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Autore: keepcalm    20/07/2011    5 recensioni
Dato che ho avuto un responso alquanto positivo, pubblico un'altra storia. é collegata alla mia prima(checkmated) ma si possono anche leggere separatamente. Stavolta sono stata un meno introspettiva e più romantica, quindi spero che il mio modo di scrivere vi piaccia anche in questo campo. Ron ed Hermione(non credo che scriverò di molte altre coppie) alla stazione di King's Cross per il ritorno della strega dal suo settimo anno ad Hogwarts. Non dimentico di scusarmi con J.K Rowling per la mia presunzione. Buona lettura!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Mancano esattamente due ore. Sono così eccitato che non sto più nella pelle. Solo due ore e potrò riaverti tra le mie braccia dopo un anno di separazione. Sono molto nervoso e sono davanti allo specchio cercando di apparire al meglio perché non voglio che tu rimanga delusa dal mio aspetto: infondo, è passato un anno e potresti aver dimenticato come sono realmente fatto,  immaginarmi più attraente di quanto in realtà non sia; potresti ricrederti. Guardo il mio riflesso e, non so bene come o per quale motivo, nel fondo dei miei occhi vedo te; forse,  proprio perché gli occhi sono lo specchio dell’anima, significa che ormai sei diventata una parte di me stesso, anche se lo sei sempre stata. Ecco perché tra due ore, dopo che sarai scesa da quel treno una volta per tutte, ti chiederò di restare al mio fianco per sempre. Se ti dicessi quando ho preso l’anello rimarresti sconvolta e forse ti preoccuperesti del fatto che sia stato un pensiero un po’ troppo…precoce.
Durante le vacanze prima del nostro sesto anno,  io ero alla Tana, a scervellarmi su quale regalo farti per il tuo compleanno; volevo che fosse speciale. Un giorno, facendomi guidare dal mio istinto, mi convinsi ad andare a Diagon Alley per farti il più bel regalo che avessi mai ricevuto. Non ci credevo molto, dato che ero sempre oppresso dal pensiero che non avevo le possibilità economiche per comprare qualcosa di indimenticabile, ma non mi arresi perché volevo almeno provarci. Convinsi mia madre a lasciarmi andare, almeno solo per poche ore, e così mi ritrovai in quella strada affollata, non sapendo sinceramente da dove cominciare. Volevo entrare in una libreria e comprarti un libro, ma non misi neanche un piede oltre la soglia: prima di tutto era una idea banale e poi non avrei saputo riconoscere tra quelli che avevi e che non avevi, ammettendo che avessi intuito quali ti sarebbero potuti interessare. Passai davanti a tanti negozi ma non entrai in nessuno.  Non sapevo cosa comprarti di preciso, ma ero fermamente convinto che quelli che avevo sorpassato non contenevano il tuo regalo. Mi fermai ad allacciarmi le scarpe davanti ad una gioielleria e fui conquistato da quello che vidi alzando lo sguardo. Era piccolo, stava senza alcuna pretesa nascosto da altri simili, molto più grandi ed appariscenti, ma in quanto a raffinatezza e semplicità nessuno poteva reggergli il confronto. Mi ricordò tanto te, che non sei una di quelle bellezze prorompenti con tutte le curve al loro posto e grandi il giusto. Non sto cercando di offenderti , ma ho capito che una persona la ami veramente quando sei tanto obiettivo da distinguere tutti i suoi difetti e i suoi limiti ed accettarli, anzi, amarli; quando sei accecato dall’amore e non vedi imperfezioni nel tuo amato, non può che essere una cosa passeggera, perché quando ti mostrerà il suo lato peggiore(perché lo farà) ti sembrerà di aver amato l’idea che ti eri costruito di quella persona e scapperai.  