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Autore: Neal C_    21/07/2011    6 recensioni
Virginia Foster si trasferisce in una cittadina anonima, Rodeo, in California. Abituata ad essere sempre la prima della classe neppure alla Pinole Valley High School si smentisce e così non può rifiutare una richiesta della cordinatrice del suo corso: aiutare un compagno di classe particolarmente refrattario allo studio, con la testa perennemente nella musica, spesso assente e in continuo conflitto con i professori a cui si rivolge con linguaggio piuttosto colorito, contestando tutto.
Saprà rimettergli la testa a posto o verrà trascinata nel suo mondo di insoddisfazione, di ribellione e continuo rifiuto?
Ha solo cinque mesi per convincerlo* che la scuola non è tutta da buttare, lei che nei libri e nella cultura ci naviga fin da bambina.
*(Armstrong abbandonerà il liceo il 16 febbraio 1990, il giorno prima di compiere diciott'anni.)
[Rating Giallo: linguaggio colorito]
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Billie J. Armstrong, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Virginia Foster 1989-2004'
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Gennaio

una giornata diversa, piena di casini

Non ce la faccio più a vedere Jenny in quello stato.
è da una settimana e più che la vedo distrutta, in lacrime, con le occhiaie o ancora terribilmente sciupata.
Non sono mai stati i tipici fidanzatini attaccati l’uno all’altra, anzi, hanno davvero poche amicizie in comune.
Siamo Io, Armstrong, Mike-biondo-platino, Al, Jason, Matt e Mike, il fratello di Juls.
Per il resto lui frequentava il suo gruppo e lei faceva un po’ la spola.
Adesso semplicemente non si parlano e lui non la degna di uno sguardo.
Lei cerca a tutti i costi di nascondere il fatto che è assolutamente distrutta da questa storia.
Cerca di comportarsi come niente fosse, lo ignora, cerca di sorridere il più possibile, si circonda di amici e mi cerca in continuazione come una specie di ancora, un punto di riferimento.
In effetti stare vicino a me è un’ottima strategia visto che Juls mi evita come la peste.
Non so come mai ma non osa avvicinarmi più di tanto, è come se mi tenesse a distanza di sicurezza.
E in tutto questo c’è Billie che non muove un dito per farsi avanti, neppure per consolarla un pochettino.
Ma non sa che la tecnica del chiodo-scaccia-chiodo è perfetta in queste situazioni?
Secondo me è il momento ideale per avvicinare Jenny.
Lei è debole e ha bisogno di qualcuno che la sostenga, che la faccia sentire importante, bella, desiderata, che la rassicuri, che la stringa e la riscaldi con un abbraccio.
Non dico che deve saltarle addosso ma almeno interessarsi a lei da amico.
Poi se funziona, magari si può passare al piano B.
Mein Gott, finiranno per farmi scoppiare la testa.

Ho cercato di coinvolgere pochi amici intimi in qualcosa di nuovo. Qua è un mortorio e voglio che Jenny cambi clima, anche perché ultimamente non ha nemmeno voglia di uscire, di ascoltare musica, di stare in compagnia. Ha smesso persino di bere!
Io pensavo che avrebbe annegato i dispiaceri nell’alcool e invece non tocca una goccia di birra da secoli, figuriamoci qualcosa di più forte.
Si limita a mettere le mani nei motori altrui come al solito, ma soprattutto legge un sacco, buttata sul letto, a tutte le ore. Le prime volte mi mandava via, voleva stare sola e divorava roba strappalacrime come “Romeo e Giulietta” o “Cime Tempestose”, adesso le sue letture non sono cambiate più di tanto ma almeno sopporta la mia compagnia.
Ma è tutta scena. Si sente una merda. Punto.
Insomma, dicevo che voglio organizzare qualcosa di nuovo che possa distrarre Jenny.
Quando ho chiesto un po’ al gruppetto ho ottenuto proposte varie ma non me ne piaceva nessuna:
che novità sarebbe passare la serata in un altro dei loro locali punk, ascoltando musica rumorosa dal vivo e sfondandosi di alcol, o fumando a tutto spiano?!
No, voglio camminare, vedere un posto nuovo, magari sedermi su un prato per un picnic e fare vita diurna.
L’idea è stata di Mike-biondo-platino. Quell’uomo ogni tanto ha delle trovate geniali.

“Ehi, Billie ti ricordi il campus di Berkeley?”
“Dici?”
“Perché no?”
“Scusate, posso sapere anche io? Giusto per non ritrovarmi in un posto terrificanti attorniata da gentaglia altrettanto terrificante.”
“Ragazzina, sei la solita esagerata. Mike, è un’idea da sballo.”
 “Virgin, tu sai che a Berkeley c’è una famosa università?”
“Uhm...si.”
“ Beh, al campus dell’Università ci si diverte un casino. Conosciamo un po’ di gente e organizzano sempre delle cose fottutamente belle.”
“Uhm... ma che posto è?”
“C’è un parco all’aperto che è uno spettacolo, poi ci sono i dormitori e poi si organizzano delle macchine che vanno sulla costa, in spiaggia per un falò in compagnia, gira un sacco di roba e la birra è quasi gratis...basta conoscere le persone giuste!”

E ti pareva.
Armstrong sembra più che soddisfatto della panoramica che mi ha illustrato.
Non so, a detta loro sembra una cosa fra amici, anche se so che difficilmente ci si può fidare.
Diciamo che non sono esattamente famosi per il senso di responsabilità.

