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Autore: SasuSakuForever    17/07/2011    0 recensioni
Melanie e' la classica ragazza che non sa descriversi. Non ha un aspetto fisico, non lei. E' dannatamente insignificante come l'ultimo satellite situato nel punto di confine tra un'orbita e l'altra. Si lascia trascinare, la piccola Mel. Così minuta e insignificante non è in grado di prendere una decisione, non da sola.
Non è nemmeno in grado di amare, non lei. O meglio, sa amare, ma non come vorrebbero gli altri.
Ama per convenienza, ama come è capace, ama.
E intanto gli altri si allontanano da lei, scappano. Perché si sentono straniti, si sentono in pericolo di fianco a quella ragazza che è capace di farti dubitare anche di te stesso.
Tu hai una convinzione e lei te la porta via, ti fa credere a tutt'altro. Mel è così.
Però intanto su ciò che sente lei sa sempre tutto. Lei pensa che in una cosa ci devi credere, per essere convinto. Perché se non ne sei convinto non puoi amarla. E se non puoi amarla non puoi credere in lei, semplice.
Inoltre lei ama Nat. Forse.
Genere: Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Camminava impazientemente sul muretto della palestra, canticchiandosi Fibra mentre aspettava l'arrivo di Nat, non sapeva cosa sarebbe successo. Si immaginava già una lite, abbastanza violenta, si sarebbero dati addosso in continuazione, poi avrebbero fatto pace come sempre e si sarebbero dimenticati tutto. Il quadro era perfetto, mancava solamente un soggetto del dipinto: Lui. Arrivò, come un fulmine, un felpone bianco a scritte nere conteneva tutti i suoi pensieri, e forse anche un pacchetto di Lucky Strike. Con molta calma, raggiunse Mel, ripassò mentalmente tutte le azioni, sarebbe stato calmo, non le avrebbe dato addosso. Se l'era promesso. Mel scollegò il cervello, senza nemmeno accorgersene;sapeva benissimo che ipotesi stava sostenendo, stava semplicemente difendendo la verità con le unghie. Stavano litigando, e non poco. Lui sosteneva, come abitualmente faceva, che lei lo tradisse, per giunta senza nemmeno nascondersi. Jake, Jake, Jake; non sapeva parlare d'altro. L'unica cosa che era in grado di fare era accusarla. E ciò accadeva a intervalli di -quanto?- due giorni circa. Gli spiegò per l'ennesima volta che non era successo assolutamente niente, ma sperava veramente che gli avesse creduto? Mm, io dico di no. Ma quella non era una discussione come le altre, lui sembrava più tranquillo nel dire le cose, anche se mostrava un contegno eccessivo mentre si incazzava con lei. Sembrava quasi pacifico, mentre a lei scoppiavano le vene come palloncini. Non ce la faceva più, era sul punto di mandarlo a quel paese. Ed effettivamente lo fece; con la sua faccia contorta e senza espressione, lei gli urlò in faccia un bel vaffanculo, che andò a colpire Nat come un pugno in pancia. A quel punto lui esplose improvvisamente, come se avesse accumulato tutta la rabbia e avesse bisogno di riversarla; la prese per il collo tanto prepotentemente da sembrare la furia di un uragano e, tenendola stretta, la alzò di peso e la sbattè contro al muro, senza un preciso scopo. Lei inizialmente lo guardò come se non gliene importasse niente, si stava focalizzando sul cielo, che quel giorno era adornato da nuvole grigiastre e spente; cercava in quell'ammasso di vapore un qualche assurdo senso, sperando di aver trovato un passatempo che la occupasse mentre lui la lasciava andare. Intanto lui cercava nei suoi occhi un segno di debolezza, anche minimo, per far forza su quella e cominciare a tenerla in pugno. Insomma, lei lo aveva fatto per tutto questo tempo, perché lui non lo poteva fare? Strinse di più, voleva sentire i polpastrelli congiungersi perfettamente con la sua pelle, fottutamente candida e priva di segni, come la prima nevicata della stagione. A quel punto le loro iridi si scontrano prepotentemente, in un dialogo muto che stavano portando avanti da troppo tempo; Mel cominciava a sentirsi mancare il respiro, i polmoni si stavano raggrinzendo per la mancanza di aria che li riempiva perfettamente. Cominciò a giocare con il suo sguardo, tentando di invogliarlo a lasciar la presa. Ma non mollava cazzo, Nat non mollava. Allora provò l'ultima via che le era rimasta. Fiato per parlare non ne aveva più, quindi cominciò a muovere disperata i piedi, sperando di colpirlo anche solo una volta. Niente. Resisteva. Come un fottuto albero che non si piega nemmeno con la forza di mille venti, quello non si smuoveva. E Mel continuava a tirargli calci, fino a perdere le forze. Stop. Le svenne tra le braccia, la testa ciondolante e il corpo inanimato. Cadde a terra, inerme e lui con lei. "Cosa diavolo ho fatto?" cominciò a pensare lui in preda all'ansia, all'angoscia o a chissà quale altra cazzata simile. La distese meglio, la guardò. La pancia non aveva il suo movimento regolare, era piatta e a tratti si sollevava debolmente. Il cuore non sembrava battere, il respiro non vibrava più tra le flebili labbra. Non sapeva cosa fare. Allora, imitò quelli nei film, le guardie di salvataggio; le tappò il naso e cominciò a soffiarle aria in bocca, sempre più velocemente. Non ce la faceva più; era nel panico. Comincò a piangere, lacrime lucide, lacrime di vetro. Perché lui le aveva donato solo nicotina e catrame, solo quello. I respiri sono fatti solo di ossigeno. E le sue lacrime erano solo sale.
  
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