Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Bohemienne    20/07/2011    2 recensioni
Durante la pausa pranzo tra la lezione mattutina e quella pomeridiana, una studentessa nota un grosso cane nel parco dell'Università, con in bocca un giornale. Tutto nella norma, fin quando l'animale si siede..
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CANI
Nuovo esperimento ^^ stavolta niente discorso diretto, o quantomeno, non così taaaanto come nei due dialoghi che ho pubblicato in precedenza. Cambiamo argomento, e dato che sono reduce dalla traumatica visione dei "Doni della Morte-2", l'ispirazione potteriana è stata una conseguenza quasi logica XD
La creatura di oggi nasce come one-shot, ma già qualcosa mi prude sulle mani, e se arriverà l'idea adeguata, magari la continuerò. Intanto, prendiamola per quella che è, a metà fra slice of life, missing moment e non so che altro.. la mia niubberia da autrice di fanfiction è pari a quella da lettrice, per cui non conosco affatto i termini tecnici! Dovrò studiare u__u
Considerato il mio infimo tasso di originalità, mi auguro avrete pietà di questa povera scribacchina!
Buona lettura,
GM.

Postilla: evviva le revisioni in corso d'opera! Rowena mi ha "cecchinata" in tempo zero sui puntini di sospensione, che ho provveduto a correggere, e già che c'ero ho aggiustato un altro paio di dettagli ingarbugliati et ripetizioni. Quando dico che amo ricevere consigli, intendo proprio questo ^----^

*****   
 


Libera Informazione.

La ragazza sedette sulla panchina nello stesso momento in cui infilava la mano sinistra nella borsa, e da essa estraeva un involto argentato.

