“
Si Può Amare Sino Ad Impazzire? ”
Ha gli occhi
socchiusi e i
suoi pensieri, pieni d’amore, volano a Cedric. In quegli
ultimi giorni sentiva la sua presenza ovunque.
In tre anni non
l’aveva mai sognato. Sperava di
poterlo fare e invece ogni
volta che chiudeva
gli occhi vedeva solo il buio e la sofferenza
aumentava. Pregava Merlino che il mattino arrivasse presto. Odiava
dormire. Se
lo faceva le tenebre la inondavano e ciò la uccideva, come
l’Oscuro Signore,
aveva ucciso a sangue freddo Cedric Diggory.
Concentrata su
quel pensiero
così intenso, che le fa perdere il senso con la
realtà, si ricorda i momenti in
cui avvertiva il respiro di Cedric sulla pelle. Avvolta dalla tristezza
che si
abbatte sul suo
fragile cuore, piange, piange e
ancora piange, senza mai smettere. Non ricorda più
nemmeno da quanto tempo le lacrime insistenti continuano a rigarle il
volto.
Il tempo fuori
non osava
cambiare, luci abbaglianti si intravedevano mentre una nera atmosfera
nascondeva il paesaggio. Sola, nella desolazione della sua vita, era in
piedi,
ad occhi chiusi, all’interno della doccia della sua camera,
fredda e avvolta
nella nube di vapore, che lentamente era scesa sulla sua testa, mentre
il
continuo tintinnio dell’acqua la cullava.
All'improvviso
un tuono
dirompente la fa scattare, per lo spavento, come una molla, mentre la
luce, che
entra dalla finestra, le illumina il viso segnato da lacrime oramai
asciutte e
quel bagliore colpisce prepotente persino lo specchio poco distante
dalla
cabina, lasciando sfuocare un'immagine misteriosa, che si intravede dal
riflesso e che lei, chiusa tra le teche di vetro appannate, non
può vedere.
Da
quanto stava dormendo?
Lo faceva anche
in quell’istante, con il capo piegato
in avanti e i il corpo completamente bagnato, tremante sotto il forte
getto
d’acqua, che la isolava da qualsiasi altro rumore, nel
perimetro di quella
doccia. Dopo la notte passata ancora una volta a fare l’amore
con Zach,
incurante che nella stanza ad osservarli, in un angolo buio, ci fosse
anche lui.
Il tempo non cambiò di una virgola. La pioggia continuava a
scendere insistente
come le lacrime che scivolavano lungo il suo viso.
Da
quanto continuava a piangere?
Da quando?
La sua mente
è spenta del tutto, non si è neppure
accorta che l’acqua, a gocce pesanti, continuava a scendere
come una tempesta
sulla sua testa e che le mani poggiate sulle mattonelle davanti a lei
tremavano
per il freddo improvviso che era sceso tra quei vetri.
Aveva
bisogno di piacere!
Piacere
infantile.
Rianimare
il corpo pensando a lui.
E come un ombra
senza suono dolcemente la propria mano
esitante scivola tra le gambe lunghe e snelle, immaginando di essere
nel suo inverno
più naturale.
Perché
lo sentiva così
vicino? Perché le sembrava di averlo lì accanto?
Il suo profumo
che la
inondava, i suoi occhi che la fissavano e
il suo cuore che fatalmente batteva ad ogni tocco!
Il suo corpo
geme, mentre
sente la voglia che la invade spingere per uscire. La sente
manifestarsi sul
viso, colorandolo di rosso. La sente aumentare, mentre con la timida
mano si
accarezza pudicamente. Una lacrima le scivola lungo il viso, solcando
il mento
e toccando un capezzolo turgido. La raccoglie e se la porta alle labbra.
“Fa
male! Fa male!”
Supplica se
stessa di non
piangere. Sono le sue labbra che vuole sentire. Il desiderio aumenta e
la
trascina in una danza di sensazioni ineguagliabili, ma la sua assenza
la fa
soffrire. Era lui che voleva, solo lui!
“Mi
hai uccisa!”
Afferma
istintivamente
sgranando gli occhi. La pazzia stava prendendo il sopravvento! Lui lo
sapeva!
Sapeva che lei era lì a soffrire per lui. Sapeva che
nell’oscurità di quella
doccia lo stavo aspettando, che
lo stavo
cercando!