Io ti amo per come sei: un po’ rotondetta dove è giusto che tu lo sia,  ma estremamente sexy, soprattutto perché pensi di non esserlo. Sei semplice: i tuoi lineamenti sono così sobri che sembrano incarnare la purezza e il tuo corpo, nonostante la tua insicurezza, è la cosa più armonica che abbia mai visto. Ti amo. E seppi di amarti non appena vidi quell’anello. Mentre lo osservavo, pensavo a quando e a come te lo avrei dato, alla tua faccia emozionata quando mi avresti detto sì e come avremmo vissuto la nostra vita da sposati; in un angolino remoto della mia testa stavo anche iniziando a cercare dei bei nomi da bambino(ero veramente in vena di fantasie quel giorno). Avevo portato con me tutti i miei risparmi(ci avevo messo due anni a raccoglierli)  ed ero riuscito a raccattare un galeone; ero molo fiero del mio tesoro. Quando chiesi il prezzo dell’anello, la commessa mi disse che veniva proprio un galeone. Non ci pensai neanche due volte, anzi, sentii che quello era un segno del destino. Uscii pienamente soddisfatto e stavo mettendo a punto un modo per dartelo e per farti la proposta quando mi bloccai: eravamo troppo piccoli per sposarci ed io non avevo ancora trovato il coraggio di dirti che mi piacevi, anche se lo avevo scoperto da poco. Con mio sommo disappunto, ero di nuovo a mani vuote perché, anche se non ti avessi fatto la proposta, un anello è un impegno già da solo e non potevo regalartelo. Mi rammaricai del fatto che ora ero rimasto senza uno zellino ma ero sicuro che un giorno o l’altro l’avresti indossato il mio anello; era solo un regalo posticipato. Chiesi un prestito a Ginny e ripiegai su un braccialetto, molto meno costoso.
Ora so che avevo ragione: sto finalmente per dartelo. Ho una paura folle che tu mi rifiuti ma devo dartelo perché sento che questo è il momento giusto, io sono pronto. Arrivo alla stazione di King’s Cross in anticipo di mezz’ora (ti giuro che sarà la prima e l’ultima volta) e vado nervosamente avanti e indietro per la piattaforma, con una mano in tasca a toccare l’involucro che racchiude la mia promessa, e ti aspetto. Sento lo sbuffo del treno dietro di me. Mi fermo, chiudo gli occhi, incasso le spalle e trattengo il fiato, incapace di pensare lucidamente, mentre aspetto che il treno si fermi. A quel punto mi giro e attendo di vederti scendere. Eccoti lì, mentre tutta emozionata ti guardi intorno, nella speranza di scorgere volti familiari ed io so che è la volta buona: al diavolo l’imbarazzo o le insicurezze, tu sei la donna giusta. Mi vedi, la tua bocca si incurva in un sorriso che va da un orecchio all’altro ed io lo ricambio, con tenera sincerità. Mi corri incontro e mi abbracci forte. Io ti stringo ancora più stretta e mi perdo nelle note del tuo profumo che conosco come le mie tasche ma che, dopo un anno, mi stupisce ugualmente per la sua dolcezza. Poi ti liberi dalle mie braccia e dici:
“Mi sei mancato, tanto”.
 Io chiudo gli occhi ed inspiro. Per me l’olfatto ha sempre avuto una considerazione speciale: quando voglio imprimermi qualcosa nella memoria, chiudo gli occhi e annuso, quasi a voler sentire l’odore delle emozioni che mi pervadono e a volerne scoprire la misticità. So che questa fragranza di fumo, fretta, animali nelle gabbie, abbracci di ricongiungimento e di Hermione, specialmente di Hermione, sarà una di quelle che ricorderò nei momenti più bui con un sorriso. Riapro gli occhi e tu mi fissi con un sguardo incuriosito. Io rispondo ricomponendomi e diventando serio tutto ad un tratto. Senti anche tu la tensione aumentare tra noi infatti cambi posizione e mi fissi intensamente, anche se io l’ho notato quel piccolo guizzo di paura. Inspiro profondamente e poi dico:
 “Anche tu, Mione…” sappiamo entrambi che non ho finito e tu infatti rimani immobile, pazientemente in attesa.
