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Autore: Elanor Eliniel    17/07/2011    2 recensioni
"Mentre si inoltrava nel giardino, e poi tra le fronde dei boschi di betulle, sentì amaro il sapore del fallimento e della colpa. Una vita dedicata a difendere la Terra di Mezzo ed alte questioni, ma l’incapacità di proteggere colei che amava sopra ogni altra cosa. L’inettitudine a guarirla fino in fondo, l’aver violato la sua mente, quella sensazione di non aver fatto abbastanza, la rabbia, il dolore, la colpa affollavano i suoi pensieri, soffocandolo."
Una fanfiction che cerca di costruire la loro tragica storia, soltanto accennata in vari punti dal Professore. Sono graditissime recensioni!
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Elladan, Elrohir, Elrond, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il mare s’infrangeva tranquillo sulla riva, creando una melodia incessante, costante, che si ripeteva nel tempo sempre uguale eppur diversa. Gli ultimi raggi del sole si riflettevano sull’acqua, creando riflessi rossastri, ma Gil-Estel stava per sorgere e diffondere la sua luce su quella spiaggia. Dei gabbiani volavano, stagliati contro il cielo vermiglio, planando nella brezza della sera ed il loro stridio si mescolava al rumore delle onde, suonando come un’irresistibile richiamo.
Poi quella voce riecheggiò nella sua testa, ripetendo il suo nome, un’invocazione triste, disperata, terrorizzata, priva di scampo.
 
Elrond aprì gli occhi di scatto e sentì il sogno svanire lentamente, lasciando su di sé un’angosciante sensazione. Ogni volta che riascoltava quella voce nel sonno, una parte di sé si illudeva che fosse ancora possibile salvare Celebrìan in tempo. Pure, non aveva sognato soltanto questo, si disse mentre s’avvicinava alla finestra e poggiava entrambe le mani sul davanzale.
No, il Mare lo chiamava, gli parlava all’orecchio come aveva già fatto con i suoi padri Tuor ed Eärendil, lo attirava e lo invitava a ricongiungersi alla sua amata. Era forse questo ciò che provavano i Teleri dopo aver udito il canto degli uccelli del mare?
Ma quanto tempo doveva ancora trascorrere affinché lo varcasse per davvero, restava un dubbio senza risposta, tuttavia il suo cuore sentiva, suo malgrado, che molti anni lo separavano dal veleggiare sull’enorme distesa d’acqua.
 
Celebrìan aprì gli occhi azzurri lentamente e fu come emergere dal profondo degli abissi sino alla luce del sole. La luce rosata dell’alba filtrava attraverso le fronde, illuminando i mellyrn dal tronco argenteo e dalla chioma dorata; l’acqua del lago Lòrellin era tranquilla sebbene lievemente increspata dalla brezza mattutina. La dama si mise a sedere, avvolta in un groviglio di vesti candide e sorrise a colei che l’aveva destata.
La bianca figura di Estë torreggiava su di lei, benevola. I lunghi capelli biondi come oro ricoprivano l’intera figura vestita di grigio; fiori erano intrecciati nella sua fluente chioma e il sorriso aleggiava sul suo volto, che emanava un tenue bagliore. La sua visione e ancor più la sua voce, infondevano un senso di pace che nessuno che s’aggirasse per le terre mortali avrebbe potuto comprendere.
- Mia signora – fece l’Elfa chinando il capo in segno di deferenza – Cos’è accaduto? –
Pronunciò queste parole alzandosi dal suo giaciglio e lasciando scorrere lo sguardo sulla volta dorata che la ricopriva e sulle acque limpide del lago mentre assaporava quella nuova sensazione di leggerezza, di candore, di benessere. L’ombra dei ricordi le parve triste ma lontana mentre cresceva la consapevolezza di essere una ed integra, hroa e fëa sembravano riconciliate nel loro profondo legame, così come Ilùvatar le aveva create.
Quell’arcano sorriso continuava a distendere il volto della Valië.
- Sono trascorse alcune lune dal giorno in cui giungesti in questi giardini, Celebrìan. Da quel momento hai dormito a lungo del sonno di Estë, l’unico riposo a questo mondo in grado di risanare le ferite tra fea e hroa, tra spirito e corpo. –
- L’Ombra ed il dolore mi hanno abbandonata – esclamò l’Elfa lasciandosi andare, dopo moltissimo tempo, ad una risata cristallina che rallegrò la piccola isola nel centro del lago.
- Ne sono lieta – rispose l’Ainu con la sua voce melodiosa – Pure, poco tempo è trascorso e questa sensazione di benessere potrebbe facilmente svanire se tu ti abbandonassi a tristi pensieri. Ogni notte verrai a me, su quest’isola, ed io ti addormenterò, per poi destarti all’alba. Difatti, io giaccio nel sonno quando sorge l’astro diurno e mi risveglio al calar dello stesso. –
- Comprendo e vi ringrazio molto, mia santissima signora – fece Celebrìan.
- Sei libera di allontanarti dall’isola naturalmente – aggiunse Estë – Ma non farlo tanto da tardare troppo, dovrai trovarti qui quando si farà sera. –
La Valië si distese nella sua dimora per riposare, mentre la dama si sedette sulla riva del lago, osservando il proprio riflesso argenteo nell’acqua. Il suo pensiero andò ad i suoi figli e ad Elrond poiché se l’ombra era sparita dal suo cuore, non lo erano di certo nostalgia e malinconia.
 
