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Autore: My Vanya    14/07/2011    6 recensioni
E' questo il momento giusto. E' questo il passo prima della fine, la fine di un cantante, di un uomo. La fine di un'immensa nullità. Solo un passo e poi più niente. Come sarà la morte? Più fredda, magari, o forse no, forse mi troverò a bruciare tra le fiamme dell'inferno, al caldo, al sicuro in un certo senso.
[Frerard]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gerard Way, Un po' tutti | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gerard POV

-Il passo prima della Fine-

 

...Perche' una vita senza di te, amore, e' difficile, ma una vita sapendo che sono stato io a mandarti via, e' insopportabile.

Un bacio

Gerard W.”

 

Ripiego con cura il foglio pieno di parole e lo infilo nella busta, con infinita lentezza. La mia ultima lettera a Frank, l'ultima cosa che gli rimarrà di me, suppongo. Lascio la busta sul tavolo della cucina e mi alzo, osservandola come se potesse scappare, dire che lì dentro ci ho buttato il cuore è dir poco. Lì dentro c'è tutto quello che ho sentito in questi anni, di come quel maledetto ragazzo, quel moretto con gli occhi nocciola, mi abbia cambiato la vita. Di come sono giunto alla decisione di far finire tutto, e non mi riferisco solo alla nostra bellissima storia che io ho deciso di buttar via. La scruto ancora un secondo prima di prenderla tra le mani e infilarla con cura nella tasca interna della giacca scura che indosso, per poi dirigermi in bagno. Mi guardo allo specchio, il viso pallido, i capelli che ho deciso di ritingere di nero, per vedere se magari tutto sarebbe tornato proprio come prima, se solo fosse bastato il colore dei capelli, a spezzare un equilibrio semi-perfetto. Applico con cura matita ed ombretto rosso, carezzo la cravatta del medesimo colore e quasi mi sembra di essere di nuovo sul set di Helena, cercando di evitare che Frank entri nella bara per “provarla”. Provo a sorridere a me stesso, a chiedermi chi sono, cosa sono diventato, ma nessuno risponde, non c'è più niente in quel riflesso, se non un uomo che la voglia di vivere l'ha finita, e non basta che abbia una bambina bellissima ed una moglie dolce come il miele, non basta che finalmente la carriera vada come da anni ormai aspettava che andasse, si sente incompleto, e sente di non star vivendo niente come dovrebbe essere vissuto.

Un sospiro ed esco dal bagno, deciso a non rientrarci più, mi fermo in camera di Bandit che dorme dolcemente e le poso un bacio in fronte, tanto leggero che nemmeno si sveglia, prima di sussurrare le parole "“I love you” a fior di labbra, quelle parole che a lei dedico con tutto questo mio cuore fragile. Lyn-z non la saluto nemmeno, è in camera che suona il basso, e non voglio che leggendo i miei occhi possa capire anche solo una parte di ciò che a breve ho intenzione di fare. Fuori la porta, l'aria mi punge il viso, fresca in quest'inverno stranamente soleggiato, donandomi un'ultima sferzata di energia, quella che mi mancava, ed ora, ora sono più convinto che mai. In fin dei conti credo di aver scelto una bella giornata per salutare quest'esistenza, farlo in un giorno di pioggia sarebbe risultato quasi scontato. Attraverso velocemente il vialetto osservando tutto con cura un'ultima volta, salutando gli alberi fuori di casa, congedandomi in silenzio con tutti questi dettagli che ormai conosco a memoria. La mia macchina mi aspetta lì, fedele, almeno lei non commenterà, non mentirà dicendo che ero sotto l'uso di stupefacenti, non addolcirà la pillola a nessuno, anzi, nemmeno ne parlerà con nessuno, ne tenterà di fermarmi.

Tiro fuori il cellulare e compongo il numero di mio fratello, che al secondo squillo mi risponde, pimpante come al solito, e quasi posso vederlo, sul divano con Alicia a guardare la televisione, una normalissima scena familiare.

