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Autore: Mary West    21/07/2011    3 recensioni
Harry, dal suo piccolo cantuccio, era pietrificato. Non riusciva a muoversi, a parlare, a fare niente che non fosse sbarrare gli occhi e tremare violentemente.
Il suo tremore aumentò ancor di più quando la mano del giovane Piton saettò sulla scapola di Lily, abbassandole la spallina del vestito.
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley, Severus Piton, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
Capitoli:
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Allora…rieccomi con il secondo capitolo :)

Sarà meglio che spieghi alcune cose, prima che leggiate; dunque, ci sono alcune differenze con l’HP originario, e sono le seguenti:

-Harry non è affatto un disastro in Pozioni; la presenza di Piton non è un toccasana, ma lui ha ereditato il talento di Lily;

-con Dean, Seamus e Neville ha un ottimo rapporto; è amico loro tanto quanto lo è di Ron ed Hermione, anche dopo la discussione con Seamus all’inizio dl libro;

-Dean, nel mio immaginario, è più simile a Remus, cioè è abbastanza bravo a scuola, e molto meno casinista degli altri quattro.

Insomma, ho immaginato loro cinque maschi un po’ come i primi quattro Malandrini con alcune differenze importanti: Neville non è affatto Codaliscia (non è codardo né traditore), solo un po’ imbranatuccio, ma dolce e talentuoso, con tanta insicurezza.

Harry non è presuntuoso come il giovane James, né Seamus e Ron come Sirius.

In effetti, ciò che li accomuna è la capacità di fare casini, e il non rispetto per le regole.

Spero sia tutto chiaro; se ci sono domande sono qua ;D

Buona lettura!



CAPITOLO II: RITORNO A LONDRA

“L’incantesimo Tacitante è, senza dubbio, uno dei più complessi, tra quelli noti. La formula dev’essere pronunciata con decisione, e altrettanta determinazione va’ applicata nel movimento del polso che muove la bacchetta: dev’essere sicuro e diretto, come una stoccata. La bacchetta percepisce lo stato d’animo del mago, e ciò è quello che rende l’incantesimo così complesso: la formula e un corretto movimento del polso non bastano. Bisogna imprimere forza a decisione ad entrambi”

Era Lunedì mattina, e i Grifondoro e Corvonero del quinto anno si trovavano nell’aula di Incantesimi per la lezione della prima ora. Il piccolo professor Vitious era in piedi in bilico su una montagna di libri e agitava la bacchetta, calcando il significato delle parole che a stento si riuscivano a sentire a causa della presenza di corvi e rane che il professore aveva portato con sé per far esercitare i suoi studenti.

Dopo aver terminato la spiegazione, di cui Harry non aveva colto neanche mezza parola, Lavanda fu chiamata a distribuire un animale per ciascuno per provare l’incantesimo, ma quelli si dibattevano e fuggivano da un banco a l’altro, così che un alunno non sapeva chi tacitare, e un altro era circondato da animali gracchianti.

La rana che Lavanda aveva appena poggiato sul suo banco, cercò di fuggire per raggiungerne un’altra sul tavolo di Seamus, ma Harry la richiamò a sé con un incantesimo di Appello, e lanciò un’occhiata furtiva ad Hermione per capire cosa avrebbe dovuto fare.

La sua amica osservò con aria di superiorità il corvo rumoroso e lo sfiorò appena muovendo la bacchetta con decisione e dicendo: “Silencio!”

Il corvo ammutolì all’istante, aprendo e chiudendo il becco senza emettere alcun suono. Vitious applaudì le mani nodose, e si rivolse ad Hermione con un sorriso incoraggiante, attribuendo venti punti a Grifondoro.

Harry scrollò le spalle, e si affrettò a fare altrettanto: colpì la rana con lo stesso movimento che aveva visto fare ad Hermione e borbottò la formula; un istante dopo, la rana non gracidava più. Soddisfatto del proprio risultato, e continuando a colpire animali in giro per la stanza alla rinfusa, senza considerare che fosse suo compito o meno, gettò uno sguardo ai due banchi su cui sedevano i suoi amici, nella fila davanti alla sua, per vedere come se la cavavano: Dean aveva già tacitato due corvi, ma gli altri sembravano in netta difficoltà. Ron e Seamus riuscivano solo ad innervosire i loro animali, colpendoli con tale ferocia da lasciargli numerosi bernoccoli sul loro piccolo cranio; Neville non riusciva a far rimanere la sua rana ferma sul banco.

