EXTRA
3- I LOOK LIKE BATMAN OR WHAT!?
(ATTENZIONE:
questo extra continene riferimenti al capitolo 10- HE LOVES YOU BUT
IT'S A RILEVANT DETAIL. Perciò onde evitare confusione
consiglio una rilettura di quel capitolo)
Ero
finito nel posto più sperduto di tutto il continente
americano.
Mi
ripulii la bocca e accarezzai ancora una volta il pelo liscio di quel
bell’Husky.
Mi dispiaceva per averlo ucciso, soprattutto perché il suo
sangue era la cosa
più rivoltante che avessi assaggiato in tutta la mia vita.
Pensai
bene di sotterrarlo e, dopo avergli dato un ultimo e fugace sguardo, mi
diressi
verso la macchina deciso a mettermi in marcia per arrivare alla
prossima città.
Mi
sedetti al volante e chiusi lo sportello. Presi il telefonino e composi
il
numero di Elena, ma mi diede nuovamente errore: non era il massimo
stare
migliaia di kilometri lontano dalla tua ragazza per di più
in un luogo dove i
campi erano un optional.
Chiusi la
chiamata e scaraventai il telefono sul sedile posteriore.
Erano
passate più di due, forse anche tre, settimane dalla mia
partenza e ancora non
avevo trovato nessuna traccia di quelli che potevano essere dei mezzi
vampiri.
Avevo
incontrato pochissimi della mia specie da queste parti.
Molti di
questi come me avevano deciso di cibarsi di sangue animale, ma le
motivazioni
erano diverse: da quelle parti la popolazione scarseggiava e inoltre
avevano a
disposizione molti più ettari di foreste brulicanti di
animali, maggiormente
cervi e renne.
Percorsi
la superstrada che mi avrebbe portato nell’ennesimo paesino
sperduto in cui la
popolazione raggiungeva a malapena i mille abitanti. Non avevo modo di
rimanere
ancora a lungo lì, era evidente che non vi era alcuna
traccia di creature come
i mezzi vampiri, semmai fossero realmente esistite.
Ciò
che
mi tratteneva lì era forse quello strano affetto che provavo
nei confronti di
mio fratello o forse la consapevolezza del dolore che tutto
ciò avrebbe causato
ad Elena. Non era stato saggio lasciarli da soli, e per di
più con Damon umano,
ma era l’unico modo: quando vuoi salvare le due persone
più care al mondo è
inevitabile che tra le due nasca qualcosa mentre tu non ci sei!
Sentii un
forte scossone e la macchina deviò scaraventandosi contro un
albero appena
fuori dalla carreggiata.
Sentii le
lamiere della macchina conficcarsi nell’avambraccio destro e
trattenni un
lamento per il dolore lacerante che provavo. Ruppi il vetro del
finestrino ed
uscii di scatto dalla macchina. Il sangue che avevo perso dalla ferita
era
relativamente poco e il taglio si stava già rimarginando,
questo grazie al
sangue di Husky che ancora era in circolo e che mi rendeva un
po’ più in forze
del normale.
Ero a
poco più di 300 km vicino al paese in cui mi stavo
dirigendo, nonostante questo
decisi che era meglio passare la notte nella foresta e continuare le
ricerca la
mattina dopo.
Un forte
odore di sangue animale arrivò alle mie narici trasportato
dal vento gelido
proveniente da nord. Il vento sarebbe stato molto utile visto che
portava una
gran quantità di informazioni come
l’inconfondibile odore di neve che si stava
avvicinando. Cominciai a correre per la foresta per cercarmi un riparo:
tra
breve sarebbe arrivata una tormenta.
Passò
più
di mezz’ora, ma di un riparo nessuna traccia. Quella foresta
si estendeva per
ettari ed ettari di un terreno pianeggiante: nessuna sporgenza, nessun
tronco
cavo, nessuna grotta.
La
pioggia cominciò a scendere e mi maledii per il semplice
fatto di non essere
andato direttamente in paese. Sferrai un pugno ad un albero sperando
che
potessi in fretta ricavarne un qualche rifugio. L’albero si
spezzò malamente e
si sfracellò al suolo trascinandosi con se numerosi rami.
