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Autore: TittaH    15/07/2011    4 recensioni
Si può amare il prossimo fino all'annullamento di se stessi? Si possono rincorrere e realizzare i propri sogni? Si può definire vita, una vita di cui si sa già l'ora della fine?
Genere: Sentimentale, Suspence, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Tomo Miličević
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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 22 – November Rain
 
 
 

…Nothing lasts forever, even cold November Rain…
 

 

Dormirono nudi, l’uno intrecciato all’altra, col loro sapore sulla pelle. Respiravano tra le candide lenzuola leggere e i loro sospiri mal celati.
Ad un certo punto, aiutata dal sole che filtrava dalla finestra, Nadine aprì i suoi occhioni verdi e li stropicciò.
Donò un sorriso dolce a Shannon che dormiva beato accanto a lei; era così bello con gli occhi chiusi, le labbra leggermente dischiuse e la guancia spalmata sul cuscino. La mano destra era posta sotto il cuscino, mentre l’altra era ancora stretta alla sua. Si staccò piano, per non svegliarlo, recuperò la biancheria e degli indumenti e uscì dalla camera senza fare il minimo rumore.
Scese e trovò i suoi amici che facevano colazione seduti al tavolo dell’albergo; li salutò da lontano e prese la colazione per il suo uomo e gliela portò a letto, sempre molto silenziosamente.
Posò il vassoio sul comodino e si abbassò sulle labbra del batterista, che sorrise leggermente ancora ad occhi chiusi.
Una visione!  pensò baciandolo.
Shannon aprì gli occhi e la investì col suo sguardo.
Si sorprese di trovarla sveglia e la tirò su di sé nel lettone matrimoniale.
“Perché non mi hai svegliato? Avremmo potuto fare colazione con gli altri.”
Nadine fece leva sulle braccia esili e lo guardò negli occhi, ghignando.
“Ti ho fatto riposare un po’ di più e ti ho portato la colazione a letto per ringraziarti.”
Questa volta fu l’uomo ad essere sorpreso.
Perché mai avrebbe dovuto ringraziarlo?
“Amore non dovevi!” disse abbracciandola forte e facendola ridere di cuore.
Per lei era sempre un colpo sentirsi chiamare amore da Shannon.
Si baciarono ancora e, prima che potessero lasciarsi andare, la rossa si staccò piano e indicò la colazione.
“Il caffè si fredda!” esclamò provocando le risa del suo compagno.
“Il caffè, eh?!” la prese in giro lui, spintonandola.
Si sedettero sul letto e presero ad addentare dei croissant che il musicista divorò in pochi morsi, mentre lei doveva ancora iniziare a mangiarne un pezzetto; ingurgitò un po’ di caffè, mentre Nadine sorseggiò del succo all’arancia.
“Sono io che ti ringrazio…” cominciò Shannon, alludendo al motivo della colazione.
Lei lo guardò curiosa, finendo il suo succo.
“Sei sempre stata sincera con me.” concluse, provocando dei colpi di tosse da parte della donna.
La guardò stranito e lei si diede un tono prima di fissarlo sommessamente e dire: “Avrei un segreto…”
Shannon strabuzzò gli occhi.
Avevano segreti? Da quando?
“Cosa devi dirmi?” domandò, insicuro di voler sapere la risposta.
Nadine posò il bicchiere vuoto sul vassoio e gli prese la mano destra tra le sue, cominciando a giocare con le dita come era solita fare quando doveva affrontare un discorso serio o che avrebbe comportato una discussione.
Non aveva la forza e la sfacciataggine di guardarlo negli occhi, consapevole di dover affrontare sguardi che non vorrebbe mai vedere negli occhi del suo amato.
“Ricordi quando alla festa del matrimonio di Tomo tu mi hai tradita e io lo son venuta a sapere da mia sorella?” L’uomo annuì, innervosendosi al solo ricordo.
“Beh, anch’io sono andata con un altro.”
Strinse gli occhi e cercò un senso alternativo a quella frase, ma invano.
L’aveva tradito anche lei.
Si erano traditi.
Lui era ubriaco.
E lei?
“Eri… Eri, ehm, consenziente?” chiese, mormorando e guardandola in volto.
Lei scosse il capo.
“Ero ubriaca.” aggiunse.
Lui annuì piano, come a calmarsi, ma un pensiero si fece spazio nella sua testa, prendendo poi voce: “Allora perché quella sceneggiata? Perché lasciarmi? Perché? Tutto ciò non sarebbe successo e forse ora saresti stata meglio.”
Nadine scosse il capo, sorridendo amaramente.
“Sono del parere che nonostante tutto, il mio mese di vita sarebbe finito all’improvviso e sarebbe stato peggio.”
Aveva ragione, pienamente ragione.
“Hai tralasciato un paio di domande…” le fece notare Shannon.
Sospirò.
“Avevo trovato un pretesto, l’unico modo per darti delle colpe, l’unica via per allontanarti con meno dolore, sapendo che mi avevi fatto male almeno un po’.”
Sbuffò, sapendo di dover affrontare quel discorso ancora una volta.
“Nadine, te l’ho già detto ma te lo ripeto…” lasciò la frase in sospeso.
Lei si alzò dal letto e, presa da un attacco di lunaticità, cominciò a gridare: “Avanti, Shan, dillo. Dillo, cazzo, è la verità. Te lo dico ora, per l’ultima volta. Avanti, dillo!”
L’uomo si alzò, la prese per le spalle da dietro e la girò, stringendosela sul petto.
Quegli attacchi erano di routine e spesso lui non la capiva, ma aveva imparato a gestirle.
“Te lo dico ora e non lo ripeto più, amore, io ti amo e non devi allontanarmi perché avrai solo l’effetto contrario.”
Lei sorrise amaramente, annuendo e ammettendo sarcastica: “Certo, come no, Shan, come no!”
Il batterista l’allontanò e la fissò innervosito.
Non riusciva più a reggere i suoi sbalzi d’umore.
Prese il cellulare e chiamò il fratello, vedendo Nadine stendersi e agitarsi sul letto, stringendo i suoi capelli tra le mani.
“Jay, vieni di corsa ma non allarmare nessuno. Se qualcuno chiede, ti ho chiamato per le ultime sistemazioni del volo di ritorno a casa.”
Chiuse senza aspettarsi una risposta e aprì la porta quando sentì bussare.
Aveva fatto in fretta e respirava a fatica per via della corsa.
“Non doveva agitarsi!” urlò il minore, abbracciandola.
“Lo so, ma eravamo nel bel mezzo di una lite!” rispose allo stesso modo, Shannon, cercando i calmanti.
Buttava per aria qualsiasi cosa entrasse nel suo raggio visivo e imprecava ogni qual volta non trovava nulla di interessante.
“Non potevate chiarire in un altro momento?” domandò irritato il cantante, mentre Nadine piangeva in preda ad una crisi di panico.
“Cazzo, Jared, ti ricordo che tra qualche giorno potrei perderla e tutto volevo tranne che lasciarla andare col rancore e coi dubbi!”
Shannon aveva urlato così forte che non si rese conto di aver rotto il flacone dei calmanti, per quanto lo avesse stretto nella mano.
Jared lo guardò con gli occhi sbarrati dallo spavento e Nadine prese a piangere, urlando: “Basta! Smettetela, mi fa male. Fa male tutto e se voi urlate non mi aiutate e io morirò adesso!”
In preda al panico, il moro le diede due pastiglie mentre il biondo le dava un bicchiere d’acqua, proprio come aveva detto MaryAnne.
Shannon si inginocchiò davanti a lei e, dopo lo sguardo di rimprovero del fratello, le disse: “Perdonami se non capisco i tuoi momenti e se mi faccio prendere, ma devi capire che io ti amo e qualsiasi cosa succeda, resterai sempre la mia rossa.”
La donna si calmò e gli prese il volto tra le mani.
“Shan, scusami se non riesco a gestire i miei sbalzi d’umore, ma mi prende così e non posso farci niente.”
Si baciarono dolcemente, mentre Jared li osservava dall’esterno e sorrise intenerito.
“Tu!” disse Nadine, indicandolo. “Vieni qui, angelo mio!”
Si concessero un lungo abbraccio fraterno in cui si dissero molte cose senza l’uso della parola.
Si staccarono e si diedero appuntamento per ritornare all’aeroporto e tornare a casa.



