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Autore: Tharon    20/07/2011    0 recensioni
(469 d.C)
Tavor, giovane ragazzo, vive con la sorella Tania, in un piccolo villaggio celtico tra le montagne della Valle d'Aosta. Per molte lune, con il viso fisso verso il cielo notturno, cercò di comprendere quale fosse la propria strada, una strada che gli avesse permesso di slanciarsi verso il futuro con un occhio sempre fisso verso il passato, verso la proprio tradizione, verso la propria origine; ma più cercava di capire, meno riusciva a raggiungere la propria meta. Anche grazie all'aiuto del pantheon di divinità celtiche, Tavor riuscirà a prendere la strada giusta e dopo numerose avventure e numerose battaglie combattute contro l'esercito di Teodorico, re degli Ostrogoti, il ragazzo meditando nel bosco di Faur, il bosco degli dei, capirà ciò per cui è veramente fatto.
Sono davvero gradite anche piccole recensioni :) potete inserire critiche, consigli e qualunque cosa pensiate dei capitoli. Possono essere un valido aiuto per la mia scrittura. grazie mille :)
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
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In questo quinto capitolo vi è una breve descrizione dell'intera vallata. I giovani vivono in un luogo meraviglioso, che forse a loro insaputa li protegge e li rinchiude allo stesso tempo. Per meglio comprendere la descrizione del paesaggio consiglierei ai lettori di leggere e chiudere immediatamente gli occhi; in questo modo potrete immergervi in questo fantastico mondo.(Prego i lettori di piccoli commenti, dubbi, domande e consigli per questo e per i capitoli successivi).

Il piccolo casotto dove vivevano Tavor e Tania si trovava all’interno di un fitto bosco dove convivevano decine di varietà di alberi, per la maggior parte pini sempreverdi e frassini; il ragazzo osservandoli ripensava alle intere giornate passate in compagnia dei suoi amici alla ricerca di volpi o conigli a cui dare la caccia per tornare a casa trionfanti con la selvaggina. Era in quei momenti che Tavor sentiva di essere utile alla famiglia. Almeno per una giornata o due i giovani avrebbero mangiato piatti prelibati a base di carne, e non la solita zuppa a base di erbe selvatiche o verdure.

L'abitazione era stata costruita completamente in legno, anche se il tetto era stato ricoperto di frasche come da usanza locale; a causa del tempo umido tuttavia, una rigogliosa erbetta verde era riuscita a crescere, e se un ipotetico viaggiatore avesse guardato la valle dal monte Rutor, sicuramente non sarebbe riuscito a scorgere la casetta, perfettamente mimetizzata con il verde circostante. Il casotto era stato ideato dal padre dei giovani quando, ancora giovane, aveva deciso di vivere assieme alla moglie lontano dal villaggio, per poter maggiormente godere del paesaggio e dell'aria fresca circostante.

La piana dove vivevano era sopraelevata rispetto al resto del villaggio, al quale vi si accedeva tramite una stradina sterrata, ed era quindi possibile osservare l’intera valle senza difficoltà. Si trovava infatti alle pendici del secondo monte più alto, il Grande Assaly, anch’esso innevato e dalla vetta acuminata. Dal lato orientale del monte una piccola cascata dava origine proprio dietro la casa dei giovani a un laghetto circondato da piante lacustri ocra e verdi, mentre papere e oche nuotavano allegre alla ricerca di piccoli pesci e alghe da mangiare. Di fianco a una grossa roccia vicino al laghetto, soprannominato “Incantato” dai ragazzi del villaggio, si stagliava una grossa quercia secolare dallo spesso tronco ramificato sul quale Tavor usava arrampicarsi quando era solo, pensando, o semplicemente ammirando la natura circostante, dando sfogo alla sua fantasia, inventando storie di nobili cavalieri alla ricerca di fanciulle indifese da salvare. Dal laghetto Incantato partiva uno dei due fiumi della valle, la Dora di Verney, che lentamente, giungeva fino ai campi di luppolo e alle vigne dei contadini. Voltandosi verso il passo di Raginir vide il secondo fiume della valle, il più grande, chiamato Dora del Rutor, che partendo dall’omonimo monte, si congiungeva alla Dora di Verney.

Mentre il ragazzo osservava le bellezze della vallata, perdendosi in memorie e ricordi, sentì un rumore dietro di sé. Era sua sorella che, carica di vassoi, camminava a passo spedito verso il fratello.

« Allora è pronto il maiale? », chiese posando il vassoio più grande e pesante a terra.

« Suppongo di si » affermò il ragazzo, « anche se come hai detto prima, mi sembra che si sia leggermente scottato sul dorso ».

« Poco importa. Quel che conta è che sia buono, non pensi? Ora lascia che lo tolgo dalla brace e vai a chiamare Caitilin e sua sorella ».

  
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