. –
-Che vuoi dire? –
-Non è che hai paura? – domandò a bruciapelo Zoro.
-Paura? Se fosse paura, non avrei affrontato i briganti e non avrei preso il pugnale nella schiena. – Jane si era indignata.
-Non intendo paura di combattere, uccidere o morire. – spiegò il ragazzo. – Intendo che forse hai paura di deludere la tua famiglia, il tuo villaggio! –aveva colpito nel segno, e se n’era accorto dal mutismo di Jane.
-Per anni hai negato a te stessa il tuo destino, ciò che vuoi fare. Ti sei nascosta dietro la convinzione degli altri sul tuo futuro arruolamento e non hai mai avuto il coraggio di dire al mondo: “ VOGLIO FARE IL PIRATA” , perché non li vuoi deludere – Jane, continuava a non dire nulla – Ti hanno lasciata sola quando eri una bambina, per la tua forza sei stata esclusa e hai paura che diventando un pirata ti rinnegheranno completamente e resterai totalmente sola, ma non è così, troveresti una ciurma e degli amici e saresti lontano da cosa troppo tempo per preoccuparti di ciò che pensano gli altri, Abbi il coraggio di vivere la tua vita! –
Fece per andarsene, quando Jane lo chiamò.
-Zoro … -
Zoro si voltò ed esclamò:
-Sì? –
-Credi davvero in ciò che hai detto? Oppure sono parole che sentivi di dover dire ma non lo pensi? –
-Credi davvero che a me importi qualcosa di ciò che pensa la gente di me? Io non dico mai cose in cui non credo solo per dovere! –
-Se me ne andassi, sarei una traditrice … -.
Zoro la guardò: i capelli biondo fino scompigliati dal vento, la pelle pallida, l’aspetto minuto ma molto forte, il fisico asciutto e allenato e il petto che si alzava e abbassava affannosamente. “Non reggerà ancora molto” pensò.
-Saresti una traditrice? Perché mai? Non hai mai promesso nulla a nessuno se non a te stessa e se non partissi, tradiresti te solamente, ma se te ne andassi, nessuno ti potrebbe accusare di nulla. Tu sei la padrona di te stessa e non puoi privarti di qualcosa solo per far contenti gli altri.-  concluse lui.
Dopo un attimo di gravoso silenzio fu Jane a parlare:
-Partire … se lo facessi, rinnegherei la mia famiglia, ma loro mi hanno lasciato sola. Hai ragione tu Zoro, è ora che prenda in mano la mia vita! –
Gli rivolse lo sguardo di chi ha finalmente deciso cosa fare. Improvvisamente cadde in ginocchio:
-Jane! – Zoro si avvicinò.
-Non è niente, non preoccuparti – la sua voce si era fatta fievolissima, - Sono solamente stanca … - subito dopo averlo detto, crollò svenuta, ma Zoro, che un po’ se ne intendeva, capì che non era nulla di grave, la ferita le faceva male e lei era debole, ma non si era riaperta. La prese in braccio assieme al suo libro e la portò in camera sua. Quando la vide distesa sul letto, capì che quella camera, com’era arredata, era perfetta per lei: allegra, anche e era controllata e senza troppi fronzoli, ma lo stesso con una personalità molto forte. Decise di aspettare ad andarsene e di rimanere almeno finché non si fosse svegliata, per essere sicuro che stesse bene.
Jane vedeva tutto buio, sapeva che avrebbe dovuto aprire gli occhi, ma era talmente stanca che decise di abbandonarsi all’oblio, sentiva un fruscio …
Jane non sapeva da quanto aveva gli occhi chiusi le sembrava di non averli mai aperti. Il fruscio continuava, come di pagine sfogliate. Voleva dormire, si sentiva stanca, provata. La coscienza lo abbandonò ancora e il buio la avvolse…
… “Quel giorno c’ era il sole, era la giornata perfetta da passare allenandosi all’ aperto, con la brezza marina ce scompigliava i capelli e il profumo di salsedine a inebriare il naso. Per Jane, però, quel giorno era tutt’altro che piacevole. Dopo molto tempo di navigazione, all’orizzonte si era intravisto il profilo di quell’isola maledetta, il luogo della sua futura segregazione. Dopo dodici anni vissuti in marina, era costretta a tornare nell’isola dove aveva una casa, ma che lei non poteva e non riusciva a considerare tale. Prima di sera attraccarono al porto e Jane seppe che era finita: niente più battaglie furiose con le nuove leve, niente più pomeriggi passati nell’immensa biblioteca degli ufficiali, avrebbe dovuto dire addio alle giornate interamente dedicate all’esplorazione dei condoni dell’aria, o passate ad affinare la proprio tecnica con gli ufficiali. Da quel giorno in poi la sua vita sarebbe stata un inferno di monotonia e giornate sempre uguali, in cui la sua forza sarebbe stata considerata mostruosa e fuori dal luogo e lei sarebbe diventata una reietta. Al porto c’era tutto il villaggio, venuto ad acclamare il ritorno dei suoi genitori, considerati gli eroi del villaggio. Jane odiava i suoi genitori per quello che le stavano facendo.
