'Con questo
mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare
rappresentazione veritiera del carattere dei componenti Tokio Hotel,
nè
offendere il gruppo o i suoi componenti singoli in alcun modo'
1 ) La
pigrizia non sempre paga
Lo
sapeva che non avrebbe dovuto venire in quel posto,
se lo ripeteva come un
mantra, mentre malediva il pullman in ritardo e il piovoso clima
inglese e
soprattutto se stessa.
Come
aveva fatto a dimenticare l’ombrello? Non dietro
l’angolo, ma nientemeno che in Italia da Anna che a
quest’ora stava sicuramente
ridendo della sua sbadataggine.
Sbuffò
e tirò frustrata un
calcio a una lattina, era fradicia, senza
nemmeno le sigarette perché quell’arpia di sua
madre gliele aveva sequestrate
prima di partire e l’aveva fatta arrivare in calcolato
ritardo al check-in di
modo che non potesse comprarsele in aeroporto.
Sua
madre…
Di
solito era grata al destino di averle dato una
madre inglese e un
padre italiano, perché le aveva permesso di sviluppare un
bilinguismo che le evitava
tranquillamente di studiare una materia, ma non in questo caso.
Becky
ora malediva la sua adorabile madre inglese che
invece di permetterle di andare in Toscana con Anna e le altre,
l’aveva
obbligata a diciassette anni suonati a quel campeggio nel Lake District.
Rebecca”Becky”Sartori
era convinta che fosse un’idea
malsana, aveva
tentato di farlo presente alla donna, ma lei era stata irremovibile, a
nulla
erano valsi il dialogo da brava ragazza assennata, i pianti isterici,le
minacce
e qualsiasi strategia.
“Devi
migliorare il tuo inglese, Honey! Credi che non
mi sia accorta che a scuola dai il minimo?”
Aveva
cinguettato sua madre Marianne con quell’accento
alla Stanlio e Ollio e i suoi grandi occhi azzurri che non le aveva
trasmesso.
Aveva
represso il desiderio di mandarla cordialmente
all’inferno e si era chiusa in un
mutismo assoluto, trascorrendo più tempo possibile a casa di
Anna, la sua
migliore amica, che si era dimostrata tremendamente saggia e
assolutamente non
dalla sua parte.
“Dai
Beck, vedi il lato positivo, ti spari una vacanza
in posto bellissimo e poi è vero che non fai un
cazzo in inglese, se ne è accorta persino
quella stordita della profe!”
Questo
le aveva detto, dopo tutti i sogni fatti su
quella vacanza meritata e le speranze che ci avevano riposto.
Alquanto
misero, si disse, ma Anna era così saggia e
pazza allo stesso tempo, anche se ultimamente, ringraziando Dio e la
scomparsa
di quei quattro dalla scena musicale, la sua vena di pazzia si era
notevolmente
attenuata.
Ricordare
la sua reazione le fece comunque desiderare
con ancora più ferocia una sigaretta o che in alternativa
arrivasse il dannato
pullman che doveva portarla allo stramaledetto campeggio,che era in
ritardo
come quelli italiani se non di più.
La
calma non era mai stata la sua caratteristica
predominante così il suo nervosismo cresceva
esponenzialmente a ogni minuto di
ritardo in più, aggravato dalla mancanza di sonno, nicotina
e caffeina.
“Accidenti!
I pullman inglesi non dovrebbero essere
puntuali, giusto Cielo?”
Come
richiamato dalle sue imprecazioni il mezzo si
materializzò dalla curva e finalmente poté
caricare a bordo le valigie, Deo
gratias.
“Stai
attenta, pel di carota! Mi hai pestato un
piede!”
Trafisse
con un’occhiata
assassina la biondina platinata che aveva
parlato e a cui aveva sfiorato la punta della All Star bianca con il
suo
pesante borsone.
“Scusami”
Bofonchiò
poco convinta, quella le lanciò un
occhiata scrutatrice,
stava scannerizzando i suoi lisci capelli rossi con le punte nere, gli
occhi
scuri contornati da una matita nera ormai colata, la sua maglietta
etnica
arancione e gialla appiccicata al corpo,i jeans slavati e strappati
appesantiti
dall’acqua e i suoi anfibi.
Detestava
quelle occhiate, le lanciò un’altra
occhiataccia giusto per
notare che i capelli
biondi della tipa erano accuratamente piastrati e che indossava dei
pantaloncini bianchi inguinali e una maglia rosa con Hello Kitty
stampata
sopra.
