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Autore: Social Pathology    14/07/2011    1 recensioni
Questa one-shot è dedicata a tutti coloro che come me hanno pensato che Harry Potter e i Doni della morte parte 2 abbia lasciato poco spazio al ricordo di Fred, Remus e Tonks.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Neville Paciock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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“Dimmi Harry.. anche se Lord Voldemort è stato sconfitto.. come farai ad andare avanti?”

Tra mura crollate, distrutte da schiantesimi, e le macerie della scuola di Hogwarts, dopo ore dalla battaglia finale, si cercava ancora di rianimare e curare i feriti o, nel peggiore dei casi, di raccogliere e salutare gli amici ed i parenti che erano caduti durante la battaglia. Una strana sensazione di gioia mista a disperazione era insita in tutti. Il Signore Oscuro era stato sconfitto, Harry non era morto, finalmente un nuovo futuro luminoso si apriva dinnanzi ai maghi di tutto il mondo. Ma nonostante ciò, molte persone erano morte durante la battaglia, cosa che rendeva quasi irrispettoso gioire per la vittoria.

Una ragazza sedeva tra i resti di quella che fino a qualche ora prima era la maestosa scala che permetteva agli studenti di Hogwarts di entrare nella scuola. Le gambe strette al proprio corpo, cinte dalle braccia, con il capo chino sulle ginocchia, la ragazza era raggomitolata su stessa ripensando alle parole che poco prima aveva pronunciato di fronte ad un Harry Potter sorridente. Si sentiva in colpa, ma non del tutto. Dentro di sé sentiva ancora uno strano calore che le avvampava le mani e che aveva aumentato la circolazione in prossimità del cervello. Era arrabbiata, era ferita. Sentiva di provare un odio profondo verso quelle persone che gioivano per la morte di Lord Voldemort anziché piangere per le persone decedute.

“Dimmi Harry.. come puoi essere felice? Sei un assassino.”

Si sentiva esiliata, ma sentiva anche che era quello il suo posto. Dopo aver urlato quelle parole davanti all’ormai eroe Harry Potter, davanti a tutta la scuola, era fuggita via e si era rifugiata sui gradini distrutti. Colpevole e giudice giusto al tempo stesso. In lei vi erano due personalità opposte che si rafforzavano e contraddicevano a vicenda. L’una la criticava per le parole appena pronunciate. L’altra si complimentava con se stessa per essere stata l’unica che era riuscita a cogliere la realtà dei fatti. Tuttavia la prima si sentiva in colpa, perché il suo atteggiamento la portava a oltraggiare le persone che erano morte e la seconda perché aveva riversato contro Harry parole d’odio dopo che egli per anni ed anni era stato l’unico perseguitato del Signore oscuro e si era caricato sulle proprie spalle un possente peso.

Se ne stava seduta fuori dalla scuola, a pensare tra sé e sé, quando un ragazzo magro, ferito e sporco le si avvicinò. Impulsivamente si alzò e lentamente, per non sembrare una codarda, cominciò a scappare. Prima o poi doveva pagare per le parole che aveva avuto il coraggio di pronunciare davanti a tutti e stava per iniziare, ne era certa, quel ragazzo doveva essere solo il primo di tanti che voleva riferirle dove aveva sbagliato. Mentre camminava tra la cenere e le pietre, zoppicando a causa delle ferite di guerra, il ragazzo l’afferrò per il braccio.

“Vattene via! Siete degli stupidi! Irrispettosi delle persone che hanno combattuto qui oggi, che sono cadute e che nessuno si impegna a ricordare!” Ancora una volta la sua anima si divise in due, tra due voci, una che la criticava per ciò che diceva e l’altra che la rafforzava per ciò che aveva il coraggio di affermare. Cercò si sfuggire dalla presa, ma il ragazzo non mollava.

“Hai ragione..” Due parole pronunciate con una voce gentile e sconsolata arrestarono gli inutili fremiti della ragazza. Allora il ragazzo lasciò andare il suo polso, si mise le mani nelle tasche dei pantaloni e abbassò il capo. “Posso sapere come ti chiami?”

La ragazza Serpeverde non capiva. Forse era solo una pretesto per condurla nella scuola dove sarebbe stata la vittima perfetta da immolare, contro cui scagliare le ultime parole di odio prima di iniziare i veri festeggiamenti per la sconfitta di Voldemort. Ma quando si voltò e vide il Grifondoro non riuscì a credere che quello era il volto di un imbroglione.

“Io mi chiamo Neville” Disse lui sorridendo.. il primo a lasciar cadere l’arma offrendo un segno di cui l’avversario poteva fidarsi. Ma la Serpeverde ancora non capiva. Dove voleva arrivare? Forse doveva lasciarsi andare al suo gioco per poterlo scoprire. “Jamie.. mi chiamo Jamie”

“Diminutivo di Jasmine?” chiese il ragazzo sedendosi sui pochi gradini ancora intatti. Era evidente che non voleva lasciare cadere la conversazione. Doveva essere ferito in più punti, anche in maniera grave da come si muoveva e dall’espressione che assunse il suo volto quando si piegò per potersi lasciare andare pesantemente sul pavimento. Ma nonostante questo cercava sempre di mantenere il sorriso.