“E quanto ci vorrebbe?”
“Quanto vuoi stare?”
“Non so. Fino a Berkley è almeno un’oretta e un quarto di auto. Quindi almeno un pomeriggio!”
“Boh, allora potremmo partire per mezzogiorno.”
“Billie, domani è venerdì, c’è scuola.”
“E dai chi se ne importa! Per una volta!”
“No, Vig ha ragione. Un’altra assenza e ti incasini seriamente, Billie.”
“Che c’è, Mike, adesso fai la parte della mammina?”
“Non fare lo stupido. E poi nemmeno io voglio fare un’altra assenza.”
“Ma questo significa partire alle quattro e mezza del pomeriggio!
Arriviamo lì che la festa è finita.”
“Potremmo rimanere fino a sera.”
“Si certo, e poi chi guida? Mike, ti tieni tu sobrio per il ritorno?”
“Boh, potremmo dormire dove capita. L’abbiamo sempre fatt...”

Non mi piace per niente la piega che sta prendendo il discorso.
Io volevo solo un po’ di relax per Jenny! Non volevo trasformarlo in un’altra avventura!

“Frena frena, teste di cazzo. Io non voglio casini con mia madre.
Quando le dirò che devo partire per Berkeley non voglio essere assalita da un concentrato d’ansia ambulante né voglio subire il terzo grado per colpa vostra!”
“Raccontale una qualsiasi stronzata, no?”
“Se era una battuta non era divertente, Mike Dirnt.”

Alla fine ci ho pensato e mi son detta che poteva essere divertente specie se siamo noi, amici stretti del gruppo. Ovviamente ho intenzione di portarmi anche Mike Edwards, Sabina e Meggy.
Grazie al cielo il fidanzato di Meggy è a Los Angeles, fuori dai coglioni per un po’.
Sono riuscita ad ottenere che si parta alle quattro e un quarto, il che vuol dire che verso le cinque e mezza-sei saremo al campus.
Adesso devo solo trovare il modo di dirlo a mia madre.

Rincaso.
Avrei voluto stare da Mike tutta la serata ma devo parlare con mamma e poi ho deciso di lasciarlo tranquillo almeno stasera, tanto domani ne avremo di tempo per stare insieme.
Jenny mi ha già dato la sua disponibilità, Sab e Meggy anche ma solo a patto che venga anche io.
E poi ho potuto constatare io stessa quanto sia facile ottenere qualcosa dai genitori di Mike.
Lui si è limitato ad annunciare: “Mamma, domani vado con Vig e degli amici a Berkeley, ci vediamo domani sera, sul tardi. Ok?”
Inutile dire che la risposta è stata affermativa, oltre che leggermente disinteressata.
Adesso capisco da chi ha preso Juls.
Sembra che i signori Edwards non abbiano grande preoccupazione o grandi manifestazioni di affetto nei confronti dei figli. Questo per usare un eufemismo.
Appendo la giacca e la sciarpa all’attaccapanni e lascio l’eastpack su una sedia.
Ho fame e non ho nessuna voglia di farmi le scale, fin in camera mia, con tre chili di libri sulle spalle.
Inutile dire che mamma è in cucina con Frank.
Quello che mi stupisce è che Nick non è buttato davanti alla Tv o da qualche altra parte intento a non fare niente. Anzi sembra non esserci proprio in casa.
Entro in cucina e trovo lei seduta ad affettare la carne del rostbeef sul tagliere mentre lui sta cuocendo il sughetto affogato nell’olio, con il pan grattato, il rosmarino secco e temo ci stia sciogliendo dentro anche del burro.
Oddio, che orrore. Io quel sughetto non lo tocco.

“Ciao, Ma’ ”
“Amore, come è andata?”
“Ehi Virgin!”
“Ciao Frank. Tutto bene. Ma dov’è Nick?”
“Dorme da un amico. Ho capito bene?”
“A meraviglia, Honey”
“Mamma, come stai? Sei stanca? Vuoi che tagli io la carne?”
 
Vedo mia madre tirare un sospiro e la raggiungo subito.
Mi limito a sciacquarmi le mani nel lavandino dove stanno impilati un po’ di piatti.
Dopodiché scosto il tagliere e lo allontano da mamma. Le sfilo delicatamente anche il coltello mentre  lei mi guarda grata, con un pallido sorriso.
Non so, oggi mi da l’idea di essere un po’ stanca. Dovrebbe riposarsi di più.

“Non dovresti stancarti così tanto. Diglielo anche tu Frank.”
“Niente da fare, piccola. Davanti a tua madre io ammutolisco.”
“Scemo.”

La sento ridere. Non ci trovo niente da ridere!
Ha appena ammesso di essere un povero idiota che non è nemmeno capace di dire a mia madre: e riguardati, cazzo!  
Quell’uomo alle volte sa essere davvero fastidioso, con quelle sue battutine demenziali.

“Mutti, senti, volevo chiederti una cosa.”
“Dimmi.”
“Domani, subito dopo scuola, Jenny mi ha invitato insieme a Mike, Sab, Meggy, e un paio di altri ragazzi ad andare all’Università di Berkeley. Ha detto che poteva essere interessante come visita, e soprattutto potevamo fare una cosa carina e mangiare lì e poi tornare un po’ più tardi.”
“Amore, più tardi quando?”
“Uhm...solito orario a cui torno. Mezzanotte. Massimo l’una.”
“Ti accompagna Jenny in macchina? Sia andata che ritorno?”
“Ci puoi giurare.”
“Con chi hai detto che vai?”
“Mamma, i soliti!”
“Uhm...e poi?”
“Boh, qualche amico in più. Tutti amici di Jenny, però.”

