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Autore: Hika86    23/03/2006    2 recensioni
Un fratello e una sorella che conosciamo bene alla scoperta del Fosso di Helm di tanti anni fa.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Eomer, Eowyn
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti!
Questa ff fu scritta tempo fa per un contest sul sito di Tolkien Tales (era ancora il Tolkien Tales gestito da me e Wilwarind) dedicato al Fosso di Helm... purtroppo sono più brava a scrivere qualcosa di buono quando ho l'ispirazione piuttosto che su comando come per dei contest, infatti a me non entusiasma moltissimo questa storia, però è tenera quindi perchè non pubblicarla lo stesso? Magari a qualcuno diverso da me piace comunque :D

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-Sono un guerriero!-

-Non è vero non lo sei! Sei una donna, non puoi essere un guerriero!-

-Invece si che posso e tu sei un uomo rammollito!- scappò via ancora una volta. Quando ci allenavamo era sempre la stessa storia: vincevo io, poi quando il combattimento era finito mi prendeva alla sprovvista appena finito o dopo un po’, di modo che io non sapessi mai quando mi avrebbe attaccato, e mi saltava addosso atterrandomi e urlando di aver vinto.

-Sei sleale ecco cosa sei! Sleale maledetta!- urlavo infuriato, con voce isterica. Quando faceva così non ci vedevo più dalla rabbia. La odiavo, la odiavo con tutto me stesso.

-Perchè deve essere mia sorella?!- chiesi quel giorno dopo il combattimento. Ero entrato nella sala del trono di mio zio: ero infuriato come al solito, sbattendo le porte nell’aprire e lasciando tutti a guardarmi con gli occhi spalancati. Era in corso una riunione, molti uomini con le proprie divise ed armature stavano sulle comode seggiole messe loro a disposizione intorno al solito tavolo rettangolare che riempiva il centro della sala. Il posto a capotavola era vuoto, ma qualche metro più avanti, sul trono rialzato dal pavimento da alcuni piccoli gradini bianchi, stava seduto mio zio: re di Rohan.

Anche lo sguardo dei guerrieri, seduti sui tavoli sotto le navate laterali della sala, è rivolto verso di me. Che impressione dovevo dargli? Ero solo un ragazzino con una cotta di maglia addosso e uno spadino di legno al fianco.

Il re, mio zio, mi guardò cercando di nascondere la rabbia e l’imbarazzo della mia entrata nel bel mezzo di una riunione –Eomer... ti sembra questo il modo di interrompere un’importante riunione come questa?-

-Zio io...- mi calmai subito, sentendomi in imbarazzo a lamentarmi ,per uno stupido bisticcio infantile di mia sorella, davanti a tutta quella gente importante. Era davvero vergognoso per un bambino come me, pieno di orgoglio, che io solevo definire “puramente virile” per fare il gradasso con mia sorella.

Il re si alzò subito alzando una mano, vedevo che gli tremava e sapevo che se non me ne fossi tenuto alla larga per tutto il giorno sarebbe caduta per darmi uno schiaffo: non imparavo mai a bussare –Eomer, se hai qualche problema ne parleremo in sede privata, ora chiedi scusa a questi signori ed esci per favore-

-Ma no sire- disse uno degli uomini al tavolo alzandosi in piedi tutto divertito –Possiamo concederci anche una piccola pausa visto che è ormai passata la mezza giornata e noi ancora non ci siamo rifocillati. Possiamo riposarci qualche ora per schiarirci le idee poi continueremo la nostra riunione a mente riposata- alcuni guerrieri approvarono distendendo le gambe indolenzite sotto il tavolo. Mio zio acconsentì e alcuni si alzarono sospirando e uscendo dalla sala ringraziandomi scherzosi.

Non ascoltavo le loro parole, ero troppo terrorizzato dagli occhi furibondi di mio zio che si era accasciato nuovamente sul trono e tamburellava le dita sul bracciolo, nervoso, attendendo che io mi facessi avanti –Zio, perchè deve essere mio fratello?!- mia sorella entrò da una porta laterale meravigliando e divertendo quelli che ancora non erano usciti. Dopo che ebbe fatto qualche passo nella sala, nostro cugino, di poco più di un anno, si incamminò insicuro verso di lei per aggrapparsi al suo vestito, ma capitombolò a terra. Si scatenò l’ilarità generale quando entrò mia zia per riacchiappare quel bambino furbastro e lo rimproverò davanti a tutti per essersi avventurato per la reggia approfittando di un suo attimo di distrazione. Mentre tutti ridevano mio zio si passava una mano sul viso come a non voler vedere ciò che accadeva –Eowin, ti ho detto mille volte di curarti di Theodred se io mi devo assentare per un po’-

-E io ho detto mille volte che non farò da balia ad un marmocchio!- rispose mia sorella spocchiosa –Non voglio fare la castellana o la dama di casa!-

-Eowin per carità... lascia stare questo discorso dei cavalieri una buona volta e rimani al tuo posto- sospirò la zia mentre prendeva in braccio il bambino