-Hey fratellone, dimmi tutto!- La sua voce profonda e tranquilla riesce a strapparmi un flebile e amaro sorriso, quella voce che solo Mikey sa riempire di gioia ad ogni singola parola.

-Senti, ho bisogno di un favore... sei a casa?- Chiedo simulando lo stesso tono semi divertito di sempre, cercando di non insospettirlo, di non fargli venir dubbi. Ma è mio fratello, e anche ammesso che riesca ad illuderlo qui, al telefono, non avrò speranze quando i suoi occhi inevitabilmente si scontreranno con i miei. Capirà tutto come ha sempre capito.

-Per te ci sono sempre, di cosa hai bisogno?- Bene, per ora l'ho sfangata, quasi, speriamo di continuare su questa linea eh.

-Dovrei portare una lettera a Frank, ma non ho proprio tempo perché devo scappare... Perciò mi chiedevo se magari tu potessi farmi da fattorino,ecco.- Dimmi di si, fratellino, per favore, te ne prego. Non posso fare a meno di incrociare le dita. Se dovesse darmi una risposta negativa andrebbe tutto a monte, maledizione, trattengo un secondo il respiro.

-Certo che posso, che domande. Passi tu?- Sollievo, finalmente.

-Si, tranquillo, due minuti e sono da te- Attacco secco, senza nemmeno fargli finire qualcosa che suonava come un “non correre troppo eh” ed accendo il motore della macchina, beandomi di quel suono conosciuto e, in un certo senso, tremendamente rassicurante. Percorro i pochi chilometri che mi separano da casa del mio consanguineo e, dopo aver parcheggiato ed essere sceso dal veicolo con tutta la calma necessaria, suono il campanello, indossando un paio di occhiali neri, per nascondere lo sguardo che so essere rassegnato, e che sicuramente mi tradirebbe.

Lo vedo uscire con un mezzo sorriso mentre io prendo con le mani che quasi tremano quella busta immacolata con su scritto semplicementeA Frankcon una calligrafia fin troppo ordinata, tanto da non sembrare nemmeno la mia. Percorre il vialetto quasi di corsa e appena è abbastanza vicino gli porgo la lettera, senza guardarlo negli occhi e senza dire una parola. Non voglio che capisca niente, non voglio che tenti di fermarmi, non voglio che soffra prima del tempo. Scusami Mikey, ti farò soffrire terribilmente, e questa sarà una di quelle cose che non mi perdonerò mai. Diciamo l'ennesima azione che non arriverò mai a concedermi, solo un'altra delle tante. Spero che tu lo farai invece, che saprai capirmi e perdonarmi ancora una volta. Faccio per girarmi, si, sono uno stronzo ad andarmene senza dirti una parola, nemmeno un grazie. Sono un grandissimo stronzo, lo so, lo sono sempre stato e anche tu lo hai sempre saputo. Ma non voglio sentirti fare nessuna delle domande che potrebbero frullarti per la testa. Non saprei rispondere ad un “tutto ok?” proprio no, non saprei mentirti. Eppure, al tuo solito, mi prendi in contropiede, non mi dai il tempo di dileguarmi che già mi hai fermato con le tue parole, sfumate dalla complicità che solo con me hai.

-Gerard... Non ho idea di cosa ti stia frullando per la testa, ma ti prego, qualunque cosa sia, non farlo, chiaro? Io vado da Frank.-

