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Autore: PrincesMonica    16/07/2011    9 recensioni
E' una FF che mi è nata dopo i Concerti Italiani. non so da dove sia uscite, comunque è stranamente Tenerosa. Jared si mette in relazione con una ragazza un po' diversa dalle solite e che lavora per loro. Riuscirà a capire che cosa vuole?
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 7
 
Era strana Los Angeles con la pioggia. Diventava una città diversa, come se perdesse parte del fascino e ne acquistasse uno diverso.
Zoe guardava fuori dalla sua finestra, in attesa che le sue studentesse finissero di fare il compito assegnato. Erano ottime studentesse e non poteva essere diversamente. La Marie Curie High school era innanzi tutto una scuola privata e comunque solo per ragazze che si erano distinte particolarmente. I meriti sportivi non contavano, soltanto quelli didattici venivano presi in considerazione. Il voto minimo per poter rimanere nell’istituto era la B. C’era moltissima concorrenza per entrare e una forte competitività per rimanerci. Il primo mese Zoe era rimasta sconvolta, poi aveva messo in pratica l’esperienza fatta con gli Echelon. Alla fine era più o meno la stessa cosa.
Da quando lei era diventata Echelon tanti anni prima a quel momento, le cose erano cambiate in maniera radicale e a lei non piaceva. All’inizio erano pochi, legati alla band in un modo puro e divertente. Ora c’erano invidie, accoltellate alle spalle, isterie e tutto per quei tre. Per quale ragione poi, dato che comunque i Mars avevano messo un muro tra loro e i fan? Vita privata e lavorativa divisa.
Sospirò: era incredibile, tornava sempre a pensare a lui.
Si sedette sulla scrivania e prese a guardare le ragazze chine sui loro compiti. Il silenzio era rotto solo dal rumore delle penne che graffiavano la carta.
A Zoe mancava Jared. Le mancava da morire, sentiva come se qualcosa di sbagliato fosse entrato nella sua vita. I primi giorni dopo il ritorno a casa li aveva passati sistemando le stanze e le valigie. Non aveva avuto molto tempo per fermarsi a pensare a tutto quello che era successo, solo una settimana dopo si era seduta sul suo divano libero della polvere e si era fatta un pianto liberatorio.
Non avere Jared al suo fianco l’aveva lasciata senza  fiato. Non aveva veramente capito quanto lui era diventato parte integrante della sua vita. Non riusciva a dormire più di qualche ora per notte e l’unica cosa che la faceva riposare era una maglietta nera di Jay che per sbaglio era finita nella sua valigia. Non l’aveva lavata, l’aveva tenuta con il suo profumo addosso e anche se ora, a dicembre inoltrato non ce n’era più, lei continuava ad usarla. La prima notte di consapevolezza stava quasi per mandare a fanculo la sua amica e correre da lui.
“Bella cazzata.” Mormorò senza accorgersi che alcune delle sue alunne la fissavano curiose.
Aveva scelto di vivere la sua vita e non si era pentita. Si stava pentendo, questo si, di non avergli detto di starle vicino. Ma anche questa era una cazzata, in fondo lui mica poteva rimanere a Los Angeles? E soprattutto non ci poteva rimanere solo per lei, inutile neanche pensarci.
Guardò l’orologio.
“Ancora mezz’ora ragazze.”
Aveva seguito il tour dei ragazzi tramite internet e le lunghe chiacchierate che faceva con Tim o con Emma. Erano gli unici due che sentiva ancora, anche se, ovviamente, l’unico discorso che non si affrontava mai era quello di Jared. Zoe non chiedeva e gli altri due non dicevano niente. Solo Emma una volta aveva avuto il coraggio di dire due parole sulla situazione pessima in cui verteva il suo Boss, ma Zoe aveva troncato. Non voleva assolutamente sentirsi male pensando a quanto non fosse in forma lui. Le bastava vedere le foto per rendersi conto che le occhiaie erano tornate prepotenti, che era di nuovo dimagrito al limite dell’anoressia e che sorrideva poco. La tournè in Francia non era stata spendida come avevano sperato, questo glielo aveva detto Tim *, e questo sicuramente lo aveva indispettito.
Sospirò di nuovo: perchè ci stava ripensando in quel momento? Aveva deciso, parlando con il suo cuore e il suo cervello, di limitare i Mars pensieri a casa sua, non a scuola davanti a venti adolescenti curiose che già le avevano fatto il terzo grado quando avevano saputo che cosa aveva fatto durante i mesi precedenti. Eppure il ricordo di Jared era troppo presente quella mattina per non entrare in lei.
