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Autore: LivingTheDream    20/07/2011    5 recensioni
"«Su, John, tranquillo piccolo mio – sveglierai tutto il quartiere.» Holmes si voltò verso di me, ma già avevo notato il caso di omonimia, e questo mi fece sorridere. Stavamo per allontanarci e riprendere il discorso quando nell'aria si diffuse una nenia dolce, delicata, cantata da una voce degna di complimenti.
Holmes, quale amante della musica, incurvò leggermente le labbra, incamminandosi di nuovo verso casa.
Io, invece, rimasi immobile sotto quella finestra."
Il passato si fonde con il presente per augurare sogni tranquilli a chi ne ha bisogno.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Nda: ecco la prima delle tre storie da me scritte in vacanza, con carta e penna, dopo il decesso del mio pc.

 

So che il tipo di musica dei Vocaloid non piace a tutti, ma mentre scrivevo questo – Can't I even dream? by Len/Rin Kagamine – era il mio sottofondo. Se non vi piace, per favore, non commentate solo per dirlo. La canzone è solo un optional.

 

«Sa, Watson, penso che questo spettacolo sia stato molto innovativo ed interessante.» passeggiavo al fianco del mio amico, mentre attraversavamo l'ultima curva prima di Baker Street.

La nebbia ci turbinava davanti agli occhi, impedendoci di vedere altro che non fossimo noi stessi, e le luci dei lampioni accesi tremulavano sotto l'aria ghiacciata della notte.

I nostri passi risuonavano secchi e silenziosi nella strada semideserta, ed ero quasi totalmente dedito all'ascolto del commento del mio camerata.

«Insomma, l'utilizzo degli strumenti a fiato in un contesto del genere non è un'espe-» il pianto disperato di un neonato interruppe le parole di Holmes, squarciando l'irreale silenzio che ci aveva avvolti sino a quel momento. Ci voltammo verso una finestra al pianterreno, che si illuminò; pochi secondi dopo una delicata figura femminile si stagliò in controluce, chinandosi su quella che sicuramente era una culla.

«Su, John, tranquillo piccolo mio – sveglierai tutto il quartiere.» Holmes si voltò verso di me, ma già avevo notato il caso di omonimia, e questo mi fece sorridere. Stavamo per allontanarci e riprendere il discorso quando nell'aria si diffuse una nenia dolce, delicata, cantata da una voce degna di complimenti.

Holmes, quale amante della musica, incurvò leggermente le labbra, incamminandosi di nuovo verso casa.

Io, invece, rimasi immobile sotto quella finestra.

Ascoltavo quella voce ed era come se la bevessi; mi scorreva in gola, fresca, fino a raggiungermi lo stomaco chiudendolo in una morsa.

Davanti ai miei occhi – come se fossi sotto l'effetto di una droga molto pesante – iniziò a delinearsi il volto di mia madre, appena sveglia eppure sorridente, che intonava la stessa identica ninna nanna.

«Lenta la neve fiocca, fiocca, fiocca. Senti – una zana dondola pian piano, un bimbo piange, il piccolo dito in bocca; canta una vecchia, il mento sulla mano.»

Mi sembrò quasi di avvertire la stoffa morbida della sua veste da notte ed il suo profumo inconfondibile ed unico. Mi lasciai cullare da quelle note, e con la memoria tornai indietro di giorni, mesi, anni.

«La vecchia canta, intorno al tuo lettino c'è rose e gigli, tutto un bel giardino.»

La serata a teatro, i primi casi, l'incontro con Holmes; poi la guerra – morte, distruzione, lacrime e caos – ed infine la mia famiglia. La mia casa, tutto quello che ero prima e che credevo di aver scordato.

Quando tutto era più semplice, e la guerra era solo un gioco in cui vinceva sempre il fratello maggiore, e poi non si rimetteva in ordine la camera. Quando se ti facevi male non eri costretto a trascinarti in trincea ed a medicarti da solo, ma arrivava la mamma che con un bacio sistemava tutto.

Quando i miei occhi chiari non erano stati ancora macchiati di sangue non mio.

«Nel bel giardino il bimbo s'addormenta. La neve fiocca lenta, lenta, lenta.*»

La nenia si interruppe, e venni come scaraventato nuovamente a Baker Street. Non c'era più il tepore di casa mia, ma la nebbia di Londra. Non c'erano i ricordi d'infanzia, ma quelli della battaglia.

Quando non c'erano i miei genitori, ma...

D'istinto mi voltai subito verso Holmes, che era a qualche passo da me e mi osservava perplesso. La sua mente però ragionò velocemente, e mi sentii prendere per mano. Ancora confuso non cercai di opporre resistenza,e mi arresi a quel contatto deciso e familiare.

Venni praticamente trascinato fino al 221b, poi entrammo in casa e, senza nemmeno darmi il tempo di posare la giacca, Holmes mi fece accomodare in poltrona – o, per meglio dire, mi ci gettò sopra.
Chiusi gli occhi; non sapevo che cosa avesse in mente il mio amico né sarei mai riuscito ad immaginarlo, ma ero ancora troppo scosso da quella tempesta di ricordi per parlare, quindi mi isolai per qualche minuto, cercando di riordinare le idee.

La bolla della mia concentrazione fu squarciata poco dopo dal suono di un violino.

Per qualche secondo le note strascicarono, tentennando, e si ripeterono svariate volte. Poi l'archetto scivolò velocemente sulle corde, facendomi venire la pelle d'oca.

Un colpetto al legno ed un sospiro profondo preannunciarono l'inizio dell'esecuzione vera e propria.

La stessa melodia che tanto mi aveva incantato riempì la stanza, intonata da un violino, e la voce di mia madre si fuse perfettamente con l'amato strumento di Holmes.

La musica mi riempì le orecchie, le labbra e le ferite apparentemente chiuse che giacciono sulla mia pelle ancora oggi, facendomi scordare di tutto, tranne che delle due persone più importanti per me: mia madre, che mi aveva donato la vita, e Holmes, che poco a poco me l'aveva restituita.

Il passato che si fondeva con il presente era la migliore ninna nanna che io avessi mai potuto desiderare, e, prima di cadere addormentato, sentii la testa di Holmes poggiarsi sul mio ginocchio. Quasi istintivamente passai una mano leggera sui suoi capelli; poi caddi vittima di quelle note.

Gli incubi della guerra – ne ero sicuro – non mi avrebbero tormentato.

Almeno non quella notte.

Quella notte, avevo degli angeli a proteggermi con la loro musica fatta d'amore.

 

*Orfano, di Giovanni Pascoli.

   
 
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