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Autore: Emi Nunmul    17/07/2011    3 recensioni
«Taka-chan»
Eravamo seduti sull’erba tagliata a regola d’arte e lo spettacolo era già iniziato da un paio di minuti. In risposta le presi una mano.
«Sei felice?»
Attesi, prima di rispondere, nonostante non avessi dubbi su cosa dirle.
Quella era felicità.
«Sì, Rei-chan»

Capitolo 4: AVVISO
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Ruki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se siete propensi a commuovervi facilmente, vi prego, scusatemi T__T




3.  Bathroom

Sette luglio.
Mancava un solo giorno, ormai. Era stato un anno di felicità travolgente ed inaspettata tragicamente spezzata quasi tre mesi prima del nostro anniversario. Ed era come se fosse iniziato un nuovo ciclo. Eravamo passati dalla prima vera all’inverno in un batter d’occhio. Il tempo che ha una moto per investire un passante, per prendere un esempio a caso. E penso che da quel dannato giorno, che cancello –o ricordo- sul calendario ogni anno con un pennarello rosso, abbia iniziato a tornare come prima; più chiuso e scontroso di prima, probabilmente. E lei... non era lei.

«Posso presentarmi?»
Voltò il viso verso di lei, Takanori, verso la sua nuova compagna di classe e di banco. Era una ragazza sorridente, dagli occhi azzurri –che non riusciva a capire se avessero quel colore per via delle lenti o fossero naturali- e capelli biondi mossi. A momenti non pareva una giapponese.
«Certo. Piacere, Takanori»
«Reila»
Ed un altro sorriso inaspettato, sorriso che, in qualche modo, non pareva contaminato dal dolore del mondo esterno e dal loro rigido sistema.

Camminava per le strade di Tokyo, Takanori, nel pomeriggio del suo sedicesimo compleanno. Portava Sabu-chan a fare una passeggiata, stringendosi nel lungo e scuro cappotto e portando la sciarpa all’altezza di naso e bocca. Nonostante trovasse il suo compleanno un giorno qualunque e ogni giorno lo trovasse monotono, quella mattina, a scuola, quel sorriso aveva scosso qualcosa, qualcosa per cui aveva iniziato a non fargli così tanto schifo quello che lo circondava.
In un’altra mezz’ora di camminata il moretto arrivò presso un piccolo parco, con grandi alberi che, una volta seduti ad una panchina, sotto le fronde, avrebbero potuto celare il cielo grigio di febbraio.
Eppure, tutto quello su cui si concentrò, una volta entrato nel parchetto, fu una ragazza che teneva fra le braccia un bimbetto piangente con le mani insanguinate e un ginocchio sbucciato, visibile per via dei jeans strappati. E quella era la stessa ragazza che aveva seduto accanto a lui quella mattina. Teneva quel ragazzino fra le braccia, seduta a terra, vicino ad una panchina, come solo una madre può fare. E tutto quello che desiderò Takanori in quel momento, fu voler essere il suo bambino.

Tutto questo era stato spazzato via. Tutto quello che avevo conosciuto di Reila in quei tre anni si era dissolto, lasciando solo un alone. Un alone indelebile.
E mi chiedevo ancora se avrei rivisto quel sorriso innocente e radioso, e se sarei stato avvolto dalle sue braccia, come quel bambino quel primo febbraio, ancora una volta. Tutto quello che vedevo era una persona irriconoscibile; una ragazza pallida, schifosamente magra, dagli occhi spenti. Non era più in grado di trasmettere l’amore per la vita, né la felicità più semplice e rara. E io ne venivo inevitabilmente influenzato.
«Rei...»
«Che vuoi?»
Indugiai «Vuoi mangiare qualcosa?»
«Takanori, ho detto no»

Quella notte lei rimase a dormire a casa mia. Nel letto mi aveva dato le spalle tutto il tempo e io non avevo fatto altro che fissare il soffitto ricordando di sbattere le palpebre di tanto in tanto.
Non chiusi occhio.
Spesi la nottata a pensare a come il nostro futuro era scivolato via dalle nostre mani, come tutto quello che avevamo costruito era crollato, come colei che mi aveva salvato aveva preso a vacillare, ad essere distrutta e ora ad autodistruggersi. Passeggiavo dal letto al balcone dove finii tutte le sigarette che avevo comprato la mattina precedente. Non riuscivo neanche a vedere le stelle, durante quella umida e nuvolosa notte di luglio. Così si presentava il nostro primo anniversario. Il punto è che come stava il cielo, come stava Tokyo, così stranamente spenta, stavo io. Non riuscivo a sostenere più nulla. Un’unica cosa mi sollevava: la band.

La mattina seguente mi svegliai prima di lei, verso le 9 circa. I miei erano già andati via; sarebbero rimasti fuori Tokyo per una settimana. In ogni caso ci sarebbe stato mio fratello, a casa con me, nonostante fosse anche lui impegnato con la sua band.
Preparai la colazione con cura ed amore, soprattutto. Iniziato un nuovo giorno mi sentivo un po’ più positivo. E non passò molto tempo prima che riuscissi a vederla entrare in cucina, ancora evidentemente assonnata. Mi feci coraggio e,  portando il caffè, il latte e i biscotti a tavola, mi chinai di poco di fronte a lei che aveva preso posto a capotavola. Presi coraggio, tentai di sorridere; in fondo non erano da me certe uscite «Buon anniversario, amore»
Portò lentamente lo sguardo verso di me. Osservai bene il suo viso la cui immagine è rimasta ben impressa nella mia mente, da quella volta. Era pallida, sempre di più, gli occhi cerchiati ed infossati ed ancora inevitabilmente spenti. In un attimo li vidi diventare lucidi, per un istante sorridenti quasi come prima.
«Grazie, Taka-chan»
E portò la sua attenzione al caffè.