Harry tacitò un altro corvo, e si stirò sulle gambe, sbadigliando vistosamente; nelle ultime notti, aveva faticato parecchio a prendere sonno. Ogni volta che provava anche solo a chiudere gli occhi, l’immagine di sua madre avvolta dalla spire di Piton ritornava nella sua mente, più vivida che mai. Il pensiero che fossero stati amici, e forse anche qualcosa di più (la sola idea gli faceva venire il mal di stomaco), l’aveva tormentato a lungo. Quando la sua mente ripescava quel ricordo, si sentiva quasi mancare l’aria, diventata irrespirabile, e stringeva forte la mani a pugno, serrando gli occhi per non ricominciare a piangere.

Alcune volte si era perfino chiesto se quella notte, non fosse stata la stessa notte in cui era stato concepito…. L’idea assurda se n’era andata così com’era venuta: non gli avevano sempre detto tutti quanto maledettamente assomigliasse a suo padre? Quante volte persone che lo conoscevano da una vita o anche completamente estranee si erano fermate ad osservare il suo volto, per poi affermare che era la copia di James?

Harry scosse la testa, come per scacciare una mosca particolarmente fastidiosa, e colpì la rana che sarebbe dovuta toccare a Padma Patil.

Tante erano le domande che si affacciavano imperiose nella sua mente: Sirius e Remus sapevano di questa storia? E Silente? Probabilmente sì: forse era per questo che si fidava di Piton, perché era stato innamorato di Lily, e quindi, per non offendere la sua memoria, non avrebbe mai tradito l’Ordine.

E se Silente sapeva, perché non gli aveva mai detto niente? Temeva che Harry avrebbe fatto qualche stupidaggine?

Era per questo che Piton, dunque, aveva odiato tanto James? Perché gli aveva portato via la donna che amava?

Perché su questo non c’erano dubbi: Harry non si poteva certo dire un esperto sull’argomento, ma aveva osservato con grande attenzione gli occhi decisi e bui del suo professore, in quel ricordo: non erano tristi, carichi di rabbia o impassibili. C’era stato qualcosa, nelle profondità di quei pozzi impenetrabili che li aveva resi stranamente luminosi, nel momento in cui Lily l’aveva guardato, toccato, aveva riso per lui.

Un tonfo sordo irruppe nell’aria, e due corvi, aizzati da un corpulento Corvonero dall’aria minacciosa, si avventarono sul povero Neville, prendendo per le spalle e avvicinandolo pericolosamente al soffitto. Il professor Vitious, dall’altra parte della’aula, era intento a spiegare a Lavanda e Calì come tacitare una rana, senza farla svenire.

Perché, perché Piton non gliel’aveva mai detto? Era una cosa che lo riguardava direttamente, giusto?

Dopotutto, si trattava sempre di sua madre, e non gli si poteva nascondere una cosa del genere.

Ma quindi Piton lo odiava anche per questo? Perché era il figlio di James Potter, l’uomo che l’aveva fatto soffrire più di chiunque altro?

Perché era il frutto di quell’amore che aveva considerato insano e brutale?

Finalmente il professor Vitious si era accorto che parecchi corvi non erano più tra i banchi, impegnati a far volare Neville in giro per la stanza.

“Oh, cielo!” sussurrò con la sua vocetta stridula, prima di colpire con un tocco di bacchetta lo stormo che immediatamente si disperse di nuovo per l’aula, lasciando il povero Neville crollare sula cattedra con un tonfo.

Il suono della campanella irruppe e i Grifondoro si alzarono, incamminandosi nei Sotterranei, per la doppia lezione di Pozioni.

*

“Due rotoli di pergamena su come tacitare una rana senza cavarle un occhio, e oggi ci sono anche gli allenamenti di Quidditch! Maledetto nano malefico”

Ron continuò a lamentarsi lungo tutto il tragitto verso i sotterranei, mentre Seamus gli dava man forte; Neville era ancora indolenzito dal volo durante la lezione precedente.

