Mancano
esattamente due ore. Sono così eccitato che non sto
più nella pelle. Solo due
ore e potrò riaverti tra le mie braccia dopo un anno di
separazione. Sono molto
nervoso e sono davanti allo specchio cercando di apparire al meglio
perché non
voglio che tu rimanga delusa dal mio aspetto: infondo, è
passato un anno e potresti
aver dimenticato come sono realmente fatto, immaginarmi
più attraente di quanto in realtà non
sia; potresti ricrederti. Guardo il mio riflesso e, non so bene come o
per
quale motivo, nel fondo dei miei occhi vedo te; forse,
proprio perché gli occhi sono lo specchio
dell’anima, significa che ormai sei diventata una parte di me
stesso, anche se
lo sei sempre stata. Ecco perché tra due ore, dopo che sarai
scesa da quel
treno una volta per tutte, ti chiederò di restare al mio
fianco per sempre. Se
ti dicessi quando ho preso l’anello rimarresti sconvolta e
forse ti
preoccuperesti del fatto che sia stato un pensiero un po’
troppo…precoce.
Durante le
vacanze prima del nostro sesto anno, io
ero alla Tana, a scervellarmi su quale regalo farti per il tuo
compleanno;
volevo che fosse speciale. Un giorno, facendomi guidare dal mio
istinto, mi
convinsi ad andare a Diagon Alley per farti il più bel
regalo che avessi mai
ricevuto. Non ci credevo molto, dato che ero sempre oppresso dal
pensiero che
non avevo le possibilità economiche per comprare qualcosa di
indimenticabile,
ma non mi arresi perché volevo almeno provarci. Convinsi mia
madre a lasciarmi
andare, almeno solo per poche ore, e così mi ritrovai in
quella strada
affollata, non sapendo sinceramente da dove cominciare. Volevo entrare
in una
libreria e comprarti un libro, ma non misi neanche un piede oltre la
soglia:
prima di tutto era una idea banale e poi non avrei saputo riconoscere
tra quelli
che avevi e che non avevi, ammettendo che avessi intuito quali ti
sarebbero
potuti interessare. Passai davanti a tanti negozi ma non entrai in
nessuno. Non sapevo
cosa comprarti di
preciso, ma ero fermamente convinto che quelli che avevo sorpassato non
contenevano il tuo regalo. Mi fermai ad allacciarmi le scarpe davanti
ad una
gioielleria e fui conquistato da quello che vidi alzando lo sguardo.
Era
piccolo, stava senza alcuna pretesa nascosto da altri simili, molto
più grandi
ed appariscenti, ma in quanto a raffinatezza e semplicità
nessuno poteva
reggergli il confronto. Mi ricordò tanto te, che non sei una
di quelle bellezze
prorompenti con tutte le curve al loro posto e grandi il giusto. Non
sto
cercando di offenderti , ma ho capito che una persona la ami veramente
quando
sei tanto obiettivo da distinguere tutti i suoi difetti e i suoi limiti
ed
accettarli, anzi, amarli; quando sei accecato dall’amore e
non vedi
imperfezioni nel tuo amato, non può che essere una cosa
passeggera, perché
quando ti mostrerà il suo lato peggiore(perché lo
farà) ti sembrerà di aver
amato l’idea che ti eri costruito di quella persona e
scapperai. Io ti
amo per come sei: un po’ rotondetta dove
è giusto che tu lo sia,
ma estremamente
sexy, soprattutto perché pensi di non esserlo. Sei semplice:
i tuoi lineamenti
sono così sobri che sembrano incarnare la purezza e il tuo
corpo, nonostante la
tua insicurezza, è la cosa più armonica che abbia
mai visto. Ti amo. E seppi di
amarti non appena vidi quell’anello. Mentre lo osservavo,
pensavo a quando e a
come te lo avrei dato, alla tua faccia emozionata quando mi avresti
detto sì e
come avremmo vissuto la nostra vita da sposati; in un angolino remoto
della mia
testa stavo anche iniziando a cercare dei bei nomi da bambino(ero
veramente in
vena di fantasie quel giorno). Avevo portato con me tutti i miei
risparmi(ci
avevo messo due anni a raccoglierli)
ed
ero riuscito a raccattare un galeone; ero molo fiero del mio tesoro.