Mugolando
qualcosa di
incomprensibile, serra le palpebre, in attesa forse di spegnersi per
sempre,
sotto il peso grave della sofferenza. Tira un sospiro tra le tante
lacrime che
continuano a rigarle il volto, il battito cardiaco inizia ad accelerare
improvvisamente,
nel momento in cui cerca di immaginarselo lì con lei. Lo
stava pensando anche
in quell’istante. Nel gelo sceso accanto a lei. I vetri della
doccia, si
appannano ancora di più e le goccioline d'acqua diminuiscono
una dopo l’altra.
Il viso di Daphne si alza verso la doccia, cercando di capire
perché l’acqua si
è fermata. Il suo sguardo si acciglia, corrugando la fronte
in un’espressione
pensierosa.
Silenzio!
Un silenzio
innato che non
credeva di poter percepire mai più. I battiti
improvvisamente aumentano, si
fanno doppi e un respiro più affannato sussurra qualcosa. Il
coraggio di
voltarsi le manca come il sole in estate. Un soffio di vento. Caldo.
Passionale. Era proprio lì all’altezza della
spalla. Spaventata, inizia a
tremare restando nella cabina doccia. Non era lo stesso respiro di
Zach. Era
più profondo. Un respiro conosciuto . . .
Socchiude gli
occhi,
mordendosi leggermente le labbra. La mano tra le sue gambe, con un
gesto
invisibile viene spostata.
*
Aveva visto ogni
santo
giorno quando facevano l'amore.
Gemiti e baci
rubati, quando
lui era dentro di lei e si muoveva perfettamente. Aveva visto tutto,
nascosto
in quell’angolino della stanza, aveva osservato ogni cosa e
il suo cuore si era
frantumato in mille pezzi. Aveva percepito il suono del vetro
rompersi,
lacrime di sangue erano scivolate lungo il suo viso sporcandolo.
Se era morto in
passato in
quel momento era morto definitivamente.
L'aveva
dimenticato!
Questa era la
sua paura più grande. Sì era egoista, ma
l'amava così tanto che era diventato egoista, aveva pianto
per giorni, quelle
goccioline di sangue avevano formato lentamente un lago, dove lui
continuava a
sporcarsi. Nella sua testa c'erano ancora quei gemiti di piacere, c'era
il nome
di Zacharias non più il suo. Quella notte come molte altre,
il cielo piangeva e
gli spiriti volavano felici, tutti tranne quello di Cedric.
Camminava
accanto alle
persone vestito con una giacca invernale nera, il suo viso
pallidissimo,
distrutto. Nessuno poteva vederlo, lui non era più di carne.
Da un paio di
giorni, si aggirava tra la gente sentendo il battito del cuore diverso,
come se
fosse rotto, frantumato e sospirando continua a piangere. Era
un’anima dannata.
Era morto nel peggiore dei modi, come potevano aspettarsi che fosse un
angelo?
In pochi minuti gli avevano strappato l'anima.
Cedric era
maledetto, ma non
riusciva ad accettarlo.
Non riusciva ad
accettare
quell'esistenza, era alla ricerca del suo corpo, doveva trovarlo per
ritornare
di nuovo in vita, ma quegli occhi color ambra non cambiavano
più. Erano e
sarebbero stati per sempre dannati.
Improvvisamente
il luogo in
cui si trova cambia. Il suo corpo fatto di anima si smaterializza nella
sua
casa.
Hogwarts.
Com’era bella!
Sorride mentre
corre velocemente lungo le pareti di
quella scuola, entrando in quello sporco dormitorio, quel posto che
odiava
tantissimo. Quel posto che l'aveva fatto morire ancora una volta. Si
intrufola
tra le mura percependo il suono dell'acqua, era il getto della doccia
che
scorreva velocemente, c'erano lacrime e dolore. In pochi secondi si
immerge tra
quell'acqua calda, fissando Daphne amarsi da sola così
dolorosamente.
Nonostante la
profonda
angoscia che avverte, si avvicina ancora di più sentendo
finalmente tra quelle
narici fredde il caldo calore del suo profumo, quel profumo
afrodisiaco, quel
profumo che aveva cercato a lungo.
Piano accarezza
il suo viso
sottolineando ogni suo bellissimo tratto, lentamente le mani scendono a
esplorare con estrema dolcezza il suo corpo perfetto, socchiude gli
occhi
sapendo che lei non può vederlo, tra quel vapore caldo che
ormai ha invaso il
vetro della doccia, lascia scivolare la mano con lentezza e piano si forma un'impronta.
