CAPITOLO
IX: COLPEVOLE
Anche se l’inverno è già
passato, la Russia resta una nazione a dir poco gelida. È già una settimana che
osserviamo il signor Braginski e in questi giorni non mi è sembrato più neanche
sicuro che ci fossimo sul serio. L’ho notato da come appariva preoccupato, da
come barcollava quando camminava, da come tremava il bicchiere di vodka che
beveva.
Solo alla fine della
settimana, Gino mi ha fatto notare che stavo spiando il maggiordomo novantenne.
In verità la nostra esca non
sembra per nulla nervosa, anche se in realtà noi sappiamo bene che sta andando
incontro a morte quasi certa. Questo ovviamente ci aiuta, perché Hood potrebbe
sospettare qualcosa, se notasse una preoccupazione nel volto della sua preda.
Il maggiordomo ordina al
russo di prendere del vodka immediatamente, ad un semplice cenno dell’uomo, che
va subito in cucina a prepararsene un po’.
In teoria nella Russia
Sovietica il vodka dovrebbe bere te, ma siccome è pur sempre la Russia, i suoi
abitanti non rinunciano alla loro bevanda nazionale.
Io, personalmente, preferisco
bere dell’acqua, ma sono gusti.
Infatti, ad esempio, c’è chi
prende l’acqua semplice, ma io preferisco aggiungere ad essa uno zoccolo di gnu
dell’Himalaya grattugiato, tanto per insaporirla un po’.
Restiamo a osservare un altro
po’. In una settimana ci siamo spostati pochissimo tra i nascondigli, perché
quest’uomo passa il 90% del suo tempo nell’immenso salone della sua casa.
Però oggi qualcosa potrebbe
cambiare: squilla il telefono.
Il maggiordomo ordina al suo
padrone di portarglielo e risponde. Poi lo passa al signor Braginski, che
risponde in italiano.
Dalla nostra distanza, io e
Gino non sentiamo molto della conversazione, che comunque non dura molto.
Alla fine di essa, il russo
sembra stranamente più preoccupato…. che genere di chiamata era?
“Capo, il nostro protetto sta
salendo le scale, seguiamolo!” mi dice Gino sottovoce e comincia a spostarsi
nell’altro nascondiglio.
Faccio per seguirlo, ma una
voce mi ferma.
“Gianni, ciò che scoprirai
adesso potrebbe essere sconvolgente, ma per capire tutto fino in fondo, dovrai
riflettere attentamente!”
Quella voce… IL CAPITANO? Mi
volto verso la provenienza del consiglio, ma non c’è nulla. Ovvio, il capitano
è morto. Sarà lo stress che gioca brutti scherzi?
“Capo, presto!” mi intima
Gino.
Saliti al piano superiore
vediamo un orrendo cambio di abiti del nostro protetto. Uno spettacolo che
farebbe far soldi a un regista di film horror!
A giudicare dalla giacca e dalla
cravatta, deve stare per fare un incontro galante o d’affari, o comunque
importante.
Subito dopo ridiscende nel
salone del suo appartamento, esce in giardino e si nasconde dietro un albero
lasciando le chiavi appese alla serratura.
Sempre per il fatto che nella
Russia Sovietica l’ospite deve accogliere il padrone di casa.
Poco tempo dopo arriva un
uomo che si ferma davanti l’abitazione, guarda le chiavi, apre la porta ed
entra.
Poi il signor Braginski si fa
accogliere in casa e i due si accomodano in delle poltrone.
In quel momento, proprio
quando comincio a riconoscere l’ospite, arriva una chiamata dalla centrale.
“Capitano, sa che anche il
figlio del questore Bianchi si trova in vacanza in Russia, in questo momento?”
Incredulo, fissando Francesco
Bianchi seduto di fronte al signor Braginski con occhi da pesce lesso in
salamoia con salsa di rosmarino, rispondo: “Sì… lo so”
Poi chiudo la chiamata e sto
a guardare la conversazione. Non posso ascoltarla perché non si sente nulla.
Lentamente i due cominciano
ad innervosirsi, e la discussione degenera. Vorrei proprio sapere di cosa
parlano…
D’un tratto, il nostro
protetto si alza, fa per saltare addosso al suo interlocutore, ma prende una
storta. Neanche il tempo di accorgersene e di rimetterla al suo posto, che
Francesco Bianchi, figlio del questore Giacomo Bianchi, mio mentore, prende una
spada da un’armatura appesa al muro come decorazione e gliela conficca in gola.