“Si..” rispose la ragazza “ma con la y..” Jamie si limitava a rispondere in maniera concisa a ciò che le veniva chiesto perchè era troppo intenta a riflettere. Tutta quella situazione le sembrava abbastanza assurda, ma poi pensò che di fronte a lei era seduto un Grifondoro. Stupidi Grifondoro.

“Non sei nata in Inghilterra giusto? La tua pelle è più scura.. anche se i tratti del tuo viso non sono tipicamente orientali quindi posso immaginare che uno dei tuoi genitori è comunque inglese..”

Rimase in silenzio. Non aveva intenzione di parlare di se stessa, delle proprie origine. Era ancora abbastanza infuriata e non aveva motivo di dimostrarsi gentile con il proprio interlocutore. Tutta quella conversazione doveva essere una sorta di trappola, non aveva altro modo per spiegarsela. Il Grifondoro percepì la sua ostilità, ma non aveva nessuna intenzione di terminare la conversazione. “Perché non ti siedi?” disse dando qualche colpo sul gradino al suo fianco. Jamie lo guardò ma poi si diresse dal lato opposto e si sedette su quello che doveva essere un pezzo di colonna ormai ridotto a meno di 3 metri d’altezza e 2 di diametro. A che gioco stava giocando il Grifone?

“Mh” sospirò Neville “A quanto pare la mia faccia mezza sfigurata non ti garba molto. Non posso di certo biasimarti..” Ma la Serpeverde non gli permise di continuare il suo discorsetto.. “Senti.. ero venuta qui per stare da sola, quindi se non ti dispiace vorrei che te ne andassi.” Neville tirò le labbra verso il lato destro, in un’espressione di rassegnazione, si passò una mano tra i capelli facendo cadere la cenere e poi si guardò alle sue spalle, verso la porta spalancata all’interno della quale c’era un grande movimento. “Pensi che la gente ti odi per quello che hai detto?” disse indifferente alla richiesta di Jamie “Pensi che Harry si stia affliggendo per le parole che gli hai rivolto? Oppure pensi che qualcuno provi pena per te?”

La ragazza indietreggiò involontariamente e mentre lo faceva si chiese addirittura il perché. Aveva colpito nel segno? O cominciava a chiedersi se qualcuno aveva interpretato le sue parole con pena? Le parole di una ragazza che aveva perso i suoi più cari amici e che quindi non era in grado di vedere la parte positiva della situazione. Una ragazza che sapeva solamente arrabbiarsi ed urlare. La rabbia la pervase ed i suoi occhi divennero folli.

“TU! TU COSA DIAMINE VORRESTI SAPERE DI ME?!? COME TI PERMETTI DI GIUDICARMI IN QUESTO MODO? IO.. IO NON TI PERMETTO..” fece per allungare la mano sul proprio fianco nel gesto di chi cerca di afferrare la propria bacchetta ma riuscì ad afferrare solo l’aria perché nella sua tasca non c’era nulla. Si guardò l’anca. “Oddio” pensò “Dov’è la mia bacchetta??

“Forse l’hai persa durante la battaglia” disse Neville che aveva capito le intenzioni della ragazza e che in parte si sentiva fortunato per l’accaduto “Volevi uccidermi?” chiese ridendo. L’intenzione di Neville era certamente quella di diminuire la tensione che si era creata, ma sfortunatamente le sue parole riuscirono solamente ad aumentare la furia di Jamie.

“Posso cavarmela anche senza bacchetta!!” urlò la ragazza mentre si scagliava addosso a Neville che allungò le braccia per bloccarla ma che poco riusciva a parare dei suoi colpi a causa delle ferite che aveva addosso e pertanto si limitò a gemere ad ogni colpo che la ragazza gli infieriva.

“Ok, ok.. ti prego basta.. me ne vado.. me ne vado.. mi stai facendo male..” disse afferrando le braccia della ragazza. I colpi di Jamie non erano pesanti, ma su un corpo già martoriato da ferite potevano arrecare molto dolore. Alle parole del Grifondoro la ragazza si arrestò, immobile. Dare qualche pugno l’aveva calmata. Aveva scacciato tutta la rabbia che aveva in corpo lasciando solo la tristezza. Gli occhi folli di odio lentamente si placarono e calde lacrime cominciarono a scendere sulle sue guance. Cercò di ritirare le braccia che al momento erano bloccate dalle mani di Neville senza riuscirci.

“Lasciami andare!” urlò abbattuta “E vattene via per la miseria!”

Neville che si era rannicchiato su se stesso per pararsi dai colpi della Serpeverde aprì gli occhi sentendo una voce bloccata dal pianto. Si sentì in colpa. Non aveva intenzione di farla piangere, anzi voleva confortarla comprendendo il dolore che provava. Rallentò la presa sui polsi senza lasciarla andare. “Jamie.. Jamie..” ma la ragazza tirava con forza per liberarsi.