Quando
chiesi il prezzo dell’anello, la commessa mi disse che veniva
proprio un
galeone. Non ci pensai neanche due volte, anzi, sentii che quello era
un segno
del destino. Uscii pienamente soddisfatto e stavo mettendo a punto un
modo per
dartelo e per farti la proposta quando mi bloccai: eravamo troppo
piccoli per
sposarci ed io non avevo ancora trovato il coraggio di dirti che mi
piacevi,
anche se lo avevo scoperto da poco. Con mio sommo disappunto, ero di
nuovo a
mani vuote perché, anche se non ti avessi fatto la proposta,
un anello è un
impegno già da solo e non potevo regalartelo. Mi rammaricai
del fatto che ora
ero rimasto senza uno zellino ma ero sicuro che un giorno o
l’altro l’avresti
indossato il mio anello; era solo un regalo posticipato. Chiesi un
prestito a
Ginny e ripiegai su un braccialetto, molto meno costoso.
Ora so che
avevo ragione: sto finalmente per dartelo. Ho una paura folle che tu mi
rifiuti
ma devo dartelo perché sento che questo è il
momento giusto, io sono pronto.
Arrivo alla stazione di King’s Cross in anticipo di
mezz’ora (ti giuro che sarà
la prima e l’ultima volta) e vado nervosamente avanti e
indietro per la
piattaforma, con una mano in tasca a toccare l’involucro che
racchiude la mia
promessa, e ti aspetto. Sento lo sbuffo del treno dietro di me. Mi
fermo,
chiudo gli occhi, incasso le spalle e trattengo il fiato, incapace di
pensare
lucidamente, mentre aspetto che il treno si fermi. A quel punto mi giro
e
attendo di vederti scendere. Eccoti lì, mentre tutta
emozionata ti guardi
intorno, nella speranza di scorgere volti familiari ed io so che
è la volta
buona: al diavolo l’imbarazzo o le insicurezze, tu sei la
donna giusta. Mi
vedi, la tua bocca si incurva in un sorriso che va da un orecchio
all’altro ed
io lo ricambio, con tenera sincerità. Mi corri incontro e mi
abbracci forte. Io
ti stringo ancora più stretta e mi perdo nelle note del tuo
profumo che conosco
come le mie tasche ma che, dopo un anno, mi stupisce ugualmente per la
sua
dolcezza. Poi ti liberi dalle mie braccia e dici:
“Mi sei
mancato, tanto”.
Io chiudo gli occhi
ed inspiro. Per me
l’olfatto ha sempre avuto una considerazione speciale: quando
voglio imprimermi
qualcosa nella memoria, chiudo gli occhi e annuso, quasi a voler
sentire
l’odore delle emozioni che mi pervadono e a volerne scoprire
la misticità. So
che questa fragranza di fumo, fretta, animali nelle gabbie, abbracci di
ricongiungimento e di Hermione, specialmente di Hermione,
sarà una di quelle
che ricorderò nei momenti più bui con un sorriso.
Riapro gli occhi e tu mi
fissi con un sguardo incuriosito. Io rispondo ricomponendomi e
diventando serio
tutto ad un tratto. Senti anche tu la tensione aumentare tra noi
infatti cambi
posizione e mi fissi intensamente, anche se io l’ho notato
quel piccolo guizzo
di paura. Inspiro profondamente e poi dico:
“Anche tu,
Mione…” sappiamo entrambi che non
ho finito e tu infatti rimani immobile, pazientemente in attesa.
“Sono
fiero di te” dico con sincerità ma anche
con una punta di amarezza perché so che questo è
completamente diverso da
quello che sto cercando di dirti. Tu difatti mi guardi incuriosita e mi
chiedi
sarcastica:
”Grazie?!”.