Fighetta.
Pensò
con disgusto, inutile parlarle, fece per
andare verso il fondo del
pullman, ma quella allungò una gamba in mezzo allo stretto
corridoio rischiando
di farla cadere, era una dichiarazione di guerra?
“Ehi
Paris… stai attenta, mi stavi facendo cadere!”
Ringhiò
a bassa voce.
“Almeno
ti avrei dato una scusa
per
cambiarti i vestiti
patetici che porti.”
“Io
quelli li posso cambiare, tu il tuo cervello senza
neuroni non puoi cambiarlo!”
La
ragazza la fulminò con un’
occhiata talmente carica di rabbia repressa
da farle sospettare che le sarebbe saltata addosso da un
momento all’altro per
pestarla.
“Non
mi sfidare o te ne pentirai!”
Gli
occhi azzurri della ragazza scintillarono
pericolosi come quelli di un
gatto prima dell’attacco e anche Becky, che non era mai stata
fifona, non poté
fare altro che rifugiarsi in uno degli ultimi posti, fumante di rabbia.
Mancava
ancora un’ora
alla sua fermata e si era già fatta una nemica, che
sperava di non vedere più, quella vacanza iniziava malissimo!
“Dai
Becky, sei in ballo, balla!
Cerca
di concentrarti sul paesaggio rurale, modo
educato per definire
il nulla più assoluto per
kilometri e pensa che quella non la rivedrai più!”
Cercò
il lettore mp3 e si infilò le cuffie nelle
orecchie, immediatamente partì “Smell like teen
spirit” dei Nirvana, ironicamente
e inconsapevolmente Kurt Cobain aveva riassunto perfettamente la sua
situazione
attuale.
Puzzava
di adolescenza allo stato puro, a partire
dall’obbligo di sua madre a cui lei non poteva opporsi, era
troppo giovane per
poter decidere in
autonomia e troppo grande per
accettare serenamente le imposizioni dall’alto.
Si
rannicchiò meglio sul sedile e cercò di
schiacciare
un
pisolino,
sperando di recuperare almeno un
po’ del sonno perduto.
Un’ora
più tardi e senza essere riuscita a dormire per
nemmeno mezzo minuto lei e la bionda
scendevano alla stessa fermata, con i loro bagagli e scambiandosi
occhiate in
cagnesco.
-Ma perché anche lei
qui?-
“Non
dirmi che anche tu alloggerai qui?”
“Purtroppo
per te
si.”Ghignò Hello Kitty.
Si
avviarono verso il grande arco in ferro battuto
dell’entrata sotto la pioggia battente, guardò con
disgusto le casette ordinate
che costituivano i bungalow del campeggio, erano troppo dannatamente
simili
alle descrizioni dei libri dell’orrore per
ragazzi americani che leggeva da piccola per
piacerle veramente, poi
individuò nell’edificio più grande la
direzione.
Lei
e la bionda si mossero nello stesso momento
insieme alle valigie verso la costruzione e varcarono insieme la porta
finendo
ovviamente per
incastrarsi.
Tentarono
di divincolarsi, non ci riuscirono perché
una voleva prevalere sull’altra nella lotta per
entrare
per
prima così ripresero a litigare dando
spettacolo, finché un
uomo corpulento sulla cinquantina venne a placare gli animi.
“Cosa
succede qui?
Siete
nuove arrivate?”
Annuirono.
“Datemi
i vostri nomi.”
“Rebecca
Sartori”
“Annabelle
Philips!”
L’uomo,
che si rivelò essere niente meno che il capo
supremo del lager estivo controllò dei documenti,
annuì e diede loro una
chiave.
“è
tutto a posto, siete in regola con le prenotazioni.
Questa
è la chiave della stanza che dividerete, spero
di vedervi in concordia e armonia la prossima volta!”
La sua occhiata fu eloquente, le avrebbe tenute d’occhio e
non si sarebbe
calmato finché non le avesse viste fare le amicone.
“Stasera
a cena vi verranno presentate le attività!
Arrivederci
e buon soggiorno!”
Almeno
l’ironia poteva risparmiarsela, pensò irritata
mentre marciava verso la camera, era chiaro come il sole che sarebbe
stata una
vacanza orribile!
“Ehi,
Rossa non credere che io sia felice di averti in
camera!”sibilò quella che ormai aveva
soprannominato Paris.
“Io
invece faccio i salti di gioia, guarda un
po’!”
