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Autore: Epicuro    18/07/2011    1 recensioni
Il CLANG del coltello lasciato cadere sul pavimento, dalla mano ormai inerte della giovane, risuonò per tutta la stanza, mentre il sangue sgorgante dalla sua gola tingeva di rosso le candide lenzuola.
Una figura alta e ammantata aveva però osservato la scena:
«Donna, il tuo sangue non sarà stato versato in vano. Porterò il caos al Santuario e l’inferno nel cuore di Atena. Te lo prometto»
La storia è ambientata in un ipotetico post Ade di Lost Canvas.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Siamo solo cenere

 

Mentre Angelica urlava e tentava invano di sfondare la porta della camera in cui era stata rinchiusa da Manigoldo, Sage aveva raggiunto Atena oltre i pesanti paramenti.

Il tradimento del santo della Lince e della Freccia, più le accuse della Grazia, avevano lasciato sia la dea che il Grande Sacerdote molto turbati.

Sasha si accostò assorta ad una finestra per guardare fuori e fu la prima a proferire parola:

«Sage, cosa sta succedendo? Ultimamente avverto insofferenza tra le mura del Santuario e questo triste episodio me l’ha confermato.»

Il Grande Sacerdote guardò la dea mesto:

«Sarò sincero Grande Atena. La guerra è finita, il nemico comune è stato sconfitto e la pace porta con se domande, dubbi, riflessioni, voglia di vita nuova e cambiamenti. La guerra unisce gli uomini sotto un’unica bandiera, che divide il mondo in bianco e nero, buoni e cattivi, ma quando lo stato di emergenza cessa, viene lasciato il posto ai desideri personali dei singoli, che si fanno più impellenti. Il bene e gli obbiettivi comuni a lungo termine, con i sacrifici conseguenti, diventano più opprimenti e difficili da sopportare, mentre la routine e la monotonia delle giornate tutte uguali, passate in attesa di non si sa cosa, diventano insopportabilmente lunghe ed inutili.»

«Sì, capisco. Hanno lottato in funzione di un mortale nemico ed ora che non c’è più un traguardo da raggiungere si sentono spersi e cercano quindi altrove spinti dai loro desideri» commentò la dea accarezzando la ghirlanda che portava al polso: «È facile perdere di vista il proprio ruolo quando non c’è un pericolo alle porte. Il loro comportamento è più che comprensibile. Quindi era indispensabile la tua sentenza?»

Sage sospirò: «Rincresce anche a me, ma non possiamo permetterci indugi e lassismo proprio per non incentivare questo stato di cose.»

La dea annuì tristemente: «Ma almeno possiamo intervenire per alleviare le sofferenze di Atene?»

«Farò quel che posso e parlerò con gli aristocratici della città, ma il compito del Santuario è quello di ergersi da baluardo contro le divinità che si arroccano il diritto di interferire con il destino del genere umano. Immischiarsi nei problemi politici ed istituzionali interni ed esterni di uno stato, per far pendere la bilancia da una parte o dall’altra, sarebbe, in un certo senso, come comportarsi come le divinità a cui ci siamo opposti. Dobbiamo per equità rimanere imparziali» rispose tristemente Sage.

«Rappresentiamo la Giustizia, ma per poterla incarnare finiamo con l’avere le mani legate. É un bel controsenso!» commentò Atena con un sorriso amaro: «E quella donna che impressione ti ha fatto?»

«È pericolosa.»

Atena guardò Sage stupita:

«Non ho avvertito alcun cosmo...»

«Mi spiego meglio, più che lei in se, sono pericolose le sue idee e sono le idee che hanno sempre mosso il mondo» rispose pacato il Grande Sacerdote.

«Credi che la sua presenza al Tempio potrebbe portare problemi?»

«Non lo so. Le idee possono essere abbracciate come no, ma sono contento che Manigoldo abbia deciso di prenderla sotto la sua ala. Mandare a morte un essere umano per le proprie idee sarebbe andato contro i mie principi. Confido quindi nel mio discepolo. Anche lui, prima di diventare Saint, ha avuto una vita turbolenta. Spero che riesca a farle capire anche il nostro punto di vista» sospirò Sage.

«E se lei fosse nel giusto e noi nel torto?» chiese Sasha guardando seria il volto di Sage.

