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Autore: Nerween    14/07/2011    1 recensioni
"La conferma che quella che era la pazzia, il vero sogno della mia vita. Quello che mi stavo immaginando, quello che avrei vissuto… oh, era di gran lunga più di quanto avessi desiderato, molto più grande di quell’incontro che adesso mi sembrava piccolo e insignificante.
Deglutii prima di porre la domanda.
«Di che tour si tratta?»
Lanciai un fugace sguardo a Kevin e vidi che mi sorrideva.
Turner mi guardò e mi parlò fiero «Ovviamente si tratta del Beautiful World Tour, dei Take That.»" [dal Cap. 6]
***
"«Quanto siete eccitati, su una scala da 1 a 10?»
«Non sapevo fossi specializzata in domande idiote, Fabiana» mi rispose Mark. Gli feci una linguaccia e lui ridacchiò.
«Dai Mark, come sei scortese» lo rimproverò Gary.
«Tu trabocchi d’emozione, vero Mr. Barlow?» lo stuzzicò Mark.
Gaz lo fissò con un sorriso di sfida, mentre Mark gli si avvicinava e gli palpava il sedere «Te la faccio vedere io l’emozione.»" [dal cap. 13]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 16 – Pieces of Heaven.
Se c’è una cosa di cui Christal mi ha sempre rimproverato – tra i miei infiniti difetti – è il fatto di pensare poco a me stessa. E questo comporta anche le mie scelte lavorative.
Il mio mestiere, ad esempio. Faccio la fotografa, riprendo altre persone. Lascio che ci siano altri ad essere su quella pellicola, che non sia io ad essere osservata da un obbiettivo. Non sono io al centro del palco.
Certe volte mi pare di stare anche dietro le quinte della mia vita. Mi riesce facilmente, è come se mi appartassi costantemente dietro un mirino della macchina fotografica, e che da lì controlassi la mia vita, tenendo tutto sotto controllo da uno schermo, regolando le mie scelte come si può regolare l’apertura di un diaframma.
Dietro il mio essere spontanea a volte si nascondeva una gran fatica.
E stava di fatto che non potevo continuare a paragonare la mia vita sempre e solo ad una macchina fotografica. Questo mio modo di essere non si restringeva solo ai campi del lavoro, ma diciamo che ero così sempre. E ciò veniva dimostrato dal mio modo di approcciarmi alle persone e di comportarmi.
Oh, se ricordo quella sera a Barcellona. Nonostante siano passate già delle settimane, penso che sia stato una di quelle serate che non scorderò mai. Eppure mi sento come se qualcosa non sia giusto, come se su quella panchina vicino a Kevin non dovessi starci io. Semplicemente perché era troppo irreale per me. O troppo… magnifico.
Ho passato la mia esistenza a dirmi che non dovevo permettermi di volare con la fantasia. A quindici anni mi dicevo che non avevo l’età per pensare ai ragazzi. Ora che di anni ne ho trenta mi dico che non devo sbilanciarmi troppo, perché da adulti è tutto più difficile.
Certe volte ho l’impressione di non esser mai cresciuta, altre volte vorrei solo che fosse vero.
Mi guardo a distanza di troppi anni e non vedo che sempre la solita Fabiana. Non sono cambiata di una virgola, sono sempre la solita, solare, contenuta ragazza. A volte vorrei essere diversa.
Sono passate settimane da quella sera. In queste settimane è successo più di quanto sia accaduto nei mesi precedenti.
C’è stato il tour in Italia, la mia fedele patria da cui scappai tempo fa. Mi sono impossessata di un pomeriggio libero e sono andata dai miei genitori.
Hanno detto che mi hanno trovata molto cambiata, ma forse lo sono solo ai loro occhi. Non mi vedevano da una vita e nessuno di noi si è mai reso realmente conto di quanto il tempo passi. Io sono cresciuta, loro invecchiati. E’ stato quasi strano tornare a parlare italiano, ma se c’è una cosa di cui non mi è per nulla dispiaciuto è stato tornare a mangiare cibo decente per qualche giorno. Decisamente una boccata d’aria per il mio corpo, ormai abituato ai pasti inglesi.
Mia madre ha detto che questo tour è stato una benedizione.
«Sempre attaccata alla tua Inghilterra, se non fosse stato per questi concerti nemmeno saresti venuta a fare un salto da noi» mi ha detto. Non ho avuto nulla da obiettare.
E così ho lasciato di nuovo il mio stivale tricolore, promettendo ai miei che sarei tornata a trovarli. Non so nemmeno se manterrò la promessa.