-Va bene, va bene- disse il re alzandosi dal trono e facendo gesti alle guardie alla porta del trono –Chiudete tutto, chiudete immediatamente!- scese i gradini mentre parlava e appoggiò le mani al tavolo centrale come fosse stato il suo bastone per non cadere. Appena le porte si chiusero dietro di me alzò lo sguardo –Credo- disse cercando di moderare il tono –Di aver più volte detto e ribadito che questo posto NON E’ IL SALONE DEI GIOCHI!-. Ci fu silenzio mentre le sue ultime parole furono seguite da brevissimi echi che rimbalzavano per le mura della sala. La sala del trono era sempre stata la migliore dal punto di vista dell’acustica, per questo vi si svolgevano sempre le feste con musiche o canti. Eowin incrociò le braccia mettendo il broncio innervosita e arrabbiata –Mio signore, non è certo colpa mia se vostro figlio segue Eowin dappertutto- disse la zia

-Per favore, non parlavo con te- cercò di scusarsi lo zio Thoden –Sono questi due furfanti che ancora non si fanno entrare in zucca le regole di questo palazzo. Ragazzi... vivete qui praticamente da quando siete nati, com’è possibile che ancora non abbiate capito cosa fare o non fare quando siete a corte e sapete che abbiamo in giro degli ospiti-

-Io non lo sapevo- mi difesi

-Eomer!- mi rimproverò lo zio –Quante volte ti ho detto di smetterla di dire le bugie! Se sei stato tutto il pomeriggio e la sera di ieri ad osservare il viavai di cavalli e cavalieri che entravano ed uscivano dalla città- arrossii, come al solito non pensavo mai prima di parlare, se l’avessi fatto avrei trovato una scusa valida –In quanto a te, Eowin, ha ragione tua zia: smettila di voler fare il guerriero. Se non vuoi occuparti di tuo cugino non importa, ma, per favore, metti da parte queste tue ambizioni mascoline!- sembrava supplicarla più che costringerla con un ordine a far qualcosa

-No- rispose lei ostinata –Non lo farò mai solo perchè voi uomini volete sentirvi superiori a noi donne! Non voglio rimanere in casa a cucire, cucinare ed aspettare che i guerrieri tornino con le loro glorie e vittorie, perchè io rimanendo qui non avrò nessun merito!-

-Certo che si- disse il re –Avrai il merito di essere una brava moglie- la guardò con un sorriso atto a farla convincere delle sue parole

-Ma non per questo entrerò nella leggenda e mi si daranno degli onori o la gloria!-

-Perchè? Non ti piace l’appellativo di “miglior mogliettina di tutta Edoras”?- le chiesi acido

-Tu zitto, maledetto fratello!-

-A chi hai detto zitto?! Non aprire più quella boccaccia, se non per mangiare, capito? E non sono tuo fratello, mai più!- le urlai di rimando

-E chi ti vuole, stupido marmocchio!-

-Sleale! Sei la ragazzina più sleale del reame! Torna a giocare con le pietruzze con le tue amichette!-

-Barbaro! Torna ad azzuffarti nel fango per avere uno stupido dolcetto con i tuoi amiconi! Ciccione!-

-Io non sono cic...-

-Basta!- la voce calma ma forte di mio zio ci ammutolì. Capimmo che era il caso di smetterla perchè se era così calmo sarebbe arrivata la tempesta –Uscite immediatamente di qui, andate nelle vostre camere e uscitene solo per cena, poi andate subito a dormire-

-Ma- io e lo zio fulminammo mia sorella con lo sguardo, per due motivi diversi, chiaro –C’è qualcosa che non va?- chiese, scosse il capo e io feci lo stesso quando spostò lo sguardo su di me –Bene, meglio così. Ora potete andare- indicò la porta dalla quale era entrata mia sorella e uscimmo tristi e silenziosi. Quando richiudemmo la porta ci scambiammo un occhiata d fuoco –Questa me la lego al dito maledetta- le sussurrai arrabbiato

-Lo dici sempre, stupido! Ecco perchè non riesci ad impugnare una spada: perchè hai le mani piene di nodi, che scemo!- ringhiai quasi di rabbia alla sua battuta, poi me ne andai.

Mi faceva infuriare tantissimo! Perchè lei era quella incapace, ma aveva sempre l’ultima parola e da quello che diceva sembravo io quello che perdeva sempre, mentre invece era tutto l’incontrario!

 

Ero nella mia stanza, seduto sul letto. I miei occhi osservavano punti a caso nell’oscurità della mia stanza. A gambe incrociate e con una mano su una guancia mugugnavo ancora arrabbiato per ciò che era successo a cena “Femmina isterica” pensai “Lo so io qual’è l’onore che ti deve, quello di finire trafitta da un coltello da cucina che passava di lì per sbaglio... ti odio”. La guancia mi pulsava fortissimo. Bussarono alla porta –Avanti!- dissi girandomi verso la porta

-E’ permesso?- entrò Lome, un ragazzo della mia stessa età con cui avevo giocato spesso –Capitano, mi hanno detto ciò che è successo- disse richiudendo la porta dietro le spalle –Verrò con voi-. Lo guardai incredulo, nell’oscurità della stanza –Stai scherzando?- gli chiesi

-No capitano, non scherzo affatto- non vedevo il suo viso, se era serio o no

-Scordatelo...- gli dissi dandogli di nuovo le spalle –Perchè dovresti rimetterci tu per uno stupido errore commesso da quell’altrettanto stupida di mia sorella?-

-Perchè vi sono fedele capitano e poi la nostra squadra non sarà più nulla nei giorni in cui sarete via, preferisco seguirvi invece di annoiarmi con gli altri- mi spiegò con tono pacato. Sorrisi contento di avere un amico simile e forse mi sentii anche soddisfatto di quell’obbedienza che provava per me.

