Another Note –
Chronicles
of the deadly Hogwarts.
Retrace IV: Foul Play?
Le spiegazioni
del professor Rüf erano sempre state così mortalmente noiose che più volte Light
aveva avanzato l’ipotesi che fosse stata proprio quella la causa della morte
del professore.
“Chissà quanti
anni avrà in realtà” pensò, prendendo distrattamente appunti circa un tale che
aveva dato il via alla guerra tra Giganti e Ciclopi solo per essersi
erroneamente seduto su un masso sacro a quest’ultimi.
“Perché ho
deciso di prendere un M.A.G.O in questa materia?” si domandò, trattenendo a
stento uno sbadiglio e rimpiangendo quelle due ore sprecate inutilmente mentre
avrebbe potuto passarle nella Stanza delle Necessità a documentarsi sugli
Horcrux.
Aveva capito
che per costruirne uno era necessario commettere un omicidio, sapeva pure che
non era documentato alcun mago che avesse creato più di un singolo Horcrux, la
domanda era “perché?”
Non riusciva
proprio a capirlo, non poteva essere solo per qualche stupido senso morale, se
una persona arrivava ad uccidere una volta per ottenere una fetta
d’immortalità, non avrebbe dovuto aver problemi a farlo una seconda e terza
volta e via discorrendo… allora perché nessuno s’era mai spinto oltre?
Non aveva
senso, almeno non per lui, però decise che non voleva rischiare prima d’essersi
documentato a dovere.
Prima aveva un
problema molto più urgente.
Lawliet? Nah, lui sapeva già come sistemarlo, il vero problema era
la partita di Quidditch di quel pomeriggio: giocavano
contro Serpeverde e Light sapeva bene che non sarebbe
riuscito a sopravvivere se la Chang si fosse fatta
rubare sotto il naso il Boccino da Malfoy, quindi era deciso a spedire quanti
più bolidi possibili in faccia al biondino; quello era l’estremo vantaggio di
essere battitore: poteva anche mandare Malfoy in infermeria per un mese intero
senza che qualcuno potesse dirgli un accidentaccio di nulla. Assolutamente
fantastico! Così tanto che per un momento desiderò che la partita fosse “Corvonero vs. Grifondoro” giusto per fare più male
possibile a Lawliet, per vendicarsi della settimana prima nella Stanza delle
Necessità. I segni delle corde non erano ancora andati via e i polsi dolevano
da morire.
Con suo immenso
sollievo, in quell’istante la campanella risuonò nelle aule, annunciando la
fine di quello strazio.
Rüf si rese conto della
fine della lezione solo quando notò gli studenti alzarsi dalle sedie con
entusiasmo e riversarsi nei corridoi; quando borbottò: «continueremo venerdì»
ormai in classe c’erano solo più un paio di alunni.
In quel caos, Yagami
riuscì ad individuare Takada che usciva dall’aula di Babbanologia
e salutava Matsuda, cugino di Light ed uno dei
pretendenti rifiutati di Kyomi.
Si ricompose in
un falso ma molto convincente sorriso brillante e le corse in contro, «Kyomi!» esclamò, fermandosi davanti a lei, «speravo di
riuscire a vederti in mezzo a questa calca! Ti va di fare una passeggiata?» le
domandò vivacemente.
Lei sgranò gli
occhi, stupita; non se l’aspettava, ma poteva rifiutare? Era del terzo anno che
gli faceva il filo mentre lui si limitava a far finta di non notarlo, non
poteva farsi assolutamente sfuggire quell’occasione, sapeva che non sarebbe
ricapitato. «C-certo» disse, quindi, recuperando la sua alterigia e ricambiando
il sorriso.
Uscirono in
cortile e Kyomi seguì Light fino alla riva del lago
nero, ridacchiando per quanto fosse stata epica l’ispezione della Umbridge alla
lezione di Astronomia.
«Insomma, dai,
te lo saresti mai aspettato dalla Sinistra?» ridacchiò Takada.
