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Autore: BigMistake    14/07/2011    1 recensioni
2026 - Il futuro rispecchiato nelle due versioni, il buono ed il malvagio. Eileen è una ragazza particolare che cresce in un ambiente diverso da quello in cui tutti conosciamo dove la magia viene condannata. Il suo destino verrà intrecciato a quello della speciale famiglia Halliwell in due modi diversi. Come i salti temporali hanno cambiato le cose, così la sua vita muterà.
[Ambientata in parte durante la sesta stagione, in parte dopo l'ottava]
Dal primo cap.: Io l'ho amato, ma lui?
No. Forse mi ha amata in un primo momento.
Poi il suo amore si è trasformato in qualcosa di diverso: necessità, morbosità, senso di possessione.
Sono diventata il suo giocattolo, nient’altro. la sua bella finestra nella mente altrui con la mia potente telepatia e la mia capacità di plasmare i sogni.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Chris Halliwell, Wyatt Matthew Halliwell
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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?. September2026

 

Si prova dolore dopo la morte?

Nessuno è mai tornato per dirmelo.

Sarebbe stata una delle cose che voleva insegnarmi.

Come evocare lo spirito di una persona defunta.

Io avrei evocato mia madre solo per poterle dare quel saluto che le avevo negato. Ero persa, non sapevo chi fossi realmente, cosa fossi. La sera prima le avevo urlato contro che l’odiavo, perché non mi aveva mai rivelato la mia natura, e la mattina non le avevo nemmeno augurato il Buongiorno. Non ho pianto quando, a scuola, con davanti un giovane poliziotto dal tatto delicato di un aratro, ho saputo del ritrovamento del suo corpo nel bagno della nostra casa.

Piango raramente, quasi mai. È la mia caratteristica.

Pensai di non esserne capace.

Lei non la vedeva così.

Diceva che io ero piangevo con il cuore, per questo non avevo lacrime a segnare la mia tristezza.

Comunque c’era lei ad averne abbastanza per entrambe, visto che si commuoveva per un nonnulla.

Ci si sente indolenziti per colpa della morte?

Avere piccoli dolori ovunque, sentirsi come dopo essere stati schiacciati da qualcosa.

Le mie mani. Da loro parte un intenso formicolio, si propaga lungo le braccia rendendole pesanti.

Mi fanno male le spalle, proprio all’attaccatura con il collo, la testa, oh, la testa sembra scoppiarmi.

Tento di muovere le gambe. Sollevo il ginocchio destro. Sembra rispondere al mio comando.

La mia mano si allunga a fatica e mi scontro con qualcosa di estremamente morbido, confortevole.

Sento l’odore del detersivo che usava anche mia madre.

Probabilmente sto rivivendo una parte della mia vita, le rimembranze della mia infanzia, quando mi divertivo a camminare fra i lembi delle lenzuola ancora umide stese in giardino durante le giornate di sole. Adoravo farlo, sentire in me quell’intenso profumo di bucato, le risa di mia madre per quel piccolo piacere a cui mi abbandonavo fra le stoffe caratterizzate dalla sua predilezione per i colori vivaci.

Forse quando si dice di ripercorrere la propria vita si parla proprio di questo: avvertire antiche sensazioni dimenticate a ritroso fino a ricordare un sorriso, una gentilezza, i bei momenti vissuti con le persone che si amano. Lo spero, perché questo significherebbe che forse potrò rivederlo.

Sono stupida, lo so, forse anche un po’ infantile nel volerlo assaporare dopo che mi ha tolto la vita, eppure non posso fare a meno di volerlo.

Anche solo per un’ultima volta.

Si prova la sete da morti?

Ho come l’impressione di aver ingoiato sabbia.

Gratta, gratta contro le pareti della mia gola riarsa.

Avrei bisogno di bere.

Non ce la faccio, sento appesantirsi persino il mio respiro che come carta vetrata acuisce l’aridità che mi sta lacerando. Tossisco. Non riesco a trattenermi e qualcosa preme contro la mia spalla quando tento di alzarmi.

Una mano.

C’è qualcuno con me.

Un angelo?

