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Autore: PrincesMonica    14/07/2011    7 recensioni
E' una FF che mi è nata dopo i Concerti Italiani. non so da dove sia uscite, comunque è stranamente Tenerosa. Jared si mette in relazione con una ragazza un po' diversa dalle solite e che lavora per loro. Riuscirà a capire che cosa vuole?
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6
 
Jared l'aveva presa e portata via. Nel vero senso della parola.
Avevano terminato il concerto In Ungheria ed Era sceso dal palco e l'aveva caricata sulle spalle (si domandò la fatica che aveva fatto per tirarla su) e l'aveva portata come un sacco di patate fino ad una delle macchine in dotazione della EMI. Zoe aveva subito capito che Emma sapeva di quella macchinazione, mentre gli altri no. Altri che, tra risate e bocche aperte per lo stupore, li fissavano divertiti. E lei si sentiva umiliata... Odiava stare al centro dell'attenzione, ma sapeva che finchè aveva questa relazione con Jared, sarebbe stato impossibile rimanere ai bordi del circo marziano.
"Mi puoi dire dove mi stai portando?"
"No, è un segreto. Comunque restiamo in Europa."
"Per forza! Tra tre giorni suonate di nuovo, fossimo andati in America, avremmo speso tutto il nostro tempo libero in aereo." e si mise a guardare fuori dal finestrino la strada che scivolava via veloce.
Jared sorrise: si sentiva pronto, invincibile. Perfetto. Più di quanto già non fosse. Megalomane lui? No!
Eppure c'era qualcosa che non capiva del tutto in Zoe. Ultimamente era piuttosto sfuggente. C'era qualcosa che non gli stava dicendo. Non che questo limitasse le loro infinite chiacchierate o le loro notti, però... Non sapeva come definirlo, Zoe sembrava con una parte della mente occupata da un pensiero costante. Jared era curiosissimo: cosa le stava frullando per il bel cervellino?
Le prese una mano e gliela baciò, mentre lei gli sorrideva. L'iniziale arrabbiatura che aveva si era dissipata e ora sembrava tranquilla vicina a lui. Molto meglio vederla così sorridente, piuttosto che con quel cipiglio battagliero che ogni tanto spuntava fuori per farlo impazzire. Sì, perchè quando lei si impuntava su qualcosa era decisamente difficile farle cambiare idea. E siccome Jared odiava dover ammettere di avere torto, iniziavano delle schermaglie incredibili. Una volta Shannon si era preso i pop corn e aveva iniziato a mangiare guardandoli mentre si scannavano su un'idiozia che in quel momento neanche ricordava.
"Almeno mi dai un indizio di dove mi stai portando?"
"E va bene, ma solo uno." l'aeroporto era vicino, comunque Zoe avrebbe visto la loro destinazione dal monitor, quindi tanto valeva dirle tutto."Andiamo nella città più bella del mondo!" lei si voltò e lo guardò sconvolta. "perchè mi guardi così?"
"Non mi starai mica portando a Parigi, vero?"
Jared sorrise felice, come un bambino il giorno di Natale.
 
 
Zoe sospirò per l’ennesima volta.
Era stanca e stufa, le facevano male i piedi e aveva voglia di cambiarsi. Era tutto il pomeriggio che girava come una trottola per Parigi dietro a Jared e Shannon in piena voglia di shopping. Oltretutto lo shopping sbagliato, perchè entrambi erano vestiti come neanche un barbone si sarebbe mai conciato. Eppure entravano in ogni negozio e compravano qualcosa e lei si annoiava da morire.
“Ma che ne dici se ti prendi qualche cosa?” Fece Shannon nel negozio di Dior.
“Non mi pagate abbastanza per potermi permettere qualcosa qui dentro. E poi non è il mio genere.”
“Non è il tuo genere perchè non ci provi.” Shannon chiamò una ragazza che arrivò da lui con un sorriso enorme. Zoe roteò gli occhi. “Signorina, per favore... mi vesta questa ragazza.”
“Oui. Preferenze?” l’accento francese era piuttosto marcato, ma almeno si capivano.
“Quello che vuole lei, ma mi piacerebbe qualcosa di femminile per una volta.”
“Shannon, che intenzioni hai?” mugolò Zoe disperata.
“Nessuna, vorrei solo far uscire la farfallina che c’è in questo bruco.”