«Cosa vi fa dubitare?»

«Le armature.»

Sage guardò interrogativo la dea e Atena si spiegò meglio:

«Le armature sono state create per proteggere i guerrieri disposti a sacrificare la loro vita per servire la giustizia. Giusto?» Sage annuì «E hanno una vita propria legata alla costellazione che le domina. Quindi non possono essere utilizzate senza il loro consenso nemmeno dai loro legittimi possessori, figuriamoci essere smembrate e vendute come banali oggetti di antiquariato.»

«Ma questo vorrebbe dire...»

«Che le armature della Freccia e della Lince hanno appoggiato la scelta dei loro legittimi cavalieri.» rispose amaramente la dea.

 

Manigoldo aveva passato la notte in bianco. Dopo aver chiuso quella pazza furiosa all’interno di una delle stanze del suo Tempio, nella speranza che, prima o poi, a forza di urlare e tirare calci alla porta, si sarebbe calmata, era andato a fare visita a Callimaco e Ippocrate. La loro chiacchierata, probabilmente l’ultima tra i tre amici, aveva avuto dell’incredibile; il saint della Lince e della Freccia erano stati incredibilmente allegri e gioviali e avevano finito per essere loro di supporto a Manigoldo, invece che il contrario.

Il cavaliere del Cancro, seduto a terra nel deserto androne colonnato della sua casa, avvolto dalla penombra evanescente che preannuncia il sorgere dell’alba, sorrise al pensiero di quei due burloni, che scherzavano come dei deficienti. Sembravano scolaretti in vista di un viaggio, solo che il loro li avrebbe portati a visitare i sei mondi della trasmigrazione. Una lacrima scese tra il riso del cavaliere. Ade li aveva separati, poi Atena li aveva riuniti ed ora per una donna li avrebbe nuovamente persi. Manigoldo si ritrovò a pensare ad Angelica in un misto di rabbia, ma, allo stesso tempo, di comprensione. Capiva le sue intenzioni e non riusciva a condannarla. Per un esterno non era facile comprendere le regole del Santuario. Anche lui, senza la saggia guida di Sage e le sue pazienti spiegazioni, le avrebbe presto prese in odio.

Immerso nei suoi pensieri e nel suo dolore si rese finalmente conto del silenzio tombale che regnava sovrano nella casa del Cancro. Le urla e gli impropri della donna non si sentivano più e Manigoldo decise di alzarsi per andare a vede com’era la situazione.

Aprì cautamente la porta e notò che finalmente Angelica si era calmata ed addormentata.

“Era ora, ne ha di fiato nei polmoni questa, ma a forza di urlare si è stancata! I miei timpani non ne potevano più!” pensò il saint, poi, osservando la stanza letteralmente sotto sopra, aggiunse “Perché agisco sempre d’impulso! Mi sa che questa volta me la sono proprio andata a cercare!” per poi soffermarsi ad osservare seriamente la donna per la prima volta.

Angelica era seduta a terra con la schiena appoggiata al muro e il capo su uno sgabello, illuminata dai primi raggi dell’aurora; non si era nemmeno degnata di usare il letto, che tra l’altro aveva disfatto. Manigoldo si grattò accigliato la testa e non poté non notare i vestiti sudici e logori che la donna portava; chiaro sintomo della vita randagia e vagabonda che aveva condotto.

Manigoldo sospirò: “Devo procurarle dei vestiti puliti e qualcosa per lavarsi” e girò sui tacchi pensando “Dovrò andare dalle ancelle a chiedere in prestito un chitone... che figura di merda”.

 

Il sole era già alto nel cielo quando Angelica si risvegliò. Aveva male ovunque e le mani erano livide per colpa dei violenti pugni scagliati con rabbia e frustrazione contro la porta, il giorno precedente. Aveva mal di testa e un mal di gola cane.

“Così imparo a non controllarmi! Dannazione, quando imparerò a comportarmi come una signora?” poi sorridendo fra se aggiunse “Mai!”. La Grazia si guardò intorno. La camera era stata rimessa in ordine e su un tavolino c’erano della frutta, del latte, un bacile e una caraffa piena d’acqua per lavarsi e, sul letto, un kitone rosa pallido.