Quegli alberi erano
ben diversi rispetto agli alberi del boschetto di Mystic Falls,
più robusti e
resistenti.
D’un
tratto la figura di un uomo apparve di fronte a me.
Era
completamente
incappucciato e recava in entrambe le braccia una gran
quantità di legna. Per
un attimo pensai che potesse aver visto qualcosa e fui tentato di
soggiogarlo
per poter proseguire il mio viaggio.
“Ehi
amico, hai bisogno di una mano?” mi chiese avanzando con la
legna in mano.
Mentre si avvicinava notai bene il suo viso: aveva una colorito
olivastro e la
barba semi-incolta gli conferiva un aspetto abbastanza trascurato; ma
la cosa
che mi colpì maggiormente fu il vedere due paia di occhi
grigi identici a
quelli di Michelle.
L’uomo
mi
guardò preoccupato perché non accennavo una
risposta e ripeté nuovamente la
domanda.
Dovevo
saperne di più e inoltre poteva darmi una mano.
“Si,
è in
arrivo una tormenta e avrei bisogno di un rifugio” risposi
studiando la sua
espressione e i suoi movimenti. Mi guardò per un momento,
dondolò sui talloni
come se stesse pensando alla mia richiesta e puntò
nuovamente il suo sguardo su
di me.
“Non
c’è
problema amico, di qua, ti faccio strada” mi disse con in
volto un sorriso da
ebete.
Non mi
fidavo molto di quell’essere, se sempre fosse stato un mezzo
vampiro, ma la
cosa che mi preoccupava di più era se sapesse della mia
natura.
“Tu
sai
cosa sono?” azzardai a chiedere congelandolo lì
sul posto.
“Può
darsi” cantilenò proseguendo sempre verso nord e
lasciandomi indietro di
qualche passo.
Dopo aver
attraversato un ruscello e scostato un paio di felci arrivammo
all’entrata di
una piccola grotta incastrata tra gli alberi e la montagna.
“Prego,
entra” mi disse e con un ampio gesto della mano mi
invitò ad entrare.
L’interno
era piuttosto angusto e malamente illuminato, le pareti erano di una
roccia
compatta e leggermente levigata, tuttavia l’ambiente era
arredato come una
casa: all’angolo vi era un fornellino, come quello utilizzato
dagli scout, su
cui bolliva qualcosa che dall’odore sembrava essere
caffè; poco distante un
sacco a pelo con diverse coperte e accanto una pietra che fungeva da
comodino
con una sveglia digitale e una radio.
Il
presunto mezzo vampiro doveva essere un barbone o un senzatetto e
questo mi
dava tutti i motivi per pensare Con chi
diavolo avevo a che fare?
“Scusa
il
disordine, fa come fossi a casa tua!” si affrettò
a dire sorpassandomi e
ponendo la legna su un giaciglio. Frugò tra le tasche e
estrasse un accendino
così da alimentare un fuoco che rischiarò la
grotta.
“Tu,
sei
un mezzo vampiro?” azzardai a chiedere avvicinandomi a lui e
sedendomi accanto
al fuoco.
Il
ragazzo mi guardò con aria stralunata per poi mostrarmi in
un sorriso i denti
giallastri.
“Certo
che sei perspicace! Mi chiamo Bob” disse estraendo la mano
sudicia dalla felpa
e tendendola verso di me.
Non
indugiai e gliela strinsi: finalmente le mie ricerche avevano dato i
suoi
frutti.
“E
allora
Bob, ci sono altri come te da queste parti?”
“Una
volta, ormai si sono tutti trasferiti! Adesso vivono in North Caroline.
Qui in
pochi ci vivono e anche io tra un po’ penso di lasciare
l’Alaska. Mio cugino
Thomas è in California e l’altro anno è
stato…” continuò a parlare il mezzo
vampiro, ma non gli diedi molto ascolto. Avevo perso tempo a cercare
una cura
lì in Alaska dove non c’era più alcuna
esistenza di mezzi vampiri, eppure
qualcosa mi diceva che era il posto giusto per trovare una cura per
Damon e
farlo ritornare vampiro.
“Ehi
mi
stai a sentire?” mi disse sventolandomi una mano davanti ai
mie occhi. Annuì
poco convinto, intento com’ero a rimuginare tra i miei
pensieri.