Devo aprire gli occhi.

I muscoli della mia faccia si contraggono nello sforzo, mi esce una sorta di miagolio.

Non riesco a parlare, la gola è dolorante.

-Do … dove sono?-

Sono così stanca. Non sono certa che la mia domanda silenziosa sia stata ascoltata.

Forse sì.

Sento quel qualcuno muoversi spostarsi per allontanarsi da me come se attendesse che io mi alzassi improvvisamente.

«Importa davvero?» la sua voce, appena sussurrata. Ma non sembra falsata dal sogno o dal ricordo. È vera, tangibile, reale. Io so distinguere quando qualcosa è reale. «Ben svegliata, Eileen …»

«Wyatt …?»

Mi sento il volto impastato, gli occhi ancora ermetici.

Provo nuovamente ad aprirli.

Qualcosa li ferisce, mi fanno male, le palpebre non sono disposte a cedere.

Una luce forte, accecante, una luce da cui emergono lentamente i lineamenti del suo viso.

«Wyatt!» lo urlo quasi.

Gli occhi si spalancano, finalmente supero il dolore delle mie membra e del mio corpo.

Lo supero grazie anche all’incontenibile paura che provo.

Realizzo che non sono morta, no, mi ha risparmiato non so per quale motivo.

Non ho alcuna possibilità di scampo.

Mi alzo di scatto e mi ritiro il più possibile da lui, non posso ripararmi, non posso più fuggire.

Ovunque io sia lui è con me e mi guarda da sotto le sue ciglia folte.

Con sprezzo?

Devo distrarmi, capire dove mi trovo e cosa vuole farmi.

Mi rendo conto di essere in una stanza.

Non capisco.

Ho come l’impressione di conoscerla, la trovo familiare, eppure non credo di essere mai venuta qui.
Sono su di un vecchio letto dalla struttura in legno molto alta, un pezzo d'antiquariato forse dei primi anni del '900. Sulle pareti una carta da parati a fiori dalle tinte pastello, un leggerissimo ma pungente odore di naftalina, di chiuso. I mobili vintage fanno da sfondo: un comò in arte povera, una specchiera a figura piena puntinata dal tempo, le ante di un armadio a muro, quadri dalle cornici in legno pesante, un divano, due poltrone, un tavolino da caffè.
Delle tendine di organza impreziosiscono una finestra da cui sento provenire un ronzio che ho imparato a riconoscere come un pericolo.
Sonde.
«Ma dove …?»
«Sei in casa Halliwell …» I conti tornano. La familiarità del posto, il riconoscere pezzi antichi come tali, l'arredamento e la carta da parati. L'odore di chiuso. Per anni questo posto è stato un museo, un monumento alla sua potenza e forza distruttiva.

«Perché mi hai portata qui, invece di …» sono confusa non capisco, forse mi sporgo troppo avvicinandomi in maniera intossicante. È meraviglioso e terribile con i capelli legati dietro la nuca, una ciocca ribelle che ricade sui suoi tratti spigolosi, caratterizzati da un sottile filo di barba attorno alle labbra piene, gli zigomi alti e marcati, le sue iridi chiare che mi fissano senza muovere ciglio.

«Ucciderti?» annuisco con un piccolo cenno. Non riesco ad articolare altro.

Gli basta un gesto per annichilirmi completamente.

Sfiora i miei capelli, li sposta dietro l’orecchio.

Non si limita a questo.

Il suo palmo rovente si adagia sulla mia guancia, il pollice sfiora lieve la pelle ancora più morbida sotto le sue dita.

Un’autentica tortura, come di un assetato ingannato da un miraggio nel deserto.

La mia schiena viene percorsa da un brivido caldo, tremo come una debole foglia appena attaccata al suo ramo in una mattinata autunnale, socchiudo gli occhi e mi abbandono ad un respiro carico di tutto quello che provo.

Per quanto me lo neghi mi manca da morire.

Dovrei reagire, scansarmi, scacciarlo. Il mio corpo non sembra disposto a sottostare alle mie richieste.

«Hai così tante cose da dirmi, sarebbe un peccato, non credi?»