Zoe seguì la commessa che non sembrava particolarmente felice di dover servire lei e non quel pezzo di uomo che, anche se vestito in maniera ridocola, era decisamente molto più affascinante di lei. Se ne fregò: in fondo sapeva di essere solo una piccola nullità messa a confronto con i Leto.
“Allors, preferisci lungo o corto.”
“Pantaloni?” la commessa la fissò male ed iniziò a prendere un paio di modelli da sera, lunghi ed incredibilmente eleganti. Lei scosse la testa. “Sono troppo eleganti. Se proprio devo prendere un vestito, che almeno lo possa mettere durante il giorno.” La ragazza finalmente le fece un piccolo sorriso contenta che si stesse leggermente aprendo. Non c’era niente di peggio di una cliente che non voleva niente e poi le faceva prendere tutta la collezione.
“Quindi vestiti da giorno. Ecco qui, provi questi.”
Zoe prese le grucce che le stava passando e si chiuse nel camerino. Il primo vestito era molto semplice, nero, un tubino con una scollatura storta. Non lo avrebbe provato: non aveva un corpo abbastanza perfetto per poter portare quella cosa si. Mentre l’altro era molto molto bello. Di colore rosa, però, che a lei non piaceva tanto. Il corpetto era attillato e tenuto su con un paio di spalline sottili, la schiena completamente scoperta. La gonna, leggera come una piuma, scendeva a coprirle le gambe fino al ginocchio. Era splendido e lei si sentiva una bambolina e decisamente non a suo agio. Aprì la tendina e la commessa fece un sorriso a quaranta denti.
“Sta benissimo.”
“Non lo so, il colore non mi piace molto.” E fece un mezzo giro alzando la gonna.
“Sei splendida.” La voce di Jared fece capolino da dietro una mensola. Zoe deglutì e ringraziò a bassa voce. Andarci a letto era un conto, sentirsi dire che era bella, tutto un altro.
“Signorina, provi questo, credo che le starebbe ancora meglio.”
Fece quello che le aveva detto, e si guardò allo specchio rimanendo a bocca aperta. Era proprio lei?
Il vestito era formato da diversi strati impalpabili di seta bianca con dei motivi floreali di ciliegio. A livello della vita c’era una specie di sottile cintura di un leggero color nocciola. Il bustino era leggero, con il reggiseno cucito all’interno che le sosteneva il seno e non c’erano spalline.
“Signorina, provi queste scarpe.” Erano delle Decoltè con un tacco medio, un sottile laccetto a tenere ferma la caviglia e la punta aperta, di un delicato colore bianco.*
“Mi servirà un numero più piccolo.”
Quando la commessa le portò le scarpe giuste, lei uscì. I capelli li aveva lasciati liberi di scendere, come se volesse coprirsi: lei non si era mai messa vestiti così vistosi. Davanti a lei c’era la commessa radiosa, come se fosse una mamma che manda la figlia al ballo scolastico, e Jared che la guardava come se non l’avesse mai vista prima. E stranamente a bocca aperta.
“Voilà, c’est magnifique.”
“Che dici Jared?”
“Non ho parole. Lo prendiamo.”
“Jared non posso permettermelo.” Fece Zoe a bassa voce. Aveva visto il cartellino e quel mezzo chilo di stoffa valeva più del suo stipendio mensile. E non voleva sapere quanto potevano costare le scarpe
Lui le si avvicinò, le mise le mani sulle spalle e le spostò i capelli. Il tocco delle sue dita sulla pelle la fece rabbrividire.
“È un regalo da parte nostra.” Poi le si avvicinò all’orecchio, mentre la commessa li guardava invidiandola parecchio “Non vedo l’ora di togliertelo però.” Lei arrossì e andò a cambiarsi di corsa, tornando con i suoi vestiti di tutti i giorni, Jeans e maglietta dei Mars.
Tornati in strada, Zoe si accorse di come Jared la guardava: la voleva li e subito. Era il chiaro sguardo da letto. Provò un brivido di aspettativa. Scosse il capo e li seguù dentro una pasticceria, dove ebbe la folle voglia di mangiarsi tutto.
“Amo questa città.” Disse Jared bevendo un the freddo.
“Lo sa tutto il mondo Jared.” Fece lei addentando un bignè carico di crema deliziosa.
“Non ci posso fare niente, è la città più bella del mondo.”