A quei tempi eravamo ancora giovani per far parte dell’esercito, la nostra età doveva essere intorno agli undici anni. Erano anni in cui ancora ti è permesso di sognare le battaglie in cui incontri miriadi di nemici, dove sconfiggi tutti con un solo fendente che sibila nello spazio vuoto davanti a te, quando c’è una principessa nella caverna del drago da liberare e non importa se la principessa alla fine non c’è, ma l’emozione di arrivare stanchi e sudati fino alla botola della cucina reale era unica.

-Va bene Lome- gli dissi scendendo dal letto –Verrai con me, ma ad una condizione- gli dissi camminando nell’oscurità e arrivando fino a lui per mettergli una mano sulla spalla –Anche se in due, uniti come sempre-

-Si capitano-

-Contro il Nemico Chiaro dobbiamo sempre essere insieme- sorrisi furbescamente. Lui non rispose, credo che mosse solo il capo. Sapevo perchè non mi rispondeva, era evidente e lo sapevo ormai da molti anni che si era infatuato di mia sorella nonostante fosse il nostro nemico primario.

Passammo subito allo studio del luogo. Ero riuscito a trovare la cartina di Fosso Helm nella biblioteca della città. Era lì che saremmo stati spediti io e mia sorella, e Lome ci avrebbe seguito. Ora che sapevo che sarebbe venuto con me l’idea mi piaceva già di più e quasi ero contento del baccano che aveva fatto mia sorella a tavola con tutti gli invitati. Mio zio era talmente infuriato che gli potevi vedere le vene pulsanti sulla fronte. Aveva così deciso di punirci, saremmo stati tre giorni al Fosso di Helm per rischiararci le idee sulla disciplina. Lì ci sono molti bravissimi soldati e il capitano del forte è un uomo severissimo. Avevo vaghi ricordi di lui, perchè quando io ero ancora più piccolo stava a corte e solo dopo l’hanno trasferito laggiù, ora ne ho ancora di meno, tutto quello che posso dire di lui sarà ciò che rimembro da questa avventura a Fosso Helm.

La cartina non era ben chiara a dir la verità, ma la cosa non ci demoralizzò più di tanto: avremmo provato nuove avventure ad esplorare e scoprire da soli quel luogo.

Qualcuno bussò alla porta –Avanti- dico io dimenticandomi perfino di chiedere chi fosse. E quello fu un errore grave. Sulla soglia apparve mia sorella, in camicia da notte con la coperta tra le mani che strusciava per terra. Si fermò a fissarci rimanendo appesa alla maniglia della porta troppo in alto per lei –Cosa vuoi?- le chiedi seccato

-Fratello... non riesco a dormire- si lamentò con quella voce insopportabilmente lenta e mielosa –Posso stare con te per questa notte-

-Non se ne parla, tornatene in camera tua!- le risposi acido prendendo la cartina che avevo posato sul letto per mostrarla al mio amico

-Capitano, ma sei ha paura non possiamo rimandarla indietro- mi disse perplesso Lome

-Vuoi scherzare? Io non voglio dormire con quella bambinetta capricciosa- risposi irritato. Aspettavo una reazione rabbiosa da parte di mia sorella, era quello il mio obbiettivo, che lei si arrabbiasse e tornasse indietro, invece si mise a piangere. Mi voltai al vederla singhiozzare, presi la cartina con me e la raggiunsi sulla porta –E adesso perchè piangi?- le chiedi sbuffando con le mani sui fianchi

-Non voglio andare all’osso- spiegò tra le lacrime –Non voglio andare via di casa-

-Eowyn- disse Lome avvicinandosi a noi e piegandosi verso di lei –Si chiama Fosso, non osso-. Sospirai, e io che credevo le avrebbe detto qualcosa di consolante visto che le piaceva!

Sbuffai, tutti quei piagnistei da una bambina che poi faceva l’antipatica, vigliacca e bugiarda, non li sopportavo! La presi per il polso –Va bene, dormi con me, ma stai zitta, non respirare e non muoverti- la minacciai. Annuì con il capo, io mi girai verso Lome –Ci vediamo domani, partenza mattino presto-

-A domani capitano- disse –A domani principessa- disse rivolgendo un inchino a mia sorella. Mi irritava anche tutta questa ipocrisia nei suoi confronti solo perchè era una principessa e come tale le si doveva rispetto: nessuno si accorgeva di quanto fosse meschina e subdola?