Sento il suo fiato riverberarsi in un sussurro. È vicino, estremamente vicino, in maniera così insana. Dovrei soltanto allungarmi di poco per saggiare le sue labbra, riscoprire il sapore mielato che hanno.

Con me non gli servono armi, poteri: basta solo questo, insensato, inspiegabile. Mi ha braccata per mesi, mi vuole assassinare come qualsiasi altra inezia gli si pari davanti, mi ha evidentemente rapita ed io mi sciolgo ad una sua carezza perdendo ogni capacità cognitiva.

Vorrei solo che il mio cuore si mettesse a tacere.

«Co – cose da dirti?»

Provo ad allontanarmi, con riluttanza.

Alzo le palpebre a fatica.

«Potresti rivelarmi chi ti ha aiutata a fuggire, scommetto che non hai fatto tutto da sola …»

C’è qualcosa di più, qualcosa di diverso.

Mi allontano, cerco di riprendere il controllo di me attraverso uno sguardo severo, freddo, il più freddo che posso donargli.

Deluso.

«Allora non ho nulla da dirti … Non mi ha aiutata nessuno …» Mi scruta, mi sta studiando, ed io mi sento come nuda, sotto processo con i suoi occhi intransigenti a farne da giudice. Chiudo le mie ginocchia sul petto, le circondo con le braccia nel vano tentativo di proteggermi da lui, dalla sua riesamina. Non si muove, proprio come quando mi ha preso di sorpresa nel mio nascondiglio, mi segue solo con gli occhi. Sono terrorizzata, lo vede, lo sente.

So che può avvertire il mio cuore esplodere e crollare improvvisamente, so cosa legge nella proverbiale trasparenza che ho nel confrontarmi con lui.

«Mmm … non dovresti dire bugie … sai che le bambine cattive vanno all’inferno!»

«Qualsiasi posto è meglio del tuo fianco, persino l'inferno Wyatt!» sputo velenosa come se mi avesse punta sul vivo, senza pensarci.
Sono sola. Non ho molto altro da fare qui se non cercare di resistere. È quello che ho intenzione di fare.
«Cerca di non provocarmi … potrei spedirti davvero all'inferno …» il suo è un ringhio, si trattiene.

Vorrebbe farmi tacere, ma c’è qualcosa di me che lo blocca. Anch’io in qualche modo influisco sul suo umore, forse perché con me non può esercitare in pieno la sua influenza. Non riesco nemmeno ad immaginare che l’essere con la più alta concentrazione magica nella sua anima, l’uomo più potente sulla faccia della Terra capace di assoggettare tutto il mondo terreno e non, messo in difficoltà da una inesperta ed insignificante strega.

«Fallo allora: so cosa succede a chi pecca di tradire la tua fiducia. Io non aspetto altro Wyatt … »
Sono in piedi davanti a lui in pochissimo tempo, disincastrando le caviglie dalle lenzuola che mi avevano imprigionata. Gli punto l’indice inquisitore contro il petto, lo sfido apertamente. Voglio dirgli cosa penso, come mi sento e spero di poterlo fare almeno guardandolo in viso per quanto mi sia possibile.

Lui è così alto ed io sono decisamente più piccola, quasi una bambina in confronto.

Ricordo che i primi tempi in cui stavamo insieme mi sembrava di essere la sua bambolina.

Non che sia l’apoteosi della magrezza, proporzionata ovviamente, ma il mio essere abbastanza bassa - con il mio esiguo metro e sessanta sfiorato e svariati centimetri che ci differiscono – mi ha da sempre conferito un aspetto minuto.

Mi potrebbe schiacciare persino fisicamente come un insetto.

«Eileen …» lo sospira. Sembra quasi che voglia controllarsi, che non desideri realmente farmi del male.

Questo suo aspetto così stranamente remissivo mi dona coraggio.

«Avanti “potente signore” uccidimi …» allargo le braccia invitandolo a compiere quello che io credo voglia.

-Uccidimi ancora Wyatt! Il mio cuore l'hai già spezzato, non puoi fargli ulteriormente del male, non più di quello che hai già fatto … -

Si alza, mi osserva dall’alto verso il basso come se volesse farmi sentire insignificante. Vuole esercitare il suo controllo quello che possiede su qualsiasi essere che lo teme almeno quanto lo temo io. Ha smesso di giocare.