 “Sono fiero di te” dico con sincerità ma anche con una punta di amarezza perché so che questo è completamente diverso da quello che sto cercando di dirti. Tu difatti mi guardi incuriosita e mi chiedi sarcastica:
 ”Grazie?!”.
 Ecco,  è in questi momenti, quando tu mi leggi nel pensiero con una tale facilità,  che  mi rendo conto di stare andando nella direzione giusta, di avere ragione una volta tanto, e mi ritrovo a sentire il mio petto gonfiarsi alla consapevolezza che tu, la strega migliore del tuo anno, abbia scelto me per starti accanto; segretamente però sono anche fiero di me stesso per la mia fortuna e, diciamocelo, anche per il mio buon gusto.  Mi metto una mano in tasca e ne estraggo un piccolo cofanetto. No, non è quello che state pensando. È una Cioccorana. Tu mi guardi con aria interrogativa, la apri ma non sei abbastanza veloce da afferrarla e l’animaletto scappa via; vedo che ti senti in imbarazzo per questa tua mancanza di tatto nei miei confronti perché sai che con quel dolcetto ti sto trasmettendo un messaggio che non ti è ancora chiaro. Ma è proprio quello che cercavo di ottenere e così sono invogliato ad andare avanti. Ti sorrido di sbieco e ti chiedo:
” E adesso? A chi andrai a chiedere se ha visto una rana?”.
Non dici niente ma ridi. Anche la tua risata mi è mancata infinitamente poiché so che è un suono che sono quasi sempre io a suscitare; ne vado orgoglioso. Ti prendo una mano e continuo:
 “Sai Mione, tutto questo è cominciato con un treno ed una rana e deve finire così. Solo che non voglio che tu vada in un altro scompartimento. Io ho trovato quello che cercavo otto anni fa, su questo treno e per una rana. Non me e sono reso conto subito, è vero, ma la verità è che mi hai cambiato la vita e…” ok, adesso sto per entrare nel pieno della mia confessione e la pressione si fa sentire. Inspiro ed espiro profondamente. Mi calmo, anche se so di aver ucciso l’atmosfera, e infatti mi rimprovero a voce un po’ troppo alta:
“Miseriaccia, ho rovinato tutto un’altra volta. Lo sapevo che non ce l’avrei fatta…” invece tu metti la tua mano libera sulla mia e mi dici di non preoccuparmi, di andare avanti. Inspiro ed espiro; con te anche le cose più semplici come incamerare aria nei polmoni diventano imprese titaniche. Annuisco con forza e vado avanti:
” Grazie ad una rana ci siamo incontrati, per un troll di montagna siamo diventati amici e, per tutto il tempo che siamo stati ad Hogwarts, non siamo mai riusciti ad essere altro, anche se io volevo di più. Poi, grazie a degli elfi domestici, hai trovato la forza di baciarmi, cosa che ancora oggi trovo stupefacente perché hai dimostrato di essere più coraggiosa di me. Mi sono fermato a riflettere durante questo anno in cui tu non c’eri e mi sono reso conto che i momenti di svolta nella nostra relazione sono dipesi da delle creature, ma comunque- tu ridi di nuovo e sorrido, però non mi fermo- ho capito anche altre cose. È tempo di lasciarci questo treno alle spalle e di donare a qualcun altro l’onore di trovare quella rana, è tempo di dire addio a Lenticchia e alla so-tutto-io. Mione, so di non essere ancora un vero uomo ma siamo sopravvissuti ad una guerra orribile e per colpa di quella rana rischiavo di lasciarti senza farti sapere alcune cose fondamentali. So di non poterti offrire molto ma quel poco che ho lo condividerò con te e mi prenderò cura di te. Non ho mai avuto tanto, ma ho avuto te- e qui ti metto il cofanetto (sì, adesso è quello che pensate) tra le mani e spalanchi i tuoi già grandissimi occhi- e ho avuto tutto quello di cui avevo bisogno. Vorresti concedermi l’onore di poter passare il resto della mia vita accanto a te? “ dico con fierezza nello sguardo. Da quando mi hai detto che mi consideri il tuo cavaliere, ho deciso che, quando ti avrei chiesto di sposarmi, avrei formulato la frase in modo da onorare quel ruolo che occupo nel tuo cuore, l’avrei fatto in modo galante, proprio al contrario di come ti saresti aspettata che lo facessi. Poi tu mi guardi con una luce negli occhi che non ti avevo mai visto, forse perché sai che fare quel discorso per me è stata una delle imprese più difficili della mia vita, e lo sguardo ti si vela di lacrime. Apri il cofanetto e stavolta sento uscire un gemito di stupore dalle tue labbra. Estasiato da quella reazione, continuo con un po’ di malizia nella voce:
” Lo so che ti aspettavi un’altra Cioccorana dal mio discorso ma, come ti ho detto, ho lasciato il compito di cercarla a qualche altra undicenne un po’ autoritaria e ad un ragazzino un po’ imbranato e pieno di lentiggini. Se sei delusa però, posso sempre prendertene un’altra..” scuoti la testa.