Ecco, è
in questi momenti, quando tu mi leggi nel pensiero con una tale
facilità, che mi
rendo conto di stare andando nella direzione giusta, di avere ragione
una volta
tanto, e mi ritrovo a sentire il mio petto gonfiarsi alla
consapevolezza che
tu, la strega migliore del tuo anno, abbia scelto me per starti
accanto;
segretamente però sono anche fiero di me stesso per la mia
fortuna e,
diciamocelo, anche per il mio buon gusto.
Mi metto una mano in tasca e ne estraggo un piccolo
cofanetto. No, non è
quello che state pensando. È una Cioccorana. Tu mi guardi
con aria
interrogativa, la apri ma non sei abbastanza veloce da afferrarla e
l’animaletto scappa via; vedo che ti senti in imbarazzo per
questa tua mancanza
di tatto nei miei confronti perché sai che con quel dolcetto
ti sto
trasmettendo un messaggio che non ti è ancora chiaro. Ma
è proprio quello che
cercavo di ottenere e così sono invogliato ad andare avanti.
Ti sorrido di
sbieco e ti chiedo:
” E adesso? A
chi andrai a chiedere se ha visto una rana?”.
Non dici
niente ma ridi. Anche la tua risata mi è mancata
infinitamente poiché so che è
un suono che sono quasi sempre io a suscitare; ne vado orgoglioso. Ti
prendo
una mano e continuo:
“Sai
Mione, tutto questo è cominciato con un
treno ed una rana e deve finire così. Solo che non voglio
che tu vada in un
altro scompartimento. Io ho trovato quello che cercavo otto anni fa, su
questo
treno e per una rana. Non me e sono reso conto subito, è
vero, ma la verità è
che mi hai cambiato la vita e…” ok, adesso sto per
entrare nel pieno della mia
confessione e la pressione si fa sentire. Inspiro ed espiro
profondamente. Mi
calmo, anche se so di aver ucciso l’atmosfera, e infatti mi
rimprovero a voce
un po’ troppo alta:
“Miseriaccia,
ho rovinato tutto un’altra volta. Lo sapevo che non ce
l’avrei fatta…” invece
tu metti la tua mano libera sulla mia e mi dici di non preoccuparmi, di
andare
avanti. Inspiro ed espiro; con te anche le cose più semplici
come incamerare
aria nei polmoni diventano imprese titaniche. Annuisco con forza e vado
avanti:
” Grazie ad
una rana ci siamo incontrati, per un troll di montagna siamo diventati
amici e,
per tutto il tempo che siamo stati ad Hogwarts, non siamo mai riusciti
ad
essere altro, anche se io volevo di più. Poi, grazie a degli
elfi domestici,
hai trovato la forza di baciarmi, cosa che ancora oggi trovo
stupefacente
perché hai dimostrato di essere più coraggiosa di
me. Mi sono fermato a
riflettere durante questo anno in cui tu non c’eri e mi sono
reso conto che i
momenti di svolta nella nostra relazione sono dipesi da delle creature,
ma
comunque- tu ridi di nuovo e sorrido, però non mi fermo- ho
capito anche altre
cose. È tempo di lasciarci questo treno alle spalle e di
donare a qualcun altro
l’onore di trovare quella rana, è tempo di dire
addio a Lenticchia e alla so-tutto-io.
