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Autore: londonlilyt    23/03/2006    2 recensioni
"I loro sguardi si incontrano attraverso il salone affollato, quello di lui scuro e vellutato come la notte, quello di lei terso e chiaro come il cielo a primavera. Lui sorrise sicuro,facendo scorrere gli occhi lenti sulle curve di lei, come in una morbida carezza, mentre il sorriso si allargava facendogli brillare le pupille scure come il peccato...." L'idea di questa ff mi e' venuta dopo aver visto Mr.&Mrs Smith, quello con Angelina Jolie e Brad Pitt...non l'avete visto!! e che aspettate!! alla fine, indipendentemente dalle vostre preferenze sessuali, ve li fareste tutti e due! Quindi i nostri due protagonisti sono due spie, lei e' una freelance lui invece lavora per il governo inglese, le loro strade si incontrano un giorno per caso e da quel momento scoppia il putiferio.....
Genere: Romantico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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La macchina sfrecciava nel traffico cittadino senza una meta precisa, sotto la luce artificiale dei lampioni le vie sembravano tutte uguali e senza importanza per la persona che stava al volante.

Sasha cercava invano di concentrarsi sulla guida, per impedire di venir soprafatta dalla disperazione, nella sua mente continuava a rivivere la scenata appena svoltasi nella stanza d’albergo, mentre pezzi di ricordi sepolti dagli anni, tornavano a tormentarla crudelmente.

Quasi a corto di benzina, frenò di botto inchiodando la macchina in una strada poco illuminata, tremante incrociò le braccia sul volante e vi posò sopra la testa con un singhiozzo sofferente, gli occhi le bruciavano, ma le lacrime non volevano scendere, neanche se la ricordava più l’ultima volta che aveva pianto.

Sentendosi come una tigre in gabbia, scese dalla vettura e ad occhi chiusi respirò a pieni polmoni l’aria fredda della sera, dandosi un’occhiata attorno si accorse con sorpresa di essere in una zona familiare, non si era  resa conto di aver imboccato l’uscita che l’avrebbe portata fino a quel posto.

Fece qualche passo lungo il muro di mattoni rossi e si fermò davanti ad un cancello, era chiuso, lo immagginava vista l’ora, lo sguardo le scivolò lungo il viale rischiarato debolmente dalla luce della luna e quella tenue dei lampioni sulla strada.

Colta da un impulso improvviso lo scavalcò, e pochi secondi dopo atterrò con un salto dall’altra parte, anche al buio sapeva in quale direzione andare.

Ignorando l’atmosfera tetra e surreale, si incamminò tra le file di lapidi fino a che trovò quello che cercava, due croci su un piedistallo, la scritta su una diceva:

“Jessica Trevor Trent

Madre devota”

Mentre sull’altra:

“Jack Trent

Collega stimato e padre affezionato”

 

Accanto ad ognuna c’era un mazzo di fiori appassiti da tempo, molto probabilmente opera di Mark.

Come una arrivata allo stremo delle forze, Sasha si lasciò cadere sull’erba accanto alle due tombe, non aveva visitato quel luogo da quando aveva lasciato gli Stati Uniti, non che importasse, visto che era convita che suo padre si stesse rivoltando nella bara e sua madre non doveva essere affatto orgogliosa di quello che la loro bambina era diventata.

Aveva rinnegato tutti gli insegnamenti impartiti da suo padre, difendere i deboli, lottare contro le ingiustizie e mantenere l’ordine e la sicurezza nel paese, suo padre era stato orgoglioso del suo lavoro, lo svolgeva con diligenza e impegno, e nel corso degli anni aveva cercato di trasmetterle la stessa passione, lei invece si era rivelata una delusione.

La sua vita stava andando a rotoli, gli anni passati a costruirsi un’esistenza ordinata erano stati cancellati dalle poche parole che lei ed Etienne si erano scambiati in albergo. Quelle poche parole erano state capaci di ridurre il suo piccolo mondo preciso in un cumulo di macerie, catapultandola nuovamente nell’incubo che aveva cercato con tutte le forze di dimenticare.

Non erano i ricordi della prigionia a tormentarla, ma quello che era successo in Colombia dopo, se chiudeva gli occhi riusciva ancora a vedere le fiamme che si alzavano alte dalla villa, le grida di terrore e l’odore del sangue, e lei che con lo sguardo impassibile, completamente ricoperta del sangue delle sue vittime, fissava fredda il risultato della sua opera.

Si ricordava la voce di Gonzales, il mercenario che l’aveva aiutata a reclutare il resto del gruppo, che le diceva spaventato; “Ricordami di non pestarti mai i piedi chica”, tutti erano rimasti sconcertati dalla crudeltà dimostrata dalla donna che li aveva assunti, e in quel momento neanche lei si era riconosciuta.