Diciamo che sto iniziando un po’ a preoccuparmi perché non hai ancora risposto, così, con le orecchie in fiamme, riprendo dicendo:
”Scusami, non dovevo chiedertelo. Non voglio metterti pressione se non vuoi. Possiamo anche aspettare, o possiamo proprio non farlo se non ti va…” ma tu scuoti ancora la testa.
Devo capire:
”Allora è per l’anello? Perché lo so che non è un diamante ma l’ho visto in quella gioielleria a Diagon Alley, quell’estate, a sedici anni,  e non avevo molto denaro a quell’età e stavo cercando un regalo per il tuo compleanno e avevo speso tutti i miei risparmi per comprarti questo. Volevo chiederti di sposarmi ma poi mi resi conto che non avevo neanche il coraggio di dirti che mi piacevi, figuriamoci di farti una proposta di matrimonio e così ti presi un braccialetto ma avevo promesso a me stesso che un giorno te l’avrei dato e sentivo che questo era il momento giusto e …” capisci che sto iniziando a delirare e mi zittisci baciandomi. Credo che ormai tu ci abbia preso gusto. Quel bacio è pieno di desiderio, di amore, di devozione, e spero di infonderti tramite le mie labbra le stesse cose. Lascio penetrare un spiraglio di speranza, e quando interrompiamo  la magia ti chiedo:
”E questo sarebbe…?”
 “ Un sì. Sì, Ron.”
 Rido come un cretino, ti prendo per la vita e ti faccio roteare sul posto. Non credo che le mie orecchie siano mai state più rosse ma non mi interessa. Quando ti rimetto giù, mi guardi negli occhi, ancora con questa luce nello sguardo, e mi chiedi:
”è vero che l’hai comprato a sedici anni?” .
Con  un po’ più di imbarazzo, mi metto una mano dietro alla nuca e, sfregandola nervosamente,  rispondo:
” Beh, sì!”
” è la cosa più dolce che abbia mai sentito” e mentre lo dici sono sicuro che la mia faccia è dello stesso colore dei miei capelli.
Decidiamo di andarcene di lì e ci prendiamo per mano. Sono nella più completa beatitudine quando interrompi quel silenzio:
” Però una cosa l’hai sbagliata”
 “Cosa?” chiedo allarmato “Non era una rana. Era un rospo” e io rido. Solo tu puoi essere tanto puntigliosa da trovare da ridere anche in una proposta di matrimonio. Ti amo. E poi ti rispondo:
 “Oh beh, scusa tanto se non hanno inventato i Cioccorospi, ma provvederò subito e ti rifarò tutto il discorso per bene!” adesso ridiamo entrambi.
“ Non credo che ci riusciresti” mi dici con aria di sfida.  
Secondo me hai proprio ragione. E poi non avrei mai il coraggio di sfidare la sorte due volte di fila: sono pur sempre Ronald Weasley! 

  
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