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Autore: Fiamma Drakon    15/07/2011    3 recensioni
Dinanzi a lei stava una donna alta e snella, con i capelli neri lunghi e mossi, un ciuffo che cadeva trasversalmente a coprirle l’occhio destro, lasciando ben vedere l’altro, di un intenso nero pece, sul quale era lievemente calata la palpebra, tinta di un viola intenso, in un’espressione che la faceva molto sexy.
Le labbra erano piene e colorate della medesima tonalità di viola dell’ombretto.
Tuttavia, la particolarità che aveva attirato maggiormente la sua attenzione era il tatuaggio sul suo zigomo sinistro: una farfalla nera in volo vista di lato, dietro la quale era tatuata una piccola scia di pallini viola, simili a polvere, tra i quali vi erano anche tre piccole stelle del medesimo colore.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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13_Incontro poco gradito Quando Hilary si risvegliò, sentì l’ingombro del corpo di suo fratello accanto a sé, presenza ulteriormente evidenziata dal braccio che sentiva premuto contro la sua schiena ed il suo respiro, sommesso e regolare.
La ragazza si volse verso di lui, trovandosi ad osservare una scena tanto carina quanto buffa: Roy era steso supino sul letto, scoperto dal ventre in su, i capelli scompigliati ed un’espressione d’angelica beatitudine sul viso, la bocca leggermente aperta in una “o” dalla quale uscivano leggeri respiri.
Sembrava essersi girato talmente tante volte durante il sonno - ed il come era un grosso punto interrogativo, date le condizioni di una gamba - da essersi avvinghiato per metà nelle coperte.
Hilary sorrise, sfiorandogli con dolcezza una guancia: sembrava un tenero e innocente bambinone, più che un militare pronto ad ammazzare a sangue freddo.
In quel momento pareva incapace di nuocere persino ad un moscerino.
Lo lasciò lì, senza osare né parlargli, né tantomeno smuoverlo, quindi si alzò e andò in cucina, dove iniziò ad affaccendarsi attorno ai fornelli per preparargli la colazione.
Mentre cucinava, si lambiccava su un modo di estrapolargli informazioni circa la sua nuova conoscenza: doveva eliminarla prima che potesse diventare un potenziale problema per il loro rapporto familiare, ma senza avere né nome né particolari dell’aspetto né altro, era ad un odioso punto morto.
- Be’, tanto vale che mi dia da fare a scoprire qualcosa da sola! - esclamò tra sé, decisa: sapeva che Roy non le avrebbe mai detto niente per evitare che lo intralciasse, ma lei era testarda e di certo non si arrendeva alla prima difficoltà.
Nel mettere un piatto di frittelle e una tazza di caffè su di un vassoio, Hilary ragionò sulle sue opzioni e, mentre portava il tutto in camera, queste si restrinsero a due sole, tra le quali era facile per lei decidere.
- Nii-san, la colazione! - esclamò, sorridendo radiosa, entrando in camera.
Roy fu svegliato dal tono di voce piuttosto alto e allegro. Si mise seduto, gli occhi gonfi di sonno, grattandosi la testa, guardando confuso la sorellina che si avvicinava.
- Cosa...? - biascicò.
- La colazione - ripeté lei, posizionandogli il vassoio sulle ginocchia, prendendo posto accanto alle sue gambe.
- A letto? - chiese il moro, inarcando sorpreso un sopracciglio.
- Visto che hai una gamba ferita, ho pensato di portartela a letto - spiegò la minore.
Lui non aggiunse altro: che cosa avrebbe potuto dire? Era un gesto gentile e premuroso da parte sua, ma quando mai non era stata così?
Fin da quand’erano bambini lei si era sempre preoccupata per lui ogni qualvolta gli capitava qualcosa che lo costringeva a letto. La sua, almeno a parer suo, era una preoccupazione che sfociava nel morboso.
Eppure non aveva mai nuociuto a nessuno, quindi non vedeva perché rimproverargliela.
- Nii-san... - lo chiamò dopo un poco, mentre mangiava le frittelle.
- Sì...? - rispose lui, tracannando un po’ di caffè.
- Oggi non vengo con te al Quartier Generale -.
Roy sgranò gli occhi, visibilmente scioccato: che cosa le era preso tutto d’un tratto?! Che fosse impazzita?!
- Perché? - volle sapere il maggiore.