Continuarono
a battibeccare fino alla porta del loro
bungalow, Beck aveva già esaurito la pazienza,
così con poca grazia lanciò le
due valigie all’interno e poi si ributtò sotto la
pioggia pregando che al suo
ritorno quella piccola iena avesse già finito di sistemare
il suo ciarpame e
che se ne fosse andata a socializzare da qualche altra parte.
Il
campeggio era ovviamente deserto, le luci dei
bungalow erano tutte accese, lei era l’unica cretina a spasso
realizzò
irritata, per
calmarsi decise di avvicinarsi al lago su cui si affacciava quel posto.
Il
lago era grigio e deprimente, c’era persino una leggera
nebbiolina che le fece pensare con ancora più malinconia al
sole della Toscana,
al mare e ai concerti che si era persa.
Adocchiò
una panchina sotto ad un
gazebo, ci si trascinò
svogliatamente e assurdamente, per
un
attimo, ebbe
l’impressione che qualcuno si fosse seduto accanto a lei,
nonostante non ci
fosse anima viva.
“Non
è che la mamma aveva ragione quando diceva che
nel Lake District c’erano i fantasmi?”
Mormorò
a bassa voce,come aspettandosi una risposta.
“Naa…è
una stronzata, l’unico vero problema è dove
trovare le sigarette…”
Si
accorse che c’era un’altra
figura sotto la pioggia, una ragazza
con una lunga gonna viola e dei dreadlock neri, si sbracciò per
attirare la sua
attenzione, quella la raggiunse e si lasciò cadere sulla
panchina accanto a
lei.
Indossava
la maglia di un
gruppo rock ,aveva la pelle leggermente
ambrata, occhi verdi contornati di kajal e un
piercing al naso, era decisamente la persona
giusta a cui chiedere nonché l’unica.
“Scusa
se ti ho chiamata, ma volevo sapere dove trovare
le sigarette in questo posto.”
“Sono
vietate, ma se hai voglia e tempo di scappare
durante la pausa prima delle attività del pomeriggio, puoi
farti i due
chilometri che separano questo posto dal paese più vicino e
trovare un
tabaccaio.”
“Grazie,
io sono Becky comunque!”
Le
tese una mano.
“Io
sono Namita, sono mezza indiana, anche tu non
sembri del tutto inglese…”
“Sono
mezza italiana infatti, per
caso hai una sigaretta?
Mia
madre me le ha fregate…”
“Che
palle quando lo fanno!Io non ne ho Becky,
potresti venire con me dal tabaccaio, ce l’hai i
soldi?”
“Si.”
“Bene
allora divideremo l’ombrello e ci conquisteremo
la nostra nicotina!”
“Oh
Yeah!”
Namita
detestava quel campeggio, lo odiava con tutte
le sue forze, anche perché era arrivato come una punizione
dai suoi, era
riuscita a farsi sospendere da scuola per un
paio di giorni a causa del suo caratteraccio, così dicevano
i suoi insegnanti.
Quelli
che ignoravano deliberatamente le battutine dei
suoi adorati compagni sulla sua pelle e sui suoi vestiti e non avevano
speso
una parola per
lodare il suo spirito di sopportazione e dio solo sapeva quante volte
Namita
Jones aveva contato fino a duemila per
non alzarsi e rompere una sedia in testa a quegli idioti.
Quelli
che avevano riempito la testa dei suoi genitori
di idee sulla necessità di mandarla per un
po’ in un
posto in
cui le inculcassero un
po’ di disciplina e così eccola lì, in
quel dannato campeggio.
Era
un
luogo in cui una pigra e caotica come lei rischiava la salute mentale,
la
sveglia era tutti i giorni alle otto se si voleva sperare di fare
colazione,
dalle nove alle undici c’erano le attività della
mattina, poi il pranzo,
un
paio d’ore di pausa, poi
dalle due alle quattro altre attività e poi altre ore
libere, la cena e le
serate a volte libere a volte a tema.
Uno
strazio, semplicemente uno strazio.
Non
riusciva nemmeno a trovarsi con i suoi compagni,
era al culmine della depressione quando aveva visto quella ragazza,
Becky,
sotto il gazebo e fu come un
piccolo miracolo visto che quando iniziarono a parlare la
trovò simpatica e lei
non concedeva facilmente la sua approvazione a qualcuno ne dispensava
così
facilmente inviti dal tabaccaio.
Non
in quel
posto così
rigido, bacchettone e pieno
di ipocriti pronti a fregarti, almeno.