Mamma si ammorbidisce.
Ormai la mia famiglia adora Jenny alla follia e mi farebbe fare quasi qualsiasi cosa sapendo che lei è con me.
In effetti ne approfitto un sacco. Molto spesso la tiro in ballo quando non c’entra niente e così ottengo delle concessioni mai avute prima. Come il fatto di poter invitare tutti a casa mia una sera con la scusa che avrebbe cucinato Jenny e avrebbe lasciato loro un bel dolce.
Peccato che lei fosse a letto con la febbre, una febbre che mi sono presa anche io e così ho annullato la festa.
Ho sprecato un’occasione; era uno dei rari week-end in cui mamma decide di partire per Los Angeles e non portarmi. La verità era che doveva fare una visita dal ginecologo.
Di solito viene lui, ma stavolta aveva troppi appuntamenti e mamma ha dovuto muoversi in prima persona.
Certo che cinque ore di auto sono davvero stancanti!
Spero non si ripeta più, cavolo, anche a costo di non farla questa benedetta festa.
Basta che la mamma se ne stia tranquilla, poi il resto non conta.

“Amore, starai attenta, vero? Seguirai il gruppo, non ti allontanerai, non avrai a che fare con sconosciuti, non berrai troppo, non ti farai iniettare nessuna schifezza, non fumerai niente e mi tornerai intera come mamma ti ha fatto, hast du verstanden* ?”
“Mamma! Non ho tre anni!”
“Se era così non stavi qua a chiedermi e io non stavo qui a farti raccomandazioni.”

Alzo gli occhi al cielo e accelero il ritmo, mutilando questo povero pezzo di carne.
Frank sembra notarlo perché storce il naso, abbandonando per un attimo i fornelli, mentre il pentolino del sughetto fa delle strane bollicine. Mi convince sempre meno.

“My God, tale madre, tale figlia! Cocca di papà, non si taglia mica in questo modo!”

Si fa avanti e riesce a togliermi il coltello di mano.
Lo lascio fare, anche perché mi sono rotta di starmene lì a tagliare quella roba secca e mezza sanguinolenta. Non amo la carne al sangue, ma fortunatamente mi prendo un pezzo dalla metà di mamma che è stracotta.
Tanto Frank è capacissimo di finirsi da solo metà rostbeef, specie se questo gronda sangue da tutti i pori.
Mi dileguo con un mezzo sorriso ma, appena sono fuori dalla cucina, non posso fare a meno di mordermi il labbro, masticando la pelle, mentre uno strano senso di fastidio mi invade.
Mi ha chiamato cocca di papà.

Cocca di papà sarà tua sorella.

*****************

Ci passa a prendere Jenny con il suo pick up.
Ha un’espressione apatica e saluta senza grande entusiasmo, me, Mike e Meggy.
Sab alla fine si è tirata indietro perché la madre è particolarmente isterica negli ultimi tempi.
I suoi litigano tutti i giorni e non mi stupirei se si separassero.
Fortunatamente non sono la sua migliore amica altrimenti dovrei consolare anche lei e non ce la farei fisicamente.
è assolutamente estenuante sostenere un’amica quando sta passando un guaio, specie se è stata lasciata dal ragazzo dei suoi sogni e cose del genere.
Quando mette in moto, Jenny infila rapidamente un disco nella radio e note di blues riempiono la macchina.
Io mi piazzo davanti vicino a lei, Meggy e Mike dietro, lui che commenta il rossetto praticamente arancione di lei.
Raccogliamo i ragazzi prima di imboccare l’autostrada per Berkeley.
Sento Jason, Matt e Mike-biondo-platino lamentarsi per la scelta musicale ma Jenny sembra fregarsene amenamente.
Nel frattempo partono le battute, il cazzeggio puro, i canti a squarciagola che farebbero rabbrividire la povera Aretha Franklin che si da tanto da fare per cantare “Think”.
In quest’ora e mezza ogni tanto mi volto, con la coda nell’occhio e osservo Armstrong.
è più silenzioso del solito, lo sguardo perso nel vuoto, un’espressione da imbecille stampata in faccia.
Ogni tanto getta uno sguardo allo specchietto retrovisore su cui compare una Jenny di tre quarti che tiene d’occhio la strada con occhi atoni.
Lo fisso e finalmente si accorge di me.

-Cazzo guardi?
-Svegliati un po’ una buona volta Armstrong. Oggi è il giorno giusto.
- Fatti gli affari tuoi.
-Dai non puoi essere così stupido! Tira fuori le palle, per una volta in vita tua!

Si limita a sbuffare.
Devo dire che ultimamente mi sono specializzata nel labiale.
è così che sopravvivo durante le lezioni di inglese, quando organizzo con i miei migliori amici una pizza, un cinema o qualunque altra cosa, basta che sia più eccitante dell’ennesima lezione su Melville *
A pensarci bene qualunque cosa è più eccitante di una lezione di inglese.
Lasciamo stare.
Noto che anche lui sembra cavarsela piuttosto bene con il labiale, quando vuole.
Peccato che adesso non voglia e comincia volutamente ad ignorarmi, voltando la testa verso il finestrino mentre intorno a noi passano alberi, cespugli, una pianura intera.
La California è tanto pianeggiante da fare schifo;  
altro che autostrade, qua potrebbero andare tutti in bicicletta.
L’unica pecca sono le grandi distanze.
Pazienza.
Tra un po’ facciamo la costa e io avrei proprio voglia di farmi un bagno.
Ma non sono così pazza da inaugurare la stagione estiva in pieno gennaio.
Ancora mezz’ora di pazienza.
 