In risposta, ricevette un altro sorriso radioso e innocente.
- Voglio andare a fare un giro in città, tutto qui -.
Sembrava una motivazione buona e giusta; in fondo, era pur sempre una ragazza, e come tale aveva tutto il diritto di andare a far compere e cose da donne, come tutte le altre.
- Ah... okay - replicò semplicemente il moro, comunque un po’ perplesso dal suo improvviso desiderio di separarsi da lui; proprio lei, che di solito faceva l’impossibile per stargli appiccicata.
“Be’, ma chi sono io per dirle di non andare? Anzi, così sarò finalmente un po’ libero da tutte le sue morbose attenzioni e potrò andare a fare una visita anche a quelle graziose segretarie che non vedo da un bel po’...” si disse Roy, sorseggiando dell’altro caffè “Anche se... potrebbe essere problematico” aggiunse subito dopo, lanciando un’occhiata dubbiosa al profilo della gamba ingessata.
Terminato che ebbe di mangiare, Hilary ritornò in cucina e lavò le stoviglie, quindi, mentre il fratello era in bagno, si vestì in fretta e prese la borsa.
- Nii-san, io esco! - esclamò dalla soglia della camera, al che il moro fece malamente capolino dalla porta del bagno coi capelli gocciolanti ed un’espressione perplessa.
- Di già? Ma i negozi sono aperti a quest’ora? - chiese.
- Certo! - mentì la ragazza, nel tono più spudoratamente convincente che fosse capace di trovare - Ma dove vivi? - aggiunse con una nota di stizza.
- Ah, okay. Allora... a stasera - la salutò, tornando dentro.
- Bye bye! - replicò la minore, avviandosi con passo felino verso la porta, un’espressione maliziosa e perfida stampata in faccia: l’aveva fatta franca senza neppure impegnarsi.
Suo fratello era un credulone.
- Oh, meglio così. E ora... a cercare la nuova arpia! - mormorò tra sé mentre usciva, gli occhi che le scintillavano.
Nel frattanto, ignaro di tutto, il colonnello, uscito dal bagno, si accingeva a vestirsi. La cosa, in verità, si rivelò abbastanza facile dalla vita in su, ma dovette ovviamente faticare un po’ di più per infilarsi i pantaloni.
Quando fu pronto, armato delle sue odiate stampelle, uscì dall’appartamento e si fermò sul marciapiede ad aspettare che il tenente arrivasse: la sera precedente, prima di scendere dal treno, la donna si era gentilmente offerta di accompagnarlo all’ufficio finché non avesse tolto il gesso.
Nel momento in cui la vettura si fermò davanti a lui e la bionda ne uscì, il moro provò un incommensurato sollievo nel pensare che non ci fosse sua sorella: era palese una certa antipatia tra loro due.
- Signore - disse Riza a mo’ di saluto.
- Tenente - replicò l’uomo nello stesso tono, accingendosi a salire in auto.
Il viaggio verso il Quartier Generale non fu dei migliori: tra loro aleggiava un certo disagio che era quasi palpabile tant’era opprimente.
Riza continuava a provare un indiscutibile rimorso per la ferita riportata dal superiore: se lei fosse stata più accorta e con i riflessi più rapidi, avrebbe potuto evitare che un simile incidente accadesse. Era una certezza alla quale non riusciva a non pensare, nonostante se lo ripetesse più e più volte.
“Ormai quel che è fatto è fatto” continuava a dirsi, ma non si convinceva: il senso di colpa continuava a divorarle l’anima, senza darle tregua.
Da parte sua, Mustang non si sognava minimamente di addossare la colpa di quanto accadutogli al tenente, anzi, reputava la cosa come un incidente causato dalla sua stessa esitazione a dare il colpo di grazia al nemico finché tutto era calmo.
Giunsero al Quartier Generale pochi minuti dopo.
Riza uscì per prima dall’auto e fu in un baleno dall’altra parte, a tenere lo sportello aperto a Roy, che sembrava deciso ad uscire e mettersi in piedi con le sue sole forze.
Mentre, al fianco della bionda, si avviava verso l’ingresso dell’edificio, il colonnello tirò un silente sospiro di sollievo.
“Oggi potrò stare un po’ in pace, visto che non c’è Hilary. Finalmente...!” pensò.

- Nii-san al telefono l’ha chiamata “Amber”... -.