“Tu
come mai sei qui Becky?”
“Punizione,
ho fatto la pigra in inglese e mia madre
me l’ha fatta pagare…
Avrei
dovuto andare in Toscana con le mie amiche.”
“Tu
vivi in Italia?”
“Si,
e tu Namita perché qui?”
“Punizione…Mi
hanno sospesa da scuola perché ho fatto
a botte con paio di rompicoglioni.”
Quello
era il suo test personale, approfondiva i
rapporti solo ed esclusivamente con le persone che non la biasimassero
ne la osannassero,
ma semplicemente
archiviassero la cosa come un
dato di fatto.
“Ah.”
“Paura?”
“No,
sei tosta, almeno credo..
Io
non avrei avuto il coraggio di farlo, troppe
conseguenze.”
La
rossa aveva superato il test, sorrise soddisfatta,
poi un
silenzio
complice calò fra di loro.
Finalmente
arrivarono al tabaccaio, presero i loro
agognati pacchetti e appena fuori dal locale ne accesero immediatamente
una.
Fu
liberatorio.
Tornarono
verso il campeggio di nuovo in religioso
silenzio, accompagnate solo dal rumore della pioggia, poi Becky
sbuffò
esasperata.
“Cosa
c’è?”
“Niente…Pensavo
a una cosa…
Quando
ero su quella panchina prima che arrivassi tu
mi sembrava ci fosse qualcuno con me..”
Sbuffò
un’altra
volta.
“A
volte succede quando si è stanchi.”
Mormorò poco
convinta.
L’altra
alzò gli occhi al cielo e sbuffò un’altra
volta.
“Stai
pensando che sia pazza?”
“Bhe
no…cioè un
po’ si per
parlare con me, ma in linea di massima non ti reputo pazza.”
Prese
fiato come per
prepararsi a una confessione vergognosa.
“E
poi qualche volta è capitato anche a me.
Questo
posto è….”Cercò la parola
giusta per
definirlo.
“Malefico.
Ti
sballa i neuroni, la gente soprattutto ti manda in
uno stato di paranoia, sembra facciano gara a controllarti se non sei
come
loro.”
“Grazie…In
effetti appena arrivata qui ho già litigato
con la mia compagna di stanza e con il direttore…”
“Strike
completo, niente male.
Andremo
d’accordo io e te!”
“Lo
spero…
Siamo
arrivate, vado a farmi una doccia, ci vediamo a
cena?”
“Ovvio
o vuoi iniziare uno sciopero della fame per
farti rimandare a casa?”
“Non
è male come idea!”
Scoppiarono
a ridere insieme e poi si salutarono, ora
finalmente Namita Jones aveva un’alleata
su cui contare
Rebecca
tornò in camera di umore più sollevato
rispetto a prima , non sapeva se fosse merito della nicotina o di
Namita ma non
era importante inoltre la stanza era vuota, Annabelle non
c’era.
Si
ficcò sotto la doccia e ancora una volta ebbe la
sensazione che ci fosse qualcuno con lei, era qualcosa di viscido e
strisciante,per
niente piacevole che la fece rabbrividire.
Fu
più veloce del solito e poi per
calmare i nervi, oltre a
sistemare il bagno, svuotò le valige e sistemò
accuratamente la sua roba
nell’armadio, era moderatamente soddisfatta, aveva fatto un
buon lavoro.
“Rebecca!”
Si
voltò per
vedere chi l’avesse chiamata,ma la stanza era vuota.
Di
nuovo i brividi e quella sensazione.
Chi
diavolo c’era?
Scosse
la testa e si disse che quello che aveva detto
a Namita era vero, erano lo stress e la stanchezza la causa di tutto
così si
buttò a peso morto sul letto.
Spalancò
gli occhi, era sicura, sicurissima che ci
fosse qualcuno accanto a lei, poteva quasi sentire la consistenza di un
corpo, senza che ce ne
fosse uno.
Pensò
confusamente di alzarsi, ma era troppo stanca e
la palpebre cominciarono a farsi pesanti, mentre stava per
addormentarsi si
sentì come abbracciata, ma era troppo
tardi per
reagire
qualsiasi cosa fosse.
Fu
svegliata dopo un
tempo indefinito dalle urla belluine della sua
compagna di stanza, acute come quelle di una campana rotta, la
maledisse ancora
una volta.
“Cosa
vuoi Philips?” Berciò di pessimo umore aprendo
gli occhi.