E così com’era iniziato il loro viaggio, si concluse.
Erano ai loro posti, con la differenza che Shannon, Nadine e Drake erano seduti nelle postazioni a quattro con una ragazzina olandese che aveva le sue cuffie ben piantate nelle orecchie.
“Si torna a casa.” disse l’amico ai due di fronte.
“Già, chissà cosa ci aspetta…” ammise malinconica stringendo la mano del compagno.
Era mattina e dovevano arrivare a Los Angeles in tempo per il responso e per l’ultima lavanda gastrica; Shannon aveva programmato tutto l’itinerario nei minimi dettagli, salvo ritardi e traffico.
Tutto stava andando secondo i piani e ne fu ben contento.
“Amore, svegliami un po’ prima dell’atterraggio nel caso in cui non riesca da solo a rendermi conto dell’orario. Riposo un po’ gli occhi perché il fuso orario mi ha ammazzato.”
Lei annuì e lo vide posizionare meglio il capo sul cuscino da viaggio e abbassarsi la mascherina scura.
Per tutto il viaggio non fece che guardare in viso i passeggeri e rendersi conto che alla fine la sua vita non era poi stata così male e che il suo piano di aiutare il prossimo per sentirsi migliore aveva funzionato.
Sorrise tra sé e sé e prese a scherzare con Drake, contenta di aver ripreso il loro normale rapporto.
Passarono ore a scimmiottare le hostess e i loro amici: si divertirono a lanciare pallottole di carta a Tomo e Vicki che, prontamente, imprecavano non capendo da dove arrivassero; facevano squilli anonimi ad Emma che minacciava di bloccare la scheda tramite la polizia e poi presero a fare le boccacce a Joshua ed Aurora che ridevano, facendo casino.
Poi la rossa incontrò lo sguardo di Jared e lo trovò incredibilmente vuoto di emozioni.
Nell’aria era palpabile l’amore, che variava tra le varie coppiette e tra genitori e figli, ma il cantante aveva l’espressione assorta e lei capì che aveva bisogno di qualcuno da amare e che lo amasse per ciò che è.
“Arrivo Key.” annunciò, prima di andarsi a sedere accanto al suo tesoro.
Lui sorrise fintamente e guardò oltre il finestrino.
“Jared che succede?” gli chiese costringendolo a voltarsi.
“Nulla, pensavo.”
Inclinò il capo e lo osservò meglio: gli occhi, stanchi e privi di sentimenti, venivano coperti spesso dalle palpebre che sbattevano pesantemente ed erano accerchiati da un alone scuro per via dell’insonnia.
Le rughe erano più pronunciate e sul volto si vedeva la leggera barbetta brizzolata che contrastava coi capelli biondissimi.
Aveva abbandonato da un po’ la sua cresta Pome e aveva giurato che li avrebbe fatti tornare normali un giorno.
“La verità, tesoro.” rincarò la dose e lui sbuffò, continuando a fissare le nuvole che scorrevano sotto di loro.
“Non mi sono mai sentito così solo in vita mia. Di solito la musica mi aiuta, ma questa volta non colma il vuoto che ho nel petto, non riempie le mie notti insonni e non mi fa più stare bene. Non sorrido più spontaneamente pensando a nuove basi musicali per le mie canzoni o a nuovi video. Non riesco più a scrivere e non ne ho voglia sinceramente. Voglio amare qualcuno che non sia frutto della mia immaginazione o dei miei sogni e voglio essere amato perché sono Jared senza Leto. Il cognome che porto, la mia fama, il successo, pesano e non mi permettono di capire se la gente mi ama per ciò che sono o perché sono Jared Leto.”
Nadine si sporse verso di lui e lo abbracciò come aveva fatto lui con lei la mattina stessa e gli sussurrò: “Troverai la tua metà, Jared, la troverai. Non sai quando, né come e né dove, ma devi solo vedere bene, ma non con gli occhi belli che ti ritrovi, ma col cuore grande che hai. Sei troppo immenso e hai un mondo troppo pieno da poter stare solo. Non cercare l’amore, perché ti sfuggirà sempre, bensì fatti trovare e lo troverai anche tu.”
Jared le stampò un bacio sulla fronte e annuì, osservandola mentre tornava a posto e si addormentava sulla spalla del fratello maggiore.