Probabilmente a causa della pioggia che rendeva tutto grigio, un po’ come i suoi occhi. Che rendeva tutto ovviamente tempestoso, come era stata la loro ultima notte assieme, quella notte che nel bene e nel male non avrebbe mai, mai dimenticato.
 
Finalmente a Los Angeles.
Il tour estivo era terminato con le date in Nevada e i ragazzi avevano qualche giorno di Pausa prima di volare in Giappone**. Jared si era proposto di darle una mano con la casa per quel giorno e poi l’aveva invitata alla Mars house. Doveva non solo mostrarle il libro di Macchiavelli che tanto l’aveva stupita, ma anche per salutarla degnamente. E lei ne era felice, in fondo era la prima volta che entrava li ed era esattamente come l’aveva immaginata. Stava entrando in un mondo magico, fatto di oggetti pacchiani, come il tavolino con la donna accovacciata che tanto amava Shannon, l’armatura di Efestione che fissò un po’ scettica, fino a montagne di libri che rischiavano di cadere, il bellissimo ed enorme divano che si vedeva in tutte le loro interviste del 2009, l’asettica cucina, segno distintivo che in quella casa non ci viveva una donna.
Era la casa che aveva immaginato per mesi e mesi e lei ora era lì.
“Accomodati, fai come se fosse casa tua.”
“Grazie. Ma non cucini tu, vero? vorrei evitare una intossicazione alimentare.” Jared le fece la linguaccia e si mise a ridere prendendo il telefono in mano.
In meno di cinque minuti stavano aspettando una pizza gigante, seduti sul divano guardando un vecchio film in bianco e nero su un canale via cavo. Zoe lo guardava di sottecchi: lui sembrava estramente rilassato, tranquillo. Felice di essere a casa. E si chiese che cosa stesse pensando.
“Senti Zoe, resti a dormire qui stanotte?”
“Non ho portato niente con me... nessun cambio.” Lui la fissò con quegli occhi grigi ed estremanente grandi, facendo spuntare il labbro inferiore come un bambino. Zoe scoppiò a ridere e gli diede un pugno leggero sulla spalla.
“Va bene, mi fermo qui.”
“Ottimo! Dovrò usarla più spesso questa tattica se funziona così bene.”
“Credo che alla metà delle tue fan basta solo che glielo chiedi e ti diranno sempre di sì.”
“Già, solo tu riesci a dirmi di no.” Fece tornando serio. “Oh arrivao il cibo. Fantastico!” si alzò in fretta al suono del campanello.
Zoe era confusa.: cosa aveva visto in lui? Anzi, no, cosa aveva percepito di stonato? Quell’ultima frase, non la questione pizza, ma il sapergli dire di no. C’era qualcosa che non andava, una sfumatura di rimpianto, un leggero dolore che non riusciva a mascherare. Forse si era veramente affezionata a lei.
“Mangiamo di la o finiamo il film?”
“Resta sul divano... visto che non c’è Shannon posso fare la parte dello svaccato.”
“Perchè di solito?”
“Sono quello elegante e pieno di buone maniere.”
“Si certo, come no.”
“Dubiti delle mie capacità di gentiluomo?”
“Da Mister dico un Fuck ogni tre parole? No guarda, Mr Darcy fatto e finito.”
“Mi stai sfidando ad essere un gentiluomo? Bhe ti stupirò.”
Andò in cucina tornando con una tovaglia bianca dall’aria poco vissuta, poi le posate, i bicchieri e perfino i piatti.
“Se fai partire anche un lento di Barry White potri pensare che tu voglia portarmi a letto.”
“Per quello non mi serve la pizza, credo.”
“No, decisamente.”
La pizza era ancora abbastanza calda, con la mozzarella che filava e i peperoni succulenti. Zoe si stava poprio godendo quel momento.
“ A proposito di Shannon, dov’è?”
“Ha preso la Ducati e se ne è andato. Gli è bastato dormire una volta sul suo letto e si è stufato.”
“E tu hai dormito questa notte?”
“Non troppo. Non posso abituarmi male.”
“Ma se fino all’altro giorno riuscivi a dormire per sette ore la notte.”
Jared rimase in silezio, apparentemente assorto dal film e quindi Zoe non continuò. E poi aveva una pizza da finire: conoscendo il suo compagno di cena, la maggior parte del cibo lo avrebbe terminato lei. E vabbhè, per una pizza si sacrificava volentieri.