Il concerto di Vienna è stato un semi-disastro. Un polmone di Howard è collassato durante l’esibizione di Sure. Ma nonostante ciò ha continuato fino alla fine, poi è stato portato di corsa all’ospedale, creando il disappunto delle fan che avevano comprato il biglietto per le date seguenti. Ma Howard non è stato totalmente assente: ogni tanto spuntava sul palco per qualche siparietto divertente, come vestirsi da infiermiera o altre cazzate che al pubblico piacciono tanto. Anche se la sua mancanza si sentiva tanto sul palco. Per alcune era già difficile vederli in quattro, figuriamoci in tre.
Comunque, ha trovato il modo di rendersi utile anche da infortunato. Ho passato molto più tempo con lui in questo periodo che prima, dato che si è dedicato anche lui alle riprese supplementari. Ho avuto modo di conoscerlo più a fondo. E’ adorabile, divertente, forse davvero molto riservato ma con una come me è difficile stare in silenzio. Era dolcissimo guardarlo mentre a telefono rassicurava sua figlia Grace dicendo che “papà sta meglio e ti vuole tanto bene”.
Ma mentre vedevo armonia tra gli altri, percepivo la depressione crescente di Mark. Si capiva dal numero di pacchetti di sigarette che consumava al giorno, decisamente troppi per i suoi normali standard. E pensavo di sapere il perché della sua inquietudine, anche se non ne trovavo il senso: presto sarebbe arrivata sua moglie con suo figlio. Ha cominciato a comportarsi in modo strano da quando ha ricevuto la chiamata di Emma. Sinceramente non sapevo cosa pensare, a mio parere Mark non era una persona che si lasciava influenzare da una donna, per lo più non era nemmeno sua moglie. C’è stato un momento in cui pensavo che l’unica cosa che li tenesse legati fosse il loro figlio Elwood.
«Non è così, ci tengo a lei» mi ha detto lo stesso Mark, una sera di quelle. Eravamo da soli sul terrazzo dell’Hotel, lui ovviamente a finire la sua sigaretta ed io… be’, oltre che a prendere una boccata d’aria, ad impicciarmi dei suoi affari. Avevo avuto lo sfrontato coraggio di chiedergli se avesse problemi con Emma, perché lo vedevo demoralizzato.
«E’ lo stress da star. Fare questo mestiere ti uccide, mi servirebbe seriamente un altro bagno nel ghiaccio» ha continuato.
«Devi essere davvero disperato per desiderarlo davvero.»
«Una volta che sei entrata lì dentro ti senti in paradiso, perdi completamente la sensibilità del tuo corpo.»
«Allora è così il paradiso?» gli chiesi, osservando il cielo.
«Non lo so…» sussurrò espellendo altro fumo «Non ci sono mai stato.»
Mi portai le ginocchia al petto e mi strinsi del mio giubotto «Una volta ho ascoltato una canzone che parlava del Paradiso» gli dissi «E parlava delle difficoltà, delle persone che cambiano o che rimangono le stesse.»
Abbassò il viso e ridacchiò tra sé «E cos’altro diceva questa canzone?»
«Che facciamo di tutto per risolvere queste difficoltà. E quando non ce la facciamo…» gli tolsi la sigaretta dalla bocca «… abbiamo bisogno di respirare e cercare ancora pezzi di Paradiso
«Ehi!» brontolò per la sigaretta «Dai, ho finito il pacchetto!»
«Era ora.»
Mi fulminò con lo sguardo e scoppiammo a ridere.
«Sei la persona più saggia che abbia mai conosciuto, sul serio.»
Scossi la testa, «Ti ho solo ricordato le tue stesse parole.»
Mi alzai, faceva davvero freddo. E avevo bisogno di dormire come non facevo da tempo. Troppo tormentata da quello che mi accadeva, abituata ad una monotona vita. A volte avevo bisogno di una spalla amica, a volte solo di prender sonno.
«Vieni dentro?» gli chiesi mettendogli una mano sulla spalla.
«No, resto ancora un po’ qui» rispose.
«Tanto non c’è pericolo che ricominci a fumare, almeno finchè non rientri» dissi scherzando e allontanandomi «’Notte, Mark.»
«Fabiana?» mi chiamò, quando ero già a qualche passo da lui. Mi fermai ad ascoltarlo.
«Non scherzavo quando dicevo che sei la persona più saggia che abbia mai conosciuto. Hai… lo strano potere di smuovere l’animo delle persone.»