La mano di
Cedric.
Un messaggio.
Lui era lì e
anche se non poteva amarla con il corpo, lo faceva da lontano.
Suda e trema.
Lentamente un'altra lacrima scarlatta
scivola lungo il suo viso, cadendo fino alla superficie di porcellana
della
doccia.
Era
visibile!
Era
sangue. Era dolore. Era forse vita? Era un segno.
Un segno che lui
c'era, che
stava piangendo per lei, perché l'amava, sì
l'amava, troppo e stava morendo
ancora una volta, dopo averla vista tra le braccia di lui. L'aveva
guardata
mentre faceva l'amore con il suo migliore amico.
Il suo cuore si
era rotto,
chi avrebbe mai raccolto quei resti invisibili? Nemmeno Dio, tutti si
erano
dimenticati di lui e quei pezzi nessuno avrebbe potuto rimetterli
insieme.
*
Quando la sua
mano come per
magia viene spostata, forse dal tocco invisibile di qualcuno, lei in
quella
doccia, in quel momento, in quella cabina fitta di vapore fino al
soffitto,
si rende conto di
non essere sola.
Trattiene il
respiro,
sentendo proprio che un’altra mano ha sostituito la sua. Un
attimo di cedimento
e Daphne ormai in preda al panico, si volta di scatto verso
l’anta di vetro,
per constatare che non ci sia nessuno, oltre
lei.
Solo
il vuoto. Solo lei. Solo quel vapore.
Eppure lei
avvertiva
qualcosa. C’era qualcuno in quel preciso istante insieme a
lei, anche se non
poteva vederlo.
Il respiro
è affannato e geme incondizionatamente
senza nemmeno accorgersene. Gli occhi si socchiudono come in estasi.
C’era
qualcun’altro e quel qualcun’altro la stava
toccando. Un passo indietro e
distende le braccia ai lati del corpo, poggiando i palmi tremanti
contro i
vetri. L’impronta della sua mano é evidente.
Chiara e liscia, bagnata e
ghiacciata, era stampata sul vetro, lasciando uno di quei segni che
solo dopo
strofinii forzati di un panno per pulire sarebbe andato via. Il cuore
accelera
come una scopa in volo in un torneo da Quidditch e alzando leggermente
le
palpebre, si volta a guardarsi intorno più volte.
Quelle mani.
Quelle mani che
sentiva sul suo corpo. C’era dolore. C’era
speranza. C’era tristezza.
Il
chiaro tocco di un uomo innamorato.
Trema ancora in
preda quasi allo spasmo. Quelle dita
erano lì tra le sue gambe e giocavano esperte, sapendo dove,
cosa e come
toccarla. Conoscevano il suo corpo. Era come una nube di vapore, che la
stava
invadendo. Improvvisamente le impronte sul vetro diventano due.
L’altra è più
grande, più spessa ed è proprio sovrapposta alla
sua. Daphne incosciente, ormai
persa in quel turbine di emozioni, sussurra un nome, salito dai
reconditi della
sua anima e del suo cuore, distorto, intriso di gemiti e ansimi, che le
strozzano la gola.
“C-Cedric
. . .”
Chissà
perché aveva come la sensazione
che quell’impronta fosse la sua. Se l’avesse mai
raccontato a qualcuno
l’avrebbero presa per una pazza. Non vedeva nulla davanti a
lei. Nulla solo il
vapore. Solo l’acqua che gocciolava. Solo lei. Ma
l’emozione. La sensazione.
L’avvertiva eccome. Sente una mano stringere la sua,
intrecciarsi tra le sue
dita e l’altra intrufolarsi tra le sue gambe. Quando in modo
nitido qualcosa
perfora le pareti del suo accesso proibito, si ritrova a serrare le
gambe e si
accascia in avanti, fermata da qualcosa. C’era un corpo.
Immagina un torace
levigato, ma i suoi occhi non le mostrano nulla.
Cos'era? Un fantasma?
Uno spirito?
“Cedric
ti prego . . .”
Parlava a voce
molto bassa.
Non perché non volesse farsi sentire, ma perché
le mancava la forza persino per
parlare.
“Perdonami,
t-ti prego fallo
. . .”