Un conato di vomito e scappò in bagno sotto gli occhi dell’infermiera Bucks che stava trafficando su quel computer in attesa del responso.
Shannon tirò lo sciacquone, si lavò il viso e si bagnò i polsi, rientrando nella sala della ragazza che lo attendeva.
“Come è andata?” gli chiese ormai rassegnata all’idea che dovevano aspettare altri minuti.
Un lampo ruppe il silenzio della stanza e il rumore delle goccioline che si posavano sulla finestra fecero da sfondo alle parole dell’uomo, che rispose: “Bene, alla fine è andato tutto per il meglio. Ha chiarito con tutti e ci ha dato ottimi consigli. Eravamo tutti commossi e io ho avverato tutti i suoi desideri.”
La biondina arrossì, capendo che avevano fatto l’amore per l’ultima volta e cambiò argomento per sfuggire all’imbarazzo.
“Le ho fatto degli esami dieci minuti dopo che siete arrivati e ho notato che ha preso i calmanti. Cos’è successo?”
Shannon guardò alle spalle dell’infermiera dove vi era la finestra ormai piena di nebbia addensata e pioggia di Novembre.
“Vari attacchi di panico e piccole discussioni, ma nulla di grave. Siamo rimasti con un Ti amo come frase finale e non con rabbia e rancore.”
La ragazza non rispose e osservò lo schermo del PC.
“E’ arrivato il responso…” annunciò agitata.
Con un paio di click lo mandò in stampa, mentre nella mente del batterista susseguirono le immagini della loro storia come un film.
Il loro ultimo bacio, prima di andare a fare la lavanda gastrica, la sua richiesta di restare sola, il suo Ti amo sussurrato a fior di labbra, il suo sguardo fisso nei suoi occhi, le sue labbra che gli sorridevano e la sua aria tranquilla.
Sto bene, potete lasciarmi sola. disse e tutti andarono via.
Scosse il capo, ritornando sulla terra e osservò la biondina che gli porgeva il foglio delle verità.
Il cuore gli batteva forte, le mani tremavano e la donna di fronte a lui era trepidante, mentre fuori aveva smesso di piovere.
Fece scorrere gli occhi sul foglio e la stanza fu illuminata dal suo enorme sorriso che contagiò presto l’infermiera.
“Compatibile!”






Ci vediamo con l'epilogo.
Baci,
TittaH.
  
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