Terminarono di mangiare e poi il film, Zoe fece per sistemare le stoviglie, ma Jared la fermò.
“Lascia stare, vieni con me.” la prese per mano e la portò verso la parete che dava sulla piscina in quel momento vuota, dove l’unica acqua presente era quella della pioggia che copriva la città in quella serata.
“Sembra bello qui fuori.”
“Si non è male. Ci abbiamo fatto un paio di tuffi... ci aiutava a smettere di pensare al problema EMI e per cinque minuti eravamo solo tre deficenti che facevano cazzate in piscina.”
“Tranquillo, anche ora restate tre deficenti.” Jared ridacchiò, mentre lei apoggiava le mani al vetro e cercava di guardare lontano, ma la luce scarseggiava. Sentì solo la bocca di Jared premere sul collo e le sue mani che scivolavano sotto la maglietta e la abbracciavano.
“Dormivo sette ore per notte perchè c’eri tu.”
Zoe rabbrividì: il sussurro all’orecchio di Jared l’aveva lasciata senza parole non solo per l’incredibile carica erotica che aveva, ma soprattutto per l’incredibile dolcezza e tenerezza.
Si voltò verso di lui e gli accarezzo la guancia, lentamente, come per cercare di fissare nella sua memoria ogni singolo centimetro di quel corpo perfetto, ogni singolo pelo di quella barba che tante notti l’aveva fatta urlare, quei due occhi incredibili, infiniti, che sebravano guardarle dentro.
Bellissimo.
Lo baciò: voleva imprimersi anche il suo sapore. Sapeva che non sarebbe servito: un uomo del genere non si poteva dimenticare. Lo abbracciò, voleva sentirlo su di lei, avrebbe quasi voluto che lui la implorasse di rimanere li, cosa che ovviamente non avrebbe mai fatto, perchè per Jared non esisteva più il legame fisso.
Si ritrovò in un batter d’occhio in intimo, con le gambe attorno alla sua vita, mentre lui la spingeva contro il vetro della porta finestra. Il contrasto tra la pelle bollente di Jared e il freddo del vetro la fece gemere.
“Portami a letto.” Gli mormorò nell’orecchio.
“No, non credo di riuscirci.”
L’ultimo pensiero razionale di Zoe fu rivolto a Shannon: fa che non torni a casa.
 
Non aveva dormito quella notte. L’aveva passata abbracciata a lui, accarezzandogli i capelli ancora lunghi, mentre lui le respirava dolcemente sul seno, perso in qualche sogno un po’ agitato.
Era stata una notte strana: dopo averlo fatto sulla porta finestra del salone, Jared l’aveva baciata a lungo, appoggiandosi a lei. Sentiva che le stava dicendo qualche cosa con un sentimento struggente, l’aveva, oh santo Iddio, amata nel vero senso della parola. Poi l’aveva portata, in braccio, ancora si chiedeva come ce l’avesse fatta, nella sua stanza e l’aveva amata ancora.
Era quello che, ancora in quel momento mentre attendeva i compiti delle ragazze, si chiedeva: Jared era innamorato di lei? Non aveva avuto il coraggio di chiederglielo per paura che una sua parola mandasse a quel paese tutte le buone intenzioni che aveva riguardo la sua vita. Eppure... l’ultimo sguardo che le aveva lasciato mentre lei usciva da casa sua l’aveva veramente distrutta.
“Professoressa, sta bene?”
“Uh?”
Alcune delle sue studentesse la guardavano a bocca aperta, stupite di qualcosa. Zoe non ci mise molto a capire cosa stava succedendo: stava piangendo. Non si era neppure resa conto che mentre pensava a lui, alcune piccole lacrime avevano preso a scendere silenziosamente.
“Scusate. Avete finito? Dai, avete ancora dieci minuti.”
Lentamente, uno ad uno, i compiti si impilarono sulla scrivania: notò e occhiate pietose, ma anche curiose, delle sue bambine. Non era proprio una grande cosa quella, in fondo era una insegnante, non una amichetta da consolare. Sospirò: in fondo ormai la cosa era fatta.
Uscì dall’aula per andare in mensa a mangiare: quel giorno doveva esserci l’arrosto, quindi lo mangiava più che volentieri.
Stava per addentare la sua seconda porzione di carne, quando sentì Edge of the Earth che proveniva dal suo telefono. Lo prese dalla borsa e si stupì a vedere chi la stava chiamando.