La donna alzò il capo di vestiario con evidente disappunto “Sto coso non lo metterò mai!”, ma notò con piacevole sorpresa le due spille in coordinato per tenere fermo l’abito sulle spalle.

 

Nel frattempo...

 

Gli spalti dell’arena si stavano riempiendo. Quella mattina un cavaliere di bronzo e uno d’argento avrebbero affrontato Asmita della Vergine, confidando nella clemenza delle stelle.

Il gold Saint rigorosamente in armatura aveva fatto il suo ingresso tra l’ammirazione degli astanti e, subito dopo, vennero fatti entrare anche i due traditori tra i fischi e gli insulti di quelli che, una volta, erano stati loro compagni d’armi e ai quali Callimaco e Ippocrate avevano spesso prestato soccorso, sia in guerra, che in pace.

“Il giudizio della gente è incredibilmente volubile!” pensò Asmita infastidito sia dai commenti lusinghieri su di lui, sia da quelli sui suoi avversari.

La Vergine si recò impassibile nel centro dell’arena senza proferire parola e si ritrovò a pochi passi dal cavaliere della Freccia e della Lince che, nonostante fossero sprovvisti di armatura, erano sereni.

«Tu credi nella protezione delle stelle?» chiese quasi ridendo Ippocrate a Callimaco.

«Le stelle non sono altro che ammassi gassosi che distano tra loro anni luce.» rispose sarcastico Callimaco.

«Allora ci vediamo all’inferno a sfottere i suoi custodi!» sorrise Ippocrate, mentre veniva dato il là allo scontro.

Asmita era rimasto in silenzio ad osservare i due ex saint, notando, con un certo stupore, la loro calma e serenità nonché la purezza del loro spirito. Non percepiva aggressività nei loro cosmi e nemmeno paura ed, incuriosito, rimase immobile a scrutare le loro anime anche dopo il via al combattimento.

Così, quando Angelica raggiunse il corridoio dell’arena, che dava accesso allo spazio per i combattimenti, guidata dagli schiamazzi e dal trambusto, si ritrovò davanti ad una situazione in stallo dove il cavaliere della Vergine e i saint traditori continuavano a scrutarsi immobili senza dar segno di voler attaccare.

Una calma surreale era scesa all’interno dell’arena, mentre dagli spalti iniziavano a piovere commenti d’impazienza e insinuazioni sulla reale fedeltà del saint di Virgo al Santuario, visto che esitava a calare la sua mano su dei vili traditori.

Asmita sorrise considerando quanto ogni volta la stupidità e il desiderio di sangue dell’uomo, riuscissero sempre a sorprenderlo, per poi rivolgersi mentalmente ai suoi avversari:

“Il pubblico reclama il suo spettacolo”

“E voi, sommo saint di Virgo, desiderate diventare il loro giullare?” rispose Ippocrate.

“Siete ardito nel parlare, ma non è mia intenzione. Porterò a termine il mio compito senza sollazzare nessuno e siccome non ho trovato nulla di oscuro nella vostra anima, sarò clemente e vi donerò una morte rapida ed indolore”

“Ad ogni modo ve ne laverete le mani della nostra sorte” rispose Callimaco.

“Il destino dei singoli non è affare mio. Se le stelle o Atena lo vorranno sopravvivrete al mio colpo”

Fra i tre calò nuovamente il silenzio, in quanto sapevano perfettamente che quella di Asmita non era nulla di più che una frase di pura retorica, a cui il gold saint stesso non prestava fede.

La Freccia e il Lupo si rivolsero quindi per un ultimo saluto verso Manigoldo, seduto in prima fila tra gli spalti, che strinse i pugni, e tutto si svolse in una frazione di secondo; un bagliore improvviso e i corpi di Ippocrate e Callimaco giacquero a terra senza vita. Asmita non si era nemmeno preoccupato di pronunciare il colpo.

Angelica era sconvolta e per la prima volta in vita sua avvertì un nodo allo stomaco. Ciò a cui aveva assistito era angosciante e terrificante assieme. Quell’uomo in armatura d’oro non aveva nemmeno dovuto toccare i giustiziati per farli passare a miglio vita. Aveva sentito parlare dello spaventoso potere di un saint di Atena, ma ad assistere di persona ad una tale potenza era cosa ben diversa che sentire parlarne da terzi, ma la cosa che l’aveva scioccata di più era stata l’indifferenza con cui il saint della Vergine, completamente impassibile, aveva vibrato il colpo. Nessun turbamento o incertezza aveva infatti minato l’anima di Asmita, che ora se ne stava andando, tra gli spettatori delusi da quello che speravano sarebbe stato uno scontro pieno d’azione.

