In un giorno
qualunque.
Alzarsi dal letto
la mattina inizia a diventare faticoso.
La sveglia comprata
all’IKEA durante quella vacanza in Svezia non smette di suonare, decretando
così il mio completo risveglio.
Allungo una mano al
mio fianco, cercando tra le lenzuola.
Quando non trovo
nulla dall’altra parte del letto, non riesco a nascondere un verso di
disappunto.
Dove si sarà andato
a cacciare, questa volta?
Il sole filtra
appena dalle tende semi aperte, ma sembrano pressappoco le otto.
Butto un’occhiataccia
alla sveglia.
Nove e mezzo.
Beh, ci ho quasi preso.
Mi ributto sul
cuscino e sonnecchio un altro paio di minuti, a metà tra lo sveglio e il
sognante.
Quando il ricordo
della sera precedente si fa strada nel mio cervello, tuttavia, mi ritrovo
completamente sveglio e bisognoso di una bella doccia fredda.
Scuoto
vigorosamente la testa nel tentativo di non arrossire e esamino attentamente i
resti della cena in camera.
Ci sono ancora i
bicchieri pieni di coca-cola, e un trancio di pizza abbandonato al suo ignobile
futuro, e destinato inesorabilmente ad ammuffire.
Sposto la mia
attenzione dai reperti archeologici che ieri erano la cena e mi fisso sulla
finestra.
Mi alzo dal letto e
mi avvicino lentamente per scostare le tende.
La visione è
paradisiaca, come tutte le mattine.
La settantaduesima
strada è meravigliosa come sempre.
Apro appena la
finestra per far entrare l’odore acre di smog, pasticcini e hot-dog.
New York di mattina
è lo spettacolo più bello che un uomo possa mai avere
la fortuna di vedere.
La luce è intensa,
e le strade brulicano di vita.
Il fornaio davanti
casa lavora da ore, e un odore adorabile arriva fino alla finestra, sicuramente
proveniente dal bar italiano qui sotto.
Croissant,
fantastico.
Lo Starbucks all’angolo sembra già gremito di folla. Una anziana signora porta a passeggio il suo bassotto
proprio davanti al portone d’ingresso del condominio in cui viviamo.
Sembra passata una
vita dal diploma, eppure sono solo due anni che abbiamo lasciato l’Ohio.
All’inizio non è
stato facile abituarsi alla vita frenetica di New York, dove nessuno dorme mai,
di notte.
Eppure sono pieno
di entusiasmo per questa santissima città esattamente come lo ero appena ci
sono arrivato.
Trovare quest’appartamento
da dividere con Blaine è stata pura fortuna.
Viviamo a nemmeno cento metri da casa di Rachel e Finn, anche se
loro ci passano meno tempo.
Rachel è sempre in
giro a fare provini, come il sottoscritto d’altronde, e Finn ha trovato un
lavoro decente in una ferramenta, almeno fino a quando
non si sposeranno.
Pare proprio che la
proposta arriverà a momenti, ed effettivamente non vedo l’ora di festeggiare
con Rachel con una delle nostre epiche colazioni da Tiffany.
Non credo che
dimenticherò mai la prima che facemmo, proprio poco prima di perdere le
nazionali.
Quella volta
riuscimmo perfino ad intrufolarci nel set allestito per Wicked.
Il sogno di una
vita.
Ci sono tornato con
Blaine l’anno scorso, a vedere quel Musical.
E’ stato epico,
stupendo, meraviglioso, fantastico, divino.
Insomma, sono gay,
posso trovarvi biliardi di aggettivi di questo genere, per un Musical!
Blaine era così entusiasta all’idea di andare a
vedere Broadway.
Ci stiamo tuttora
uccidendo di provini, cercando qualche parte in giro, ma fino ad ora abbiamo
ottenuto solo ruoli marginali.
Rachel sta calcando
il palcoscenico, invece. Viene scritturata per quasi
tutte le parti per cui fa i provini.
Alla fine sembra
che il suo amore non sia stato ostacolato dalla carriera.
Finn sarebbe
disposto a seguirla anche in Australia, tanto per dirne una.
Tornando a me e Blaine, mi domando dove accidenti sia finito.
Scappare così prima
del mio risveglio, dopo una serata come quella di ieri!
Mi allontano dalla
finestra con un sospiro rassegnato e mi dirigo in cucina strusciando le
pantofole.
Appena apro la
porta mi inonda un’odore di
pancake appena sfornati.
Spettacolo
mattutino divino!