“Ciao Tim.”
“Ciao bellezza, come stai?”
“Io bene, stavo mangiando. E tu?”
“Io mi sto godendo il ritorno a casa prima del gran concerto finale.”
Zoe sorrise: era l’ennesimo tentativo di farla andare a Londra per il concerto di Capodanno. Giocò con la forchetta nel piatto facendo muovere una patatina novella. “Comunque sto bene. Ci siamo divertiti un sacco, anche se mancavi tu e si sentiva.”
“Figuriamoci, con tutta la gente che c’è ai vostri spettacoli, che ci sia io o no, non cambia nulla a nessuno.” Leggero silenzio, poi Tim, perdendo il solito tono leggero riprese.
“Cambia tutto per Jared, Zoe. E anche se tu tenti in tutti i modi di negarlo, lo sai.”
Lei sbuffò.
“Per lui sono solo un’amica. Forse una un po’ più simpatica di altre, ma di certo non una che gli fa cambiare la vita.”
“Zoe, non capisci un cazzo.”
“Se gli interessavo così come dici, mi avrebbe detto qualcosa no? Invece niente, mi ha salutato e buona fortuna. E comunque non cambia quello che io voglio, cioè una vita normale. È tanto difficile da capire per te ed Emma?”
“Onestamente sì. Dai Zoe, ammettillo, girare per il mondo, vedere posti nuovi ogni santo giorno, fare un lavoro splendido...”
“Non vedere quasi niente dei paesi in cui andiamo, conoscere gli aeroporti come le nostre tasche, controllare fans sclerate e un frontman che è una Divah.”
“E che ami.”
Zoe smise di giocare con la forchetta, raschiando i Rebbi sul piatto. Tim l’aveva appena colpita dove le sue convinzioni vacillavano.
“Non cambia lo stato delle cose.”
“Zoe, cambia tutto, lo sai che anche lui prova le stesse cose per te.”
“No! Non lo so e non ci credo. Un conto è quello che dite tu ed Emma, un conto è quello che può dire lui. E guarda caso lui non dice niente.”
“Cambierebbe qualcosa se te lo dicesse?”
“Non lo so, forse. Comunque io non mollo la scuola. Questo è poco, ma sicuro. Sembrerà assurdo, ma mi piace un sacco insegnare e mi trovo bene. Senza considerare che la paga è buona e i miei colleghi sono simpatici.”
“Sono solo scuse che ti dai. Comunque ora vado, che ho le prove per il concertone. E ti dico che sarà incredibile, meglio di tutto quello che abbiamo fatto fin’ora.”
“Cioè vi degnerete di suonare nuovamente il Self Title?”
“Fanculo Zoe.”
“Reciproco, Tim.”
Il ragazzo fissò lo schermo muto. Quella ragazza aveva l’incredibile capacità di farlo alterare. Non che dicesse cose sbagliate in generale, ma era così testarda da non volere credere all’evidenza. Ci andava a sbattere con la testa e non si fermava, anche se se la stava rompendo. E soprattutto anche se stava rompendo la testa anche a Jared.
Tim non provava per Jared quell’affetto fraterno che aveva per Tomo o Shannon, forse perchè il cantante aveva comunque un carattere schivo e chiuso, quando si trattava di sè e Tim non era il giullare della situazione, anche perchè si sentiva a volte tagliato fuori. Non riusciva ad andare da lui a chiedergli come stava, ma non ne aveva poi così bisogno. Lui sapeva osservare e non ci voleva poi tanto per capire che Jared era diventato il fantasma di se stesso. Non solo era tornato a livelli di peso a rischio denutrizione, ma non dormiva, era irascibile, spesso si chiudeva in lunghi silenzi decisamente non da lui.
Jared era cambiato.
Jared era un uomo distrutto.
Sul palco provava ad essere sempre il solito e per quasi due ore ci riusciva, tranne quando si lasciava sopraffare dal dolore e cantava Hurricane con voce rotta.
Tutti avevano capito che c’era qualcosa che non funzionava e lo dicevano.
Tutti sapevano che era dovuto alla mancanza di Zoe, ma nessuno aveva il coraggio di dirglielo.
Nessuno fino a quel momento, si disse Tim.
“Scommetto il mio basso che a Capodanno Zoe sarà con noi.”
 
 
*Ovviamente spero che non sia così...
**Per ora non so di altre date, quindi....
   
 
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