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Autore: Medardo    13/07/2011    0 recensioni
L’istituto d’Istruzione Superiore per Maghinò è una scuola che accoglie studenti dai 14 ai 20 anni e si prefigge lo scopo di preparare i giovani Maghinò ad affrontare una vita sia magica che non ed a permettere loro di scegliere un percorso lavorativo con sbocchi in campo sia magico che babbano.
Per informazioni ed iscrizioni inviare un gufo alla direzione.
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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 C’era una volta un giovane mago fresco di gufo che con due amici voleva partire per il tradizionale viaggio intorno al mondo che molti maghi compivano finiti gli studi. Rifornitisi di tutto ciò che poteva servire loro i tre presero tre scope in prestito, salutarono amici e parenti e partirono alla volta dell’Egitto. Progettavano, una volta lì, di intrufolarsi di notte nelle favolose e misteriose tombe degli antichi faraoni per scoprire quanto c’era di vero nelle leggende che parlavano di mummie animate che difendevano il sonno di quelli che secoli prima erano stati i loro re e di ogni sorta di creature magiche che avrebbero trovato riparo nei meandri dei cunicoli più nacosti. Come pensassero di andarsene da lì una volta entrati, non essendo nessuno di loro minimamente versato nelle arti di offesa e difesa, non è dato sapere.
Fatto sta che nessuno dei tre vide le piramidi se non da lontano perché nell’area di campeggio dove avevano piantato la loro tenda incontrarono un gruppo di tre studentesse di hogwarst partite anch’esse dopo essersi diplomate ed i loro piani cambiarono.
Il giovane mago sposò una di queste ragazze e dopo 2 figli ed una figlia felicemente padroni delle capacità particolari ereditate dai genitori sono nata io, Elisabeth, Maganò.
 
Non è male essere maghinò. Naturalmente la maggior parte delle persone che ho conosciuto durante l’infanzia, essendo i miei genitori entrambi parte di grandi, unite (ed a tratti soffocanti) famiglie di maghi, erano dotate di poteri quindi sono cresciuta nella consapevolezza dell’esistenza della magia, educata come parte di quel mondo che mi sembrava l’unico possibile.
La festività in una famiglia di maghi è diversa da una festività babbana. Prendiamo ad esempio il natale. Non ricevi un cavallo a dondolo che si anima e galoppa veramente se non nasci fra i maghi.
 Il primo natale che ricordo mi aveva colpito per la quantità di persone che erano venute, non solo per il pranzo, ma anche a stare da noi. Per l’occasione i miei genitori, nonostante vivessimo in un villino piuttosto spazioso, erano stati costretti a stregare alcune stanze perché vi entrassero più persone. Ed era sembrata una buona soluzione finché una delle stanze stregate da papà per gli zii di Liverpool non aveva ripreso di colpo le dimensioni originali. Ma un natale al San Mungo può essere insospettabilmente divertente.

Durante il natale dei miei otto anni i miei due fratelli maggiori rientrarono da Hogwarst dove frequentavano il primo ed il terzo anno portando con loro un amico i cui genitori erano all’estero per lavoro. Erano arrivati insieme a mio padre che era andato a Londra a prenderli alla stazione qualche giorno prima di natale. La sera ci ritrovammo in salotto dopo cena per giocare al risiko dei maghi - molto più realistico dell’originale - ed i miei fratelli si misero a discutere su chi per primo avesse manifestato poteri magici.
-Non ho fatto levitare la mamma dopo che tu avevi cambiato il colore del gatto! Neanche ce l’avevamo il gatto!-  disse David, il maggiore
-E che c’entra? Era un gatto randagio a cui portavo gli avanzi- replicò Broddy
-Quindi avresti cambiato il colore di un gatto di cui nessuno sapeva niente e di cui ti occupavi quando avevi tre anni?
-Io ho fulminato la lampadina del bagno quando avevo due anni- si vantò Lucy, la piccola strega prodigio di 10 anni.
-Certo che ho cambiato il colore del gatto! Sei invidioso perché hai fatto magie solo da quando avevi cinque anni!
-Non è vero! Ne avevo quattro! Mamma! E’ vero che ne avevo quattro? E comunque il tuo gatto non esiste!
-Bugiardo!
-Stupido!
-Basta!-  disse mamma
-…-
-Quella lampadina era ad alto voltaggio…
-E tu Louis?- chiese stancamente la mamma all’amico di David e Broddy –qual è stata la tua prima magia?
-Io… ho fatto suonare da soli i tasti di un pianoforte.  
Sembravano tutti molto impressionati e per sviare un’attenzione che mi sembrò gli pesasse ricevere, Louis si rivolse a me, fino ad allora rimasta in silenzio 
–E tu? Qual è stata la tua prima magia?
C’è chi dice che il trascorrere del tempo non si misura solo con l’orologio. Confermo. Fu come un pugno, realizzazioni si accatastavano velocemente nella mia mente lasciandomi stordita. Gli sguardi che si scambiarono i miei genitori ed i miei fratelli mi fecero capire che ciò che io avevo considerato una questione di scarsa importanza, normale, neanche da parlarne, era per loro invece fonte di profondo turbamento. Realizzai che la risposta che avrei dato sarebbe stata la prima espressione di quello che era considerato un problema.
-Io non ho mai fatto niente- dissi.


Oggi sono convinta che i miei avessero omesso di parlarmi della questione della manifestazione della magia in buona fede, perché, nati e cresciuti com’erano in famiglie magiche volevano evitare di turbarmi parlandomi dell’età media delle prime manifestazioni magiche e del termine ultimo, gli otto anni, affinché ciò accadesse, prospettandomi l’esclusione da quel mondo di cui facevano parte. Non capivano quanto fosse proprio il loro dare per scontato che priva di poteri avrei sofferto alla base dei problemi che ebbi in seguito.
Quel giorno fui ferita da questa omissione, mi sentivo tradita da coloro di cui mi ero sempre fidata, da allora ebbi sempre difficoltà a dare fiducia a qualcuno.

I miei fratelli sembravano condividere le paure dei miei genitori ed in quel momento mi sembrò che guardando me vedessero uno scherzo della natura, qualcosa a cui era meglio non pensare, e che contemporaneamente cercassero di non darlo a vedere.
E così quella sera i miei, non potendolo più evitare, mi dissero che, se non avessi mostrato di avere poteri magici entro il mio nono compleanno non avrei mai avuto poteri e non avrei mai frequentato la scuola di magia con i miei fratelli, non avrei stregato gli oggetti, non avrei volato. Ricordo il loro imbarazzo, cercavano, impacciati, di farmi credere che anche se ero diversa questo non avrebbe fatto differenza per loro. Mi chiedo ancora se ci credessero.

Quella notte non riuscii a dormire. Pensavo e ripensavo a quello che avevo scoperto ed a ciò che comportava. Pensai che non avrei mai visto la scuola leggendaria di cui ogni mago del paese aveva trascorso gli anni della formazione e di cui tutti i bambini erano curiosi. Piansi.
Quando mi resi conto che non avrei dormito, distrutta, mi alzai in cerca di qualcosa da fare nella casa  che fino al giorno prima era il mio rifugio ed ora, con tutti gli orologi magici che mi guardavano dalle pareti, la polvere volante in un vaso elegante che stonava un po’ con il camino rustico, la scopa volante con cui a turno si esercitavano i miei fratelli, mi sembrava soltanto il simbolo del mondo che avrei dovuto lasciare. Le gambe si diressero da sole nella mia stanza preferita: la biblioteca.
  
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