Un altro gemito,
più forte,
tanto forte da farle fare un passo indietro. Uno soltanto e toccare con
la
schiena bagnata, le mattonelle fredde. Dalle sue labbra nuvolette di
fumo
nascevano incontrollate.
Faceva freddo.
Tanto freddo.
Il suo corpo tremava, come se fosse nuda in mezzo alla neve e al gelo.
Si
stringe nelle spalle, sentendo il suo corpo strisciare contro la
parete. Era
snervante non vederlo. Poi un sussurro, un soffio di vento – Chiudi gli occhi –
aveva detto. La sua voce bassa e profonda,
quella che amava sentire. In sottofondo “Claire
De Lune”, suonava lontana.
“S-sei
tu . . .”
Accompagnata da
quella dolce
melodia, Daphne socchiude gli occhi e lì davanti a lei,
appare una figura.
Lui.
Aveva gli occhi
chiusi ma improvvisamente li riapre e
vede Cedric. Lo sguardo si abbassa appena un po' solo per seguire il
suo corpo
nudo. La macchia di sangue, lì tra i suoi piedi,
l’aveva intravista pochi
minuti prima, ma non aveva capito cosa fosse. Credeva di essersi
solamente
fatta del male e invece era stato lui. La nebbia del vapore si
infittisce e
Daphne lentamente rialza lo sguardo, seguendo le gambe muscolose e
velate da
una leggera peluria maschile, l’inguine dal desiderio
accentuato, il torace
scolpito di un ragazzo più adulto. Le spalle larghe, le
braccia più snelle, il
viso sottile e la barba lì tra le guance e il mento, le
labbra carnose e gli
occhi verdi come la speranza di averlo con lei. Occhi che si incrociano.
Il riflesso di
Daphne nei
suoi.
“C-Ce-Cedric
. . .”
Aveva voglia di
svenire.
*
Aveva sfiorato la sua pelle con le
dita, quei tocchi l'avevano fatta sprofondare nei profondi abissi del
desiderio. Adesso stava gemendo per lui, che con quel tocco invisibile
aveva
accarezzato la sua intimità lentamente, come solo un uomo
innamorato sapeva
fare.
Perché
nonostante l'avesse
vista fare l'amore con Zach, era sempre perdutamente innamorato, aveva
sentito
il cuore battere per lei e rompersi allo stesso momento, piano piano
quei pezzi
si stavano risistemando come se avessero fatto parte di un puzzle,
complicato,
così il cuore di Cedric sembrava che in pochi secondi fosse
come nuovo. Era un
cuore gelato e freddo. Non c'era più fonte di vita, non
c'era più nulla. Non
aveva più calore, ma tra quell'organo così
ghiacciato, i battiti per Daphne non
erano mai mancati, battiti che non esistevano.
Dolcemente si
avvicina
ancora di più a lei. Così bella, ma il suo corpo
non era più suo, quel corpo
odorava ormai di pino, il profumo di muschio sparito insieme all'odore
di
tabacco. Ancora un passo ed è vicino alle sue labbra
così perfette e carnose,
ma sporche e gonfie per i baci di Zacharias.
Quanto faceva
male?
Molto. Troppo!
Un chiodo
conficcato a
fondo nel petto era
più sopportabile.
Continua ad
accarezzare il suo volto e si avvicina al
suo orecchio pronunciando in un sussurro profondo e colmo di
eccitazione.
“Chiudi
gli occhi”
E lei aveva
chiuso gli
occhi. Sente la carne prendere vita, il sangue comincia a scorrere
lungo le
vene e in pochi secondi quel vapore forma un corpo umano.
Carne.
Sangue.
Si ritrova a
sbattere le
palpebre più volte, non capendo come fosse successo,
è molto confuso, forse era
stata la forza dell'amore, forse era stata quella dannata forza di
vivere, la
fissa ancora rimanendo senza parole. Sconvolto, le sorride con
dolcezza. Le
guance ormai erano rosate. C'era sangue e vita, si avvicina ancora a
lei,
notando che si stava sentendo male, sopraffatta dall'emozione.
Lui
percepiva tutto, il pensiero di ogni
persona, ogni cosa! Bastava guadarli negli occhi, come in quel momento
stava
facendo con Daphne, pochi secondi, nemmeno il tempo di respirare e l'abbraccia forte,
più forte che mai.
Non doveva
cadere dalle sue
mani, non di nuovo.