Reila passò tutta la giornata a casa mia a studiare per gli esami di ammissione all’università di Waseda. Io, invece, insieme agli altri della band, provai tutto il tempo nel garage del chitarrista, il “Biondino”, come lo chiamavamo noi, nonostante ora avesse tinto i capelli blu-azzurro. Si faceva chiamare Kyoki, ora che eravamo nei Kar+te=zyAnose, ma da quando io, lui e Reiki ci eravamo conosciuti per entrare nei Ma’die Kusse aveva cambiato nome un’infinità di volte, come me, del resto. Io ero batterista, loro due sempre fissi al posto di chitarrista e bassista. Certo è che a volte mi risultava difficile realizzare che davvero avessi avuto il privilegio di conoscerli. In fondo, iniziavo a sentire come se pian piano noi tre, se non con i Kar+te ma con qualche altra band, saremmo riusciti ad arrivare da qualche parte; ne ero certo. La loro presenza era così incoraggiante, che anche in quel periodo riuscivo a vedere ancora qualcosa di buono intorno a me. Ma questo, ovviamente, non lo sapranno mai...

Tornai a casa per le nove. Avevo fretta di distogliere l’attenzione di Reila dai libri per qualche minuto, per raccontarle di come stavano procedendo le prove e di quanto la batteria mi stesse finalmente dando soddisfazioni. Quella mattina l’avevo vista. Una flebile luce nei suoi occhi l’avevo vista. Ero certo che se le fossi stato accanto passo dopo passo entrambi saremmo riusciti a tornare sereni come prima.
Eppure...

 Mi accolse Sabu-chan. Abbaiava insistentemente, saltava di qua e di là come impazzita, come se qualcosa l’agitasse. Un terremoto? Ricordo che non ci badai molto. Posai la tracolla sul divano e mi diressi in cucina. Lei non era lì, ma aveva lasciato i libri sul tavolo.
«Rei-chan, sono tornato!»
Tornai in salotto per raggiungere il corridoio. Mentre ero intento a camminare verso la mia stanza, con la coda dell’occhio riuscii a vedere che dalla porta del bagno filtrava della luce, quindi doveva essere sicuramente lì.
Bussai «Rei, sono a casa» e di nuovo «Rei-chan?»
Aprii la porta.

Diciamo solo che passai mezz’ora buona seduto in bagno, sul pavimento, nell’angolo che formava la vasca col muro, con lei fra le braccia, in attesa di un’ambulanza che non arrivava mai. La tenevo stretta, stretta a me, come forse non avevo fatto durante quell’anno. Desideravo quasi di poter essere con lei una sola cosa, di non dividerci mai, di non dover rinunciare ai suoi occhi, al suo sorriso, ai suoi abbracci. A lei. Non avevo fatto nulla di buono, l’avevo lasciata andare alla deriva ed ora sgorgava sangue, dalle sue braccia. Vernice di un rosso vivo. Piangevo, ma non fiatavo. Volevo sentire il suo respiro evidentemente lento. Ero sul punto di dar di matto. Qualcuno lassù aveva deciso di portarmi via tutto ciò che di più bello potessi desiderare ed in maniera crudele e dilaniante.

La portarono via dopo poco più di trenta minuti che l’avevo trovata lì a terra. Cercarono di farmi alzare ma opposi resistenza. Rimasi seduto senza neanche piangere più. Avevo già capito che le ultime parole e l’ultima volta che avrei visto i suoi occhi sorridenti, sarebbe stata quella mattina. Desiderai realmente di poter abbandonare anche io il calore del mio corpo, in quel momento. Raggiungerla. Tutto qui.
Ciò che feci, invece, fu tracciare tre hiragana sul muro, col sangue che mi ero ritrovato sulla mano.

«Grazie, Taka-chan»










Note:

Allora, bene. *Si guarda intorno per qualche motivo profondamente angosciata* ... *Schiarisce la voce*
In questo momento mi sento una perfetta mongola (ed anche un genio perché ho capito come andare a capo senza che NVU mi sballasse tutta la struttura e la formattazione, FUCK YEAH!). Gastematemi, se volete .-. No, perché davvero, io non so da dove mi escono certe cose, giuro °A°" Cioè, non è colpa mia!
Ok, basta, la smetto.
In ogni caso... mmh... è un capitolo che... beh, sì, mi sta molto a cuore, devo dire (datemi della pazza e fate bene XD). E, ovvimente, non mi soddisfa. Mi pare così povero... Boh...

Come al solito non trovo null'altro da dire, quindi passo alle pulzelle che hanno recensito *^*

Ally Mew: Nuova lettrice... AAAAAAAAAAAH! *Super emozionata* Millemila grazie per i complimenti che hai fatto! *^* Beh, sicuramente ho ancora molto da imparare, ma qualche anno fa, quando scrivevo, facevo dei miscugli assurdi, ed il fatto che mi venga detto che ora tutto pare abbastanza ordinato mi rende felicissima. ♥ E addirittura fra le seguite *^* Onore *^* Spero di non deluderti ^ ^/
Bacioni.

Maayatan: Son riuscita ad angosciarti, nee? ^ ^" Non volevo davvero... Non è che sia una fic leggera. Cioè, insomma, non è da leggere in qualunque momento. E comunque sì. Quello su cui volevo marcare è come questi avvenimenti lo abbiano cambiato e, come hai potuto leggere, in questo capitolo lo specifica. Ma probabilmente i miei erano solo filmini mentali per giustificare il suo modo di essere. Ma qui inizio a divagare ed è meglio se evito ^^"
Grazie mille del sostegno, amour. ♥ E' importantissimo (:
Mii tu ti voglio bene. (._.) ♥
Chu ♥

   
 
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