Blaine, vestito di tutto punto, mi sorride dalla
sua postazione davanti ai fornelli.
“Ho preparato la
colazione.” annuncia tutto giulivo, facendomi un
sorriso che va da orecchio a orecchio.
Mi fiondo sui pancake.
“Scei coscì…tenero!”
Blaine ridacchia del mio biascicare a bocca piena
e appoggia sul tavolo un paio di tazze fumanti.
Caffè.
Adoro questo
ragazzo, l’ho mai detto?
Sicuramente da
quando, quella volta in Ohio, disse con noncuranza di sapere esattamente il mio
tipo di caffè preferito.
Probabilmente dal
primo momento in cui l’ho visto.
Gli faccio un
sorriso smagliante prima di tuffarmi nella mia tazza e intossicarmi dell’odore
meraviglio del caffè.
Blaine mi sorride di rimando e sembra pensare a
qualcosa con molta molta
intensità.
Alla fine se ne
esce con un: “Oggi non hai un provino?”
“Eh, già.” rispondo, riemergendo dalla mia tazza. “Che la forza sia con me.”
Blaine scoppia a ridere, buttando un’occhiata al
mio adorabile zaino Chewbacca, suo regalo di natale,
ma torna serio quasi subito.
“Posso venire a
vederti?”
Mi fa quegli occhioni dolci, che fanno tanto piccolo cucciolo di foca
smarrito, e non posso far altro che arrendermi e arrossire violentemente.
Lui ne approfitta
per prendermi una mano e stamparmi un bacio sulle labbra.
Non appena decido
che finire il mio caffè proprio adesso che
sto baciando Blaine non è assolutamente una priorità,
una palla di pelo bianca mi salta sulle ginocchia miagolando infastidita.
Blaine sospira sulle mie labbra e si allontana con
un sorriso sgembo.
Io lancio uno
sguardo tagliente a questa soffice, malefica creatura, che ricambia la mia
occhiataccia con sfida.
“Mia cara,
adorabile Lady Gaga, dovevamo per forza interrompere?”
Lei miagola e si
gira verso l’ultimo pancake, infilandomi la coda nel naso, giusto a
sottolineare quanto gli importi di aver rovinato un momento così romantico.
“Brutta palla di
pelo che non sei altro, diventerai una botte.” la rimprovero.
Blaine ridacchia –stamattina è tutto un sorriso –
e si alza dalla sua sedia, avvicinandosi a me.
“Visto che il
provino è alle quattro di questo pomeriggio,” sussurra
al mio orecchio. “perché non riprendiamo da dove eravamo rimasti ieri sera?”
Arrossisco violentemente mentre mi prende per mano e praticamente mi
trascina in camera.
Lancio un finto
sguardo disperato verso Lady Gaga, che mi ignora,
troppo impegnata a ingozzarsi con il suo – mio – pancake, ma alla fine mi
arrendo e mi lascio trascinare da Blaine.
Si volta verso di
me, tutto entusiasta, e chiude la porta.
Gli sorrido
dolcemente e mi avvicino per abbracciarlo.
“Grazie per ieri…e
per stamattina. Per tutto, insomma.” mormoro sulla sua
spalla.
Lui si allontana
quel tanto che basta per guardarmi dritto negli occhi, e nel suo sguardo riesco
solo a leggere una dolcezza pressoché infinita.
Arrossisco di
nuovo, e mi domando per la centesima volta come è possibile che una persona
bella come Blaine possa essere capitata proprio con
me.
Poi lui si ritrova
a un soffio dalle mie labbra, gli occhi sempre dritti nei miei.
“Buon Compleanno, Kurt.” sussurra prima di baciarmi.
Mi lascio andare al
suo abbraccio e lo spingo delicatamente sul letto.
E’ un giorno
qualunque, di una vita qualunque.
La finestra aperta
lascia entrare un po’ d’aria fresca, profumo di caffè e l’odore di New York
piena di energia, e so che questa è la vita che ho scelto, la vita che ho
sempre voluto.
Grattacieli alle
spalle, Brodway ad un passo e Blaine
che mi accarezza i capelli tra una carezza e un bacio.
Dedicata a Ilaryf90.
Perché il titolo è una canzone del suo amato
Marco.
Perché il suo gatto si chiama Malika,
ed è una palla di pelo bianco soffice soffice.
Perché presto ci lascerà per andare a spassarsela
in mezzo agli svedesi.
Perché Kurt è l’amore
della sua vita.
Perché lunedì è il suo
compleanno, e stavolta non sapevo davvero cosa regalarle.