Morwen aprì gli occhi ed il suo primo pensiero fu la voce di Galadriel che echeggiava nella sua mente; cercò tuttavia di ignorarla mentre portava a termine i preparativi per la partenza. Finalmente, incontrò Elladan ed Elrohir ed insieme ad essi prese congedo dai Signori di Lòrien: quel luogo era stato per lei fonte di immenso turbamento, quasi il ricordo di Dama Celebrìan aleggiasse tra gli alberi dorati.
Munita di lama, arco e faretra, accompagnò a lungo i figli di Elrond nel loro peregrinare, conobbe molti Dùnedain valenti e molti orchi assaggiarono le sue armi. Passarono gli anni e i due Mezzelfi impararono ad apprezzare le sue doti di guerriera che si rivelarono utili in molte occasioni.
Voleva risplendere, voleva la gloria, voleva essere mirata con occhi diversi il giorno che avrebbe rimesso piede nella felice vallata di Imladris e ne avesse rincontrato il sovrano.
Era questo il pensiero che la sosteneva, unito al desiderio di vendicare la sua famiglia; pertanto non batté ciglio né nell’attraversare i pericoli di Bosco Atro, né nell’affrontare le nevi del Caradhras, né nel cavalcare distese senza fine per poi giungere nei covi degli orchi.
Dunque, fu un’Elfa ben diversa da colei che era scampata al massacro della sua famiglia quella che rimise piede a Gran Burrone, gli abiti logori e la spada di suo padre ricoperta di nero sangue.
 
- La missiva da parte dei Dùnedain dovrà essere consegnata con urgenza – fece Elladan mentre s’apprestava a varcare i cancelli di Gran Burrone assieme ad Elrohir e Morwen.
- Non temere, la porterò io a Sire Elrond – ribatté l’Elfa smontando finalmente da cavallo, seguita dai due fratelli.
Elrohir la trapassò con lo sguardo, con quegli occhi grigi così simili a suo padre.
- Andrò io da lui, non sono forse suo figlio? – dichiarò con tono che non ammetteva repliche.
L’Elfa si limitò a restituirgli un’occhiata di fuoco e si allontanò.
- Credevo d’aver meritato la tua fiducia in questi anni – disse freddamente.
Varcò la soglia del palazzo e svoltò l’angolo verso quello che era stato, molto tempo prima, il suo alloggio.
- Perché la tratti in tal modo? – chiese Elladan al fratello con tono di rimprovero; questi, tuttavia, nulla rispose ed entrambi s’avviarono verso le aule del padre, senza più discutere.
 
