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Autore: ValeEchelon    15/07/2011    8 recensioni
Mary e Jared si conoscono all'età di 18 anni, quando non erano nessuno, se non due ragazzini pieni di sogni e desideri. La loro esistenza si intreccerà a tal punto da legarli per sempre, qualunque cosa succeda.
Fanfiction ispirata alla canzone omonima, Buddha for Mary, dei 30 Seconds To Mars. Ho cercato di descrivere nel migliore dei modi la Mary del nostro Jared, con tutti i suoi problemi e con tutte le sue avversità. Spero solo di non essere andata troppo fuori con i temi e spero che vi piaccia.. Vi aspetto!
Genere: Drammatico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Shannon Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi portò in cucina, una stanza piccola colorata d’arancione. Nella parete di fronte si estendevano alcuni mobili, il frigorifero,un lavandino e al centro un tavolo tondo con quattro sedie. A sinistra invece, un poster di una foto con il fratello e una bellissima donna bionda che supposi fosse la madre. Aveva uno sguardo dolce, gli occhi chiari come quelli di Jared. Abbracciava i due bambini come se fossero la cosa più bella che avesse.
“ Bello no?!”, disse indicandolo.
“ E’ bellissima.. Anche la qualità della foto, è meravigliosa.”
“L’ha fatta mia mamma. E’ una fotografa. Non sai quanto c’ho messo ad attaccare alla parete quel poster!”, mi disse sorridendo.
“ Voi ragazzi avete la mania di fare tutto da soli – gli dissi ingenuamente-, potevi farti aiutare da tuo padre.”
Jared si rabbuiò in viso.
“ Mio padre se n’è andato poco dopo la mia nascita.”
Oops. Argomento delicato.
“ Oh, scusami.. Non sapevo..”, dissi sconcertata.
“ Tranquilla, non potevi saperlo. Vivo da solo con Shannon, mia madre ed il suo compagno. Lui ci ha dato il suo cognome.. D’altronde è come se fosse davvero mio padre.”
Guardai ancora un po’ il poster, era molto fortunato ad avere una madre così.
“ Parlami un po’ di te, invece.”, mi disse, cambiando discorso.
Ecco, l’avevo immaginato. Era arrivato il momento di farlo ed io, come sempre, non ero pronta. Avevo problemi a parlare della mia famiglia, dei miei genitori.
“ Beh, sono figlia unica, te l’ho già detto. Vivo qui a Los Angeles, questo penso lo sai.. Cos’altro c’è da dire?”, dissi arrossendo.
“ Ma non so, parlami dei tuoi, di cosa fanno nella vita, di chi ti ha trasmesso la passione per il cinema..”
“ I miei.. Mio padre è proprietario di un’azienda tessile mentre mia madre una ballerina che si imbottisce di psicofarmaci perché da quando sono nata io non può più ballare. Vivo da sola, visto che i miei non ci sono mai,  in una casa di Beverly Hills e sono la persona più triste di questo mondo. Sono sola, sola. Non ho nessuno su cui contare se non Beth, che diciamo è diventata la mia migliore amica. Ho tanti, troppi soldi che non voglio. Lavoro perché non voglio dipendere da mio padre, che non ha mai tempo per me. Ah, e mia madre mi odia.”
“ Nessuna madre odia la propria figlia”, disse lui incerto.
“ Beh, mia madre lo fa. Le ho rovinato la vita, ho distrutto il suo sogno più grande. Penso siano motivi abbastanza validi per odiarmi, no?”, dissi inarcando un sopracciglio.
“Sai, io non credo. La vita molto spesso ci riserba delle sorprese, molto spesso non sono piacevoli. Io non credo in Dio, credo solo nel destino, nel Fato: le cose accadono perché devono accadere, senza un perché preciso. Mettitelo bene in testa.”
La sua voce era diventata quasi fredda, estranea: ma d’altronde non lo era? Cioè, io non lo conoscevo nemmeno e chissà come, ero a casa sua.
“ Stai cercando di difenderla? Tu non sai quello che ho passato!”, dissi ricacciando dentro una lacrima che voleva uscire. Mi bruciava la gola come ogni volta che voglio piangere e non posso, mi faceva male la testa.
“ Si che lo so, Mary. Lo so perché mio padre mi ha abbandonato quando ero appena un bambino, avevo tre anni, forse. Non sai cosa significa vivere in giro per il Mondo senza una casa
fissa, senza sapere cosa mangiare la sera. E se sono qui lo devo solo a mia madre. Mia madre mi ha saputo mantenere, ha saputo far crescere due figli con un sacco di sacrifici ed un misero stipendio da fotografa, sebbene sia la fotografa più brava che abbia mai incontrato. Non lo dico perché è mia madre, lo dico solo perché è una gran donna.”
Le lacrime scesero lentamente dai miei occhi velati, vedevo tutto annebbiato. Jared fece il giro del tavolo e mi abbracciò. Una folata del suo profumo annebbiò ancora di più la mia mente, rendendomi incapace di fare qualsiasi cosa. Non riuscii a ricambiare l’abbraccio, ma nonostante questo lui continuava imperterrito a stringermi forte, mentre io avevo le braccia distese lungo il busto. Mi ero irrigidita, non mi aspettavo un gesto del genere, anche perché io fondamentalmente non lo conoscevo.
Ad irrompere nei miei pensieri fu una voce femminile, che mi fece aprire gli occhi per poi rimanere a bocca aperta.