Disse tutto ciò tormentandosi le mani. Lo capivo anche se era girato di spalle dal mio punto di vista.
«Mark, non so cosa ti passi per la mente, né tantomeno quali siano i problemi con Emma» gli dissi, seria, «Ma ti chiedo solo di far diventare le parole delle tue canzoni realtà, e che non restino su un cd.»
Annuì e gli augurai di nuovo una buona notte, anche se ne avevo il suo stesso bisogno.
Era in quei momenti in cui mi scoprivo terribilmente simile a Mark. Forse era questo il fattore forte della nostra amicizia, quel rapporto che andava oltre l’essere star e fan. Riuscivo a sentirmi a mio agio solo con lui, al suo stesso livello. E trovavo io stessa sorprendente il fatto che lui fosse l’uomo bisognoso ed io la fatina che dispensava consigli.
Chiusi la porta della mia camera d’albergo alle spalle e mi stesi sul letto.
Altre volte, invece, volevo solo che qualcuno consigliasse a me cosa fare.


Mi svegliai di soprassalto sentendo dei rumori alla porta. E delle voci.
«Fabiana! Maledizione, svegliati!»
«Secondo me è scappata.»
«Ma non dire stupidaggini, da cosa dovrebbe scappare?»
«Non lo so, ma non è mai stata in ritardo, anzi era sempre la prima a svegliarsi!»
Mi alzai dal letto facendo forza sulle braccia e andai alla porta, riconoscendo la voce dei miei colleghi. Erano stupidi o cosa? Nemmeno il mio inconscio nel dormiveglia faceva discorsi così insensati.
Aprii la porta e me li trovai davanti già vestiti e dall’aria preoccupata.
«… e non avete mai pensato che forse non dormivo affatto, per essere sempre puntuale?» mormorai con la voce impastata dal sonno.
«Hai scelto il giorno sbagliato per svegliarti tardi, baby» disse Chad «E Cristo, sei ancora in pigiama!»
«Mai visto una donna in pigiama?» chiesi irritata «Che ore sono?»
«Le dieci. E tra un’ora abbiamo l’aereo» mi informò Kevin.
Sbarrai gli occhi «Oh merdaccia!» Chiusi la porta con un gesto improvviso e nel farlo colpii il naso di Kevin, che imprecò da lì fuori.
«Scusa!» gli urlai mentre cercavo qualcosa da mettere.
«Serve una mano?» mi chiese.
«Magari due, ho ancora da fare la valigia!» dissi prendendo cose a caso e mettendole in valigia.
«Noi intanto andiamo dagli altri» disse Chad con voce maliziosa. Inappropriata, direi.
Kevin entrò in camera e mi bloccò le mani.
«Vai a farti una doccia, qui ci penso io» disse, guardando il caos della mia camera «Sei più disordinata di dieci adolescenti.»
Sospirai di sollievo e presi un’asciugamano «Grazie, sei un angelo.»
Mi rifugiai nella minuscola doccia del bagno, cercando di insaponarmi velocemente. Ma il getto d’aria calda era troppo rilassante.
«Cosa è successo, fatto le ore piccole?» mi chiese Kevin dalla stanza.
«Direi di no, anzi, non ho mai dormito così bene» gli confessai «Di solito da qualche tempo non dormo mai molto.»
Restò un attimo in silenzio, si sentiva solo il rumore della doccia.
«Nemmeno io, a dir la verità.­»
Avevo il sospetto che la nostra insonnia fosse dovuta ad un motivo comune.


Giungemmo tutti all’aeroporto di Berlino tranne Howard, che a causa del suo infortunio non poteva volare e ci avrebbe raggiunti a destinazione in treno. Poveraccio, non se la passava bene, ma si stava riprendendo pian piano. Contava di star bene almeno per il ritorno in Inghilterra.
E così arrivò il fatidico momento. Vedevo Mark sfregarsi le mani dall’emozione, non so se era per l’impazienza di vedere suo figlio o Emma. Forse entrambi.
Una volta all’aeroporto, vidi la figura di un piccolo ometto correre incontro a Mark, e quest’ultimo che lo prendeva in braccio affettuosamente. Su tutto il cast sembrò scendere una nuvoletta rosa di amore e affetto che addolcì tutti. I più si avvicinarono ai due per coccolare il piccolo Elwood. Quando finalmente ebbi l’occasione di vederlo da vicino, lo trovai terribilmente simile al padre. A parte per i capelli, rossi come quelli della madre.