La Grazia rimase immobile per alcuni istanti a osservare la figura aurea del cavaliere, che si allontanava verso il corridoio opposto. L’ira subentrò allo smarrimento e con foga iniziò a farsi largo tra la folla per raggiungere Asmita, dimenticandosi completamente di avere il cosmo sigillato.

Nel frattempo anche Manigoldo era sceso nell’arena per reclamare i corpi dei suoi amici e rimase stupito nel vedere la figura di Angelica avanzare spintonando senza complimenti chi si parava sulla sua strada.

«Ma come diamine ha fatto ad uscire da dove l’avevo rinchiusa?» per poi allarmarsi vedendo che la donna aveva raggiunto Asmita e l’aveva bloccato in malo modo afferrandolo per il mantello.

“Dannazione, quella donna è veramente un’incosciente!”

 

«Ehi, biondino e tu saresti un saint di Atena? Secondo me staresti meglio tra le fila del re dei morti!»

Asmita si voltò lentamente in direzione di Angelica. Non poteva vederla, ma percepiva il suo astio e il disgusto nei suoi confronti.

«Bada a come parli donna! Sai con chi stai parlando?»

«Con un cinico sicario, che uccide senza il minimo rimorso anche quando si trova di fronte a persone dall’animo nobile»

Le parole colpirono molto il cavaliere, che si irritò: «La sorte dei singoli non mi riguarda e bada a rivolgerti a me con più rispetto o potrei farti raggiungere i tuoi amici, anche se infondo sarebbe solo un atto di pietà nei tuoi confronti»

Angelica era furente, ma l’aumento del suo cosmo rosso venne bloccato dal sigillo.

«Pietà? Tu parli di cose che non conosci e noto con disgusto che, in questo luogo, dimori l’indifferenza, più che la giustizia!» il cosmo di Angelica si dimenava furente e trattenuto dal potere di Venere dentro di lei, mentre Asmita si impose con tutta la sua figura di fronte a lei, che per la prima volta in vita sua, indietreggiò. Quell’uomo face veramente soggezione e la Grazie si ritrovò a pensare senza invidia e con una punta di timore, a Lia.

«Anche tu parli senza cognizione di causa, donna. Giudichi e ti fai trasportare solo dal tuo istinto e dai tuoi sentimenti. La strada che stai percorrendo ti porterà solo ad ardere nel tuo stesso rancore»

«Per me vivere è seguire fino in fondo e con passione i miei ideali. E ciò che sarà di me non ha importanza perché siamo solo cenere e, alla fine di tutto, di noi resterà solo la forza delle nostre idee.» Rispose altera Angelica guardando dritta il cavaliere della Vergine, che la scrutò in silenzio.

«Ti è dato di volta il cervello?»

La Grazia si sentì afferrare per un braccio e, dopo essere stata costretta a voltarsi, si ritrovò faccia a faccia con Manigoldo particolarmente irato, che, dopo aver ripreso un contegno più risoluto, si rivolse ad Asmita:

«Ti chiedo di chiudere un occhio sul comportamento di questa donna e sulle offese che ti ha arrecato. É stata colpa mia, dovevo tenerla d’occhio.»

«Quindi sarebbe lei la ladruncola per cui i due ex saint sono stati condannati?» e Asmita, al cenno affermativo di Manigoldo, si rivolse ad Angelica: «Se questo è il risultato delle tue “idee” io mi fermerei a riflettere.» per poi tornare a rivolgersi al Cancro: «Per questa volta sorvolerò, ma ti consiglio di controllarla di più, se ci tieni alla sua vita. La prossima volta potrei non essere così magnanimo e anche altri saint potrebbero essere del mio stesso avviso» e la Vergine girò sui tacchi senza salutare, ma meditando sulla strana forza interiore della donna, bloccata da un potere che non aveva mai avvertito prima, e che non era riuscito a identificare.

  
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