Inutile dirlo,
gli inglesi soffrono il caldo. Tutti, indistintamente. Basta poco mandarli k.o. Una giornata con un paio di gradi di afa superiori
alla media e il loro organismo collassa,
il cervello si confonde e per risposta si ammassano in gelaterie, caffè,
parchi, ovunque pur che ci sia una minima fonte di refrigerio a cui attingere.
Harry Potter non faceva eccezione. Anche lui pativa il caldo, anche lui avrebbe
fatto carte false perché l’estate avesse la stessa temperatura mite della
primavera e che lui non fosse costretto a sudare tutte le camice del proverbio
solo per uscire di casa e andare a gettare la spazzatura. Che poi il suddetto
sacco di spazzatura fosse più o meno grosso quanto lui era relativo, faceva
caldo, dannatamente caldo, per questa ragione credette
di sognare quando con la coda dell’occhio intravide una sagoma ferma dall’altro
lato della strada. A Privet Drive durante le ore
calde della giornata non usciva nessuno e figuriamoci poi se qualcuno si fosse
azzardato a mettere piede fuori di casa con una specie di palandrana nera a
coprirlo per intero e un cappuccio calato sul capo. Sobbalzò quindi e si volse
di scatto, lasciando cadere le cocche del sacchetto che cadde a terra in un
fragore di vetro che si spacca e di ferro che vibra. L’ennesimo progetto
scolastico di Dudders che era finito con un
insufficienza.
Si guardò attorno, prima a destra, poi a sinistra, poi passò la mano fra i
capelli spettinati -Sparito.- mormorò sorpreso e alla fine si volse a
raccogliere il sacchetto da terra e a rimetterselo in spalla con uno sbuffo. Ad
undici anni era piccolo come un bambino
di otto, e vederlo caracollare sotto il peso dei lavori domestici che Petunia e
Vermont lo costringevano a fare per ripagarli dell’ospitalità che gli offrivano
non era una novità. Dalle finestre basse della casa vicina a quella dei Dursley una donna scosse piano la testa, mentre poco più in
là, da dentro un garage con la bascula sollevata, un uomo borbottò l’ennesima
imprecazione verso quella specie di tricheco con le bretelle e quella cavalla
che aveva per moglie. Se proprio non avevano voglia di fare le faccende, potevano
appiopparle a quelle specie di palla di grasso viziata a piagnona che avevano
per figlio e non a quel povero bimbetto che aveva sì undici anni
anagraficamente parlando, ma era piccolo smilzo come un bimbo di otto. L’uomo
incappucciato che si era ritirato nell’ombra di una casa abbandonata dai suoi
abitanti per l’estate si volse prima ad osservare l’espressione crucciata di
quel viso grinzoso che spuntava da dietro il vetro della finestra abbassata e
poi quel borbottio scontento. Scosse brevemente il capo, poi si volse verso la
donna alle sue spalle.
-Caro…-
-Andiamocene…-
mormorò l’uomo rimboccando il cappuccio del mantello su quella testolina che a
malapena gli arrivava alla spalla. - Non sappiamo per quanto l’incantesimo.- E
qualcuno aspettava il loro ritorno. Sospirò, cercando di abbozzare un
espressione rassicurante per quegli occhi verdi che lo fissavano. - Lo rivoglio
anche io.-
-Andiamo a
prendercelo James!-
-Ancora poco
Lily. Dobbiamo aspettare solo un altro poco.-
Due anni dopo.
-Perché devo andare da solo?- borbottò il bambino voltandosi imbronciato verso
i genitori. Vedeva gli altri attraversare il muro magico e portava al Binario 9 ¾ accompagnati dai genitori
e non riusciva a rassegnarsi all’idea che lui doveva invece affrontare quell’importante
passo da solo.
-Tesoro, cerca di capire…- mormorò Lily piegando un ginocchio a terra e
tendendo le mani verso di lui per
infilargli la maglia nei pantaloni e pulirgli le mani con un lembo del suo
mantello. - …Non possiamo farci vedere.- Lorien Charlus Potter
volse lo sguardo verso il padre che sospirò. James era sempre stato quello più
facile da convincere usando le sue espressioni sofferte, ma stavolta, era
irremovibile quanto Lily.
-UFFA!-
-Lorien, non renderci le cose ancora più difficile.- passò una mano sulla
zazzera spettinata del piccolo e tirò su
gli angoli delle labbra in un piccolo sorriso. Gli dispiaceva, il cielo solo
sapeva quanto di perdere la partenza per Hogwarts
anche del suo secondo figlio, ma non potevano correre il rischio, lui e Lily,
di venire individuati. Si chinò anche
lui, appoggiando il sedere sui talloni, portandosi allo stesso piano del
piccolo che lo fissava scocciato.
Assomigliava a lui, assomigliava ad Harry, per questa ragione gli avevano
riempito il baule di pozione, per mantenere la sua capigliatura bionda e
ricciuta e gli occhi azzurri.
-Ricordati… Nessuno oltre Silente deve sapere chi
sei.-
- Nemmeno Harry?- chiese Lorien
ancora una volta.
-No, nemmeno tuo fratello.-
Fine
capitolo.
Volete il resto? xD