“ Scusate, vi ho disturbato?”, chiese con un sorriso cortese sulle labbra. Le sorridevano anche gli occhi.
“ No mamma, entra pure.”
La donna entrò in cucina e poggiò la borsa con alcuni sacchettini di plastica sul piano colazione. Si appoggiò con un fianco al mobile e cominciò a fissarmi, dubbiosa.
“  Non mi presenti la tua amica, Jared?”
“ Lei è Mary, mamma. Ci siamo conosciuti qualche giorno fa. Sai, anche lei vuole andare alla School of Visual Arts di NY.”
“ Oh, devi essere molto brava allora..”, disse sorridendomi e porgendomi la mano.
“ Mary..”, dissi dubbiosa.
“Constance.”, disse lei, raggiante.
Era identica alla foto sebbene fossero passati nove o dieci anni, aveva quei lunghi capelli biondo cenere e quel sorrisone mozzafiato che la rendeva ancora più bella. Gli occhi, azzurri come quelli di Jared, erano messi in risalto da un trucco quasi accennato, ed il naso era piccolo e perfetto. Indossava una maglietta viola con la scritta “ Be yourself” ed un paio di jeans scoloriti che le calzavano a pennello. Ai piedi un paio di All Star viola come la maglia. Aveva stile, la mamma.
“ Allora, Mary, resti a cena da noi?”, disse lei, facendo l’occhiolino a Jared.
“Oh, no no, grazie mille. Stasera vengono a trovarci dei parenti da fuori, mi dispiace..”, mentii.
Non era la serata adatta per godermi una felice cenetta di famiglia.
“Come vuoi cara..- disse lei un po’ delusa- Sarà per la prossima volta..”
Jared, che anche vedendomi così in difficoltà rimaneva tranquillamente appoggiato alla parete, mi fece strada con un gesto dicendomi semplicemente “Andiamo di sopra.”.
Nel tragitto fra la cucina e le scale, poggiai lo sguardo su delle foto di famiglia che ritraevano entrambi i fratelli, e talvolta anche la madre, che facevano beatamente il bagno nudi. La cosa sembrava alquanto imbarazzante ma non ne feci parola. Jared, accortosi dell’interesse che prestavo verso i suoi ricordi, mi prese per mano conducendomi in camera sua. Appena entrai la prima cosa che notai furono i poster appesi per tutte le pareti.
“L’avrai capito, questa è camera mia e di Shannon..”, disse, quasi a giustificarsi.
Non c’era un angolo di parete che non fosse occupato dai poster. Nirvana, Metallica, Pink Floyd, Queen e chi più ne ha più ne metta. Il viso di Kurt Cobain troneggiava da sopra i letti dei due fratelli e sembrava messo lì come a dire “ Baby, qua ci stanno veri artisti!”, e difatti sparse per tutta la camera c’erano una mezza dozzina di chitarre ed una batteria con mille bacchette poggiate per terra. Milioni di libri facevano da contorno al disordine di quella camera, chiaramente abitata da ragazzi.
Mi uscì di bocca un sommesso “wow” quando notai che le chitarre erano quasi tutte delle costosissime Gibson.
“ Suoni?”, chiesi sfiorandone una.
“ Suoniamo.”, rispose lui sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisi.

“ Wow.. Sai suonarli tutti e due? Intendo, anche la batteria?”
Rise di gusto.
“ No, a me non piace la batteria. So suonare la chitarra ed il piano, ma la batteria la suona Shannon.”
“ Capisco.. Me la fai provare?” , dissi con un filo di voce che mi pentii subito d’aver usato.
“Uhmm, dovrei chiedere a Shannon, ma immagino che non sia un problema..”
Doppio sorriso, mi aveva fatto perdere un battito.
“Vieni, siedi qui.”
Mi accompagnò dietro le casse della batteria e mi fece sedere sullo sgabello, un po’ troppo basso per le mie gambe lunghe.
“Ehm, mio fratello non è molto alto.”
Scoppiammo a ridere insieme, come due bambini. Mi piaceva il clima che si era creato fra di noi.
“ Ecco, così dovrebbe andare bene..- disse regolando lo sgabello-, Siediti.”
Mi accomodai sistemando le mie gambe sotto le casse, ora andava decisamente meglio. Jared prese due bacchette da terra e me le porse.
“ Devi sistemare i piedi così,- mi diceva da sotto,- e tenere le bacchette così”, disse afferrandomi le mani.
Il suo tocco caldo mi provocò un brivido che non riuscii a nascondere. Il suo viso era così vicino al mio che percepivo il suo dolce respiro, i suoi occhi posati sulle mie labbra come farfalle meravigliose su di un fiore. Si avvicinò lentamente e, sfiorandomi il naso, mi baciò. Le sue labbra, così morbide e rosa, aderivano perfettamente alle mie come se fossero state fatte su misura. La sua lingua si insinuò nella mia bocca provocandomi una strana voglia, che mi fece credere d’essere su Marte e non in quella stanza; Guizzava nella mia bocca come un pesce, la sentivo scontrarsi con la mia, la sentivo comunicare in un idioma che solo loro potevano comprendere. Per la prima volta in vita mia smisi di pensare e mi abbandonai ai sentimenti, al mio cuore che stava scoppiando, che bruciava di un sentimento nuovo, un sentimento che non aveva mai sentito.
   
 
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