Mione, so di non essere ancora un vero uomo ma siamo sopravvissuti ad
una
guerra orribile e per colpa di quella rana rischiavo di lasciarti senza
farti
sapere alcune cose fondamentali. So di non poterti offrire molto ma
quel poco
che ho lo condividerò con te e mi prenderò cura
di te. Non ho mai avuto tanto,
ma ho avuto te- e qui ti metto il cofanetto (sì, adesso
è quello che pensate)
tra le mani e spalanchi i tuoi già grandissimi occhi- e ho
avuto tutto quello
di cui avevo bisogno. Vorresti concedermi l’onore di poter
passare il resto della
mia vita accanto a te? “ dico con fierezza nello sguardo. Da
quando mi hai
detto che mi consideri il tuo cavaliere, ho deciso che, quando ti avrei
chiesto
di sposarmi, avrei formulato la frase in modo da onorare quel ruolo che
occupo
nel tuo cuore, l’avrei fatto in modo galante, proprio al
contrario di come ti
saresti aspettata che lo facessi. Poi tu mi guardi con una luce negli
occhi che
non ti avevo mai visto, forse perché sai che fare quel
discorso per me è stata
una delle imprese più difficili della mia vita, e lo sguardo
ti si vela di
lacrime. Apri il cofanetto e stavolta sento uscire un gemito di stupore
dalle
tue labbra. Estasiato da quella reazione, continuo con un po’
di malizia nella
voce:
” Lo so che
ti aspettavi un’altra Cioccorana dal mio discorso ma, come ti
ho detto, ho
lasciato il compito di cercarla a qualche altra undicenne un
po’ autoritaria e
ad un ragazzino un po’ imbranato e pieno di lentiggini. Se
sei delusa però,
posso sempre prendertene un’altra..” scuoti la
testa.
Diciamo che
sto iniziando un po’ a preoccuparmi perché non hai
ancora risposto, così, con
le orecchie in fiamme, riprendo dicendo:
”Scusami, non
dovevo chiedertelo. Non voglio metterti pressione se non vuoi. Possiamo
anche aspettare,
o possiamo proprio non farlo se non ti va…” ma tu
scuoti ancora la testa.
Devo capire:
”Allora è per
l’anello? Perché lo so che non è un
diamante ma l’ho visto in quella
gioielleria a Diagon Alley, quell’estate, a sedici anni, e non avevo molto denaro a
quell’età e stavo
cercando un regalo per il tuo compleanno e avevo speso tutti i miei
risparmi
per comprarti questo. Volevo chiederti di sposarmi ma poi mi resi conto
che non
avevo neanche il coraggio di dirti che mi piacevi, figuriamoci di farti
una
proposta di matrimonio e così ti presi un braccialetto ma
avevo promesso a me
stesso che un giorno te l’avrei dato e sentivo che questo era
il momento giusto
e …” capisci che sto iniziando a delirare e mi
zittisci baciandomi. Credo che
ormai tu ci abbia preso gusto. Quel bacio è pieno di
desiderio, di amore, di
devozione, e spero di infonderti tramite le mie labbra le stesse cose.
Lascio
penetrare un spiraglio di speranza, e quando interrompiamo la magia ti chiedo:
”E questo
sarebbe…?”
“ Un
sì. Sì, Ron.”
Rido come un
cretino, ti prendo per la vita e
ti faccio roteare sul posto. Non credo che le mie orecchie siano mai
state più
rosse ma non mi interessa. Quando ti rimetto giù, mi guardi
negli occhi, ancora
con questa luce nello sguardo, e mi chiedi:
ӏ vero che
l’hai comprato a sedici anni?” .
Con un
po’ più di imbarazzo, mi metto una mano
dietro alla nuca e, sfregandola nervosamente, rispondo:
” Beh, sì!”
” è la cosa
più dolce che abbia mai sentito” e mentre lo dici
sono sicuro che la mia faccia
è dello stesso colore dei miei capelli.
Decidiamo di
andarcene di lì e ci prendiamo per mano. Sono nella
più completa beatitudine
quando interrompi quel silenzio:
” Però una
cosa l’hai sbagliata”
“Cosa?”
chiedo allarmato
“Oh beh,
scusa tanto se non hanno inventato i
Cioccorospi, ma provvederò subito e ti rifarò
tutto il discorso per bene!”
adesso ridiamo entrambi.
“ Non credo
che ci riusciresti” mi dici con aria di sfida.
Secondo me
hai proprio ragione. E poi non avrei mai il coraggio di sfidare la
sorte due
volte di fila: sono pur sempre Ronald Weasley!