Finalmente siamo in vista della città, o meglio del suo porticciolo turistico.
Su indicazione di Mike-biondo-platino, lasciamo la I-80* e ci infiliamo in una stradina dopo l’altra, rimanendo così brillantemente imbottigliati nel traffico.
Dal finestrino riesco ad intravedere la parallela alla nostra, uno stradone interamente pedonale che si snoda per chilometri e chilometri, salvo poi venire a sapere dalla nostra geniale guida che quella è University Ave, una delle arterie principali di Berkeley che porta direttamente al campus universitario.
Guardo con nostalgia la folla che si muove tranquilla e spensierata sui marciapiedi, attorniata da qualche timido alberello, che siede ai tavolini dei caffè, che entra nelle boutique oppure passeggia tranquillamente fra le vetrine.
Nel frattempo Jenny  e Mike-biondo-platino parlottano fra loro.

“Dimmi che ne abbiamo ancora per poco.”
“Dipende dove troviamo parcheggio...”
“E dove lo cerchiamo?”
“Tu continua qui, poi a destra, poi continua, poi a sinistra...”
“Si, grazie tante, un nome no eh?”
“Di cosa?!”
“Di qualcosa, un punto di riferimento!”

Ok, Jenny si sta scaldando.
In effetti è già una ventina di minuti che siamo qui, girando in tondo o quasi, visto che ci sono centinaia e centinaia di divieti di circolazione. È davvero snervante oltre che deprimente, altro che divertimento.
Improvvisamente Armstrong esce dal suo silenzio, la voce un po’ impastata di chi è stato zitto troppo tempo.

“Che cercate?”
“Tua madre. Un fottuto parcheggio, secondo te cosa?!”
“Uhm...”
“Ok, adesso a destra...”
“No, continua dritto.”
“Billie, là c’è un divieto.”
“Non dire stronzate, Mike.
Conosco queste strade come le mie tasche.”
“Anche io. E ti dico che lì c’è un divieto...”
“Jenny, fidati. Tira dritto.”

Per una volta suona convincente.
Quasi mi viene da ridere a vedere l’espressione di trionfo e di soddisfazione sul volto di Armstrong che  fa le corna a Mike-biondo-platino, mentre questi risponde con una bella gomitata in pancia.

“Auch...”
“Dicevi, Billie?”
“Niente...”

Grazie alla trovata di Billie, arriviamo in una stradina abbastanza anonima e grigia, tranne per il fatto che è piena zeppa di garage*. Ce n’è uno ogni dieci metri.
Jenny mette il turbo, schiacciando l’acceleratore e sbuffando come un toro che si prepara alla corrida.  Nell’eccitazione generale, facciamo un fracasso di inferno:

“Et voilà! Un paio di strade più in là e siamo a Telegraphe Ave.”
“Fermi tutti. Per il parcheggio dividiamo!”
“Ok.”
“Nossignore, Al, non hai capito un cazzo. Tirate fuori i soldi finchè siete sobri! ORA!”
“Sono due dollari all’ora. Contando che rimarremo almeno fino a mezzanott...”
“Che?! Ma io devo essere a casa a quell’ora!”
“Ragazzina, non ce la farai mai.”
“Ehi, ragazzi, il garage chiude a l’una.”
“Bene...allora quante ore sono?”
“Chi sa contare?!”
“Piantala, Jay, sono le sei e mezza. Quindi contiamo circa sei ore.”
“Dodici dollari, diviso...”
“Nove.”
“Fa...”
“Un dollaro e trenta e qual cosina in più.”
“Cazzo, Eddy, sei meglio di una calcolatrice.”
“Mi chiamo Mike!”
“Fa lo stesso.”

Finalmente raccolgono tutti i soldi e me li mettono in mano.
A quanto pare sono ufficialmente la cassa comune.
Intanto Jenny si è infilata in uno di questi garage, il Duran Garden o una cosa del genere.
Lasciamo la macchina ad un tizio dai capelli unti e straunti che si sta sbafando un panino alle cipolle.
Sbuchiamo in Telegraphe Ave, affollata di passanti, molti studenti con zaini, cartelline, borse a tracolla, libri sotto braccio, facciamo lo slalom fra una bancarella e l’altra dove vendono le cose più varie, dai telecomandi universali, al libri, alle maschere tribali, alla cristalleria.
Mi fermo a guardare una bancarella di poster e adesivi con slogan da attaccare ai paraurti delle macchine, alcuni fatti a mano con l’adesivo, altri di fabbrica, tutti colorati, pieni di figure, dai cartoni animati ai simboli anarchici e nazisti, l’uno accanto all’altro.
Dietro, sul marciapiede, sfilano negozietti vari, inclusa una grossa libreria* dall’aria invitante, ma tutti quanti sembrano radunarsi davanti ad una vetrina piena di 45 giri.
è uno spettacolo: ci sono tre grossi castelli di carte, formati con le copertine di cartone dei vinili.
Lancio uno sguardo all’insegna luminosa del negozio: Amoeba Music*.

“Ragazzi, vi va di entrare?”
“E che ci entriamo a fare! Tanto non possiamo comprare niente...”

