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Autore: Elanor Eliniel    18/07/2011    4 recensioni
"Mentre si inoltrava nel giardino, e poi tra le fronde dei boschi di betulle, sentì amaro il sapore del fallimento e della colpa. Una vita dedicata a difendere la Terra di Mezzo ed alte questioni, ma l’incapacità di proteggere colei che amava sopra ogni altra cosa. L’inettitudine a guarirla fino in fondo, l’aver violato la sua mente, quella sensazione di non aver fatto abbastanza, la rabbia, il dolore, la colpa affollavano i suoi pensieri, soffocandolo."
Una fanfiction che cerca di costruire la loro tragica storia, soltanto accennata in vari punti dal Professore. Sono graditissime recensioni!
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Elladan, Elrohir, Elrond, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Le parole di Elrond risuonarono nella stanza, dirette e concise, in attesa di risposta; Morwen fece qualche passo verso di lui e sussurrò:
- Con la vostra lungimiranza e saggezza, avete davvero bisogno che vi risponda? –
- Sì – ribatté lui annuendo e temendo ciò che avrebbe potuto udire – Ne ho bisogno. –
Morwen sospirò e abbassò lo sguardo, soppesando le parole da pronunciare.
- Al suo posto non sarei mai potuta partire per l’Ovest. -
- Si sarebbe consumata lentamente sino alla morte se non l’avesse fatto… -
- E allora sarei morta per voi! – ribatté l’Elfa con forza, sentendo la vista appannarsi.
 
Il Mezzelfo la fissò per lunghi istanti con occhi sbarrati e colmi di compassione. Improvvisamente ogni cosa divenne chiara e manifesta, pure, non riusciva a credere che in tutti quegli anni ella potesse aver provato qualcosa di molto diverso dalla semplice riconoscenza nei suoi confronti; ma forse inconsciamente aveva già avuto modo di intuirlo.
- Al suo posto non vi potrà mai essere altri che lei – sussurrò col volto contratto dalla sofferenza.
Morwen si passò nervosamente una mano sul viso per asciugare qualche lacrima ed indietreggiò.
- Dimenticate le mie parole – borbottò disorientata, appoggiando una mano sulla porta dietro di sé.
Non sapeva quel che aveva detto, soprattutto non sapeva perché avesse pronunciato quelle parole pur essendo consapevole che la risposta che aveva appena ricevuto fosse la più ovvia e la più scontata. Accecata dal dolore e maledicendosi per quanto fosse stata sciocca, desiderò soltanto uscire e restare sola.
Ma Elrond la fermò e con molta fatica mise insieme delle parole che non avrebbe mai voluto pronunciare, che non avrebbe voluto rivolgere mai a nessuno e men che meno a lei.
- Ascoltami, per favore. Chiunque non serva il Nemico è ben accetto nell’Ultima Casa Accogliente e mai oserei mandar via qualcuno da qui, tuttavia, in tal caso io ritengo che faresti la scelta più giusta allontanandoti da questa valle. –
La voce gli si incrinò poiché molto cara gli era la fanciulla e gli pareva quasi di venir meno alla promessa fatta, benché essa fosse stata ormai onorata da tempo.
- Mi duole molto parlarti a questo modo, pure, i tuoi desideri inappagabili finirebbero per distruggerti. –
L’Elfa stette a guardarlo incredula per alcuni lunghi minuti, infine si scosse e annuì.
- Andrò immediatamente a radunar le mie cose, sellare il destriero e partirò nella notte. –
Poche lacrime le rigavano le guance pallide e fredde.
- Non è necessario che te ne vada così, come una ladra nell’oscurità e senza riposo. – s’affrettò ad aggiungere il Signore di Imladris.
- No, mio signore. Questa è la mia scelta e la mia vecchia dimora nel Bosco Atro, piena di ricordi, mi attende. Troppo a lungo ho evitato le ombre del passato che albergano in quella casa. Vi prego soltanto di porgere i miei saluti ad Elladan ed Elrohir, che sono stati come fratelli per me in questi anni e non ho il cuore di dire loro addio. –
Elrond annuì e restò a guardarla, pallida ma dura nei modi, e seppe che non sarebbe tornata sui suoi passi. La vide deglutire prima di parlare nuovamente.
- Questo è un congedo; non mi rivedrete ma non dimenticherò ciò che voi e la vostra famiglia avete fatto per me. –
Chinò in capo in un segno di rispetto e ringraziamento, mentre un modo le si stringeva alla gola in maniera insopportabile. La sua esistenza stava per cambiare drasticamente una seconda volta. Ebbe paura per questo, ma non poteva fare a meno di condividere il consiglio del Signore di Imladris.
Elrond prese la sua testa tra le mani e le diede un bacio sulla fronte, sentendola tremare a quel tocco.
- Namarië, figliola. Và con la benedizione dei Valar. –
Ella si allontanò ed uscì richiudendo la porta dietro di sé. Fece come aveva detto, raccolse in fretta ciò che possedeva ed oltrepassò il ponte di Gran Burrone galoppando veloce come il vento; Elrond la guardò allontanarsi dalla sua finestra con rammarico e mai più la rivide nelle Terre Mortali.
 