Qualche ora più tardi, il sole s’apprestava a tramontare tingendo la valle di rosso mentre Morwen, smessi ormai gli abiti da viaggio e le armi, s’avviava per i corridoi di pietra, avendo intenzione di rivedere Elrond e porgergli i suoi saluti, nonostante, ne era certa, la sua presenza l’avrebbe turbata profondamente, difatti molto aveva sentito la sua mancanza.
Giunse frettolosamente dinanzi alla sua porta, in un volteggiare di vesti grigie e lunghi capelli castani, cresciuti a dismisura durante la sua permanenza nelle Terre Selvagge.
Bussò delicatamente con la candida mano e la voce del Mezzelfo la invitò ad entrare.
Elrond sorrise nel riconoscerla e rivederla dopo tanto tempo.
- Mi chiedevo quando saresti venuta a bussare alla mia porta – fece lui.
- Suppongo fossi convinto di rivedermi parecchio tempo fa insieme a tua figlia, mio signore – rispose lei ridendo.
Egli fu presto contagiato dalle sue risa e l’abbracciò, come se si trattasse di una figlia minore appena ritornata alla sua dimora.
- Tuo padre sarebbe stato fiero della guerriera che sei diventata – disse poi guardandola in viso.
Morwen smise all’improvviso di sorridere ricordandone gli ultimi istanti di vita.
- Lo spero – mormorò laconica mentre il Mezzelfo tornava a sedersi invitandola a fare altrettanto con un gesto della mano.
- E voi lo siete? – chiese ad un tratto, senza muoversi.
Elrond si voltò nuovamente verso di lei, colto di sorpresa da quelle parole.
- Naturalmente – rispose – Ma come mai mi poni questa domanda? –
L’Elfa avanzò e si sedette di fronte a lui, dall’altro lato del suo scrittoio.
- Non sembrate felice, sire, oggi come un tempo, nonostante appariate momentaneamente lieto del nostro ritorno. –
Lui si passò una mano sulla fronte e le sue labbra s’incurvarono in un sorriso cupo.
- Forse perché non lo sono – ammise – Non vi è felicità per me ad est del Mare. –
Morwen avrebbe voluto tacere, ma non vi riuscii.
- Non riesco a comprendere come lei abbia potuto lasciarvi così – disse invece – Non meritate questa solitudine. –
Elrond la guardò gravemente, al tempo stesso severo e stupito dall’audacia delle sue parole.
- Non hai il diritto di giudicare mia moglie e la sua sofferenza, non vi era altra scelta per lei. –
- Vi è sempre un’altra scelta – mormorò l’Elfa tormentandosi una ciocca di capelli scuri.
- Siete sicuro di non soffrire inutilmente? –
- Non colgo il senso delle tue parole – ribatté il Mezzelfo in tono piatto.
La fanciulla si alzò e cominciò a camminare per la stanza, sino a raggiungere la finestra e volgere lo sguardo ad ovest, ove gli ultimi bagliori vermigli baluginavano nel crepuscolo.
- Se ciò che ho appreso sulle tradizioni degli Eldar narra il vero – fece – è l’unione degli sposi che sancisce il matrimonio, piuttosto che la cerimonia. Pure, cosa accadrebbe nella vostra condizione agli occhi delle Potenze? Immaginate di giungere all’ovest dopo anni di sofferenza e solitudine, per poi scoprire che, a cagione di quanto accaduto nelle profondità delle Montagne Nebbiose, questo vincolo abbia perso il suo valore agli occhi dei Valar come fu per Mìriel e Finwë. –
Infine si voltò nuovamente verso di lui dando le spalle al tramonto, attendendo in silenzio l’effetto di quelle parole.
Elrond restò immobile, fatta eccezione per i suoi capelli scuri che di tanto in tanto fluttuavano a causa della brezza. Ebbe per un attimo una visione di ciò che aveva udito e ne fu molto scosso; tuttavia ragionò in fretta che sarebbe stata una situazione assurda e soprattutto, avrebbe potuto verificarsi unicamente se lui, come Finwë, avesse espresso desiderio di prendere una seconda sposa.
- Le tue parole non hanno alcun peso – commentò seccamente passandosi le mani sul viso stanco
– Per quale ragione vuoi tormentare la mia mente con tali pensieri? –


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Eccomi di nuovo qui, perdonatemi se vi ho fatto attendere un po'. Ed ecco un scorcio di Celebrìan...mi mancava e non potevo resistere!
elepaddy85: Grazie per la fiducia...e spero che ti sia piaciuta questa piccola apparizione della protagonista!
Black_Moony: Grazie, mi fa molto piacere! Purtroppo lo farò soffrire ancora un altro po', prima del lieto fine. Diciamo proprio fino alle ultime righe :) :( Su Elrohir hai certamente ragione...per quanto riguarda Aragorn ci sarà solo un breve accenno, anche perché ad un certo punto ci sarà un grosso salto temporale, dato che restano separati per circa 500 anni.

Grazie di nuovo come al solito a chi legge, segue, preferisce e soprattutto recensisce! A presto!
 
  
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