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Autore: ordog    18/07/2011    2 recensioni
State attenti a ciò che sognate.
-Dove credi di andare?- Leonora si alzò velocemente, anche se in modo malfermo.
-Ci stanno chiamando. Non senti?-
Genere: Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Lampyris

01. Suavitas.

La perversa fantasia umana valica ogni confine, non c'è porta che possa fermarla, non c'è orecchio sordo al suo richiamo. E la notte, oh la notte è il suo Regno, i sogni sono la sua voce e l'incubo il suo frutto più dolce.

 




La notte offriva un cielo terso a chiunque l’osservasse, sembrava aver rispolverato le sue stelle migliori come prova della sua magnificenza. Un fresco venticello estivo scompigliava i capelli e gonfiava le gonne, le fiamme dell’enorme falò scoppiettavano allegramente. Intorno al fuoco si era raccolta una manciata di ragazzi, la musica proveniva da una chitarra acustica a malapena strimpellata da uno dei giovani.
Le risate si spargevano per il bosco e l’acqua del fiume impetuoso raccoglieva i resti degli sguardi speranzosi di chi insisteva nell’osservare il cielo in attesa di una stella cadente. Una dopo l’altra tutte le ragazze del gruppo si erano concesse una veloce sbirciatina verso l’alto, sperando di vedere quella luce fugace, quel  lampo di desiderio.Una dopo l’altra, però, avevamo riabbassato lo sguardo verso le acque del fiume che scorreva accanto a loro, abbandonando le loro speranze al suo gorgogliare e permettendogli di trascinare via amori troppo acerbi per poter essere colti.
Due di loro osservavano con sguardo disgustato gli occhi brillanti di tutte quelle ragazze sospiranti.  Daira si spostò una ciocca dei suoi lunghi capelli neri dietro l’orecchio, borbottando contro il vento che continuava ad agitare la sua chioma corvina. Accanto a lei Leonora si godeva beatamente la sensazione di quel fresco venticello sulla pelle, lasciando che le arruffasse i lunghi capelli rossi e ricci. Distanti dal gruppo di ragazze che fissava quasi con insistenza lo spettacolo di quel meraviglioso cielo stellato, sbuffavano ad ogni sospiro, abbandonandosi tranquillamente a commenti denigratori nei confronti delle loro compagne.
Daira si voltò volgendo la schiena alla Luna e allungò una mano verso l’acqua gorgogliante che bagnava la base del sasso su cui erano entrambe sdraiate. Immerse la mano in quell’acqua gelida e chiuse gli occhi a quel piacevole contatto. -Trovo tutto questo particolarmente patetico, Leo. Spiegami perché dovrebbero perdere il loro tempo a sospirare fissando le stelle.-
Leonora scoppiò in una sonora risata, abbandonando la testa all’indietro. -Oh, smettila di essere così cinica.- Fece una piccola pausa e osservò di sottecchi l’amica sorridente. -Sinceramente non ne ho idea. Tuttavia credo che non sia un nostro problema, non fino a quando il loro sospirare non le farà svenire, in quanto a quel punto saremo costrette a soccorrerle.-
-Non potremmo semplicemente lasciare che la natura faccia il suo corso? Casualmente scivolerebbero in acqua battendo la testa. Fine dei sospiri, non consumerebbero più le stelle per i loro stupidi amori non corrisposti.-
La risata argentina dell’amica riempì nuovamente il silenzio tra loro, fino a quando non posò la schiena sul sasso su cui erano sedute e prese a osservare le stelle. -Pensandoci, tutto questo non ci tocca minimamente, al momento. Quindi perché preoccuparci?-
-Oh, prendi sempre tutto tremendamente sul serio, Leo. La mia era una domanda innocente, hai mai sentito la frase ‘giusto per fare conversazione’?-
Leonora non rispose e sorrise guardando il cielo stellato. Accanto a loro il gruppo di ragazzi che si trovava intorno al fuoco prese a cantare a squarciagola una vecchia canzone folk che le due ragazze non conoscevano. Probabilmente i loro animi erano scaldati dalla grande quantità di alcool che avevano ingerito. Le due ragazze non erano state da meno, però: solitamente non si abbandonavano a simili comportamenti, ma quella era una serata speciale. La loro amica Beatrice sarebbe partita pochi giorni dopo per una lunga vacanza studio in Inghilterra e non avrebbero avuto occasione di vederla per un mese. Un’assenza di tale durata meritava di essere annunciata da una festa in grande stile.