La mattina seguente, il sole faceva capolino tra le montagne ed il regno elfico riprendeva vita, ma più di qualche abitante non aveva trascorso una notte serena.
Elrond era addolorato per il gesto compiuto, tuttavia era consapevole di aver agito nel migliore dei modi ed era nel pieno di tali pensieri allorché, senza preavviso, la porta della sua stanza si spalancò con violenza.
Inarcò un sopracciglio fissando suo figlio Elrohir, che era in piedi sotto l’arco di pietra e reggeva nella mano sinistra una pergamena, una lettera di congedo indirizzata a lui e al fratello.
- L’hai mandata via, padre – sibilò con gelida furia.
- Sai bene che non è mio costume allontanare coloro che dimorano nell’Ultima Casa Accogliente. – ribatté senza battere ciglio.
- “Io e vostro padre siamo concordi nel ritener che è ora che i miei passi si separino dai vostri” – lesse il figlio, mentre la mano gli tremava – Nessun altro indizio sulla ragione della sua scelta. –
Elrond non seppe aggiungere nulla per placare la collera del figlio; questi poco dopo, abbandonando la rabbia, si accasciò su di una sedia.
- L’amavo, di un amore ben diverso da quello che mi lega ad Arwen – confessò infine.
Suo padre gli sorrise cupamente.
- E’ anche per questo che le ho consigliato di partire; ella non nutre per te gli stessi sentimenti, ma forse un giorno la rincontrerai sotto gli alberi di Eldamar e tutto potrà essere differente. Ora i tempi non sono maturi, figlio mio. –
- No, infatti, non è me che ama, dico bene padre? – fece Elrohir con sarcasmo.
Il tono con cui il Mezzelfo parlò ferì Elrond, ché quelle parole gli erano state gettate addosso con molta asprezza.
- Credi che io avessi piacere di ciò? – tuonò rivolto al figlio.
Restarono qualche momento a fronteggiarsi con lo sguardo, tuttavia, un attimo dopo la sua voce si addolcì.
- Sai bene che non desidero altro che veleggiare verso Valinor. –
Allora Elrohir abbassò il capo vedendo la profonda tristezza che era in lui e si pentì delle sue parole.
- Perdona la mia arroganza, padre. –
Elrond scosse lievemente il capo e gli sorrise senza gioia.
- Non occorre che ti scusi, comprendo il tuo dolore. –
Elrohir alzandosi chinò lievemente il capo in segno di saluto e lasciò la stanza richiudendo la porta dietro di sé ed Elrond rimase solo, solo come si sentiva da tempo.
 
Si levò ed abbandonò le sue aule, attraversando in fretta il palazzo e volgendo i propri passi verso i giardini e le betulle; il profumo degli alberi e dei fiori sollevò per qualche istante il fardello posto sul suo cuore. Quasi senza accorgersene, si ritrovò dinanzi al flet che era appartenuto a Celebrìan e nell’osservare la scala che ne pendeva le sue labbra s’incurvarono in un leggero sorriso. La risalì in fretta ed esitò prima di spingere la porta ed entrare in quella piccola dimora; non vi metteva piede dalla notte in cui, si sentì bruciare al pensiero, si era impadronito dei ricordi della sposa.
Non avrebbe saputo dirne con certezza il perché, ma pareva mancargli il coraggio di varcare quella piccola soglia di legno; il suo passato, la sua vita felice era simbolicamente racchiusa lì dentro e ne rimpiangeva ogni attimo. Ma quei giorni erano ormai perduti per sempre, pensò convincendosi infine ad entrare.
La camera era avvolta nella penombra, nonostante fuori di lì il sole incendiasse la vallata; ogni cosa gli parve immutata, identica a come la ricordava e quasi si aspettò di scorgere Celebrìan distesa sul suo giaciglio, i capelli d’argento sparsi tra le lenzuola di lino.
Si sedette lentamente, mentre il senso di colpa per aver allontanato Morwen da Imladris gli saliva alla mente a intervalli regolari, pur essendo consapevole di aver agito nel migliore dei modi. D’un tratto, gli vennero in mente delle parole che ella gli aveva confessato, molti anni prima.
 