Lei si arrampicò sul mio letto sistemandosi tra le pesanti coperte, l’inverno era avanzato ed erano due o tre giorni che i bambini della città attendevano che cadesse la neve: io con loro. Mi cambiai in fretta e spensi anche la candela sulla scrivania al fianco della quale raccolsi celermente tutte le cose piccole ma importanti da portarsi il giorno dopo, compresa la cartina. La raggiunsi e mi infilai al calduccio. Per un po’ rimanemmo lontani l’uno dall’altra a guardare il soffitto con gli occhi spalancati nel buio –E dì qualcosa stupida!- sbottai io dopo un po’

-Ma se mi hai detto di non respirare addirittura!- replicò con la sua solita nota acida nella voce. Forse la preferivo quando piagnucolava istericamente –Era un modo di dire sciocca- borbottai

-Non sei mai contento tu- si lamentò piano –Fratello- disse dopo un po’ –Credi che torneremo mai a casa?-

-Per tutti i Valar, Eowyn! Stiamo via tre giorni! Uno, due e tre!- scandii le parole –Mica per tre anni-

-Si lo so... ma non ci siamo mai allontanati da qui, io ho paura di sapere cosa c’è oltre le mura della nostra città- mugolò muovendosi un po’ sotto le coperte

-Ci sono steppe... lunghi, piani territori con tante altre città come la nostra, ma un po’ più piccole- spiegai con voce calma

-Tu le hai viste?- mi chiese

-No, ho solo buttato l’occhio fuori dai cancelli un giorno che giocavo con Lome e gli altri, ma non sono sicuro che ci sia questo- ammisi, un po’ di ansia iniziava a trasmetterla pure a me. Cadde il silenzio tra di noi, la mia ansia aumentava anche solo per quel silenzio. Alla fine le diedi il permesso di dormire vicino a me, più per sentirmi qualcuno vicino che per rendere contenta lei.

 

Il giorno dopo lasciammo Meduseld e la città dove avevamo sempre vissuto.

Mi guardavo indietro mentre il cavallo andava a avanti e per ingoiare le lacrime amare che il rimpicciolirsi di quella confortevole visione sulla collina mi dava –Avanti- mi disse il soldato che mi stava portando con sè sul cavallo –Presto tornerete signorino- mi guardò sorridente, ma la cosa non mi toccò minimamente –Sono solo tre giorni e se non contate oggi, dopodomani sarete di nuovo in vista della città... ma quella volta la vederete avvicinarsi- ridacchiò un po’ fra sè. Non capii se aveva detto quelle parole per sincero conforto o solo per prendersi gioco di me. In quel momento non ci feci nemmeno caso perchè cercavo con gli occhi Eowyn.

Quando la vidi era su un cavallo insieme ad un altro cavaliere come lo ero io, ma lei era zitta, immobile e guardava davanti a sè come se alle sue spalle non stesse lasciando tutto ciò che aveva sempre avuto. La cosa mi mise rabbia: perchè io, che ero un uomo, dovevo sentirmi le lacrime agli occhi e la nostalgia e lei, femminuccia capricciosa, era invece decisa e tranquilla? Doveva essere l’incontrario!

Strinsi fra le mani il fagotto che mi portavo dietro osservandola con occhi di fuoco. Il suo capo si girò, i suoi occhi incontrarono i miei. Tentai di nascondere il mio sguardo ingelosito, non so se se ne accorse, ma mi sorrise lo stesso: un sorriso dolce, che non avevo mai notato, uno sguardo conosciuto che non avevo mai apprezzato. A lato di quel sorriso e di quel volto apparentemente felice scorreva una silenziosa e nascosta lacrima.

“Sorella, perchè piangi? Perchè piangi e sorridi insieme?

Torneremo a casa no? Torneremo tra due giorni e come ha detto il cavaliere al nostro ritorno la città si avvicinerà a noi invece di allontanarsi come ora”.

Non avevo idea di cosa ci aspettasse.

 

Il Fosso di Helm era la fortezza del nostro popolo che si rifugiava lì in caso di guerre, di siccità o inondazioni, lì c’erano sempre rifornimenti di cibo, posti per dormire per tutti nel mezzo di quattro mura al sicuro grazie ai soldati che montavano sempre di guardia sulle mura e le pattuglie che giravano nelle zone limitrofe.

A quel tempo nulla mi apparve così, anzi, mi sembrò solo una torre molto alza costruita tra le rocce di una profonda gola, dietro una spessa ed imponente cinta muraria. Niente di speciale insomma...

Entrammo superando il grande portone oltre il ponte che superava un enorme e profondo fossato. Certo, quel posto, con le sue enormi e grigie mura, le lunghe e larghe scale sulle quali potevano salire anche i cavalli, il silenzio della gola, per un bambino come me erano tutte cose inquietanti. Lanciai uno sguardo a mia sorella, sembrava terrorizzata anche lei. Guardai Lome che invece di osservare intorno a sè continuava a lanciare delle occhiate dietro di sé come se un’intera giornata di cavalcata lasciasse ancora intravedere Meduseld all’orizzonte.