«Stiamo
parlando della stessa donna che al Ballo del Ceppo ha ballato con Malocchio Moody… davvero non ti aspettavi che avesse più palle della
McGranitt? »
La
professoressa Sinistra, che aveva frequentato Hogwarts
lo stesso periodo della Umbridge, quando la rospa aveva iniziato a fare domande impertinenti sul perché
e percome avesse strutturato le sue lezioni, s’era semplicemente limitata a
guardarla con commiserazione e dirle: «Dolores, cara, come si vede che a tuo
tempo non riuscisti a prendere più di una D al tuo G.U.F.O di Astronomia».
Arrivati al
lago, però, il sorriso di Light divenne quasi inquietante, cosa che Takada
parve non notare.
«Kyomi, mi faresti un favore?» domandò, angelicamente.
Annuì, la
ragazza, «Certo, dimmi».
«Non opporre
resistenza».
Credette di non
aver sentito bene, ma non fece in tempo a chiedere a Light di ripetere che
sentì la voce del ragazzo sibilare “Imperio” e semplicemente non s’appartenne
più.
Sentiva la
testa leggera; volteggiava amabilmente nella nebbiolina che avvolgeva la sua
mente, non sentiva altro che non fossero gli ordini di Light.
Non voleva sentire altro che non fossero gli
ordini di Light.
In un ultimo
lampo di lucidità, si disse che Yagami avrebbe potuto tranquillamente evitare
di ricorrere alla maledizione, avrebbe fatto ugualmente qualsiasi cosa lui le
avesse ordinato; semplicemente, si abbandonò a quel piacevole vuoto, sperando
che non finisse mai.
[…]
Erano appena le
sette di sera, quando Light sentì il Galeone falso creato da Hermione scottare.
Lo prese dalla
tasca e guardò la data e l’ora segnati.
“Mezz’ora?”
pensò, incredulo, “certo che in fatto di organizzazione siamo messi maluccio
pur avendo buoni mezzi”.
Osservò di
sottecchi il resto della sala grande, prestando particolare attenzione ai
membri dell’ES; quasi tutti stavano osservando qualcosa da sotto il tavolo per
non farsi vedere da altri, era senza dubbio il Galeone stregato, cosa che
rincuorò un po’ Light, che in un primo momento aveva pensato all’ennesimo
trucco di Lawliet.
Lo guardò
attentamente mentre chiacchierava con Matt; “io vinco, tu perdi” pensò con un
ghigno, aveva la situazione in pugno, nulla poteva andare storto.
Com’era stato
deciso da San Potter, si trovò con gli altri davanti all’arazzo di Barnaba il
Babbeo alle sette e mezza, avvicinandosi subito a Fred e George, decidendo che
dal giorno dopo avrebbe passato decisamente più tempo nella Stanza delle
Necessità.
«Hey, a che punto sono le vostre Merendine Marinare?»
domandò allegramente.
I due gemelli
si guardarono, per poi sorridere maliziosamente.
«Non posso
crederci, Yagami vuole bigiare le lezioni» ridacchiò George.
«Mi chiedo dove
andrà a finire il mondo, di questo passo!»
«Magari domani
vedremo pure Malfoy vestito da Fatina».
«E gli
arcobaleni adornati di fiorellini».
Light fece
finta di pensarci su; «Mh… Malfoy
che vede gli arcobaleni vestito da Fatina perché s’è fumato i fiorellini?»
«Oltre Ogni
Previsione, secchia» approvò Fred con una smorfia, entrando nella stanza «ma
non ci hai ancora spiegato perché Nostro Signore dei Secchioni vuole tagliare».
Alzò gli occhi
al cielo, Yagami, «due fattori di decisamente poca importanza: i M.A.G.O e la
marea di compiti assegnati dalla Vector, dalla Burbage, dalla McGranitt, da
Vitious e da Piton… avete bisogno di altre spiegazioni?»