“Posso
fidarmi di te?” chiesi in tono grave così da
indurre un pizzico di timore al
ragazzo di fronte a me.
“Certo”
disse accennando appena ad un sussurro.
Tirai un
sospiro e iniziai a raccontare ciò che era successo a mio
fratello.
Alla fine
del mio racconto Bob si lasciò un’espressione
sbigottita in viso e pensai che
fosse entrato in una specie di trans.
Da quel
che potevo capire i mezzi vampiri erano davvero dei tipi strani.
Mi
aspettavo che dicesse qualcosa riguardo a Michelle, o al fatto che un
vampiro
fosse stato tramutato in umano o ancora riguardo una possibile cura, ma
tutto
ciò che fece fu guardarmi con le pupille dilatate.
“Sei
un
vampiro?” mi chiese mantenendo il contatto visivo.
Aggrottai
le sopracciglia non capendo se ci stesse o ci fosse.
“Si”
risposi
come se fosse la risposta più ovvia.
“Intendo
un vero vampiro” puntualizzò avvicinandosi sempre
di più al mio quarto di
roccia su cui ero seduto.
“Cosa
intendi per vero?” chiesi facendomi sempre più
circospetto.
“Hai
bisogno
del sangue per vivere?”
“E’
naturale” spiegai non riuscendo a trattenere un sorriso.
“Fico!”
pronunciò per poi tornare a guardare le fiamme del fuoco.
Mi
umettai le labbra chiedendogli nuovamente se sapesse qualche cura o
meglio
conoscesse qualcuno in grado di aiutarmi con il mio problema. Tutto inutile!
“Come
mai
non indossi qualcosa di nero?”
Sospirai
maledicendomi per essere venuto in quel luogo.
“Esistono
altri colori oltre al nero come grigio, rosso, blu hai
presente?” dissi
gesticolando col dito indice, non capendo dove volesse arrivare.
“Dove
l’hai lasciato il mantello?”
Strabuzzai
gli occhi.
“Ti
sembro Batman forse?!”
Tirai un
lungo sospiro ed uscii sperando che almeno in quel luogo ci fosse campo.
Con mia
enorme fortuna c’era. Composi velocemente il numero di Elena
con un sorriso in
volto, ma mi bloccai prima di schiacciare la cornetta verde. Era
inutile
allarmarla e darle false speranze e non sarei riuscito a sopportare
ancora una
lunga assenza da lei se avessi ascoltato la sua voce. Optai per un
altro
numero.
“Ti
stai
godendo la vacanza al Polo nord?” rispose Damon con aria
piuttosto divertita.
“Non
sono
riuscito a trovare parecchie informazioni, ma sono sulla buona strada!
Tempo
una o forse due settimane e avrò la cura o almeno lo spero”
“Complicazioni?”
domandò questa volta non più tanto divertito.
“E’
difficile strappare qualche informazione in un luogo disabitato come
questo! E
il sangue non è dei migliori…”
“Oh,
che
gusto hanno gli scoiattoli del Nord?”
“Ho
assaggiato solo un Husky ed è rivoltante”
“C’è
qualcosa che devo dire ad Elena?” mi chiese e uno strano
dolore nacque nella
profondità del mio animo.
“Si
dille
che la amo” dissi, ma Damon aveva già chiuso la
chiamata.
Sospirai
e riposi il telefono in tasca.
Rientrai
nella caverna, ma due mani mi agguantarono i polsi e le caviglie e
quattro
figure incappucciate mi sbatterono nella parete della roccia. Mi sentii
pizzicare e mi accorsi che mi stavano iniettando della verbena. Provai
a
liberarmi, ma la presa sembrava essere troppo forte. Riconobbi la
figura di Bob
addossato alla parete di fondo con uno sguardo vacuo, ma sinceramente
triste.
“Mi
dispiace amico” sussurrò appena mentre gli altri
che dagli occhi riconobbi come
mezzi vampiri mi trascinavano fuori dalla grotta.
“Se
sei
una spia della Triade non avrai vita lunga!” disse uno di
loro.
E
sprofondai nel nero dell’incoscienza.