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Autore: Pipa_bella    19/07/2011    1 recensioni
La mia prima fanfic su Harry Potter. La paura di crescere, la voglia di farlo, l'amore, l'amicizia, la morte, non sono più quei concetti astratti e semplificati dell'infanzia. E i Malandrini lo sanno. Il primo capitolo è una specie di introduzione, è dal secondo che si cominciano a delineare i caratteri dei personaggi, quindi... Non demordete!
Ambientata durante l'ultimo anno ad Hogwarts del quartetto.
E' una storia di cui non sono particolarmente convinta, anche se per la prima volta in assoluto so esattamente cosa succederà e come andrà a finire! Una recensioncina non mi dispiacerebbe ;-)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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-Non dico che non se lo meriti, James, ma forse dovresti andarci un po’ più piano con lui. L’ultima volta sei quasi finito in un guaio serio, e non mi è parso che ne valesse la pena.  
James Potter guardò con aria spavalda l’amico, che, appoggiato ad un tronco d’albero, cercava di riportarlo alla ragione. Non aveva bisogno di ulteriori prediche, gli erano bastate le parole di rimprovero di Silente e gli sguardi di fuoco di Lily Evans.
- Preferiresti sentirlo continuare a blaterare stupidaggini su come il mondo sarebbe migliore senza i mezzosangue, Lunastorta?
Remus si limitò a scuotere la testa, sconfitto. Severus Piton non aveva speranze di poter essere lasciato in pace. D’altronde, Remus non aveva mai sperato di riuscire ad inculcare un po’ di sale in zucca ai suoi amici, specialmente a James. Minus era abbastanza cedevole, di solito, e Sirius… Beh, Sirius non amava comunque che gli venisse detto cosa fare, quindi con lui ogni battaglia era persa in partenza.
Dall’esterno, il gruppetto doveva sembrare alquanto singolare: Sirius e James, così dissimili nell’aspetto, erano accomunati da un’irresistibile desiderio di sfidare tutto e tutti, e parevano brillare di luce propria. Remus e Pete erano decisamente meno appariscenti, meno belli – l’aria costantemente malaticcia di Remus non aiutava-, ma anche meno inclini a cacciarsi nei guai. Quello che davvero spiccava tra i quattro, e Remus sapeva che a James bruciava ammetterlo, era Sirius.
Recalcitrante appartenente alla nobile casata dei Black, Sirius era cresciuto tra idee malsane incanalatesi nel manifesto di battaglia di Lord Voldemort, il Signore Oscuro, colui-che-non-deve-essere-nominato. Il giovane Sirius aveva cercato di sottolineare la propria estraneità alle convinzioni degli altri membri della famiglia in tutti i modi ritenuti possibili.
Non aveva mai creduto i babbani una razza inferiore, innanzitutto. Non considerava i mezzosangue feccia, non riteneva che l’espressione “traditore del proprio sangue” potesse trovare giustificazione, e non trovava che i nati babbani avessero meno doti, talento magico o intelligenza dei maghi più puri. Da ultimo,  non era un Serpeverde. Un disonore enorme, che aveva condotto al suo bando dall’albero genealogico della famiglia e al disprezzo da parte dei suoi genitori, Orion e Walburga Black. Sirius non se n’era curato granché, preferendo andarsene di casa il prima possibile – anche grazie al denaro ereditato dallo zio Alphard - per rifugiarsi in quell’unico luogo sicuro dove aveva trovato comprensione, affetto e una vera casa. Hogwarts era questo e molto altro, per il giovane reietto, e nessuno avrebbe potuto immaginare luogo in cui Sirius avrebbe potuto essere più compreso e amato.
Per James, abituato ad essere adorato da parenti e amici, l’amicizia con Sirius era al contempo terapeutica e estenuante. Terapeutica, perché in Sirius aveva trovato un degno rivale come ragazzo più brillante della scuola, e estenuante per lo stesso motivo. Ma non c’era mai stata invidia, tra i due, mai uno screzio serio, mai nulla che avrebbe potuto incrinare quello splendido rapporto. James Potter e Sirius Black si davano manforte a vicenda, e mai avrebbero potuto risultare più affascinanti agli occhi degli altri studenti, di quando erano insieme.
Remus non mancava mai di stupirsi per il fascino naturale che quei due esercitavano su chiunque, specialmente sulle ragazze. Se c’era un campo in cui Remus detestava ammettere di non eccellere, era proprio quello. Sprovvisto dello charme e della bellezza sfrontata propria dei due amici, non era facile per lui catturare le attenzioni di una potenziale innamorata, e comunque non si sarebbe sentito a proprio agio perennemente circondato da ragazze adoranti.  Se lo ripeteva di continuo, eppure non riusciva a convincersene del tutto. Non che fosse geloso, o peggio, invidioso, questo no. Ma sarebbe piaciuto anche a lui, avere la vita facile e ogni cosa per possibilità.
Scoccò un’occhiataccia ai tre amici, che, stesi a terra, avevano intrapreso una strenua battaglia di ramoscelli spezzati e non si curavano del fatto che uno dei legnetti l’aveva appena colpito sul naso. James e Sirius ridevano forte, graffiandosi la pelle sull’erba secca, e Pete si era unito a loro con l’entusiasmo e la gratitudine che sfoggiava ogni qualvolta si trovasse in compagnia del celebre terzetto.
Remus sorrise suo malgrado quando l’urlo selvaggio di Sirius lo richiamò dalle sue elucubrazioni.
- Lunastorta, non fare il piantagrane e vieni qui! Potter e Minus non hanno scampo!
Coinvolto suo malgrado nella battaglia, anche Remus ebbe il suo momento di gloria quando scavalcò Minus per colpire al petto James con un ramoscello snodato.
- Arrenditi Potter!
Sirius, Remus e Peter avanzavano verso il giovane dai capelli scarmigliati con i ramoscelli sfoderati, brandendoli come bacchette e osservandolo indietreggiare e ridere.
- Va bene, basta così, avete vinto voi!
I tre sorrisero trionfanti e gettarono via i legnetti, ma James fu più veloce. In un attimo, i tre amici erano stesi a terra e si contorcevano dalle risate implorando pietà, preda di un incantesimo Rideo.
La felicità, e in quel momento la consapevolezza colpì Remus come un fulmine, era proprio quella. Nessuna azione grandiosa, nessun immenso potere, nessun desiderio irrealizzabile.  Il suo sorriso si fece più ampio, mentre il sole cominciava a tramontare sul lago immobile. 
  
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