Entrammo nella leggendaria fortezza passando dal grande arco che era l'ingresso principale. Il portale è in legno massiccio e pesante, molto spesso e faticoso da aprire, infatti attendemmo qualche secondo prima che quattro guardie (due per lato) aprissero i battenti. L’arco è l'ingresso dello strano paese sorto all'interno delle mura, esso è abitato da soli uomini e raramente da donne o bambini, le famiglie dei soldati. Dopo pochi passi ci trovammo in una piccolissima piazzetta, un minuscolo quadrato con un piccolo pozzo di fronte ad una porta. Quello era il corpo di guardia, dentro all’edificio in pietra potevo vedere cavalieri andare e venire davanti alla finestra, camminando veloci o lenti, chi parlando con qualcuno chi da solo, messaggeri con notizie dei confini del regno, cavalieri che attendono ordini, altri che li danno.

Il sorriso di un cavaliere che ci venne incontro ci diede un silenzioso benvenuto che, ancora non capisco come, mi riscaldò il cuore curandolo dal gelo della già presente nostalgia di casa. Smontammo dai cavalli, ci fu un po’ di confusione tra stallieri e cavalieri che tentavano di recuperare noi tre e metterci tutti insieme in un punto. Superammo una porta, percorremmo un lungo corridoio silenzioso e ci fermammo dinanzi ad una porta. Da lì finimmo nella sala dei banchetti. Di fronte a me l'enorme camino di pietra luminosa, dentro al quale scoppiettava allegro un caldo fuoco, al centro un tavolo rettangolare massiccio, alti seggioloni, cassapanche intorno alle pareti. Appoggiate al muro stavano delle armi lucidate e splendenti. Dalle finestre piovevano obliqui i raggi di sole sul pavimento di quella, ormai comunissima, pietra grigia. Nonostante la cura che impiegavano per tenere in ordine quella stanza notai subito una leggera aria di abbandono, non dovevano fare molti banchetti tra di loro. Ripensavo alla sala del palazzo di Meduseld e se chiudevo gli occhi e lasciavo andare la fantasia sentivo lo scalpiccio dei servitori recanti vassoi colmi di cibi, una musica lontana, l'acciottolio dei piatti.

Non ci fermammo qui. Si aprirono davanti a noi una lunga serie di stanze. Proseguimmo e arrivammo ad una scalinata, iniziammo a salire. Al piano superiore c’erano alcune stanze da letto. Aprirono una porta: nella stanza c’erano due piccoli letti pronti, con le lenzuola pulite –Voi dormirete qui- disse uno dei cavalieri che ci aveva scortato da casa fino a lì, probabilmente era quello che aveva portato mia sorella –Qui non vi sono le stesse regole che a palazzo- disse –Potete girare per la rocca quanto volete durante il giorno, tutti i cavalieri sono stati avvisati della vostra presenza quindi anche se vi perdete tutti sapranno ricondurvi in un luogo che avete visto per arrivare fin qui. Mangerete nella sala dove avete visto il grande camino appena il sole sarà totalmente scomparso dietro le colline. C’è un solo divieto qui: non girate da soli di notte, perchè nella Rocca da un po’ di tempo ci si sente…- completò dicendo le ultime parole quasi a bassa voce e noi non le sentimmo. Gli altri che ci accompagnavano sembrarono rabbrividire o cambiare gamba sulla quale poggiarsi con un movimento nervoso, quasi come se fossero infastiditi da quelle parole. Noi però non avevamo capito assolutamente nulla! Eowyn fu accompagnata ad una stanza qualche porta più lontana dalla nostra.

Dopo esserci riposati un po’ cenammo al momento stabilito nella grande sala dei banchetti. Eravamo per lo più soli, qualche volta passava un cavaliere e ci faceva compagnia, ma per il testo eravamo solo noi tre. Eowyn si era messa a mangiare con il piatto in mano seduta sul basso gradino oltre il quale scoppiettava il fuoco. Non mi piaceva che stesse lì, avevamo sempre mangiato a tavola a casa nostra –Ehi mocciosa! Torna a mangiare qui- le disse autoritario

-Lasciami stare- rispose senza nemmeno guardarmi in faccia

-Cos’hai? Te ne vai di casa e già dimentichi le buone maniere? Sono tuo fratello maggiore stammi a sentire e se mi parli guardami negli occhi!- si voltò, il suo sguardo era agghiacciante

-Lasciami in pace- disse sempre con voce calma e poi tornò a guardare il fuoco davanti a sè.

Dopo cena andammo a dormire stanchi per il viaggio lungo della giornata. Casa già mi mancava mentre salivamo le scale per andare alle camere –Buona notte- salutò Lome quando noi arrivammo davanti alla porta della nostra camera ed Eowyn continuò verso la sua. Non rispose al saluto, il che avrebbe dovuto irritarmi, invece mi preoccupò. Forse ero più concentrato sul fatto che non ero contento che lei dormisse in una stanza lontana da noi in un luogo che non conoscevamo. La osservai arrivare fino alla sua stanza, si alzò in punta di piedi per afferrare la maniglia della porta e poi entrò. Feci come lei solo quando sentii la sua porta chiudersi e non riaprirsi per qualche secondo.