Chi era quell’essere calcolatore senza nessun rispetto per la vita umana? Chi era quella donna acceccata dalla sete di vendetta? Pronta a tutto pur di raggiungere il proprio obiettivo.

Quello che era diventata quella notte le aveva fatto venire la nausea, non aveva guardato in faccia nessuno o fatto distinzioni, tutti dovevano morire e così era stato, ed alla fine si era chiusa nella piccola casetta dalle tegole rosse che aveva affittato, e non era uscita per tre giorni.

Tre giorni in qui aveva sperato di morire e di non sentire più il dolore sordo che le pulsava in petto, tre giorni in cui la sua mente, ormai diventata insensibile, aveva finalmente registrato la sua condotta barbarica, e tre giorni in cui si era resa conto che la sua vendetta non aveva portato nessuna parvanza di pace ma solo altro dolore, e rimorsi che si sarebbero affievoliti con il tempo ma non sarebbero mai scomparsi.

Quando era uscita dal suo isolamento, le erano state riferite le storie che avevano iniziato a circolare approposito della “dea di ghiaccio”, le ci era voluto un pò per capire che stavano parlando di lei, all’inizio si era fatta un paio di risate sarcastiche sulla cosa, ma poi aveva deciso che le si addiceva, Vivian Trent era scomparsa per sempre, se le serviva una nuova identità  perché non quella?

Gonzales le aveva proposto di entrare in società con lui e lei aveva accettato, le aveva permesso di entrare nell’ambiente dei mercenari a pagamento, di farsi conoscere e di crearsi un nome, e che nome, uno dei più ricercati e temuti.

Un rumore improvviso, proveniente dal folto degli alberi la fece irrigidire, drizzando le orecchie fece scivolare una mano allo stivale, dove teneva il coltello.

-Porti ancora uno dei tuoi affilatissimi coltelli legati alla caviglia?- chiese una voce dall’oscurità.

-Cosa ci fai qui?-  lui era l’ultima persona che aveva voglia di vedere al momento.

-Speravo di trovarti in questo posto, ho pensato che magari una visita alle loro tombe era in programma, specialmente stasera-

-Come hai potuto Mark?- lo attaccò arrabbiata –non avevi nessun diritto di raccontargli nulla!-

Mark fece qualche passo titubante sul prato buio e le si sedette accanto, riusciva a malapena a vederla, ma forse per quello che dovevano dirsi era meglio così, l’oscurità ti dava un senso di anonimato e sicurezza.

-Si é presentato nel salotto di casa e ha preteso informazioni, che potevo fare, sparargli?-

-Sarebbe stato preferibile!- sbottò senza convinzione.

-Chissa perché, ma non credo che me ne saresti stata grata-

-Non sai quello che hai fatto Mark, non era il caso di coinvolgere Etienne in qualcosa che non lo riguarda-

-Forse ho pensato che avevi bisogno di un pò di compagnia, nel piccolo inferno privato che ti sei creata con le tue stesse mani-

-Risparmiami la tua filosofia spicciola ti prego!-

-In efetti la mia filosofia non ti é mai piaciuta- ammise con un vago sorriso –gli ho raccontato tutto perché mi è sembrato uno con il fegato necessario per contrastarti e perché mi é sembrato di capire che a te ci tenga parecchio, altrimenti non sarebbe venuto da me-

-Ma proprio a me dovevano capitare tutti gli uomini deviati!- sussurrò abattuta sfregandosi gli occhi con il palmo della mano.

-Spiegami perchè l’idea di farlo avvicinare a te ti terrorrizza così tanto? Eppure se la memoria non mi inganna, uno amazzerebbe per stare al fianco di una donna come te-

-La filosofia spicciola sta riaffiorando Mark, ed io non ho voglia di starti ad ascoltare stasera, hai combinato già abbastanza danni-

Sasha stava per alzarsi e andarsene, quando la mano di lui scattò e le afferrò il polso in una morsa micidiale trattenendola.

-Questa volta non te ne vai, é ora che abbiamo quella discussione che avremmo dovuto avere quasi sei anni fà- aumentò la stretta, rendendo inutili i flebili tentativi di fuga di lei.

-Basta scappare- le intimò deciso –ormai dovresti aver scoperto che non importa quanto corri lontano o veloce, il tuo passato riuscirà sempre a starti dietro-

-Va al diavolo!-

-Insultarmi non ti servirà a nulla-

-Mio Dio Mark, come fai a non capire!- gli gridò contro con voce rotta, era arrivata al punto di rottura, non avrebbe retto ancora per molto.