Mentre si assestava in una posizione più comoda, dedicò a questo uno sguardo vagamente indagatore, come se stesse tentando di ricordare cosa contenesse la carta stagnola stropicciata: un panino, certo, ma ripieno di..? Si sforzò di riportare alla mente quale farcitura avesse scelto quella mattina, mentre riusciva, nonostante il ritardo tragico, a trovare il tempo di prepararsi qualcosa da mettere sotto i denti -maledicendo, già che c'era, il coinquilino carnivoro che aveva avuto l'idea di piazzarle un trancio di prosciutto in bella vista nel frigorifero-, ma nulla da fare. Svolse l'alluminio, dato che al suo stomaco importava ben poco delle rimembranze, e la vista rispose all'interrogativo alimentare: pomodori, pesto e mozzarella l'aspettavano tra le due metà del panino che addentò con soddifazione, ringraziando un'altra volta il proprio gusto per la cucina e l'Italia, per il patrimonio agroalimentare a dir poco meraviglioso che offriva anche ai vegetariani. Al diavolo gli stomaci di pecora farciti, inveì mentalmente, pensando alla passione per lo haggis che molti suoi conterranei scozzesi nutrivano.
Mentre masticava lentamente un boccone dopo l'altro, riprese mentalmente le fila della lezione appena conclusa al seminario di Storia del Folklore che stava seguendo quella settimana, nell'ambito del corso di antropologia: si era parlato di licantropi e uomini mannari, argomento trattato con impeto appassionato dal professore che aveva tenuto la conferenza e molto meno da alcuni studenti, che non avevano perso occasione per rivolgere commenti e domande scettiche al docente; lei, dal canto proprio, aveva ascoltato e preso appunti con interesse,  intervenendo quando qualche passaggio le sembrava poco chiaro: davvero si riteneva che la licantropia si potesse fermare, o addirittura guarire, semplicemente facendo salire il lupo mannaro per delle scale? Nel Medioevo si pensava che il licantropo non avesse la coda, perchè? Come era nata la credenza che la licantropia si trasmettesse tramite il morso del mannaro? E in quali altri animali si credeva potessero trasformarsi, streghe e stregoni? Il suo punto di vista non era tanto credente, quanto storicamente incuriosito: ciò che trovava realmente interessante non era la superstizione in se stessa, bensì la nascita di questa e il suo evolversi nelle varie epoche storiche, e la lezione di quella mattina si era rivelata una preziosa fonte di notizie.
Il filo dei suoi pensieri venne interrotto da un movimento al margine destro della sua visuale: all'estremità opposta della panchina, reggendo la confezione plastificata di un hamburger, si era appena seduto uno dei colleghi che aveva contribuito, fino a poco prima, a tormentare il professore durante la lezione. La ragazza provò a rivolgere una preghiera mentale a qualche divinità perché costui non la riconoscesse, ma non fu abbastanza rapida: lo scettico, con le fauci già piene di pane, manzo e salse varie, le rivolse un "Ciao" tanto biascicato da poter essere tranquillamente scambiato per un rantolo. Lei rispose con un sorriso di circostanza, prima d'infilare in bocca l'ultimo boccone del proprio panino.
«Tu sei...» iniziò lui, prima di fermarsi e deglutire, finalmente «Danielle, giusto?»
Lei non rispose: sollevò la mano aperta in una richiesta d'attesa, finì di masticare e, dopo aver mandato giù, bevve un sorso d'acqua dalla bottiglietta che aveva con sè; fece una pallina con la stagnola ormai inutile e si alzò per andarla a buttare nel cestino poco distante. Camminando lentamente.
Una volta tornata a sedere, riportò l'attenzione sullo scettico: «Stella», corresse. «Danielle è la mia amica, quella che mi è sempre seduta di fianco.» Senza aggiungere altro, fece l'atto di voltarsi verso la borsa, con in mente di tirarne fuori gli appunti di antropometria e scoraggiare, facendo sfoggio di un grande interesse verso questi, qualsiasi altro tentativo di conversazione da parte del tormentatore carnivoro che le sedeva di fianco: anche in questo caso, fu troppo lenta.
«Stella, ma che splendido nome! Come la figlia di McCartney, quella che fa la stilista!»
Passasse per i Fab Four, che lei personalmente adorava, ma detestava nettamente il paragone con la figlia di Paul! Suo padre l'aveva chiamata così in onore della nonna e di una poetessa, ragioni, a suo avviso, ben più interessanti di una disegnatrice di moda; purtroppo però, nessuno le domandava mai l'origine del suo nome di battesimo, per cui Stella non aveva mai modo di spiegarla: doveva accontentarsi della figlia-dei-Beatles, e il basso profilo di quest'associazione trasparì dalla risposta che diede.
«Sì, proprio come lei.» Represse un sospiro, mentre lo scettico, sfoderando un sorrisone, le tendeva la mano aggiungendo «Pensa, io invece mi chiamo Paul!»
Fantastico, si disse. Tempo dieci secondi e dirà anche che è stato il destino a farci incontrare?
«Ti piacciono i Beatles?», riprese lui, «Sai, mia madre mi dice sempre che è stata obbligata a chiamarmi Paul, perchè mio padre non sopportava che suo figlio avesse Jude per nome. Lui è cattolico e.. » continuò a parlare, ma Stella aveva perso il filo: mentre lasciava vagare lo sguardo per il parco attorno all'università, cercando un modo educato per sottrarsi alla conversazione, qualcosa aveva attirato la sua attenzione.
Aveva visto un cane di grossa taglia aggirarsi per il prato davanti a sé, reggendo fra le fauci qualcosa di molto simile ad un giornale ripiegato. E poi l'aveva visto poggiare il giornale sull'erba, giocarci con le zampe  fino a che questo non si era aperto e infine sdraiarcisi parzialmente sopra, col muso sulla carta e le zampe attorno ad essa, come se non avesse voluto sporcare né il giornale, né il proprio naso. La manovra dell'animale l'aveva colpita, ma dal silenzio che si sentì attorno comprese che Paul lo Scettico aveva smesso di parlare, e molto probabilmente aspettava una sua risposta.