Hilary camminava lungo una strada del centro di Central City, un dito a sorreggerle il mento, l’espressione pensosa rivolta al marciapiede.
Era uscita con l’intenzione di trovarla e farla girare a largo da suo fratello, con le buone o le cattive, ma nella foga dell’iniziativa aveva tralasciato un “piccolo” particolare: lei non aveva neppure la più pallida idea su dove potesse trovare la donna.
“Eppure, non può essere così difficile da trovare! Insomma, nii-san frequenta sempre quegli squallidi locali pieni di donnacce. Di certo lavorerà in uno di quelli!” si disse mentalmente per farsi più coraggio, mentre svoltava in una delle strade che, al calar del sole, diveniva la più malfamata dell’intera città per la compagnia poco raccomandabile che la bazzicava.
“Avanti Hilary! Devi farcela, per il tuo nii-san!”.
E così iniziò l’ardua ricerca: di locale in locale, la ragazza chiese a tutti quelli che trovò aperti se presso di essi lavorava qualche donna di nome Amber e, in caso di risposta affermativa, se di recente avessero visto da quelle parti un uomo che corrispondeva alla descrizione di suo fratello, che di volta in volta forniva con minuziosa attenzione ai particolari.
Ogni volta la risposta era sempre la stessa: “no”.
Passò così tutto il resto della giornata: anche se non sembrava, i locali poco raccomandabili erano veramente tantissimi in città.
Quando, distrutta dalla ricerca, fece ritorno a casa, trovò questa ancora vuota, inconfutabile segno che suo fratello era ancora a lavoro.
“L’ho lasciato un giorno in balia di quel tenente, ma meglio se passa una giornata con lei che con quella donna sconosciuta!” rifletté, mentre si preparava qualcosa di veloce da mettere sotto i denti.
Nel momento in cui si stava sedendo a tavola la serratura della porta scattò e Roy si materializzò sulla soglia, zoppicando all’interno sorretto dalle stampelle.
Al vedere la sorella si fermò e distolse gli occhi.
- Mi sono dimenticato di dirti che sarei tornato tardi, oggi... - disse, con un tono di voce che sembrava rivelare quasi completamente il suo timore di essere fustigato per la dimenticanza.
- Non importa, nii-san! - rispose Hilary, sorridendogli - Anche io sono appena tornata -.
- Sei stata tutto il giorno in giro? - domandò lui, stupefatto.
- Già... avevo bisogno di un po’ di svago - ammise lei, mascherando perfettamente il fatto che stava mentendo - Vuoi qualcosa di particolare per cena, nii-san? - domandò poi.
- No, scegli te... - rispose lui, andando a sedersi sul divano.
La minore lo osservò: pareva esausto.
- Ti fa male la gamba? -
- No, sono solamente stanco... - la liquidò fiaccamente l’uomo, reclinando all’indietro la testa.
Gli andava bene anche addormentarsi lì: non aveva mai avuto un’idea precisa di cosa significasse attraversare tutto il Quartier Generale con le stampelle, e neanche di cosa volesse dire salire e scendere le scale con una gamba ferma.
Era stata la giornata lavorativa più spossante che avesse mai affrontato e la cosa peggiore era che, con ogni probabilità, tutti i giorni a venire sarebbero stati così finché non si fosse tolto quel maledetto gesso.
L’unica nota positiva era stata il non aver avuto sua sorella intorno, ma non credeva affatto di poter avere una tale fortuna due volte in una stessa settimana. Ergo, l’indomani lei sarebbe tornata a lavoro con lui.
Qualcuno bussò alla porta.
- Vado io, nii-san - disse Hilary, allontanandosi da lui per andare ad aprire.
Si trovò di fronte una donna vestita in modo succinto e prosperosa, che la fissava dall’alto con sguardo vagamente altezzoso.
La mora stava per sbatterle in faccia la porta, quando suo fratello chiese: - Chi è? -.
- Roooy! ♥ - chiamò la sopravvenuta, spingendo da parte Hilary in modo non troppo carino ed entrando nella stanza, andando incontro al militare con un dolce sorriso stampato in faccia.
La minore dei Mustang scoccò un’occhiata iniettata di veleno all’indirizzo della donna, che non le stava affatto simpatica anzi, le era decisamente antipatica.
- Amber...! Che cosa ci fai qui? - domandò Roy, guardandola con un’espressione perplessa e lievemente allarmata: doveva arrivare proprio adesso che c’era anche la sua sorellina...?!