La crudezza del commento di Billie per un attimo mi lascia un po’ scossa.
Nel frattempo gli altri, che prima si affollavano davanti alla vetrina, si sono distaccati, schiamazzando e commentando questo o quell’altro  disco e gettandosi a capofitto in un’accesa discussione su chi suonasse meglio, questo o quell’altro gruppo.
Mike biondo-platino annuisce e mi fa cenno di proseguire.
Stringo per un momento la mano di Jenny che è accanto a me, anche se sembra assente, persa nei suoi pensieri, spenta.
Esasperata, disperata o tutte e due insieme, mi accosto ad Armstrong, picchiettando sulla sua spalla con il mio indice.

“Quando arriviamo?”
“Cinque minuti a piedi.”
“E dai, Billie, dammi una mano. Sta un vero schifo.
Dici una scemenza, una qualsiasi. Una cosa divertente.”
“Uhm...”
“Please!”
“Ok, levati dai piedi e lascia fare a me.”

Sono lieta di lasciargli il mio posto accanto a Jenny per sgattaiolare in fondo alla fila da Mike e Meggy che commentano l’apparizione di un tizio dai lunghissimi capelli ramati che se ne va in giro con una specie di caftano arancione, in pieno inverno, con sopra solo un gilet di pelle foderato di agnello, sandali di cuoio ai piedi e una barba ispida e nera che stona decisamente con la chioma.
Sembra uno di quegli spiantati della generazione post-hippie che credono di vivere in un altro mondo.
Ogni tanto lancio occhiate preoccupate a Jenny e Billie che camminano, in testa al gruppo, ma mi tranquillizzo quando noto che lei sembra sorridere timidamente e ogni tanto ridacchia sotto i baffi mentre lui gesticola e sembra raccontarle qualcosa con particolare enfasi.
Mi ritrovo a pensare che sarebbero proprio carini insieme.
Nel frattempo ormai è calato il buio e io comincio ad avvertire un languorino.
Saranno circa le sette e io, l’ultima volta, ho mangiato alla mensa, verso mezzogiorno e mezza.
Ok, mi correggo. Sto morendo di fame!

“Ragazzi, io ho fame! Quando si mangia?!”
“Al campus. Il venerdì sera fanno la grigliata.”
“Davvero? E allora sbrighiamoci, porca miseria!”
“Guarda che ci siamo.”

Poco dopo varchiamo il cancello del Campus della University of California, immergendoci nel verde di un immenso prato all’italiana e allontanandoci così dalla folla della strada intasata.
L’ingresso sembra deserto, così come il primo tratto di strada, poi si vede qualche timida coppietta accoccolata sulle panchine o nel verde, e infine, man mano che ci si avvicina agli edifici, cominciano a comparire frotte e frotte di studenti che sciamano verso il centro del campus, attorno ad un alto campanile dallo stile un po’ barocco*.
Alla luce un po’ fioca dei lampioni si aggiungono lanterne, candele, torce, e lumi.
Davanti al campanile sono stati allestiti cinque o sei grossi falò con legna in abbondanza e le grate per arrostire, panini, wurstel, salsicciotti, hamburger, patate, spiedini di maiale e peperoni, e accanto ci sono dei banchi di creme, salse, come senape, chili, maionese, cipolla, e un banchetto con casse e casse di birra.
Il profumo di tutto questo ben di dio mi secca la gola, tanto che ingoio un paio di volte, come se questo bastasse a sfamarmi.
Alla testa del gruppo, assieme a Jenny e ad Armstrong, Mike-biondo-platino sembra farsi avanti, guardandosi intorno, vigile come un falco a caccia.
Dopo un po’ solleva il braccio e fa segno ad un gruppetto piuttosto nutrito di ragazzi, schiattati sull’erba con in grembo dei tovaglioli pieni di briciole e una decina di birre vuote ai piedi.

“TIM!”

Quello di Mike è una specie di ruggito che riscuote tutto il gruppo.
Poi si alza un tizio robusto, due volte me, con i capelli cortissimi scuri, quasi rasati e una bandana in testa. Sui bicipiti enormi e flaccidi spuntano diversi tatuaggi fra i quali una ragnatela bella grossa sul gomito e uno spaventoso teschio.
è in canotta bianca, senza maniche, cosa che mi fa rabbrividire, e cammina traballante, stringendo con forza il collo di una bottiglia di birra mezza vuota.
Forse non è ancora ubriaco ma sicuramente deve essere brillo;
gli occhi sono lucidi e ha l’aria di un rincoglionito totale.

“Diiiirnt! Cheee cazzo ci faaaai quiii?! Eeeh?!”
“Sei una fottuta spugna, Armstrong!”
“Siiii, e tuuu sei un bastaardo! Dov’èèè quell’altroo coglioone?!”

Lo vedo strabuzzare gli occhi mentre osserva il nostro gruppetto alla ricerca di qualcuno.
Lo vedo sorridere con un ghigno grottesco quando incontra il mio sguardo.
Solo allora mi rendo conto dell’espressione stralunata che mi ritrovo in faccia.
Un altro Armstrong?  Mica sono parenti, lui e Billie?
Eppure non si assomigliano affatto!
Questo Tim sembra distogliere l’attenzione di Armstrong da Jenny e lui la molla in tronco, mentre si avvicina sventolando la mano.

“Tim!”
“Biiilliee, e saluuta cazzo!”
“Tim, sto morendo di sete e di fame, mo’ ti prendo, ti sventro e ti arrostisco.”
“Heeeey amiiico, vieniii da noiii che ce n’è peer tuttii! Cii stiamoo ingozzandooo come porcii!”
“Bene, allora comincia a passare la birra, che riscaldiamo un po’ l’atmosfera!
Niente musica?”
“C’hoo tutto ioo!”