Era l’estate del 1989 e i boschi intorno a loro brulicavano di vita. Nonostante la pelle d’oca non si rendevano conto della reale temperatura, in quanto le loro gote erano arrossate dall’alcool e la loro risata era molto più sciolta del solito. Daira si rotolò lentamente sul masso fino ad arrivare alla sua base e posò i piedi sulle pietre che lì si trovavano, calde a causa del Sole ricevuto durante la giornata.
-La serata sta andando come al solito, ma quest’oggi la trovo tremendamente noiosa.-
Leonora inarcò un sopracciglio, trattenendo un lembo della gonna che stava svolazzando sospinto dalla brezza. -Noiosa? Cosa credevi di fare, dare fuoco a un cassonetto? Che diavolo, sei ripetitiva. Ogni volta è la stessa identica storia.-
-E tu sei dannatamente noiosa. Vuoi rimanere in questo buco per tutta la vita o hai intenzione di mettere il muso fuori dal mondo, Bella Addormentata?-
Leonora si sedette con grazia e si abbracciò le gambe, stringendole al petto. -Evitiamo il discorso, Daira. Finiremo per litigare e l’alcool ha distrutto i miei freni inibitori: potrei affogarti.-
L’amica sbuffò e scoppiò a ridere in modo quasi isterico, osservando una sua compagna che per poco non era caduta in acqua. -Guarda quell’idiota!-
La sua risata si spense in fretta, questa volta non accompagnata da quella di Leonora. Il bosco intorno a loro lanciava ombre sinuose verso i ragazzi accanto al fuoco, dipingendo sui loro volti smorfie quasi mostruose. Quelli non sembravano rendersene conto, ma per le due ragazze tutto questo era inquietante. Dalle fronde degli alti alberi intorno a loro provenivano i rumori della notte, sembravano chiamarle con i loro sussurri seducenti, quasi fossero predatori che attendevano il loro pasto. Daira si voltò verso gli alberi che si stagliavano scuri contro la luce della Luna e prese a fissare quasi con insistenza quel limite dall’aspetto inviolabile, quel sottile confine che divideva la sicurezza dall’avventura della notte.
D’un tratto una lucciola prese a volarle accanto, posandosi sulle sue spalle e volteggiando intorno ai suoi capelli sospinti dal vento. Sembrava una creatura proveniente da un altro mondo, come se fosse stata attratta dall’attenzione della ragazza per il bosco. Lampeggiava stancamente come se avesse atteso così tanto tempo da non avere più forze, come se avere trovato la sua preda la rendesse al contempo stanca e tremendamente eccitata. Non importava quanto tempo avesse viaggiato, quanti volti avesse visto o su quanti abiti si fosse posata. La luce della Luna gareggiava con lei e rendeva la sua intermittenza inutile e ridicola in confronto alla sua brillantezza assoluta e senza tempo. Daira osservò l’insetto con sguardo stregato, provando l’inspiegabile bisogno di prenderlo tra le mani, mentre Leonora squadrava l’amica con fare preoccupato.
La ragazza dai capelli neri si voltò verso la lucciola allungando una mano per afferrarla con delicatezza, ma questa si librò allontanandosi. Rimase qualche secondo accanto all’orecchio della giovane, come se fosse portavoce di un messaggio proveniente dalle ombre del bosco. Daira sgranò gli occhi e l’osservò volare verso gli alberi. Quasi senza rendersene conto, si alzò e fece un passo in direzione della lucciola.
-Dove credi di andare?- Leonora si alzò velocemente, anche se in modo malfermo.
-Ci stanno chiamando. Non senti?-









NDA: questo piccolo paciugo è stato creato con _Hush, quella cara e paziente ragazza. Spero vivamente che vi piaccia, insomma ho il profondo terrore di ricevere una critica brutale. Tralasciando tutto questo e le mie fobie, ringrazio quella 'santa' ragazza -che poi, detto tra noi, tanto santa non è- di _Hush e prego chiunque ci sia lassù perchè la mia storiella v'ispiri.
Passo e chiudo, saluti dall'inferno!
  
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