Prima che i due
gemelli potessero dimostrare la loro solidarietà al problema –la McGranitt
aveva caricato di compiti loro in particolar modo perché non erano ancora
riusciti a trasformare il loro naso in un becco di struzzo- Harry annunciò che
avrebbero iniziato i Patronus.
Ascoltò con
noia la “spiegazione”, tutte cose che sapeva già: pensare a qualcosa
d’incredibilmente felice e blah, blah,
blah.
Si concentrò
bene e nella sua mente vide L, steso sul pavimento in posizione decisamente
innaturale, gli occhi spalancati come sempre erano velati di una patina opaca,
sentenza di morte. Oh, sì, decisamente una cosa felicissima.
«Expecto Patron…»
«Oggi Takada
non viene?»
Si voltò e vide
il vero Lawliet –quello spiacevolmente ancora in vita- che lo guardava
interrogativo. Storse il naso, visibilmente infastidito, «non si sentiva molto
bene e doveva ancora finire il tema per Piton»
spiegò, «se cominciassimo tutti a “saltare” i compiti perché siamo qui, la
Umbridge potrebbe insospettirsi, no?» aggiunse.
L’altro annuì,
seppur con poca convinzione, mordicchiandosi distrattamente l’unghia del
pollice, «immagino di sì. Sarebbe curioso se la Umbridge venisse a sapere
dell’ES proprio oggi, in quel caso potrei anche pensare che sia colpa tua» si
limitò a commentare, allontanandosi.
Il Grifondoro
fu seguito dallo sguardo di puro odio di Light, che cominciò ad immaginare di
torturarlo nei modi peggiori.
«Expecto
Patronum!»
Dalla bacchetta
di Yagami uscì un topolino argenteo, piccolissimo e apparentemente dolce,
quindi si mise ad osservare come stavano andando gli altri.
Hermione c’era
riuscita subito, esibendo una luminosa lontra; Fred e George più che altro si
impegnavano a deconcentrare Zacharias Smith, sussurrandogli alle spalle,
alternativamente, frasi o parole negative in completa contrapposizione col
bisogno di pensare positivo per evocare un Patronus.
Anche Luna,
Mail, Mihael e Nate c’erano riusciti, sotto gli sguardi ammirato e invidiosi di
Ron e Neville; dalle bacchette di quest’ultimi era uscito sono del fumo
grigiastro.
Dopo un po’
anche il cigno di Cho fece la sua comparsa tra i Patronus evocati; fu in quel
momento che un elfo domestico fece il suo ingresso nella stanza, affannato,
rivolgendosi direttamente ad Harry.
Era sconvolto,
l’elfo, terrorizzato così tanto che Potter sprecò due minuti buoni prima di
riuscire a farsi dire che la Umbridge li aveva scoperti e stava venendo lì.
«Che cosa
aspettate?! Scappate!» urlò il ragazzo e subito ci fu un fuggi-fuggi generale.
Light fu tra
gli ultimi ad uscire, tenendo bene gli occhi fissi sulla schiena di Lawliet.
Era furbo il ragazzo, conosceva anche lui il passaggio segreto dietro il
ritratto di Morgana, quello che portava direttamente al corridoio del secondo
piano; lo seguì all’interno dello stretto passagggio,
mentre L faceva finta di non essersene reso conto.
Ovviamente
stava pensando la stessa cosa che aleggiava nella mente di Yagami: “Resa dei
conti”, ma prima di voltarsi ad affrontarlo aspettò di essere a circa metà del
passaggio segreto.
Si era appena
girato, quando un lampo di luce rossa lo colpì al petto, facendolo finire un
paio di metri più in là e facendolo sbattere con violenza contro una parete;
ancora intontito dalla botta, non riuscì ad impedire a delle corde sottili stregate
di legarlo.
«Come
ringraziamento per la settimana scorsa» borbottò Yagami, «solo che io non credo
proprio di essere scrupoloso quanto te».