Ci uniamo all’altro gruppo; ci offrono loro bistecche, patate, salsicce, birra, e fumo mentre ci sediamo sul prato intorno ad un paio di lanterne.
Inutile dire che nessuno dei tizi  lì intorno ha un’aria particolarmente sveglia.
Intorno il vociare è continuo, così come gli urli, i canti stonati, i cori, gli schiamazzi.
Finalmente scopro l’identità segreta dei nostri nuovi amici: quel Tim Armstrong assieme ad un certo Matt McCall e un altro, Dave Mello, erano i membri di una band punk piuttosto famosa, di cui giustamente io non conosco l’esistenza, gli Operation Ivy, che si è sciolta l’anno scorso, e infatti manca il loro cantante*.
Per gli altri, ho dimenticato il nome non appena si sono presentati.
è troppo chiedere al mio stomaco e alla mia testa di lavorare nello stesso momento mentre estinguo la fame di quasi otto ore fa, fra il viaggio, la scuola, la passeggiata, gli incontri ecc.
Non mi stupisce affatto vedere che Jenny li conosce anche se solo di vista.
Sembrano i tipici amici di quello stronzo di Juls.
La osservo per un bel pezzo mentre sta seduta affianco a Tim e Billie che rinvangano chissà quali ricordi di concerti a cui hanno assistito o partecipato.
Sono talmente inquieta e concentrata su di loro che sento a malapena Mike che mi parla raccontandomi quel poco che ha appresso da suo fratello su questa benedetta band.
è bastato che Mike toccasse un po’ di birra per andare a ruota libera.
Adesso chiacchiera come una pettegola in un gineceo e per una volta non sembra irritarsi anche se è palese quanto poco lo stia ascoltando.
Io mi trattengo, sorseggiando solo un paio di bottiglie..
So bene che non reggerei più di tanto e non voglio incasinarmi la vita qui, a Berkeley, in mezzo a gente sconosciuta, su un prato, di notte per giunta.
Improvvisamente Billie e Jenny si alzano e sembrano allontanarsi a piedi per un po’, troppo per sentirne i discorsi, troppo poco per non vederli.
Lui prova ad appoggiarle una mano su una spalla e a circondarla con il braccio.
è divertente vedere quanto si sforzi: diciamo che Jenny lo supera di tre centimetri buoni, per non dire di più.
Mi mordo il labbro, elettrizzata, e di riflesso batto i piedi sul prato.
Questo è esattamente il momento giusto!  Saranno una splendida coppia!
E tutto tornerà sereno e tranquillo come prima, grazie a Dio!
Mi accorgo che sono fermi, l’uno di fronte all’altra.
Il mio sorriso si allarga. È davvero questione di momenti!
Sono già pronta a saltare di gioia, tanta è l’eccitazione!
Però quelli continuano a stare fermi, a parlare, stavolta più concitatamente, e lei si scosta leggermente da lui. Billie tende una mano in avanti, come per richiamarla e lei la respinge con decisione, quasi brusca.
Poi lei urla qualcosa e vedo lui irrigidirsi e stringere i pugni.
C’è qualcosa che non va. Perché non si sono ancora baciati?!
A quest’ora dovrebbero starsi sbaciucchiando beatamente, abbracciati alla luce della luna, o qualcosa del genere!
Jenny gli volta le spalle e si mette a correre verso il nostro gruppo.
Qualche testa si gira ma nessuno sembra allucinato quanto me.
Nessuno ha capito ciò che stava per succedere e cosa invece è successo.
Lei si fa posto e si siede accanto ad un paio di tizi assolutamente sconosciuti che si stanno passando una canna.
Jenny mi cerca con lo sguardo e, quando mi trova, noto una freddezza che mi fa raggelare.
Poi si fa passare la canna e prende a sfumacchiare, concentrandosi sulle sue nuove amicizie.
Dietro di noi Billie torna a passo lento, con il volto svuotato e gli occhi lucidi.
E stavolta non è il fumo o qualche altra schifezza.
Si va a sedere di nuovo accanto a Tim e a Mike-biondo-platino, scolandosi una birra in pochi lunghi sorsi. Poi attacca con un’altra, e un’altra ancora.
Partecipa poco alla conversazione, si limita a bere con un’espressione malinconica e un ombra afflitta negli occhi verdi cupi.

*******************

Mi sono addormentata un’oretta, la testa appoggiata alla gamba di Mike.
Sono stanchissima e, anche se non ho bevuto più di tre bottiglie da trentatre cl, sento la testa che pulsa.
Dio, mi sono alzata alle sette stamattina, IO!
Mi reggo sui gomiti, mentre cerco di tirarmi su.
Do un’occhiata all’orologio:  sono appena le undici e mezza.
Come posso essere così distrutta alle undici e mezza?!
Mike è sdraiato quasi accanto a me, raggomitolato su sé stesso, mentre intorno a noi niente sembra cambiato. Solo che adesso i sobri di prima sono più che brilli e i brilli di poche ore fa sono andati.
Sbatto gli occhi e finalmente mi tiro a sedere.
A pochi passi da noi vedo Tim Armstrong riverso a terra che ridacchia come un demente e lancia strani versi animali, Mike-biondo-platino con in mano una chitarra che strimpella una melodia pizzicando corde quasi a casaccio e accompagnandole con una voce arrochita dal troppo parlare, dal bere, dal fumo e da non so quale altro accidenti.
Jason batte le mani deliziato insieme ad un’altra ventina di persone, Matt incluso.
Ancora a fianco Jenny è accovacciata davanti a resti di erba, tabacco e altre carte bianche che non ho mai visto e non riuscirei a riconoscere.
Dietro la folla che assiste allo spettacolo di Dirnt è accasciato Armstrong che muove il piede, come se dovesse mantenere il ritmo, andando completamente fuori tempo.
Adesso che Jenny è fuori gioco è il momento giusto per capire che diamine è successo fra quei due appena due ore fa.
Mi alzo a fatica, rabbrividendo per il freddo che è sceso e noto anche che l’oscurità si è infittita.
Si saranno spente almeno un paio di candele, ma la festa continua, senza quartiere, tutto intorno al Campanile.
Aggiro il gruppetto per raggiungere Armstrong mentre nessuno sembra accorgersi di me.
Mi accovaccio accanto a lui che per un attimo smette di battere il tempo e mi fissa, come rapito da qualcosa.
Lo afferro per il braccio e comincio a scuoterlo:

“Billie, che cazzo hai combinato? Come hai fatto a rovinare tutto, proprio all’ultimo momento?!”
“Looo-inaa-ee...Mhm...”
“Non mi dire che sei ubriaco fradicio pure tu! Puzzi come una fogna!”
“Uuuhmmm...Eeennyy...sciuuusa eeennyyy no v-olevoo... noonandaateennee...”

Gli levo una bottiglia di mano a cui sembra aggrapparsi con tutte le sue forze ma le mani non ricadono inermi: mi si allacciano addosso e mi stringono.
Calma. È solo un po’ sbronzo. Adesso mi molla.
Ma lui non lo fa, anzi, continua a stringermi a sé e ad accarezzarmi le spalle e le braccia.
Tira giù la zip della mia giacca a vento argentea e le sue mani cominciano a farmi il solletico sotto al mento e sul collo che viene stretto più volte, quasi volesse strozzarmi.
Ormai sono rigida come un pezzo di legno mentre infila la mano sotto il mio pullover di lanina leggero arrivando a sfiorare una bretella del mio reggiseno.
Mi ritrovo schiena a terra, ad osservare attonita un Billie Joe dal respiro caldo, pesante e puzzolente, che sta sopra di me. Contro la mia gamba sento qualcosa che si è indurito progressivamente mentre il suo peso mi schiaccia per terra.
Vorrei urlare ma non ho voce.
Sollevo la mano dal terreno, la avvicino al suo viso, faticosamente, e, presa un po’ di forza e coraggio, gli mollo uno schiaffone tale da fargli girare la testa bruscamente.
Forse non era mia intenzione farlo così forte, ma almeno sortisce il suo effetto.
Lui ricade quasi inerme su di me, le mani che scivolano via e io mi sottraggo al suo abbraccio.
Striscio più avanti mentre Armstrong sembra mangiare erba con la bocca, la faccia nel prato.
Sono talmente agitata che mi è venuto il fiatone.
Ma gli ha dato di volta il cervello?!?!?!
Biascica qualcosa ma io sono troppo scossa per mostrarmi anche solo interessata a quello che dice.
Mi pare di sentire il nome di Jenny fra i suoi mormorii.
L’alcool e il fumo devono avergli fottuto anche l’ultimo neurone che aveva.
Mi rimetto in piedi, e mi sento gelare.
Il mio maglione è ancora arrotolato sul petto e la giacca è aperta.
Mi do una sistemata prima di allontanarmi, affrettando il passo quanto riesco, senza barcollare pericolosamente.

Basta, me ne voglio andare.
Sono stanca, ho i piedi gelati, questo prato è umido, mi fa male la testa e tutti sono fuori come un balcone.
E adesso come cazzo ci torno a casa?!?!
Raggiungo Jenny che dorme sonni profondi e anche piuttosto tranquilli dall’espressione beata che sfoggia inconsapevolmente.
La scuoto con violenza.
Voglio che si svegli, che sia abbastanza lucida e pronta per riportarmi a casa.
Alla fine si muove, sbadigliando, guardandosi intorno confusa per poi focalizzare la mia faccia esaurita.

“Jenny, andiamo. Aiutami a raccattare gli altri...”
“Schifosa puttana che non sei altro.”
“Cosa?!”
“Sei una troia.”
“Jenny, per piacere, poi mi spieghi. Ma adesso dobbiamo tornare a casa.”
“Ti odio.”
“Jenny, TI PREGO!”

La vedo sollevarsi, con un’espressione nauseata e sbattere gli occhi per un po’, per controllare di avere la vista integra.
L’effetto del fumo deve essersi dissolto perché si muove in modo abbastanza coordinato, e sembra soffrire della scomoda posizione in cui è rimasta per tutto il tempo.
Intanto ho buttato giù dal mondo dei sogni anche Mike e Meggy, uno più assonnato dell’altra.
Nel frattempo, nel gruppetto, Mike-biondo-platino ha lasciato il posto a quel McCall che strapazza la chitarra accordata diversi toni sotto, tanto da sembrare una specie di basso troppo acuto.
Riusciamo a catturare Dirnt prima che faccia qualche mossa strana o inconsulta.
Raduniamo poco alla volta un po’ tutti.
Jason cerca di svegliare Armstrong che è in dormiveglia, ma questi, una volta desto, non sembra in grado di tenersi in piedi. Devono tirarlo su Matt e Mike-biondo-platino, e poi trascinarlo perché se ne venga via. Al ci segue, ridacchiando come un idiota mentre cerca invano di accendersi una sigaretta, ma con l’umidità di questo schifoso prato, fa pochi passi avanti.
Anche i falò si tengono a malapena in vita, abbandonati a sé stessi, attorniati da una massa di ubriachi, fattoni e similia.
è inutile pensare di salutare qualcuno. Tutti gli altri stanno messi dieci volte peggio di noi.   
Ci mettiamo un tempo infinito a raggiungere il garage e là sono costretta a tirare fuori i soldi raccolti.
Dopodiché ci cacciamo tutti in macchina, ma stavolta davanti ci va Mike, perché non ho nessuna voglia di chiarire adesso con Jenny, a l’una meno un quarto di notte, qualunque cosa le abbia detto Billie o le sia successa.
Quanto a quest’ultimo, capita proprio vicino a me, ma io mi stringo alla portiera, cercando di addossarlo a Jason, dall’altro lato, che con la sua testa ciondolante sembra ad un passo dal crollare addormentato.
Mi irrigidisco, i sensi all’erta, quando la testa di Billie Joe si posa  sulla mia spalla destra, quasi sull’incavo del collo.
Mi rilasso solo quando vedo che ormai è incosciente, nel mondo dei sogni.
Seguo la strada, sbadigliando e ringraziando la buona sorte che Jenny, nonostante tutto, è sobria e più sveglia di noi messi insieme.