Non doveva
perderla, non di
nuovo.
La stringe
così forte che quasi si sentì protetto lui
stesso, era a casa finalmente. Quel vapore aveva cambiato tutto, aveva
dato
vita allo spirito dannato che tanto l'agognava.
Ma
se fosse stata solo un'illusione?
Se tutto quello
che stava
succedendo era solo una squallida illusione? Questo non poteva saperlo,
ma in
quei pochi secondi decise di godersi quell’attimo, stringendo
il piccolo
corpicino tremante del suo angelo terrestre, Daphne.
“Sono
io . . .”
*
Vederlo lì davanti agli occhi.
Sentirlo. Avvertirlo tra le braccia. Sulla pelle. Sulle labbra e vicino
al
cuore, era l'emozione più intensa che potesse vivere con la
persona amata.
Posando la mano
sul suo
petto, accompagnata dal suo tocco ancora invisibile, sente la carne
prendere
vita. Il sangue comincia a scorrere veloce nelle vene. Pulsa sotto i
polsi e
accende il cuore, riattivandolo dopo la morte. Non stava dormendo. Si
era
congelato nell’attesa di ritrovare il vero amore.
Forse era reale
quella forza
così potente da spezzare l’incantesimo della morte
e riportare un corpo così
giovane alla vita?
Daphne non
sapeva. Non voleva e forse non capiva
nemmeno. Cosa c’era di così importante da capire?
Spiegarlo era impossibile.
Perché non poteva essere vero. Non poteva essere
lì per davvero.
L’acqua
della doccia, torna
a rigare i loro visi dai tratti più adulti. I capelli
appiccicati sul viso. I
peli delle braccia scivolosi e bagnati. Le guance arrossate e il corpo
tremante. Il freddo era scomparso. La nube di vapore l’aveva
portato con sé.
Tenendo la mano
sul suo
petto. Il petto di un uomo e non quello di uno spirito, Daphne
involontariamente imita Cedric, sbattendo anche lei le lunghe ciglia.
Forse per
svegliarsi. Forse per constatare che non fosse tutto un sogno.
–
Sto per svegliarmi, non è possibile! Ti prego non
farmi riaprire gli occhi. Non voglio chiuderli nemmeno. Voglio vivere
in questo
sogno se è realmente ciò che sento di percepire.
Non svegliarmi . . .
Implorava la sua
stessa
coscienza, vittima anche lei di quell’amore tanto forte, da
accompagnarla dopo
lunghi anni dalla sua assenza. La mano ancora su quel petto bagnato
sembrava
affetta da una crisi convulsa, non riusciva a fermarsi e le dita
battevano
sulla pelle, come se stessero suonando un piano, alternando i tasti
bianchi e
neri. In sottofondo la melodia che accompagnava da sempre la loro
storia.
Quella
storia che tanto faceva male.
Quella storia
che più di
vivere, uccideva anche solo al passaggio del suo respiro.
Perché
lo sconvolgimento negli occhi di Daphne non era
scomparso, nemmeno quando lui irruento l’avvolge tra le
braccia, possedendola e
schiacciandola a sé, incurante forse di farle mancare il
respiro. Era stato per
anni la sua aria, la sua luce, poi l’aveva abbandonata.
Eppure adesso era lì.
In quella cabina doccia, troppo piccola per tutti e due. Troppo, da non
permettergli di allontanarsi.
–
Sono io! – sussurra la sua
voce profonda. Non c’erano mai state urla tra i due, solo
sussurri, parole volate al vento, all’arrivo di un bacio.
Lacrime. Singhiozzi.
Se fosse stata davvero la realtà, Daphne non desiderava per
nulla al mondo
svegliarsi, per tanto incoraggiata da quella presa così vera
e inimmaginabile,
alza le braccia molli e artiglia la schiena di lui, trovandosi con i
piedi
sospesi. La reggeva con entrambe le braccia essendo così
fragile e piccola, tanto
da tenerla sorretta tra il proprio corpo e il muro dietro le sue
spalle. Le
unghie di lei si conficcarono nella schiena, constatando la
realtà di quel
corpo.
Era
sangue. Era calore. Era vita.
“Cedric!”
La presa sembra
stritolarli
entrambi. Il dolore delle sue braccia non eguagliava la sofferenza
provata
nell’aver capito di aver perso per sempre la metà
del suo cuore.