-Non posso evitare di ritenere una colpa il semplice fatto d’essere in vita, di essere sopravvissuta a mia madre, mio padre, mio fratello e potermi aggirare ancora per questi luoghi; essi sembrano lontani miglia e miglia da me e il loro ricordo è insopportabile, come il pensiero del dolce idromele tra le aride distese di Gorgoroth.
Un pensiero assurdo, ragionò, mentre si chiedeva se avesse fatto abbastanza per lei in questi anni, pure, tale pensiero sparì come era arrivato mentre un sorriso amaro gli affiorava sulle labbra.
Non provava forse la medesima sensazione? Il ricordo di Celebrìan era vitale, sempre presente, necessario eppur terribile e fonte di disperazione. Cosa gli impediva di ritrovarla a dispetto della distesa d’acqua che si stendeva ormai tra loro?
La colpa.
Immotivata, irrazionale, irretiva la mente rendendola sorda ad ogni barlume di serenità, bruciando ogni fibra del proprio essere.
Forse era davvero così, aveva fallito nel proteggere colei che amava, ma si chiese per la prima volta a mente fredda se ciò costituisse davvero una colpa.
Non tocca a noi dominare tutte le maree del mondo, gli aveva detto un giorno il Grigio Pellegrino.
E lui, che aveva vissuto per circa due ere ad est del Mare, questo lo sapeva bene.
Ma in tale circostanza, aveva avuto la presunzione di ritenere suo dovere impedire che quell’inattesa tragedia avvenisse e nel fare ciò si era attribuito una responsabilità smisurata, quasi smisurato fosse anche il suo potere.
Come avrebbe potuto prevedere o evitare ciò che era accaduto, se non rinchiudendo la dama in quella vallata, quasi fosse uno dei suoi tesori? Che il suo senso di colpa non avesse ragione d’esistere era la più ovvia delle verità che lui, nella sua cecità, non era stato in grado di afferrare da sé prima d’ora.
Pure, egli aveva violato la sua mente contro la volontà di Celebrìan, si disse, ancora restio ad assolversi. Ed era vero, ma non aveva forse pagato abbastanza per ciò? Tale visione tornava a tormentarlo ogni notte, distruggendolo.
Ma se la Dama aveva impiegato ben poco tempo a perdonarlo, probabilmente era giunto il momento che perdonasse se stesso, perché con se stesso sarebbe rimasto innumerevoli anni prima di rivederla.
 
- Hai fatto ciò che era in tuo potere, Elrond –
Ricordò la voce carezzevole di Celebrìan che gli sussurrava quelle parole.
Il suo sguardo cadde su di un lieve scintillio tra le lenzuola di lino candido. Allungò una mano e si ritrovò a stringere alcuni sottili capelli d’argento e nel guardarli il sorriso gli illuminò il volto e la sua mente fu libera.
E ricordò il suo riso, cristallino come le cascate del Nimrodel; il primo bacio all’ombra dei mellyrn e l’ultimo sulle rive del mare; la prima e l’ultima notte trascorse insieme; le sue mani leggere che lo soccorrevano nella terra di Lòrien; l’anello di Elwing ed il mantello con l’emblema di Eärendil; il giorno in cui era divenuta la sua sposa e i giorni in cui erano venuti al mondo i loro figli.
E la certezza che lei era lì, al di là del mare ad attenderlo, lo invase come il primo tepore di una primavera ancora giovane.


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Beh, che dire, questa volta sono stata molto rapida perché avevo concepito tutto come un continuo con il capitolo precedente!
Il prossimo capitolo sarà l'ultimo e sarà un po' più lungo del solito...quindi grande salto temporale!
Ma veniamo a noi.
Thiliol: Figurati, non ce n'è bisogno ;) Grazie mille per i complimenti e devo ammettere che la prima parte anche io la preferisco proprio per essere fuori dal tempo. E ti ringrazio anche per l'analisi sulla seconda parte e l'interesse per Elrond è qui confermato, ma ovviamente non c'è storia ;)
Per il discorso Sue- non Sue, magari quando puoi e se vuoi potresti definirmi meglio (in privato) in linea di massima quali sono gli atteggiamenti "da evitare". Non tanto per Morwen perché ormai è uscita di scena, ma per il futuro. Te ne sarei enormemente grata :)
PS: fiùùùù meno male! Credevo che Alatariel mi avrebbe trafitta dopo avermi sentita tessere le lodi di Aeglos :D Un bacio a te e a loro!
Black_Moody: Grazie per tutto :) mi è piaciuto molto scrivere quella parte, sia perché ormai mi sono affezionata a Celebrìan, sia perché Valinor ha sempre un suo fascino particolare! Sì su Morwen sono d'accordo e il motivo delle "cattiverie" dette è ormai manifesto. Se non fosse andata via per sempre, di certo sarebbe finita male! Di contro Elrond è stato costretto ad affrontare la paura di non sapere cosa troverà a Valinor e a cogliere un parallelismo sui suoi sensi di colpa, dal momento che è più facile osservare la vita degli altri che la propria (purtroppo per tutti). Alla prossima e buona serata!

Grazie ancora una volta a chi legge, segue, preferisce e recensisce!
  
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