 

Era notte, era notte fonda. Un rumore, o almeno tale mi parve, mi cacciò dispettoso fuori dai miei sogni. Sogni di bambino, i più dolci, i più puri e candidi, quelli che molti vorrebbero fare per sentirsi meglio dopo momenti orribili. Tesi le orecchie, ancora un po’ assonnato mi misi a sedere. Anche la seconda giornata alla rocca era stata piena di scoperte e cose da fare. Il rumore si ripetè “da un po’ di tempo, ci si sente”. Mi risentii le parole del giorno prima, capii solo allora cosa volessero dire: una fantasma!

Pensai subito a mia sorella, ma mi accorsi che i passi andavano nella direzione opposta: verso le scale... quando li sentii scendere i gradini più in basso svegliai Lome –Ehi Lome, Lome svegliati-

-Chi... cosa.. che succede?-

-C’è un fantasma! Lo dicevo che c’era qualcosa di strano qui... magari è il guardiano di un tesoro andiamo a seguirlo!- gli sussurrai eccitatissimo. Lui sbuffò ancora mezzo assonnato e scese dal letto. Ci vestimmo veloci e uscimmo dalla porta finalmente tutti e due molto contenti e pronti per vivere una vera avventura invece che immaginarcela solamente!

La mia eccitazione svanì in un colpo. Stavo richiudendo la porta della nostra stanza con tutta calma, facendo attenzione a non sbatterla nè a farla scricchiolare o il fantasma avrebbe potuto sentirci e sarebbe svanito per non farsi più vedere. Quando la finii di chiudere il mio sguardo cadde sulla porta di mia sorella... era aperta –Capitano!- disse Lome con un urlo strozzato mentre mi dirigevo di corsa verso la porta. Guardai nella stanza, le coperte rivoltate, il letto vuoto, il lenzuolo che pendeva giù dal materasso e strusciava a terra in direzione della soglia sulla quale ero bloccato, come ad indicarmi da che parte andare –Il fantasma Lome, il fantasma ha preso Eowyn- farfugliai a metà tra il terrorizzato, l’arrabbiato e l’incredulo.

Ci precipitammo silenziosi giù per le scale e quando scendemmo, l’unica cosa che vedemmo su l’ultimo lembo bianco di un vestito che spariva oltre la soglia della sala dei banchetti. Ci avvicinammo piano e rimanemmo attaccati al muro sul quale vi era la porta, incapaci di trovare il coraggio di guardare al di là. In quel momento solo ci accorgemmo di una musica nelle nostre orecchie che allo scendere era diventata più forte –Capitano... capitano, cos’è questa musica?- mi chiese con voce strozzata il mio amico, feci segno di non saperlo scuotendo il capo. La musica andò avanti per un po’ poi il suo volume diminuì e sentii una voce limpida -Tu mi vedi?- chiese la voce

-Certo- rispose qualcuno. Riconobbi la voce, era quella di mia sorella che rispondeva. Mi feci coraggio e dopo aver fatto un gran respiro trattenni il fiato e mi girai ad osservare la scena. Un uomo, con una lunga veste rossa dai bordi dorati stava seduto sul gradino del camino, dentro il quale le lingue di fuoco danzavano ancora come appena riavviavate, senza consumare il legno, come generate da un incantesimo. Teneva tra le mani un piccolo strumento a corde, come una piccola arpa. Davanti a lui vi era mia sorella, nella sua camicia da notte di un bianco candido che risaltava nell’oscurità dell’ombra dell’uomo, lei si trovava davanti a lui, non illuminata dal fuoco.

-Cosa ci fai qui?- gli chiede mentre quello la osservava continuando a suonare piano

-Il mio nome è Noitiam Eselgh- disse lui con un cenno del capo –E tu, piccola bambina, chi sei, che hai seguito la mia musica a quest’ora?-

-Mi chiamo Eowyn signore, e vengo da Rohan- fece una riverenza, la scena mi faceva così paura ma allo stesso tempo mi sembrava buffa. Non resistetti più e tornai contro il muro anche se avevo il timore che potesse succedere qualcosa mente non guardavo –Piccola Eowyn, io sono qui perchè fui ucciso da un marito tradito. La mia fine ignobile e vergognosa, la mia indegna sepoltura mi condannano a vagare in eterno per queste mura fino a quando un anima candida non verrà a liberarmi- poichè lei non ripose nulla proseguì, io decisi di guardare il muro a fronte del camino che potevo vedere bene senza sentirmi angosciato, l’ombra di mia sorella vi era proiettata bene e avrei subito notato se le accadeva qualcosa di male, certo era più difficile visto che era l’uomo la minaccia e lui non aveva ombra. – Sono anni che vago per queste mura, piccola, suonando la mia arpa con le musiche più dolci e soavi. I primi anni chiunque poteva vedermi e io ho sempre chiesto aiuto, ma fuggivano tutti, nessuno escluso, anche se erano cavalieri grandi e grossi con armi e armature. Continuai a vagare e a piangere supplicando la pietà di chiunque mi incrociava, ma nessuno mi rispose. Allora in preda allo sconforto chiesi ai Valar di poter essere visto solo da anime buone e gentili, ancora candide e pure, come la tua. Ho atteso a lungo sai, fino ad oggi, per avere il tuo perdono- la vidi muoversi, ma si piegò solamente da un lato, mentre la musica dell’uomo continuava, ora comunque la sagoma scura di lei era leggermente più nitida sul muro, segno che era ancora un po’ vicina al fondo della stanza e non vicina allo sconosciuto -Se tu non mi aiuti vagherò in eterno- mormorò piano, ma la sua voce era come se venisse dall’alto e noi la sentimmo bene.