Il viso di lei
affondato
nell’incavo del collo di lui, che la imita e intrufola il
naso tra i suoi
capelli bagnati. Cercava il suo odore. Non quello di pino. Il muschio,
intriso
di rose. Più volte ripete il suo nome. Per crederci.
Credere, che sotto la
pioggia di una doccia, c’era lui con lei. Non Zach, ma Cedric.
Perché
per quanto l’altro potesse cambiare aspetto,
non poteva essere lui!
*
Le mani
sfiorano di nuovo la sua pelle, quella stretta tanto forte, quel
profumo il
suo, le labbra scivolano lungo le sue, troppo vicine.
“Sono
io!”
Ripete con un
sorriso, un
sorriso nuovo. Un sorriso di felicità, fissa i suoi occhi,
ormai naso contro
naso, respiro contro respiro. Il mondo fuori riposava in pace, il palmo
della
mano dietro la sua schiena nascondeva appena quel suo piccolo
corpicino, le
loro intimità troppo vicine, troppo per non mischiarsi di
piacere.
“Amami
solo per un istante. Io sono solo un sogno, ma
amami ti prego!”
Un altro
sussurro contro le
sue labbra, e in quella notte di pioggia un bacio dato con dolcezza,
con
passione, con amore, con sofferenza.
Il bacio
più bello del mondo, le lingue desiderose si
muovono insieme, frettolosamente. Ma in quella fretta c'era il dolce
sapore
della passione, la saliva amara come quelle lacrime che erano scivolate
contro
i loro visi troppo confusi per capire. Erano presi dall'amore,
quell'amore
sofferto ma tanto bello, quell’amore invidiato e forse unico.
Era lui lo
sentiva sotto
pelle, mentre entrava dentro di lei, nel suo mondo, nella sua vita e
nel suo
mare di emozioni. Entrava, capace di non uscirne più,
perché era lì che voleva
restare, in quel posto, in quell'anima candida ormai sporcata da lui.
Socchiude appena
gli occhi
avvertendo le ondate di piacere avvolgere i loro corpi, lei era
lì contro le
mattonelle fredde di quella cabina doccia, lui addosso a lei che
spingeva in
lei con ardore tutto il suo amore, spingeva nel modo più
passionale e aggressivo
che poteva, spingeva per non morire di felicità.
Stavano
facendo di nuovo l'amore.
La pelle
lentamente prese di
nuovo il suo profumo, rose! Quello che aveva inciso nella mente da anni
ormai,
bastava annusare piano il suo braccio e sentiva le rose, e ancora rose.
Come
poteva dimenticarsi di lei? Quel profumo aveva perforato il suo
cervello, non
voleva più andare via. Aveva cercato di dimenticarlo, quando
lei gemeva per
l'altro, si era intrufolato nella sua anima durante un cielo in
tempesta, aveva
lasciato scorrere le gocce lungo la pelle, ma nulla!
Quell’odore era impresso
nella carne, nel sangue. Non andava più via, ormai non c'era
più nulla da fare.
Era
droga, era morte.
Ma era
così dannatamente
piacevole che non riuscivi a farne a meno, anche se ti strappava per
pochi
secondi la vita, il corpo, ma il tuo cervello continuava ad insistere,
a
cercarla . . .
Perché
sebbene fosse la morte, in qualche posto dentro
di te, era la vita.
*
– Amami ti
prego!
La supplica di
Cedric arrivò tra il suono della pioggia
e gli ansimi trattenuti che Daphne si obbligava a non pronunciare.
Semplicemente alle parole – Sono
solo un
sogno! – la realtà torna a calarle
davanti agli occhi.
Stringendolo tra
le braccia,
avverte quella scossa improvvisa di piacere intrufolarsi tra le sue
gambe. La
presa contro il suo corpo si rafforza, una mano si infila dietro la
schiena e
le mattonelle bianche sotto i piedi di Daphne volano improvvisamente
via.
Se tutti i sogni
fossero
stati così intensi come quello che stava vivendo, le
avrebbero fatto molto più
male di quanto non avesse creduto possibile.
Come
si poteva amare qualcuno anche dopo la sua morte?
Nessuno le aveva
mai
spiegato che dopo quest'ultima il cuore doveva liberarsi. Non potevi
continuare
a sperare che chiunque fosse lì, su nel cielo, tra le
nuvole, potesse ridarti
ciò che la terra ti aveva strappato. Nessuno, nemmeno
Merlino. Daphne lo
sapeva. Sapeva che non esistevano incantesimi in grado di riportare in
vita la
persona amata, lo sapeva eppure . . .