- Sono venuta a trovarti. Volevo vedere come stavi, ma sembri già in compagnia... -.
Il tono con cui proferì l’ultima parte della frase sembrava intriso di puro fiele e lui parve accorgersene, perché si affrettò ad aggiungere: - Ah... Amber, questa è mia sorella, Hilary -.
- Oh, davvero? -.
Amber pareva essersi ripresa improvvisamente e sembrava non essere più arrabbiata con la ragazza, al contrario di quest’ultima, che la odiava sempre di più ogni istante che passavano nella stessa stanza, condividendo la medesima aria.
Se era lei la nuova ragazza del suo fratellone, ed a quanto sembrava lo era proprio, allora c’era un motivo in più perché dovesse sparire all’istante.
- Mi sei mancato così tanto in questo periodo, Roy caro... - esclamò Amber in tono così dolce da essere nauseante, baciandolo di sfuggita sulle labbra.
Hilary stava letteralmente rodendo nel tentativo di non saltare addosso a quella strega e picchiarla: non voleva che il suo nii-san, assistendo, decidesse di intervenire e fermarla.
Il colonnello si issò malamente in piedi e, a disagio per la tensione che sentiva accumularsi nella stanza, se ne uscì con un esitante: - Vado a prepararti del caffè... -.
Lasciarle da sole era una mossa azzardata, ma la cucina non era poi così distante e, se Hilary avesse provato a fare qualcosa di strano, il rumore l’avrebbe sicuramente allertato.
- Va’ pure, caro! - replicò Amber tutta zucchero.
Solo quando l’uomo ebbe superato la soglia della cucina, Hilary si decise ad affrontare a viso aperto l’intrusa: - Ehi, tu. Sta’ lontana da mio fratello, intesi? -.
Amber si voltò per metà verso di lei, guardandola dall’alto in basso con fare estremamente altezzoso.
- Non prendo ordini da una mocciosa, chiaro? - disse a mezza voce, chiaramente per non farsi sentire, sputando veleno con ogni parola - E non impicciarti in affari che non ti riguardano: tuo fratello è mio -.
- Non permetterò che tu me lo porti via, costi quel che costi -.
Nell’ultima parte dell’affermazione, la mora diede chiaramente a vedere che nelle sue intenzioni c’erano anche le “maniere cattive” di mandarla via, in caso quelle buone non fossero state sufficienti.
- Oh, che cosa commovente, la sorellina che non riesce a lasciare andar via il fratellone... - controbatté Amber in palese tono di scherno - ... mi dai il voltastomaco, bamboccia che non sei altro. Non mi fai paura, chiaro? Se voglio tuo fratello, l’avrò. Di questo puoi star certa -.
La scintilla di minaccia che le brillava negli occhi era quasi inquietante e palesava intenzioni se possibile ancor peggiori di quelle della sorella del suo ragazzo.
Hilary non riuscì a far niente. Per la prima volta si sentì del tutto impotente nei confronti di una nemica.
- Che c’è, il gatto ti ha mangiato la lingua? - la prese in giro Amber.
La giovane Mustang, non sapendo cos’altro fare, girò i tacchi e si avviò verso la porta, aprendola di scatto ed uscendo, sbattendosela con forza alle spalle, liberando parte della sua innegabile rabbia.
- Amber... è successo qualcosa? Perché è uscita...? - domandò Roy stupito, affacciandosi dalla cucina al sentir sbattere l’uscio.
Era tardi ed Hilary non era esattamente il tipo di persona che passa la notte in giro. Accadeva di rado, e solo nei fine settimana.
- Ha detto che voleva fare una passeggiata - rispose Amber, sorridendogli - Sai, tua sorella è davvero una cara ragazza, amore... -.





Angolino autrice
Finalmente torna l'Ispirazione çOç *abbraccia* e torno a scrivere questa longfic abbandonata O/ sperando di essere riuscita a scrivere un capitolo perlomeno decente -.-'' e ringraziando i lettori per la pazienza >//////<
Non capiterà più ù___ù *ci spera anche lei*
Anyway, ringrazio Kiuxy, Newmoon, Castiel, Kiri Dellenger II e Lupoz91 (°-° quanta gente) per le recensioni allo scorso capitolo e coloro che hanno aggiunto la fic alle preferite/ricordate/seguite.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.
   
 
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