 
Zoe aveva soltanto voglia di chiudersi in un posto fresco. Quattordici agosto in città non era il massimo per lei, dato che di solito lo passava in spiaggia ad abbronzarsi o a cazzeggiare con le sue amiche. Di certo non camminare per le vie torride. Jared sembrava non sentire il caldo, vestito in maniera piuttosto anonima rispetto al suo solito: pantaloni neri a sigaretta, T-shirt con lo scollo a V che faceva intravedere l’ultimo dei suoi tatuaggi sulla scapola che la faceva andare fuori di testa ogni singola notte, i capelli ormai lungi tirati indietro, forse l’unico segno distintivo del caldo, e la leggera barba che stava crescendo. Immancabili Rayban e infradito che stonavano da morire. 
E con quel sorriso che avrebbe sciolto un iceberg. Quello la scioglieva più di tutto: più delle mani, più della sua voce roca che le sussurrava nell’orecchio, più della sua bocca che la marchiava. Un semplice sorriso di un uomo che, oltretutto, lo faceva sembrare un ragazzino.
Lo odiava e lo invidiava per quello.
Si vide riflessa in una vetrina e si domandò per l’ennesima volta come aveva potuto cedere e mettersi il vestito di Dior che le avevano regalato Shannon e Jared qualche mese prima. Si vedeva completamente diversa da ciò che lei era in realtà e stranamente non si piaceva. Cioè, si vedeva più bella di quello che era sempre stata, un po’ anche grazie alle cure a volte maniacali che le imponeva Emma, che di invecchiamento precoce da lavoro ne sapeva parecchio, ma falsa. E il fatto che Jared la guardasse come se fosse un bocconcino da mangiare la metteva ancora più a disagio.
Davanti a Notre Dame, bellissima ed elegante, decise di sedersi su una panchina. Non ce la faceva più.
“Caldo?”
“No, guarda, sembra di stare al Polo nord.”
“Ti stanno venendo che sei acida?” Lei non rispose.
Non le stava venendo il ciclo, semplicemente si stata sentendo soffocare. Lui aveva scelto di andare li senza neanche chiederle se avesse voluto seguirlo. Lui le ordinava di vestirsi in una determinata maniera, lui le ordinava di andare in giro per la città.
Sospirò: sapeva che stava comportandosi come una bambina capricciosa, in fondo era con uno degli uomini più desiderati del pianeta, viziata, nei limiti di quanto lei concedeva, ed era in una delle città più belle del mondo.
Lei non amava moltissimo Parigi: oggettivamente sapeva che era bellissima, ma aveva un qualcosa di altero che la indisponeva. Era fredda, a volte si sentiva sperduta, come non lo era stata neanche nei paesi dell’estremo Oriente. O forse, e lo sapeva bene, era il suo amore per l’Italia a farle vedere la Francia con un occhio critico. Comunque non capiva perchè Jared l’amasse così. Forse per le sue antiche origini francesi? Era inutile chiederselo, lui l’adorava, solo questo contava.
“Scusa, ho caldo e sono stanca. E camminare con i tacchi non mi aiuta.” Jared si sedette vicino a lei, portando un braccio dietro alle sue spalle, mentre allungava le gambe davanti a se, e la fece appoggiare a lui, baciandole la testa. “Jay, siamo in un luogo pubblico.”
“E allora?”
“Pensa ai paparazzi.” Lui rise.
“E allora? Non me ne è mai fregato molto dei paparazzi, basta far finta che non esistano.” Poi con uno scatto si alzo, la prese per mano e la tirò verso di se, cingendole la vita con il braccio libero. “Ho fame, andiamo a mangiare qualcosa. Poi stasera la voglio passare in camera, o visto il caldo, in doccia.” Zoe scosse la testa ridacchiando, ma si lasciò trasportare fra le frotte di turisti, assaporando la mano dell’uomo nella sua. Come sempre aveva deciso lui. Sta cosa stava diventando fastidiosa.
Mentre lui parlava di tutto e di nulla, lei pensò che era arrivato il momento di dirgli tutto. Non poteva posticipare per paura una cosa del genere, anche perchè Jared non si meritava una cosa del gnere. Si, quella sera gli avrebbe detto tutto.
Si sedettero sulla terrazzina di un piccolo bistrot che dava sulla senna. I pesanti battelli scivolavano placidi nell’acqua e si era anche alzata una leggerissima brezza che rendeva l’atmosfera migliore.
