Come ogni mattina, fui svegliato dal discreto bussare di Sebastian alla porta della mia stanza. Riluttante, mi sedetti contro la spalliera del letto, prendendo la tazza di Earl Grey Tea che il mio maggiordomo mi porgeva.
Dopo aver fatto colazione, buttai svogliatamente le gambe giù dal materasso e mi avviai verso il bagno per la pulizia mattutina.
Una volta sciacquatomi il viso, rimasi come sempre qualche minuto a contemplare il mio viso riflesso allo specchio.
Inutile.
Dopo tre anni, ancora mi stupivo al notare la differenza tra i miei occhi.
L'iride destra, un tempo di uno splendido colore azzurro-indaco, ora risplendeva di un'insolita tinta violetta, contrastante con le sottili linee bianche, simili a fili di ragnatela, che disegnavano un pentacolo nel mio occhio. Il marchio con cui, in una dolorosa notte, il diavolo che io stesso avevo chiamato Sebastian, aveva deciso che io sarei stato, prima o poi, la sua preda.
Spesso mi chiesi se quella notte furono solo il troppo dolore patito e la sete di vendetta a farmi accondiscendere al patto con quella creatura infernale. Era meglio vivere protetto dal diavolo in persona o rischiare ogni giorno la morte per mano del demone che, latente o meno, alla fin fine vive in ogni essere umano?
Io, sicuramente, ho sempre preferito la prima ipotesi.
Ormai Sebastian aveva impresso il suo sigillo su di me, ed io sapevo che a differenza di molte persone là fuori, non mi avrebbe mai tradito. Sarebbe stato con me fino alla fine.
Come si dice, "Non fidarti di chi ti promette il Paradiso, ma di chi oserà starti accanto fino alle porte dell' Inferno".
Mentre ero immerso in questi pensieri, una mano guantata si appoggiò sulla mia spalla.
- Sebastian. Non abbandonarmi mai. Stai con me fino alla fine. E' un ordine- così dicendo alzai gli occhi, fissando l'immagine immobile del maggiordomo dietro di me riflessa dallo specchio.
Lui solo sorrise e si inchinò lievemente portandosi una mano al petto.
- Yes, my lord.