Ora, Mikey, fratellino mio, spiegami come diamine hai fatto a capire tutto ancora una volta? Spiegami, perché davvero quello che non ci arriva qui sono io. Mi hai sempre capito, da quando siamo bambini, e mi sono sempre chiesto come tu potessi fare. Non lo comprenderò mai, e forse è meglio così. Ti avvii alla tua macchina mentre io in silenzio torno alla mia, sospirando mentre rientro nell'abitacolo. Poso le mani sul volante e ripenso a quegli occhi nocciola, a quei capelli scuri, a quella voce calda che mi provoca un brivido ogni volta che urla sul palco. Appoggio la testa al sedile e mi lascio pervadere da quei ricordi a me tanto preziosi, quei ricordi che mi ero imposto di catalogare come "pericolosi, non revisionabili". Ricordi di me e di Frank, il primo bacio dato in camerino per sbaglio, dopo il nostro primo concerto serio, entrambi troppo ubriachi, o fatti fino al midollo, per renderci davvero conto di cosa stessimo combinando. E tutti gli altri poi a seguire, all'inizio imbarazzati, poi mano a mano sempre più veri, sempre più reali e sempre più nostri. Quasi mi sembra passata una piccola eternità da allora, da quando nonostante i miei problemi di dipendenza, poi superati proprio grazie a quel ragazzo, tutto andava alla grande, tutto per me e Frankie era perfetto. Io avevo bisogno di lui come lui aveva bisogno di me. Non so nemmeno perché me ne sono andato poi, e perché abbia deciso di lasciarlo. Forse avevo solo paura, paura che quella perfezione potesse abbandonarmi così, da un giorno all'altro, ed ho preferito andarmene, non fidarmi nemmeno di chi sentivo di amare, da chi mi faceva sentire giusto nonostante i miei mille difetti, la mia timidezza quasi fuori luogo a volte, la mia amara dipendenza dal palco e dalle sostanze sbagliate. Sono scappato come un coniglio, come un ragazzino spaventato, e l'ho fatto soffrire. Per questo voglio liberarlo dal peso di vedermi ogni giorno, dal peso dei nostri ricordi, che seppur bellissimi sanno corrodere dall'interno come il peggiore degli acidi. Basta, mi devo scrollare di dosso questi pensieri che sono come una pietra che mi trascina a fondo, esco dal vialetto, diretto verso un palazzo poco lontano, l'ho scritto il posto, nella lettera, ma so che non verrà, non mi fermerà, ed io non voglio essere fermato. Lui giustamente si è rifatto una vita dopo di me, ha Jamia, ha le sue gemelle, non manderà tutto a monte per le manie sucide di un uomo che poi è poco più che un ragazzino, un ragazzino immaturo e che, forse, ha solo bisogno... Oh, al diavolo, non lo so nemmeno io di cosa cavolo ho bisogno, alla fine. Ho solo bisogno di Frank, come sempre, è il mio bisogno assiduo al quale sono riuscito a resistere per un po', fino alla fine del tour. Basta, non ne posso più di vederlo e non gridargli contro quanto mi manca il suo corpo pressato contro il mio tanto da non sentire altro. Mi mancano le sue labbra, mi manca il suo sapore, il suo odore, la sua voce. Mi manca lui.

Senza nemmeno accorgermene sono già arrivato. Parcheggio con attenzione sotto la palazzina alta una decina di piani, lascio la foto di Bandit e la fede in macchina, e prendo tra le mani un'immagine dai contorni spiegazzati che risale a qualche anno fa, mia e del mio chitarrista, in concerto, l'uno sulle labbra dell'altro. San Bernardino sarà un palco che non ho mai scordato e che mai scorderò, nemmeno da morto. La sera stessa abbiamo dovuto spiegare un paio di cose ai ragazzi, ma già sospettavano tutto, soprattutto, nemmeno a metterlo in dubbio, Mikey. Lui lo sapeva, l'aveva sempre saputo ma era sempre rimasto in silenzio. Quanto devo a quel biondo ossigenato di mio fratello, nemmeno saprei lontanamente quantificarlo. Metto la sicura agli sportelli ed entro nella hall dell'edificio, dirigendomi direttamente alle scale ed iniziando a salirle con calma, quasi lentamente. In effetti, non è che sono troppo ansioso di morire, diciamo che è una cosa che devo fare per me stesso e per gli altri. Lo devo fare per liberare tutto coloro che amo da una rete di bugie, e per essere finalmente in pace con il mio subconscio, senza ricadere nella rete della droga e dell'alcool, e non vedo altro modo. Tutto qui, semplice come concetto. Intravedo la porta che dà sul tetto dopo circa una ventina di rampe di scalini, dieci minuti dopo, e, una volta raggiunta, la apro quasi timidamente lasciando il vento scompigliarmi i capelli e accarezzarmi il viso ancora un'ultima volta. Bene, adesso si, un po' di paura ammetto di averla, non credevo nemmeno di arrivare tanto vicino a farlo davvero, nonostante sia un'idea che frulla nella mia testa da anni. La prima volta mi ricordo che fu la notte dopo la morte di mia nonna Helena, allora pensai davvero al suicidio come la sola via di fuga possibile. Non credevo che ci sarei arrivato comunque anche se per vie traverse. Mi viene a sorridere al pensiero, e la mia parte razionale, o meglio, quel poco che ne è rimasto, storce il volto in una smorfia di puro disgusto per l'uomo che sono diventato. Chiudo la porticina alle mie spalle avvicinandomi al bordo del tetto piano dell'edificio, con passi lenti e cadenzati, ma comunque decisi. Osservo la città sotto di me, che inconsapevole continua il suo solito via vai, senza fermarsi un attimo a piangere delle disgrazie di un uomo distrutto che sta per salutare definitivamente la vita. Ripenso a quante persone ho deluso, e ancora deluderò.