 Una volta finiti quegli stupidi convenevoli la portarono ala sua futura casa, una casa che odiava come tutto in quello stupido villaggio. Solo il promontorio su cui era costruita rendeva quella casa più accettabile.
I suoi genitori non restarono a lungo: le fecero le solite raccomandazioni inutili, le dissero che le avrebbero mandato soldi ogni mese e che erano orgogliosi di vedere che aveva accettato di stare in quel posto. Ma Jane non lo aveva accettato e avrebbe voluto piangere gridando loro di portarla via da lì, ma, un po’per orgoglio, un po’ perché sapeva che sarebbe stato inutile, ingoiò le lacrime e rimase zitta, rispondendo solo il minimo indispensabile. Si salutarono in silenzio, la rabbia che la dominava le impediva di parlare. Una volta che se ne furono andati, rimase sola, oppressa da quelle pareti e da quell’isola. Si accasciò a terra e iniziò a piangere disperata.”.
Aprì di colpo gli occhi, il sogno ancora vivido nella mente, si accorse di avere gli occhi bagnati e se li asciugò in fretta e furia, vergognandosene. Ormai era sera inoltrata, aveva dormito per ore. Si mise seduta di scatto, la schiena che le doleva, anche se meno rispetto a prima.
-Stai bene? – Jane ebbe un sussulto e vide Zoro.  “Che ci fa qui?” Si chiese tra sé e sé, accorgendosi che il fruscio che sentiva non era altro che lui che sfogliava i suoi libri.
-Sì – rispose lei – Tutto bene, tu che ci fai qui? –
-Volevo vedere se stavi bene. Sei svenuta di colpo prima. - Jane si sentì avvampare, detestava mostrarsi debole. Vide sul comodino il libro che aveva preso il pomeriggio e lo afferrò di scatto, sperando che Zoro non lo avesse letto.
-Non l’ ho letto se ti interessa, sembrava privato e quindi l’ ho solo raccolto quando ti ho portato qui. Sembrava importante per te. –
-Lo è. –Jane si alzò, ignorando la testa che girava e mise apposto il libro. - È una raccolta di racconti che ho scritto negli anni. Lì ci sono racchiuse tutte le mie fantasie sulla vita da pirata. –
-È proprio un’ossessione. – scherzò Zoro.
-È uno stile di vita, quindi cerco di portarlo sempre con me. Quando sono triste quel libro mi risolleva, mi aiuta a ricordare per che cosa combatto.-
-Toglimi una curiosità – chiese Zoro – Perché c’è così tanta differenza tra questo piano e quello di sotto? –
-Me lo chiedono tutti quelli che hanno visto la casa. – rispose – il piano inferiore è stato arredato interamente in stile militare, uno stile che non mi si addice. Quindi, quando convivevamo io e la mia famiglia, ho lottato per allestire questo piano come volevo io, e quando sono rimasta sola l’ ho lasciato uguale per ricordarmi la differenza tra me e loro. –
In quel momento si sentì un borbottio: “Maledizione!” pensò Jane avvampando “Proprio adesso dovevi gorgogliare stupido stomaco?!”
-Hai fame? – chiese Zoro divertito-
-N-no! Ma che dici? – cercò di negare, ma il suo stomaco la tradì.
-Beh, forse un po’, d’altronde sono due giorni che non mangio … - in quel momento anche lo stomaco di Zoro si lamentò e dopo un attimo d’imbarazzo, entrambi scoppiarono a ridere.
-Ormai è tardi per tornare dai tuoi compagni in tempo per la cena, per stasera sarai mio ospite! – l’invito di Jane cadde a fagiolo: Zoro non aveva voglia di andarsene, voleva conoscere un po’ meglio la ragazza. Andarono in cucina e prepararono da mangiare tra nuvole di farina e disastri vari. Jane se la cavava anche bene, ma Zoro era negato ai fornelli. Jane non si era mai divertita tanto. Lei odiava mangiare in cucina da sola, quindi aveva preso l’abitudine di mangiare i pasti in camera, osservando il cielo dalla finestra sul soffitto o leggendo uno dei suoi innumerevoli libri e anche in quell’occasione volle andare in camera sua.
Seduti sui morbidi tappeti, consumarono la cena chiacchierando animatamente e, visto ce era una notte limpida e stellata, Jane sfoderò alcune mappe celesti dalla libreria e osservarono le stelle e le costellazioni. A Zoro non erano mai particolarmente interessate le stelle e le leggende collegate ad esse, ma Jane era talmente brava e appassionante che Zoro la rimase ad ascoltare ammaliato per tutta la notte. Si addormentarono che ormai albeggiava, col tepore del sole che sbucava dalla finestra a riscaldarli e il rumore delle onde che si battevano sugli scogli a cullarli come una ninna nanna. Fu il campanello che suonava a svegliarli. 
   
 
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