Non piangere stupida.” Si diceva tra sé e sé. Riusciva solo a pensare che piangendo stava confermando l’idea che la scuola aveva di lei. Era patetica, una ragazza per la quale si doveva solo provare pena. Ma il dolore che aveva dentro era talmente forte che non riusciva a smettere di piangere.

Intanto Neville, dolorante per ogni strattone che la ragazza produceva per liberarsi dalla sua presa, cercava di consolare Jamie. Il dolore che lei provava si insinuava lentamente anche nel suo cuore, ricordandogli la ragione per la quale lui aveva capito la sofferenza che si celava tra le parole di odio che aveva pronunciato dinnanzi a tutta la scuola. “Jamie..” e in uno sforzo che gli fece dolere tutte le ferite che aveva addosso la tirò verso di sé per abbracciarla.

La ragazza cercò di svincolarsi ancora per qualche secondo ma poi si abbandonò tra le braccia del Grifondoro piangendo. Lui la accarezzò delicatamente, permettendole di sfogarsi liberamente. Lei si lasciò andare contro il Grifondoro che per la prima volta cominciò a sentire come un compagno, un amico fedele.

Quando il pianto lasciò spazio ai singhiozzi Neville rallentò la presa intorno al corpo di Jamie e cominciò: “Sai.. i miei genitori sono morti quando io ero solo un bambino. Sono stati uccisi da un Mangiamorte perché non volevano tradire i loro amici. Spesso li ho odiati.. mi dicevo che io dovevo essere più importante. Con quale coraggio un genitore sacrifica se stesso quando sa che così facendo renderà suo figlio orfano? E poi ho odiato anche Harry.. tantissimo.. i miei genitori si sono sacrificati anche per lui. Quanto l’ho odiato..” rimase in silenzio per qualche secondo, riflettendo sulla gravità delle parole che stava pronunciando. Era evidente che si trattava di un discorso che non aveva mai avuto il coraggio di pronunciare, ma di cui ora, per la prima volta, sentiva la necessità di comunicare a qualcuno. “Ho odiato molte persone che hanno intrapreso questa battaglia sin dall’inizio.. che si sentivano degli eroi solo per il fatto di riuscire a pronunciare il nome di Voldemort.. questo perché loro non ne sapevano nulla di cosa significava crescere senza i propri genitori.. ma sai.. Nessuno era nel torto. Le persone che hanno combattuto contro Voldemort non sono degli assassini. Nessuno ha intrapreso questa guerra nel tentativo di vedere uccidere un proprio compagno, un proprio fratello, un proprio genitore.. Solo uno sciocco ha combattuto oggi senza avere paura. Ma la paura, come il dolore per la perdita.. sono cose che bisogna mettere da parte quando hai di fronte un nemico che è il male assoluto. La nostra non è stata una vendetta. Io non ho combattuto per uccidere Voldemort per vendicare i miei genitori. La vendetta scaturisce dall’odio e l’odio può portare solo alla distruzione. Io ho combattuto per il futuro. Un futuro che le vicissitudini non mi hanno permesso di condividere con i miei genitori, con tutti i miei amici.. ma che ora moltissime altre persone avranno la possibilità di vivere.. sereni e felici. Permettere all’odio di sopraffarci è irrispettoso per coloro che hanno combattuto e sono caduti. Significa rendere vano il motivo per cui sono morti e la loro morte stessa. Ma come ti ho già spiegato.. nessuno è nel torto.. neppure tu, neppure io che soffriamo per i nostri amici morti siamo nel torto. Siamo addolorati per la loro perdita.. siamo distrutti perché pensiamo che questa guerra non valeva la perdita delle loro vite.. ma loro, come noi credevamo in qualcosa prima che le loro vite fossero spezzate.. e se adesso potessero apparirci qui davanti sono certo che sacrificherebbero mille volte la loro vita per far si che questa guerra finisca come è finita. Io darei volentieri la mia vita per riportare in vita i miei genitori e i miei amici.. e sicuramente loro soffrirebbero per questo come è giusto che sia.. ma penso che se io sono ancora qui.. se ti sto parlando ora.. c’è un motivo. Non so quanta forza c’è in me.. ma d’ora in avanti voglio diventare una persona di cui i miei genitori ed i miei amici possano essere fieri per non rendere la loro morte un gesto vano.”

Mentre Neville parlava Jamie pianse più volte e così fece lo stesso Neville, ma si fece forza per dire tutto ciò che sentiva e che era sicuro di dover riferire alla compagna che le sedeva in braccio. Il ragazzo continuò ad accarezzarla e a stringerla, infine, dopo che Neville riprese la forza per sorridere e consolarla, insieme si alzarono e mano nella mano varcarono la soglia di Hogwarts.



Angolo dell'autore: Questa one-shot è dedicata a tutti coloro che come me hanno pensato che Harry Potter e i Doni della morte parte 2 abbia lasciato poco spazio al ricordo di Fred, Remus e Tonks. E' una sorta di consolatio scritta da me e dedicata a me stessa.
  
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