-Cos’hai fatto per essere ridotto così?- chiese la voce calma di mia sorella. Al sentirla mi venne l’angoscia... e se lei non avesse potuto fare nulla? Se l’uomo si fosse arrabbiato e l’avrebbe uccisa? Non potevo lasciare che le torcesse un solo capello!

Mi preparai a scattare per entrare nella stanza, afferrare mia sorella e tornare su in camera nostra dove nasconderla sotto le coperte e difenderla –Facevo parte di un gruppo di giovani uomini senza casa nè famiglia, andavamo in giro allo sbaraglio. Gli uomini di questo luogo, tempo fa, ci accolsero ospitali per una notte, con loro c’erano le loro famiglie venute a trovarli dopo mesi di lontananza di casa. Alcuni di loro ci invitarono a bere e rimanemmo con loro. Poi da bravi cavalieri tornarono al loro lavoro, ma noi, che eravamo giovani e sciocchi, continuammo... ormai ubriaco mi feci portare altro da bere, mi servì una ragazza che aggredii e tentai di portar via con me, nel luogo che i gentilissimi cavalieri ci avevano dato per dormire. Il suo fidanzato corse in suo aiuto al sentirla urlare e, non riuscendo a farmi ragionare, non gli rimase altro che uccidermi per evitare che io facessi del male alla giovane. Nessuno dei miei compagni si preoccupò di me, ne avevamo persi tanti per strada e io fui sepolto in segreto su una delle colline della vallata che si estende davanti a questa Rocca.

Ho sofferto per anni di solitudine, di questa maledizione... la giusta punizione per la sciocchezza che ho commesso, per il mio grave errore e per tutti quelli commessi da me prima... non ero un brav’uomo in vita-

-Cosa volete che io faccia?- chiese lei dando del voi al fantasma. Le mie membra erano bloccate per il troppo terrore e, anche se mi ero ripromesso di farlo, rimanevo fermo pronto a scattare ma senza riuscirci.

-Devi solo perdonarmi gentile Eowyn, con il vostro perdono sarò libero- rispose smettendo di suonare. La musica finì e io mi risvegliai dalla mia paura. Scattai finalmente –No! CAPITANO!- l’urlo di Lome rimbombò per tutto il corridoio e io mi fermai spaventato sulla soglia: entrambi si voltarono verso di me.

-Eomer... cosa ci dai qui?-

-Eowyn, cosa ci fai tu qui! Perchè sei uscita dalla stanza? Ti avevano detto di non uscire!-

-Ma mi ha chiesto aiuto- rispose piano indicando l’uomo con un gesto della mano

-Cosa volete da lei?- chiesi con voce arrabbiata, riuscivo a parlare solo perchè la troppa paura mi portava a dar fiato alla gola

-Solo perdono, giovane ragazzo... voi siete adirato con me. Non farò nulla a vostra sorella, non dovete temere- mi disse alzandosi in piedi e facendo un profondo inchino. La sua figura mi intenerì quasi, i muscoli del mio corpo si rilassarono –Va bene- risposi riprendendo a respirare normalmente.

Fece qualche passo verso di lei e si inginocchiò –Eowyn, dolce bambina, vi prego datemi il vostro perdono e io sarò libero-

-Vi perdono Noitiam Eselgh, siate libero e riposate in pace- disse lei sorridendo. L’uomo le sorrise e riprese a suonare la piccola arpa che aveva in mano –Ti ringrazio, che i Valar ti proteggano sempre- sussurrò con una piccola lacrima che gli attraversava la guancia. E piano sembrò cadere in avanti verso di lei. Feci uno scatto in avanti per andare a fermarlo e lei intimorita si fece indietro, ma prima che arrivasse al suo corpo, nella sua lenta e finale caduta si dissolse nel nulla.

Eowyn cadde in ginocchio singhiozzando mentre la musica permaneva nelle nostre menti, la raggiunsi abbracciandola. Appoggiò il capo sulla mia spalla e la consolai accarezzandole i capelli –Ho avuto paura fratello, ho avuto tanta paura anche se non sembrava cattivo- disse tra le lacrime con la voce che le saltava

-Si Eowin- le risposi –Ora non hai nulla di cui preoccuparti... io sono sempre stato qui e ti giuro che avrei vinto tutte le mie paure per salvarti-

-Scusa fratello- disse abbracciandomi –Non litigherò più con te, non voglio morire con il sentimento di rabbia nei tuoi confronti che mi pesa sul cuore!-

-Si, nemmeno io. Non litigheremo mai più e faremo tutto quello che è in nostro potere per essere sempre un fratello e una sorella perfetti come non mai. Ti proteggerò da qualsiasi pericolo-. Quando mi accorsi di aver detto quelle parole mi sorpresi da solo: chiusi tra le mura della nostra città, del nostro palazzo, non sapevamo cosa fosse davvero il pericolo e quella piccola avventura, che agli occhi di bambino sembrava una delle più grandi mai vissute, scosse entrambi nell’animo, non saremmo più stati gli stessi di prima -E io seguirò i tuoi consigli fratello, non ti disobbedirò più se mi darai una mano quando mi serve-

-Certo che te la darò sciocchina- le arruffai i capelli e lei ridacchiò contenta. Tornammo in camera nostra trascinando Lome che si era addormentato alla musica soave del fantasma.