Eppure
stringendo il corpo
di Cedric tra le braccia, serrando le gambe attorno al suo bacino,
quando
un’ondata di calore, carne e desiderio, la riempie con
attenta e accurata
dolcezza, lei si illude che qualcosa di quell’effimero
momento d’amore potesse
essere la realtà delle cose.
Cedric era
lì!
Cedric la stava
amando in
una cabina doccia troppo stretta. La stava magicamente sfiorando, come
solo lui
quand’era in vita sapeva fare. Il suo migliore amico,
Zacharias Smith, aveva
provato a sostituirlo, ma era impossibile. La Pozione
Polisucco, riproduceva un corpo, non le emozioni, non gli
stessi odori, non lo stesso amore.
Era come un
sogno.
Quello che ora
sentiva, era
solo realtà.
Una
realtà che la lasciava
in silenzio, si tingeva d’amore e
sfumava col desiderio.
Artigliata alle
sue spalle, si soffoca con i baci di
lui. Si era avvicinato talmente tanto, da impedirle di parlare,
sussurrare
qualcosa o persino respirare, perché adesso solo dalla sua
pancia riusciva ad
ottenere l’aria necessaria per sopravvivere.
Perché i baci erano così dolci e
aspri allo stesso tempo, sapevano di nostalgia degli anni passati.
Il corpo di lui
si modellava
a quello di lei. Dentro. Fuori. Fuori e dentro. Le lingue intrecciate
chiedevano asilo. Solo il rumore dei loro corpi. Quel rumore di
striscio. Il continuo
sfregare di due bacini bagnati. Scivolavano veloci, facili,
l’uno contro
l’altro. Le labbra si desideravano, ignorando il bisogno di
respirare.
Cosa poteva mai
esistere di
più bello, che morire tra i baci di un amore dimenticato?
Perché
lei non l’aveva
dimenticato. Forse stava per accadere. Forse lentamente dopo tre anni
stava per
succedere. Ma non l’aveva mai fatto.
Baciandolo con
la sola
voglia di restare così per sempre, ricordare loro, ricordare quell’amore,
ricordare ciò che il tempo le
aveva impedito di dimenticare. Improvvisamente le loro bocche si
scollano solo
per incamerare della sciocca aria nei polmoni. I muscoli si tendono e
gli occhi
si chiudono. Le labbra si dilatano e un gemito roco e ovattato dal
suono
ricorrente della doccia, giunge alle orecchie di un Angelo.
“M-mai
pi-iù, m-ma-mai più .
. .”
La voce flebile
e sottile di
Daphne tenta di arrivare alle orecchie di Cedric, ma il viso di lui
è affondato
in quei capelli bagnati. Si stava riposando sulla sua spalla e non
accennava a
lasciarla libera. Sarebbe rimasto lì nel suo corpo. Anche
dopo l’ondata
prepotente del piacere. Anche quando il suo desiderio si fosse
acquietato. Lì,
tra la carne calda di un corpo di donna.
“N-no-non
lasc-lasciarmi . .
.”
*
Questo non poteva prometterlo, non
le poteva promettere che non se ne sarebbe andato. Non sapeva nemmeno
il motivo
per cui era di carne e sangue e stava facendo l'amore con lei, continua
a
muoversi tenendo gli occhi socchiusi fino a quando il piacere arriva al
limite
e i loro corpi si riempiono d'amore.
Cedric con
estrema dolcezza
esce da dentro il suo corpo, baciando appena le sue labbra gonfie per i suoi baci questa
volta e di
nessun'altro, con le mani bagnate dal getto d'acqua della doccia
accarezza i
suoi lineamenti facciali, scende di nuovo a sfiorare il suo seno fino
ad
arrivare giù all'intimità,
poi di
nuovo risale verso
il suo viso bagnato.
“Ti
amo . . .”
Sussurra,
sentendo la pelle svanire pezzo per
pezzo, stava scomparendo.
Si avvicina per
baciarla ancora una volta, una volta
che non sarebbe stata l'ultima. Sarebbe tornato ad osservarla da
lontano,
mentre la tocca con leggerezza un'altra lacrima di sangue macchia il
suo viso,
la prima, la seconda, la terza, continuamente cadono lacrime che si
mischiano
con il getto d'acqua.