-Spiegamelo-

Per diversi minuti gli unici rumori attorno a loro furono il vento freddo, che soffiava leggero tra le fronde degli alberi, e il suono attutito del traffico cittadino.

Quando alla fine Mark si convinse che lei non gli avrebbe raccontato nulla, il suono improvviso della sua voce lo fece quasi sobbalzare.

-Quello che sono diventata quella notte mi terrorrizza- ammise per la prima volta a voce alta –sapevi che nella villa c’erano cinque bambini?-

Lo sapeva, aveva letto tutti i rapporti delle autorità del luogo e quelli del medico dell’obitorio.

-Tu lo sapevi?- volle sapere.

-No, ma non fa alcuna differenza...-

-Avresti attaccato lo stesso la villa se l’avessi saputo?-

Ci pensò sù, sarebbe andata avanti con il piano se avesse saputo che nella villa erano presenti dei bambini? Non ne era sicura, magari sarebbe stata più cauta e scelto i suoi bersagli con più cura, ma ora non c’era modo di esserne certi.

-Onestamente? Non lo so- lo sguardo le si perse nel buio  mentre i ricordi di quella terribile notte le scorrevano vividi davanti agli occhi –ero come impazzita quella notte, l’unico pensiero riccorrente era quello di farli fuori tutti, senza eccezzioni, dal primo all’ultimo e ci sono riuscita, solo che sono riuscita anche a coinvolgere persone innocenti nel processo-

-Ti sei sentita meglio dopo?-

-Ho avuto incubi per mesi!- rise, ma senza allegria –e li ho tuttora adesso. Tu ed Etienne credete di conoscermi, ma siete due poveri illusi,  non sapete che razza di mostro possa diventare-

Mark non le aveva ancora lasciato il polso, percepiva chiaramente i violenti tremiti che le stavano scuotendo il corpo, doveva aver raggiunto il limite, tenersi dentro cose del genere per tutti questi anni ti logorava.

-Magari credi che nessuno possa capire cosa hai passato in quei momenti, ma non hai mai dato a nessuno la possibilità di provare a comprendere, non sei un’assassina capace solo di atti brutali Vivian...-

-Come puoi dire una cosa del genere, dopo...dopo...- detestò con tutto il cuore la voce incrinata che ne era venuta fuori.

-Un mostro senza anima a quest’ora non sarebbe qui a crogiolarsi nei sensi di colpa, ripensando al passato- le disse cercando di confortarla –é per questo che ti sei attaccata con tanta tenacia alla tua immaggine di mercenaria fredda e spietata? Per tenere sotto chiave quelle emozioni oscure che credi ora facciano parte di te?-

Sasha ebbe un sussulto, come aveva fatto ad andare così vicino al centro del bersaglio?

Era per quello che cercava di non lasciarsi andare, di tenere sempre sotto controllo, quello che la circondava e i minimi dettagli del suo lavoro, una dimostrazione di violenza come quella accaduta in Colombia non avrebbe più dovuto ripetersi, ma facendo così aveva allontanto il resto del mondo da lei, le mura che si era costruita attorno tenevano tutto dentro, ma allo stesso tempo tenevano anche tutto fuori,  tenendo tutte le persone a debita distanza.

Ed era quello che aveva sistematicamente fatto con Etienne, negando la sua attrazione per lui, relegando la loro notte insieme ad un insignificante interludio piacevole, tenendolo lontano, ma segretamente desiderando che tra loro ci fosse qualcosa di più e quello la spaventava, se fosse esplosa di nuovo, sarebbe stata capace di fargli del male? Il solo pensiero la terrorrizzava come poche cose in vita sua, trovarsi davanti il corpo esanime di lui come conseguenza di un suo scatto d’ira l’avrebbe annienatata.

-Non accadrà più- le disse come se le avesse letto nel pensiero.

-Ne sembri estremamente sicuro-

-Sono sicuro che spesso, il dolore e la sofferenza ci portino a compiere azioni che in genere non ci sogneremo mai di fare, non condono ciò che hai fatto Vivian, ma credo che ti meriti delle attenuanti, e sono sicuro che non avresti mai fatto del male a degli innocenti deliberatamente- le lasciò il polso e si mise in piedi, avrebbe voluto abbracciarla e consolarla in qualche modo, ma non era più un compito che spettava a lui, forse era arrivato il momento di rimandarla dall’inglese –il tipo di assoluzione che cerchi non te la può dare nessuno se non tu stessa, credo che ti sia punita abbastanza in tutti questi anni. Perché non torni da lui?-

-Perché a quest’ora sarà di sicuro sparito dalla circolazione- rispose amara.

-Non ci scommetterei se fossi in te-

Pochi istanti dopo Sasha si ritrovò sola.

 

  
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