La
schiusa
Ti ho
vista per la prima volta in luogo che oggi non saprei più
ritrovare. Non perché
non esista più, o perché sia cambiata la sua
posizione all’improvviso. La
geografia dei miei ricordi è rimasta immutata. Non esiste
più perché tu non
esisti più: sei sparita in un buio più profondo
di quello notturno, e non potrò
mai più ritrovarti. L’aldilà
è un luogo strano da considerare, non riesco a
immaginare come possa funzionare. Mi chiedo se ci sarà solo
il buio che mi
aspetto o se invece ci sarà il chiarore di un luogo in cui
il perdono è già
stato concesso, da un’anima all’altra. La
realtà è che non ho un grande
desiderio di morte. C’è qualcosa nella vita
quotidiana che continua a legarmi qui
dove tu non potrai mai ritornare.
Sei
in tutti i miei sogni. Ti sogno accanto all’altalena, col tuo
fiorellino in
mano. Comandavi la sua schiusa come hai comandato la schiusa del mio
cuore per
tutti questi anni. Manipolavi la Natura,
e
alla fine hai manipolato anche la mia. Da oltre il velo le tue mani
continuano
ad esercitare il loro influsso misterioso.
Non
ho mai avuto un cuore particolarmente malleabile, non ho ricevuto
istruzioni in
questo campo. Non ho mai trovato la pozione adatta per renderlo
più tenero o
più aperto – non ho mai dedicato del tempo a
queste sciocchezze; non mi hanno
mai insegnato la scienza di come accattivarmi un cuore. In ventotto
anni non ho
mai ricreato la magia di un’amicizia vera, e la solitudine di
tutti questi anni
non ha fatto altro che ricoprire la tua nicchia dell’oro
della nostalgia. Sei
intoccabile e irraggiungibile, perché nessun altro ha mai
provato a toccare e
raggiungere il tuo posto.
Dietro
lo scudo della mia amicizia ho fatto cose che altri sognavano di poter
fare.
Nessuno ci credeva davvero che tu fossi mia
amica; doveva esserci
qualcosa di strano dietro. Noi amici. Era improbabile.
Ma sono io che ho
potuto tenere la tua mano e imparare la sua mappa, conservare per
sempre il
ricordo della sua morbidezza; sono io che ho accarezzato i tuoi capelli
con
tutta l’innocenza di un amico e la fame di un amante; sono io
che ho annusato
quel tuo odore che ormai mi è svanito dal naso. Non sono mai
riuscito a
ricrearlo: quali sono gli ingredienti di un ricordo? Avrei dovuto
distillare in
parti uguali la mia nostalgia e il tuo abbandono, il suono della tua
voce che
non riesco più a ricordare, estrarre il succo dalle nostre
conversazioni e
concentrare in un panetto la tua intelligenza. Dovrei riuscire a
ricreare in
una polvere o un umore il colore dei tuoi occhi. Il loro verde
sfolgorante non
mi abbandona: lo rivedo più volte di quante lo vorrei negli
occhi della persona
che con la sua sola esistenza mi ricorda della tua scelta.
In
cinque anni hai battuto dentro di me un codice segreto con la violenza
dei tuoi
sorrisi. Il tuo Morse mi chiama dall’interno della mia pelle,
lo sento, nel
silenzio e nel rumore, continuo, immutato ed immutabile, eterno, allo
stesso
tempo un rimorso ed un rimpianto.
*