“Questo
è solo un sogno,
adesso dormi amore mio . . .”
Mormora ancora
con un nodo
alla gola, portandola a letto come una principessa. Continua ad
accarezzare i
suoi capelli, quei boccoli appena bagnati, il suo profumo era di nuovo
sulla
sua pelle, muschio. Socchiude gli occhi, lentamente stava per
scomparire, sta
ritornando di nuovo vapore, spirito.
“Questo
magari è un addio
amore. Ho cercato di essere egoista in questo periodo, volevo che non
mi
dimenticassi, sai mi sento troppo vuoto per continuare a vivere qui
come
un'anima in pena. Ti ho vista fare l'amore con Zacharias, il mio cuore
praticamente si è rotto, ma sono felice che tu ti stai
creando una nuova vita.
Io sono morto, non posso più tornare indietro, sono dannato.
Sono pericoloso,
non faccio più per te, la mia vita sarà sempre e
solo così, un vapore. Potrai
mai amare un vapore?”
Chiede in tono
triste.
“Mai!
Vivi la tua vita, un
giorno magari troverò la felicità e
potrò ritornare da te, ti vedrò sorridere
con un'altro uomo, magari avrai una famiglia ed io sarò
felice per te. Ti
guarderò da lontano, sicuramente sarai bellissima vestita da
sposa. Sarai la
meraviglia del mondo, non potrò baciarti all'altare ma
potrò guardarti. Mi
basta questo. Adesso devo proprio andare . . .”
Stava quasi per
smaterializzarsi.
“Lo
senti questo suono? È il
battito del mio cuore. Portalo sempre con te, amore mio. Non
dimenticarmi mai,
è l'unica cosa che voglio. Ne ho bisogno per vivere, se la
mia si può chiamare
ancora vita!”
Si stringe nelle
spalle e
scompare, lasciando che alcune lacrime invadano il pavimento, macchiato
dal
sangue che scorreva lungo i suoi occhi.
Daphne dormiva,
per lei sarebbe stato solo un sogno,
Cedric era solo un sogno nient'altro. Era polvere di morte, era vapore.
Non era
vita, ma per quei pochi minuti aveva vissuto dentro di lei, aveva
socchiuso gli
occhi sospirando di piacere, quel piacere macchiato di dolore.
Quel piacere che
ora che si
è di nuovo allontanato lo dilania e lo fa piangere.
Si chiude ancora
una volta
in quel vortice oscuro, le tenebre lo avvolgono senza di lei,
la sua unica ragione di vita.
La stava
lasciando vivere la sua esistenza senza di lui...
ANGOLO AUTORI
Non serve spiegarvi molto di quello che la One-Shot vi ha illustrato, abbiamo deciso di scrivere su Cedric Diggory, un personaggio poco preso in considerazione, per il semplice fatto che Nik lo trova tremendamente affascinante e io me ne sono innamorata, sentendo l’ispirazione scorrermi veloce nelle vene quando scrivo su di lui. Vi chiedere del perché alla scelta di Daphne Greengrass, come personaggio femminile, beh anche qui la risposta è semplice. Noi due ci siamo conosci grazie ad un Gioco di Ruolo sulla Saga di Harry Potter e guarda caso, io ero Daphne come PG e lui Cedric, di conseguenza ci siamo subito trovati a scrivere e così è nata la nostra collaborazione.
La
mini storia come avete
letto parla di alcuni anni dopo la morte di Cedric, che torna sulla
terra per
un banale attimo, ricordandosi della sua Daphne, della quale era
innamorato ai
tempi in cui era il Campione di Hogwarts, ed era ancora vivo.
Non
ci sono molte domande da
fare e risposte da darvi, abbiamo messo la nostra anima in queste righe
e la
cosa che ci ha sorpreso, è stata costatare che in alcuni
punti la One-Shot
sembra essere stata scritta da una
sola persona e non a quattro mani. Magico
no? Beh da parte nostra, crediamo sia solo la bellissima sintonia che
si è
creata tra noi.
Detto ciò se questa andrà bene, abbiamo in programma una Long, sul fantastico personaggio di Cedric, perché non deve essere necessariamente screditato solo perché l’attore Robert Pattinson ha interpretato il vampiro Edward Cullen. Tenente a mente questa frase :