Ordinarono una Ratatouille e Zoe perse mezz’ora a ridacchiare pensando al film della Disney e cercando di spiegare a Jared perchè la cosa fosse così buffa. Era evidente che lui non apprezzava i cartoni animati. Si rammaricò parecchio, poi pensò che tanto non era un problema suo ormai.
Jared la fissava mentre masticava lentamente la ratatouille con un po’ di baguette. Sembrava finalmente rilassata: aveva notato che tutto il giorno era stata piuttosto nervosa, come se ci fosse qualcosa che non andava. Eppure la notte era passata normale, tra giochi e una bella dormita. Poi quando l’aveva portata fuori, ecco che si era come... raffreddata? No, non era vero, gli aveva parlato tranquillamente e non si era mai tirata indietro per eventuali baci ed effusioni, però non partivano mai da lei. Anche questo era normale, pensò Jared, lei si faceva molti problemi su essere vista con lui perchè non aveva voglia delle rotture delle altre fans.
Eppure... eppure sentiva che era nervosa per qualche cosa. Da un po’ di tempo a quella parte riceveva parecchie telefonate da Los Angeles e non solo da sua madre, ma soprattutto da quella fantomatica Maggie. Parlavano per qualche minuto e Zoe diventava muta per un bel po’, cosa che lo infastidiva da matti. Lui voleva sapere tutto di lei.
Si godette un sorso di acqua fresca.
La cena era scivolata tranquilla e Zoe attendeva famelica una crepes per concludere degnamente la cena.
Era arrivato il momento. Mise la mano in tasca facendo scivolare tra le dita quel piccolo regalo che le aveva preso senza essere visto: era un braccialetto di assoluta bigiotteria, valore reale pari a zero, ma lei l’aveva osservato e se l’era pure provato. Poi aveva scelto di andare avanti, altrimenti avrebbe saccheggiato tutte le bancarelle che avevano attraversato. Era sottile, argentato e con delle pietruzze rosse. Perfetto per lei.
“Jared, devo dirti una cosa.”
“Anche io in effetti ed è piuttosto importante.”
Zoe annuì, ringraziò il cameriere che le aveva portato il dolce e sorrise a lui che perse un attimo il contatto con la realtà. Cazzo, l’amava. E pure di brutto. La consapevolezza di questo lo aveva fatto vacillare in uno dei momenti peggiori, cioè durante uno dei concerti di quei giorni. Stava cantando Hurricane, chitarra acustica e niente altro, quando alla domanda di “Do you really want me?” aveva rischiato di dirle “Si, ti voglio.” Quando si era reso conto della cosa si era fatto un buon esamino di coscienza e, nonostante una parte di lui continuava a ripetere che lui non si innamorava più, che in realtà provava per Zoe solo un semplice affetto e tanta voglia di sesso, si era compreso. E questa consapevolezza lo stava portando li: era il momento di dirglielo, perchè una cosa così bella andava condivisa. Quindi prima lo avrebbe detto a Zoe, poi a Shannon e poi al resto del mondo. Voleva che tutti sapessero che era felice.
“Allora.”
“Quindi.” Erano partiti assieme.
“Senti Jared, inizio io stavolta, altrimenti poi non ci riesco più.” Lui alzò un sopracciclio curioso, ma accettò di buon grado, in fondo così avrebbero finito la serata al meglio.
“Dimmi tutto.”
“Ok, innanzi tutto volevo ringraziarti per i mesi passati insieme al tour. Brian** mi ha detto che sei stato tu a dirgli di prolungarmi il contratto con il The hive, quindi, Grazie Jay.” Lui si limitò ad annuire, non capendo dove stava andando a parare. “Mi sono trovata benissimo con voi. Non è stato semplice gestirvi e gestire quelle Echelon folli in tutto il mondo, ma di certo è stato particolare e non lo dimenticherò mai, ma è ora che io vada avanti.”  Lei deglutì, ormai certa di avere tutta la sua attenzione, non doveva dargli il tempo di dire nulla. Dal canto suo Jared Aveva il cervello azzerato. Cosa gli stava dicendo? “Rimarrò con voi fino alle prime date di settembre, ho già parlato con Brian e per il resto del tour ci sarà un’altra persona ad aiutare Sarah.”
“E tu?”