“Accidenti, sbrighiamoci!”
urlo subito e corro fuori dal rifugio con Gino.
Sfortunatamente Francesco se
ne accorge, corre alla mia macchina, posta in strada, ben visibile, forza la
portiera e trova le chiavi al suo interno. Così parte a tutta velocità.
“Ti avevo detto di
nasconderla!” urlo al mio sottoposto.
“Mi sembrava un posto
sicuro!”
Fortunatamente il nostro
bersaglio ha sbadatamente lasciato le chiavi della propria macchina attaccate
alla serratura, quindi entriamo e partiamo all’inseguimento.
“Vai Gino!” esclamo.
Sfortunatamente non riusciamo
a star dietro al fuggitivo, che è molto più veloce di noi.
“Gino, mi deludi!”
“Che vuole, capo, quella è
una Lamborghini a locomozione atomica!”
“E questa invece?”
“A giudicare dal modello… una
Fiat a locomozione di sfiducia. E il governo non è caduto!”
Al sentire quelle parole, la
macchina si deprime e si ferma subito, piangendo lacrime di olio dai fanali
anteriori.
Così, mentre il figlio del
questore scappa, noi restiamo in mezzo alla strada a confortare la sua
macchina.
Anzi, lo fa Gino, che ci sa
fare meglio con i mezzi di trasporto. Io rischierei di toccare il tasto
sbagliato e di ferire ancor più i suoi sentimenti!
Mentre il mio collega e
sottoposto sta lì a prendersi le invettive degli automobilisti, io noto una
freccia conficcata sul retro del sedile del posto guida.
“Che significa questo?”
mormoro senza neanche accorgermene, prendendo il dardo.
“Quello di cui parlavo prima.
Esamina tutto e rifletti bene, o la tua indagine si concluderà in tragedia”
Di nuovo quella voce? Mi
volto di scatto e lo vedo seduto nei sedili posteriori: il questore Bianchi.
“Ca… capitano… cioè,
questore…” non riesco ad articolare le parole dall’emozione e dalla felicità.
Felicità rotta dalla domanda
di Gino: “Con chi parla, capo? In macchina non c’è nessuno”
“Sono un fantasma, Gianni”
spiega il questore “Sono apparso a te, perché la giustizia trionfi e tu non
muoia. La strada potrebbe essere ancora infinitamente lunga, ma può essere
anche infinitamente breve. Le cose cambieranno a seconda delle tue azioni e col
mio aiuto potrai risolvere il caso in breve tempo. Sfortunatamente una legge
del mondo degli spiriti mi costringe a parlare ad enigmi, quindi non potrò
dirti tutto ciò che so”
“Quindi lei è una proiezione
del mondo degli spiriti?” chiedo sottovoce, per non essere sentito da Gino.
“No, sono ancora vivo, in
parte” mi risponde sorridendo “Nel tuo cuore” e mi indica il petto.
Dopo uno stupore iniziale,
sorrido anch’io.
“Quindi potrei risolvere il
caso… in quanto, come tempo minimo?” chiedo poi, tornando serio.
“Il minimo è di una
settimana. Ma dovrai sopportare mali e tragedie tremendi”
“Di che tipo?”
“Come ti ripeto devo parlare
ad enigmi, ma tu conosci bene il tipo di sofferenza al quale alludo…”
Poi sparisce, lasciando il
sedile bagnato.
“Ah, Gianni, scusa, non
sapevi che sono incontinente?” mi dice per ultima cosa, ridendo.
Durante il ritorno in Italia,
continuo a riflettere sulla freccia. Probabilmente durante il viaggio di
Francesco, Hood ha tentato di ucciderlo, ma la freccia è stata fermata dal
sedile. Quindi Robin Hood vuole ucciderlo in quanto figlio del questore? Che
stia indagando in proprio anche lui?
Ciò che so è che vanno
entrambi assicurati alla giustizia, ma Francesco va anche protetto.
“Gino, andiamo a casa
Bianchi, il dovere chiama”
“Oh, ho lasciato il cellulare
in silenzioso!” esclama il mio sottoposto prendendo il telefono “Pronto?”