*****************


Note

* GLOSSARIO:  hast du verstanden? : hai capito?

* Herman Melville, scrittore di narrativa americano, famoso per il suo capolavoro Moby Dick.
Ambienta molte delle sue opere in mare, facendo tesoro dell’esperienze personali e dei suoi numerosi viaggi. Ma per il resto…c’è WIKI! xD

* La I-80 è l’autostrada che arriva a Sud di Berkley e percorre la costa della Bay Area di San Francisco.

* Durant Ave, nei pressi di una delle strade del centro di Berkeley (Telegraphe Ave) , piena di garage in cui parcheggiare per visitare il campus universitario.

* Cody’s Books: rinomata libreria fornita di titoli sia nuovi che usati, affitta i locali per mostre e incontri con autori acclamati. Molto ricco il reparto riviste.

* Amoeba Music è un famoso negozio di musica di quattro piani, e un vastissimo assortimento di titoli nuovi e usati.
 
* Il Campanile, al centro del campus della Cal (come gli studenti chiamano la University of California), noto come Sather Tower è stato costruito su modello del campanile di San Marco a Venezia. È alto quasi cento metri e contiene circa 61 campane funzionanti. Aperto per visite guidate.

* Gli Operation Ivy, band punk molto affermata sulla scena del Gilman, si sono sciolti nel marzo del 1989, con un ultimo concerto, il 20, suonando davanti a più di seicento persone.
Il cantante Jesse Michaels infatti dichiarò che non voleva più far parte della band e finì per diventare un monaco buddista (1992) almeno per un certo periodo.
La loro musica ha molto influenzato quella dei GD; basta guardare la cover di “Knowledge” che ricorre in parecchi album dei GD, ma questo lo saprete già xD
Il loro album più famoso è “Energy” , registrato con la Lookout!.   
NOTA: Tim Armstrong e BJ NON sono parenti, nemmeno alla lontana, solo amici!

Ringraziamenti

Ringrazio Mike72 per averla inserita fra le preferite, Drunky Bunny  e Rose Mary per averla inserita fra le seguite.
E ovviamente tutti quanti che leggono/passano di qua/seguono/continuano a preferire/ricordare/recensire.


Angolo dell’autrice

Intenso come capitolo non c’è che dire.
Nel frattempo, riflettendo fra me e me, ho pensato che forse sarebbe il caso di abbassare il rating.
Forse ROSSO è un po’ troppo azzardato e terroristico per come le cose si sono svolte fino ad adesso.
Meglio ARANCIONE? Che dite?!?!  xD
Uhm.. so di essere stata particolarmente sadica ancora una volta, poiché ciascuna di voi sarà costretta ad attendere il prossimo capitolo per capire cosa sia successo a meno che non vi ingegnate, non spremete le meningi e arrivate a sbrogliare la vicenda MWAHAHAHAHAHAH!!!
Anche perché sarebbe stato abbastanza strano che Vig avesse potuto sentire tutte quelle conversazioni fra Jenny e BJ. Un po’ di privacy no?! Ghghghghghgh
*espressione angelica*
Vedete un po’ se vi piace, se vi stuzzica.
Tutte le notizie su Berkeley, sul Campus e sulle strade, note incluse, sono tratte dalla guida della California della LONELY PLANET: sono fatte talmente bene che io mi sto leggendo quella del Giappone, anche se so che, prima di andarci, dovrò aspettare i comodi delle scorie nucleari degli ultimi cinque mesi ç________ç
Un migliaio di anni è un po’ troppo ma se dopo una decina non migliora, penso che partirò lo stesso!
Ci dovevo andare quest’anno ma le notizie che sono arrivate erano davvero catastrofiche e sconvolgenti, ma lo saprete benissimo <.<
Va beeeene, tornando a noi, devo dire che la parte più studiata è quella di un BJ moooolto ubriaco e una Virginia che si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato (o almeno secondo lei ;p).
Sono rimasta per un po’ indecisa, se inserirla o no questa scena, ma alla fine penso che sia venuta a pennello xD.
Povero cristo, che giornata terrificante, sia da sobrio che da sbronzo!
Bene, se non mi assalirete per maltrattamenti alla star in questione, cercherò di concentrarmi sul prossimo capitolo e stavolta NIENTE SPOILER nelle risposte alle recensioni! Mwaaaahahhahah
Quindi, con la concessione del mio Internet Point prediletto, alla prossima!

Misa
  
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