Una madre che non tardò ad arrivare. Emma stava raggiungendo il marito con il fiatone e sventolando una mano lo chiamava.
Mi allontanai quasi subito dal gruppo e mi fiondai al fianco di Kevin, sul quale la nuvoletta di dolcezza non aveva avuto alcun effetto. Tanto meglio.
«Tipregodimmichenonstavenendodaquestaparte» sussurrai meccanicamente a Kevin, mentre vedevo che Mark faceva fare la conoscenza a tutti della sua adorabile donna.
Kevin ridacchiò di gusto.
«Non mi sei d’aiuto» borbottai tra i denti.
Mentre mi giravo di spalle per far finta di controllare che la mia valigia fosse lì accanto a me, sentii la voce di Mark che mi chiamava.
Oddio. Calma. Non hai niente da temere. Devi solo stringerle la mano e sorridere.
La mia irrequietudine non aveva alcun senso. La sera prima parlavo liberamente di Emma con Mark, quest’improvvisa antipatia non aveva ne capo ne coda.
Ma quando mio malgrado mi voltai, mi rassegnai all’idea che fosse sempre esistita, quell’antipatia.
«Fabiana, vorrei presentarti Emma.»
Mostrai alla donna di fronte a me il sorriso più ampio e finto che potessi avere. Le strinsi la mano recitando un «Piaceeeere» un po’ troppo pronunciato.
Ricambiò il sorriso e capii che l’avrei odiata per sempre anche se non ne avevo motivo.
Era pur sempre la donna di Mark Owen, non era una ragione sufficiente?
«Ebbene finalmente ti conosco, Mark mi parla molto di te» buttai lì, mentre lasciavo con piacere la presa della sua mano.
Rimase interdetta.
«Be’ sai, tra una chiacchierata e l’altra…» feci la vaga «Parliamo molto spesso noi, vero Mark?»
«Diciamo che è impossibile non parlare con te» affermò lui ridendo.
Il sorriso di Emma l’aveva ormai abbandonata da tempo.
«Sono certa che saremo ottime amiche» le dissi. Scambiai un ultimo sguardo di saluto e tornai da Kevin, che intanto mi guardava sorridendo e scuotendo la testa.
«Sei orribilmente sadica, non conoscevo questo tuo lato.»
«Evidentemente non sei l’unico che sorprende gli altri.»
«… ma devo ammettere che mi piace la tua parte cattiva» terminò il discorso che avevo bloccato «Ha qualcosa di affascinante.»
«Oh. Vorrà dire che da oggi in poi sarò sempre così. Almeno ti piacerò di più, no?»
Strinse le labbra nel tentativo di nascondere un sorriso enorme.
Si allontanò per salire sull’aereo già pronto. «Non occorre» lo sentii dire.
Abbassai lo sguardo giusto per non far vedere le mie gote tremendamente arrossite e sorrisi guardandomi i piedi.
La nuvoletta rosa di amore era arrivata anche su di me.
Penso di aver trovato il mio pezzo di paradiso.








Oh
. Oh chi si rivede!
Stupiti eh? Tranquilli, non mi sono mica velocizzata a scrivere i capitoli, semplicemente domani parto e volevo postarvi questo, così ci vediamo direttamente tra due settimane per il prossimo aggiornamento (:  Però porterò il pc, quindi un salto su EFP per rispondere alle recensioni lo farò.
Oh God, so che qualcuno non leggerà questo capitolo perchè ancora sotto shock per il concerto (a cui NON SONO POTUTA ANDARE PERCHE' LA VITA è INFAME). Spero vi siate divertite, e sappiate che provo per voi la stessa invidia che Fabiana prova per Emma. Tanto affetto però dai <3
Dunque, un po' di chiarimenti. Come sappiamo Mark mesi fa ha dichiarato di aver tradito la moglie e bla bla bla. In questo capitolo si vede Mark in uno dei suoi momenti depressi, in quanto è confuso sulla sua relazione con Emma (un uomo che tradisce la moglie per dieci anni di certo non ha le idee chiare, ma a noi non importa, perchè è il nostro Owen e gli perdoneremo sempre tutto <3). Quindi mi piaceva l'idea di un discorso di Fabiana, anche se non servirà a niente in realtà u.u
Detto questo, vi lascio. Auguratemi buone vacanze (sole, mare, sabbia... ma chi me lo fa fare, non ci voglio andare io! ç_ç) e sperate che l'aria di mare, oltre a giovarmi alla salute, mi porti ispirazione.
Adieu! :3
   
 
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