Lyn-z, che per quanto possa essere stata un'ottima moglie, e per quanto io abbia potuto comunque amarla non è mai contata più di tanto, non è mai contata abbastanza, per un egoista come me.

Bandit, che dovrà crescere senza un padre che possa ripeterle ogni giorno quanto sia bellissima, e unica, e speciale. E nessuno sarà lì a dirgli che è l'unica cosa buona che ho fatto in questa vita, l'unica di cui non mi pento.

Mikey, che ha sempre creduto in me, anche quando nessuno era più disposto a farlo, che mi ha sempre accettato, mi ha sempre capito e mi ha sempre voluto bene nonostante tutto.

Mia madre che mi ha sostenuto nei primi anni, e mia nonna con lei che mi ha sempre spinto a cantare, a seguire i miei sogni e a credere in quest'idea della band.

I ragazzi, che hanno sopportato le mie manie di protagonismo, le mie paure, le mie stranezze. Che hanno saputo concorrere perfettamente a questo bellissimo gioco chiamato “My Chemical Romance”

E poi Frank, l'ho deluso troppe volte, abbandonandolo come un cucciolo, solo perchè avevo paura, che stupido sono stato. Lui che mi aveva dato tutto. Lui che con una sola parola mi faceva vedere il mondo un po' migliore. Lui che quasi mi sembra ancora di sentire la sua voce dolce ogni volta che troppo ubriaco mi nascondevo tra le sue braccia, e con pazienza mi carezzava la testa e mi parlava per rassicurarmi. Lui che mai avrei voluto abbandonarlo.

Mi rendo conto delle lacrime che solcano il mio volto solo per la sensazione di bagnato che ho sulle guance. E' questo il momento giusto. E' questo il passo prima della fine, la fine di un cantante, di un uomo. La fine di un'immensa nullità. Solo un passo e poi più niente. Come sarà la morte? Più fredda, magari, o forse no, forse mi troverò a bruciare tra le fiamme dell'inferno, al caldo, al sicuro in un certo senso.

E proprio quando sto per compiere l'ultimo passo una voce, quella dannata voce che mi sembra solo una proiezione della mia mente stanca e malata mi blocca, e ancora mi tiene ancorato qui, al tetto di una palazzina nel bel mezzo del New Jersey.

 

-Non ci provare nemmeno Way, perchè giuro che stavolta non ti lascio scappare e ti vengo dietro senza tanti complimenti.-


Note dell'autrice
Prima di tutto grazie a chi ha avuto la voglia di leggere fino a qui. Grazie a chi ha letto, a chi ha recensito, a chi è piaciuta, a chi ha fatto pena.
Ho voluto iniziare questa fic perchè... Non lo so, volevo scrivere una Frerard seria e prima di dormire mi è venuto fuori questa idea. Non lo so perchè, ma ci sono molto affezionata. Ricordo che ogni critica è uno spunto per migliorare quindi verrà accolta a braccia spalancate.
Grazie a tutti davvero. Un bacio immenso.
Maylene

  
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