“Io torno a casa. Ho un lavoro nuovo che mi aspetta.” Sperò che Jared dicesse qualcosa, ma sembrava ammutolito “Tornerò ad insegnare a scuola.”
“Come? Cioè tu mi lasci per andare a fare la maestra?” Jared pensò che se lei le avesse chiesto di andare in hotel, non sarebbe riuscito a camminare.
“Non è una questione di lasciarti, ma semplicemente di vivere la mia vita. I 30 Seconds to Mars rimarranno per sempre con me e per quanto io possa contare, io rimarrò parte di voi.”
“Io pensavo che tu volessi rimanere ancora con m.. noi. Che ti piacesse.”  Lei sorrise.
“A me piace un sacco il tour e sono sicura che mi mancherà tantissimo non essere con voi alle prossime date, ma ho trent’anni e devo farmi una vita mia. Non posso vivere la vostra vita. Anzi, non posso vivere la tua. Sei un uomo incredibile, ma alla lunga è sfibrante. Guarda Emma come è distrutta. Io non posso vivere così, ho bisogno di stare ferma in un posto solo, di farmi una casa. Forse di mettere su una famiglia, girando il mondo con i Mars non posso farlo. “
Jared Deglutì pesantemente solo aria. Aveva la bocca secca e gli girava la testa.
“La maestra?”
“La Professoressa, in realtà. La mia amica Maggie è la preside di una scuola privata, un liceo molto importante e quando si è ritrovata senza insegnante di storia mi ha pensato e chiamato. All’inizio ammetto che non ero molto convinta di essere all’altezza, ma... insomma, una deve provare no?”
“Quindi resti fino a settembre.” Sussurrò Jared.
“Sì. Fino a quando scade il contratto. Semplicemente non lo rinnovo. Non mi sembri molto felice di questa mia scelta.”
“Non lo sono, cioè, ti capisco, ma mi trovo bene con te e l’idea di dover aver a che fare con una che non conosco, non mi fa piacere.”
“Lo so, lo capisco, ma la scuola inizia a settembre, non posso posticipare i corsi per me, no?” Zoe vide un qualcosa di strano, un dolore profondo negli occhi grigi dell’uomo nei quali si stava agitando qualcosa di incredibile. Sembrava... triste. No, neanche triste, era distrutto. “È il mio sogno Jared. Mi aspettavo che tu capissi più degli altri cosa significa seguire i propri sogni e lottare per essi.”
Sembrava sull’orlo di una crisi di nervi e quindi lui le prese la mano e tentò un sorriso per tranquillizzarla.
“Hai fatto benissimo.” Come se ci credesse sul serio. “Parliamo della tua vita e io sono fiero di te.” Le baciò la mano e sentì chiaramente il suo cuore che si spezzava, di nuovo. Almeno questa volta per un motivo degno. Voleva piangere, sentiva le prime lacrime premere, ma non poteva farlo davanti a lei.
“Hai voglia se torniamo indietro?”
“Sì, volentieri. Queste scarpe mi stanno uccidendo.”
Presero la strada verso l’hotel: Zoe aveva capito che Jared era decisamente scosso, continuava ad aprire e chiudere il pugno e guardava avanti senza vedere nulla. Non credeva che la sua scelta lo facesse incazzare in quella maniera. Gli prese una mano, stringendogliela, mentre lui sorrideva e sospirava.
“Anche tu dovevi dirmi qualcosa o sbaglio?”
“Ah sì, ma non è niente di importante.”
“Dai dimmelo.”
“Ma niente, volevo solo dirti che...” poteva dirglielo sul serio? No, lei lo stava lasciando. No, in realtà stava lasciando la band, non lui. Lei non lo amava, almeno non lo amava quanto l’amava lui. Si maledisse da solo: si stava buttando sul patetico e non voleva. Sarebbe andato avanti e si sarebbe goduto quegli ultimi giorni con lei. Al massimo, senza rimpianti. “... che domani ho prenotato per andare al Louvre, quindi sveglia presto, ok?”
“Va benissimo.”
“E adesso andiamo, che è venuto il momento di togliertelo sul serio quel vestito.”
 
 
*Il vestito l’ho preso da qui http://moda.pourfemme.it/img/alba_jessica_dior-hc.jpg
**Brian è, secondo la Board, uno delle tre menti principali del The Hive
   
 
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