«Pardon, dicevi? Ho visto quel cane laggiù, e siccome i cani grandi mi spaventano un po', mi sono distratta osservandolo», si scusò ad alta voce e aggiunse, mentalmente, le scuse anche per quella piccola bugia: non c'era canide con cui non scattasse l'amore reciproco, comprese le iene dello zoo.
«Ti chiedevo, cosa pensi del seminario? Siamo a metà delle lezioni, e io sono soddisfatto solo parzialmente.»
«Oh, come mai?» rispose subito, cogliendo la palla al balzo, «Cosa ti convince, e cosa meno? Io, in tutta onestà, sto trovando interessante ogni conferenza.»
La risposta di Paul non si fece attendere, e nei toni carichi di scetticismo ardente, Stella riconobbe un discorso che sarebbe durato ben più del minuto standard di chi non vuole annoiare: il monologo del ragazzo sarebbe andato avanti a sufficienza da permetterle di osservare il grosso cane ancora un po', e prestando comunque orecchio alla dissertazione del collega, tornò a concentrarsi sull'animale.
Notò che non risaltava nessun collare sul suo manto, per cui, a meno che non fosse nero come la pelliccia, doveva esserne sprovvisto. Ma chi mai lascerebbe una bestia simile, nel parco di un istituto privato, senza un minimo indizio per risalire al padrone? Decise che sì, doveva averne uno per forza, e che il proprietario del cane doveva averlo addestrato davvero bene, visto come aveva evitato, o almeno le era parso, di rovinare il giornale quando vi si era adagiato sopra. Man mano che lo guardava, però, le venne da sorridere: l'animale aveva sollevato il muso, e dall'inclinazione di esso sembrava fissare un punto al di sotto sotto di sè, grosso modo proprio sulla prima pagina. Sorrise involontariamente all'idea che potesse essere assorto nella lettura, un cane erudito! Chissà quale professore potesse essere il suo proprietario, fantasticò velocemente: filologia, letteratura inglese? Oppure economia, o politica internazionale? Basterebbe scoprire quale giornale sta leggendo, rispose a se stessa, ridacchiando. Alla sua destra, anche Paul ridacchiò e Stella, stavolta, ebbe la prontezza di voltarsi per rispondere: doveva essergli sembrata divertita, per cui non si preoccupò di nascondere il sorriso, benchè non fosse causato dal discorso del collega, e fece la sua domanda, senza pensarci troppo.
«Perdonami se cambio bruscamente argomento,» aveva esordito, «ma secondo te, se ammettiamo che i licantropi esistano, possono rimanere trasformati anche di giorno, in fase di plenilunio?» 
Non era sicura che la fase lunare fosse quella giusta, ma non aveva proprio saputo trattenersi: l'idea dell'animale chino sul quotidiano, poco distante da lei, si era sovrapposta ai contenuti della lezione della mattinata, facendo sorgere spontaneamente il quesito; dal canto suo, Paul aveva tentato di formulare una mezza risposta, vagamente disorientato dalla domanda che la collega le aveva posto quasi con candore, e dopo aver biascicato prima un e poi un no, aveva preferito darsi alla fuga, picchiettando l'indice sul quadrante dell'orologio da polso e affermando di avere una commissione da svolgere prima che cominciasse la lezione pomeridiana.
Rimasta sola, Stella decise di approfittare del momento per osservare l'animale più da vicino: raccolse la borsa e si alzò, per dirigersi con passo lento ma regolare verso di esso. A poco più di tre metri da lui, lo vide sollevare la testa e puntarla, diffidente: in risposta lei si fermò, guardandolo a sua volta, aspettando che smettesse di considerarla un pericolo, prima di azzardare un altro passo. Santo Cielo, era davvero un bella bestia, e non le andava certo di farsi inseguire!
Quando questo abbassò nuovamente il muso sul giornale -sì, stava decisamente osservando il giornale!- la ragazza provò ad avanzare ancora di un passo, poi di un altro: al terzo, il grosso cane voltò di nuovo il muso, questa volta ringhiando. Il suono, basso ma sufficientemente minaccioso, bastò a fermare di nuovo Stella, la quale però, adesso che si trovava a due metri e mezzo di distanza dall'animale, poteva vedere distintamente l'intestazione del quotidiano, e ne riconobbe il nome. Il Guardian.
«Siamo progressisti, quindi, eh?» Disse Stella rivolta al quadrupede, accovacciandosi sulle caviglie.
Questo smise di ringhiare, ma continuò a puntarla.
«Sono quasi convinta che il tuo padrone sia un letterato, a questo punto: qui dentro, la politica è praticamente tutta a destra. E ti dirò, se non dovessi essere a lezione fra cinque minuti, starei anche ad aspettare per vedere chi ti viene a recuperare e confermare se ci ho preso!» Così dicendo si era alzata, pronta a voltarsi, ridacchiando ancora per l'insensatezza che riconosceva nel rivolgere la parola alla bestia.
«Buon pomeriggio, Sir Cane Informato!» lo salutò, mentre si allontanava per tornare ai licantropi.

Il grosso cane nero poggiò la testa sulla prima pagina del Guardian in un movimento che, compiuto da un essere umano, sarebbe parso sconsolato: tenersi informati stava diventando una vera impresa. Nell'impossibilità di recuperare il Profeta tutti i giorni, aveva trovato un buon compromesso nell'appropriarsi della carta stampata Babbana, le cui prime pagine potevano offrire una buona fonte di notizie, se si sapeva leggere tra le righe, e di cani coi quotidiani in bocca, lui, ne aveva visti un'infinità fra i non-maghi. Il grande parco affollato dell'Università all'ora di pranzo gli era parso un buon posto dove passare pressochè inosservato, fra gli animali di professori e studenti che scorrazzavano, ma chi mai si poteva aspettare che, nel bel mezzo di tutta quella gente, una ragazza potesse accorgersi di un animale che legge il giornale?
Riprendendo fra i denti il quotidiano dal centro della prima pagina, Sirius Black si sollevò sulle zampe e si allontanò nel prato, maledicendo mentalmente l'impicciona dall'immaginazione troppo fervida.

  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Bohemienne