Ma il mio non è un semplice timore, una paura da bambina che si concretizza nell’essere spaventoso che risiede sotto il letto.

Il mio è il terrore di una donna per la condanna dell’uomo che ama.

Ottiene il mio silenzio, un silenzio teso carico di scintille di mal celata irritazione.

Non cedo, non ora che mi sento in grado di affrontare la morte a viso aperto.

«Pensi che non ti conosca Eileen, che non sappia cosa ti spaventi realmente …» Mi volta le spalle ampie e quasi potrei azzardare che dietro di esse stia sospirando, forse per calmarsi o qualcosa di simile. «Non è con la morte che ti punirei realmente …»  Non si gira, non mi fredda attraverso i suoi occhi così particolari, ma alza di poco la testa. «Io ti conosco anche troppo bene. Sei una persona che ama la libertà, odi le costrizioni, le catene che ti opprimono … Se pensi che io questo non lo sappia mi deludi …» torno a guardarlo, il busto leggermente voltato fasciato da quelle sue amate t-shirt nere. Come odio quel colore su di lui.
«Mai quanto tu abbia deluso me!» Gli giro attorno. Oso fissarlo in viso, dritto negl'occhi. Mi congela il sangue quando ha quello sguardo, eppure tento di nascondermi dietro una maschera, provo a fermare ogni sensazione per non farmi vedere totalmente atterrita, o perdutamente persa come è accaduto solo pochi istanti prima.
«Io avrei deluso te? Fino a prova contraria sei tu che mi hai tradito!»
«Non posso tradire qualcuno che non riconosco. Tu non sei più la persona che amavo.» L'ho esasperato conducendo io la conversazione, cercando di avere l’ultima parola. Stringe i pugni lungo i fianchi fino a farsi sbiancare le nocche. «Wyatt …» il mio tono sembra affievolirsi, morire tra le labbra mentre emano il suo nome. Ho come l'impressione che lo faccia tremare. «Sono stanca di giocare al gatto e al topo, cosa ne sarà di me?»
«Ho fatto un incantesimo alla camera, nessuno vi può entrare e nessuno vi può uscire … escluso chi io desideri …»

Ogni parvenza d’umana voglia di stare insieme scompare davanti alla sentenza che sta per pronunciare, la potrei terminare io persino. Non ha ancora finito il suo monologo, io già conosco l’epilogo.

È triste, dal sapore del fiele che circonda le pareti di questa casa.

La mia testa riprende a pulsare.

Troppe emozioni e controllare il mio potere diventa difficile, distruttivo, non volevo essere rinchiusa nella torre più alta del castello circondata dalla negatività dei suoi leccapiedi.

-Non puoi farmi questo Wyatt … tu non puoi … tutto, ma non questo … -

No, questo nemmeno nei miei incubi più tetri poteva accadere.

Il suo sguardo è tornato su di me e non prova alcuna emozione.

Il mio invece vaga fra le assi del pavimento.

Cerco nella sua mente, avverto una nebbia fitta cogliermi più forte. Non so nemmeno perché mi senta così debole e fragile, incapace di fare qualsiasi cosa.

Lo stomaco si contorce.

L’addome mi fa male e si aggiunge alla serie di dolori che sento ovunque.

Sono tornata ad alcuni minuti fa.

«Rassegnati …»

Cado a terra sulle ginocchia.

Percepisco lo sciabordio ed un’aura nera che illumina il pavimento.

È andato via.

Entrerà solo chi lui vorrà.

Uscirà solo chi lui vorrà.

Ed io non sono fra gli eletti.

Ho appena ricevuto la mia condanna a vita: sono e sarò sempre una sua prigioniera.

 

 

Note dell'autrice: Buonasera! Non c'è molto da dire sul capitolo. Volevo solo ringraziare chi sta leggendo anche in silenzio e ricordate sempre che per ogni spiegazione io sono qui.

Besitos.

Mally.

 

   
 
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