“Hai
lasciato una palude in bagno!!”
“Ma
io avevo sistemato!”
Si
alzò di malavoglia per
dimostrarglielo, si trascinò in bagno e
quasi le venne un
colpo, effettivamente c’era un
caos indicibile che la lasciò molto perplessa visto che non
c’era prima del suo
sonnellino.
“Io…io..”
Cercò
in apnea una risposta che spiegasse i fatti, ma
non ce n’erano constatò afflitta.
“Tu
sistema Sartori o ti faccio un
culo quadro!”
Sospirò
sconsolata, quella ragazza era un
mostro di finezza dietro
le apparenze da principessa, le parve di sentire una risata e si diede
della
pazza, ora aveva anche le allucinazioni sonore…
-Lavora
Becky e lascia perdere!-
Finì
di lavorare sentendosi addosso lo sguardo della
bionda, sicuramente le stava dando della pazza, della bugiarda e della
visionaria, di bene in meglio…
“Non
ti azzardare mai più a prendermi in giro,
ragazzina!
“Scusa.”
Lei
se ne andò sbuffando e a lei rimase da sola.
“Chi
diavolo ha fatto tutto questo?”
Nessuna
risposta ovviamente, guardò l’orologio, era
quasi ora di cena così raccattò la borsa, finita
chissà come sotto al letto e
uscì dalla stanza, non prima di avere lanciato un’occhiata
sospettosa all’interno.
Raggiunse
la sala pranzo di pessimo umore, sperando di
intercettare subito Namita, la vide tra la folla, ma il responsabile
del
campeggio fu più rapido di lei e la bloccò.
“Signorina
Sartori, queste sono le sue attività per
domani, è stata inserita
nel laboratorio di pittura alla mattina e nel corso di nuoto al
pomeriggio.
Spero
che questo sia di suo gradimento, sua madre ha
già approvato, se ci fosse qualche problema si rivolga a me,
ora vada a
mangiare.
Arrivederci!”
L’uomo
la lasciò senza che potesse dire una parola,
una sola, anche solo”OK” e fumante di rabbia.
“EHI!”
Sobbalzò,
era Namita.
“Ma
è sempre così qui? Ti smistano come un
pacco senza farti nemmeno
aprire bocca?”
“è
la prassi…Dove ti hanno messo?”
“Laboratorio
di pittura la mattina, nuoto il
pomeriggio.”
“Almeno
siamo insieme…”
“Magra
consolazione!” la ragazza le batté una mano
sulla spalla, lei sospirò e si diresse verso il buffet.
Fu
una cena abbastanza buona, Namita rivelò un
talento comico
inaspettato, ma era stanca così declinò a
malincuore il suo invito a fare un
giro e se ne tornò in
camera.
I
corridoi erano deserti, quella sensazione tornò a
farle visita, lei la scacciò dicendosi che era solo una
paranoia, ma qualcosa
la fece ricredere.
La
sua camera era in disordine, sembrava ci fosse
passato un
uragano,
cosa diavolo stava succedendo?
Lo
urlò a pieni polmoni dopo avere sistemato tutto,
aspettandosi assurdamente una risposta e la cosa ancora più
incredibile fu che
la ricevette.
“Ho
deciso di dare un
tocco personale alla tua camera, Rebecca!”
“Chi
cazzo sei?”
“Non
ha importanza!”
“Si
Che ne ha! Sei una cazzo di allucinazione che mi
rende la vita impossibile, abbi almeno la decenza di farti vedere!
Voglio
vedere chi diavolo mi sta facendo impazzire!”
Era
ansante, con suo immenso disappunto la voce
ridacchiò poi qualcosa iniziò a prendere forma
nella camera, delle
sembianze umane iniziarono a farsi
visibili e sempre più riconoscibili.
Per
la seconda volta si ritrovò ad urlare nella stanza
apparentemente vuota.
Angolo di Layla.
Per chi mi segue da un po' questa storia non è affatto una novità, l'ho già pubblicata un paio di anni fa, infatti.
Perchè la ripubblico? Semplicemente poco prima che iniziassi a pubblicare la mia nuova long volevo cancellare il mio account da EFP, ma poi ho cambiato idea, il problema era che avevo già tolto alcune storie tra cui questa.
Ho deciso quindi di ripubblicarla. Spero vi piaccia.
Verrà aggiornata ogni mercoledì.
PS: ringrazio Elisabetta, alias NihalTom 92, lei sa perchè.