Da quel giorno non litigammo mai più, da quel giorno la difesi sempre fino a quando non trovò un altro uomo che era capace di difenderla come io feci per tutti quegli anni, ma nel mio cuore rimane la mia piccola sorella Eowyn, a cui nessuno potrà fare del male e senza la quale non me la sento di continuare a vivere.

 

********

-Capitano!- continuavano a bussare alla porta della camera –Capitano avanti!-. Aprì gli occhi lentamente, si girò su un fianco e sospirò piano ancora a metà tra il sonno e la veglia –Arrivo, arrivo...- boffonchiò

-Come? Vi siete svegliato? Cos’avete detto?-

-Ho detto che arrivo!- sputò fuori quell’urlo con violenza poi si tirò le coperte fin sopra la testa. Il calore del letto, la quiete dei primi momenti della giornata, la tentazione del sonno che sembrava tendergli di nuovo la mano e invitarlo gentile a farsi cullare di nuovo tra le sue braccia –Insomma!- una voce lo fece riprendere di colpo, ma rimase nascosto –Non vorrei offenderla, ma credo che lei sia abbastanza grande per non aver bisogno della balia che vi tira le coperte via dal letto per svegliarvi!-

-Lome, come ti permetti di entrare in camera mia! Ho detto che mi sveglio e lo faccio no?!- rispose facendo capolino dalle coperte

-Allora sbrigatevi- e se ne andrò a grandi passi chiudendo piano la porta dietro le sue spalle.

Sospirò più forte guardando il soffitto con gli occhi fissi: il sonno era sparito, il dolce tepore del letto sembrava quasi svanire e lui ora era perfettamente sveglio. –Accidenti a lui!- disse secco spostando le coperte con un gesto pieno di frustrazione.

Afferrò i vestiti e incominciò ad indossarli davanti allo specchio. Finita l’operazione si guardò qualche minuto indugiando sul riflesso della figura e guardandola come se non fosse nemmeno la sua. I lunghi capelli biondi ricadevano ribelli sulle spalle, gli occhi scuri e bui, il fisico imponente, i muscoli ben sviluppati. Un mezzo sorriso sotto i corti baffi che qualche anno prima non sarebbe mai apparso. Èomer, nuovo Re di Rohan.

Slacciò i primi bottoni della camicia che sembravano strozzarlo poi raddrizzò la schiena e si guardò negli occhi per darsi coraggio.

Arrivò nella stanza del trono e si sedette ad un tavolo pronto per mangiare qualcosa –Capitanoooo- gli disse una voce canzonatoria –O si dorme o si mangia, lo sa bene che dobbiamo partire-. L’uomo rimase fermo, poi trattenne a fatica un grugnito di rabbia e si alzò a malincuore dal tavolo avviandosi verso la porta d’uscita e passando di fianco al soldato –Lome... oggi è la volta buona che ti faccio esalare l’ultimo respiro- gli sussurrò irritato uscendo dalla sala. Il soldato lo seguì ridendo di gusto –E’ sempre la volta buona, ogni giorno! Ma sapete meglio di me che vi sono indispensabile-

-Si, per svegliarmi la mattina e farmi partire a stomaco vuoto- disse sarcastico il re scendendo le scale.

Nelle stalle reali molti uomini stavano fissando gli ultimi lacci dei fagotti e delle selle, appena lo videro entrare si fermarono e si inchinarono al suo passaggio. Egli sorrise a tutti poi si voltò verso Lome –Ecco la prova che non servi affatto a far entrare nella zucca di questi soldati che possono anche non inchinarsi-

-Non è colpa mia Capitano, siete voi che non volete far rispettare loro le regole- rispose discolpandosi. Èomer guardò in silenzio il soldato, poi si girò e sellò il cavallo in silenzio: quella giornata iniziava male.

E dire che l’idea di recarsi a Fosso Helm era stata sua! Mentre cavalcavano verso la fortezza malediceva il momento in cui aveva preso quella decisione, ma da una parte era assolutamente indispensabile andarci: doveva effettuare il cambio delle guardie, controllare i lavori di ricostruzione dei muri e della nuova galleria attraverso le montagne.

Si voltò a guardare i figli di Lome: un maschio e una femminuccia... litigavano in continuazione, sorrise e poi tornò a guardare davanti a sè. Chissà se laggiù anche loro avrebbero trovato il loro Suonatore della Rocca.

  
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