“…e a Michael Corner che ha fatto volare una rana dalla finestra, non ha tolto nemmeno un punto! Mentre a noi, giusto per aver sfiorato appena la palpebra di quella stupida bestia con la punta della bacchetta, un tema di tre chilometri e mezzo!”

Dean, che aveva ignorato le lamentele dei due amici per tutto il tempo, sembrò rinsavire dal suo stato di coma, e si rivolse ad Harry con espressione apprensiva, scambiandosi un’occhiata complice con Hermione.

Harry non ci mise molto ad accorgersi che entrambi lo scrutavano con aria preoccupata; conosceva abbastanza bene Dean ed Hermione per sapere che si erano accorti del suo comportamento insolito, in quei giorni, e si erano subito agitati per questo. Hermione, poi, era di certo allarmata allo stato massimale.

“Harry, tutto bene?”

Harry alzò lo sguardo di botto, incontrando quello profondo della sua migliore amica.

“Sì, Hermione. Sta’ tranquilla” aggiunse, sorridendole timidamente.

Lei ricambiò il suo sorriso, un po’ rincuorata.

“Non ci posso credere che ogni anno ci fanno la stessa cattiveria: doppie Pozioni con i Serpeverde!” sbottò Seamus, seguendo Ron lungo le scale che portavano alla classe di Piton. Harry concordò mentalmente con il suo migliore amico, guardandosi intorno, come per cercare una via di fuga.

Era la prima volta che lui e Piton si rivedevano dopo quello che aveva scoperto il Venerdì precedente durante la lezione di Occlumanzia; non sapeva nemmeno se il professore si fosse reso conto di quello che Harry aveva fatto, e, onestamente, non gli importava granché. Voleva solo che scomparisse dalla propria vita, non dover più rivedere quello sguardo carico di odio e di rancore, quell’espresione beffarda che gli contorceva il volto pallido ogni volta che provava una gioia selvaggia nel punirlo ingiustamente davanti ai Serpeverde, i quali si sentivano a loro volta autorizzati a schernirlo, visto il comportamento dell’insegnante stesso.

All’improvviso, si bloccò nel bel mezzo delle strette scale di pietra che portavano nei sotterranei, come trascinato dall’implacabile desiderio di fuggire da lì; prima, però, che potesse fare anche mezzo passo all’indietro, Neville inciampò nella sua cartella e gli cadde alle spalle, facendolo scivolare all’interno della gelida aula buia.

Harry seguì Hermione in uno dei banchi rimasto libero in fondo alla classe, e si sedette al suo fianco, estraendo dalla borsa alcuni ingredienti, utili per tutte le pozioni.

Piton arrivò in classe pochi istanti dopo; Harry lo scrutò di sottecchi, cercando di capire se ci fosse qualcosa di diverso nel suo atteggiamento, qualcosa che gli indicasse che anche lui sapeva.

Ma i suoi occhi erano impassibili come sempre, così diversi da quelli che aveva visto nel Pensatoio, carichi di gioia ed emozione; il volto era scuro, serio, imperscrutabile; la postura rigida e severa: nulla indicava che fosse a conoscenza del misfatto.

“Seduti” borbottò rivolto ai Serpeverde, ancora intenti a fare salotto sulla soglia dell’aula. Harry aggrottò le sopracciglia, indispettito; respirò profondamente, cercando di calmarsi. Lo attendevano due lunghissime ore in quel maledetto inferno, circondato da quella gente intollerabile, e non era assolutamente il caso di perdere la pazienza così presto.

Appena tutti gli alunni ebbero preso posto, Piton si rivolse alla classe, puntando la bacchetta verso la lavagna; subito, apparvero le istruzioni della pozione da preparare quel giorno.

“Oggi, vi occuperete di una delle pozioni più difficili che studierete in questa scuola: il Distillato della Morte Vivente. Si tratta di una pozione soporifera molto potente che, somministrata in quantità eccessive, può essere dolorosamente nociva all’uomo; è facilissimo sbagliare, e ogni errore può portare diverse, gravi conseguenze. Seguite con attenzione le istruzioni alla lavagna. Non mi aspetto un risultato perfetto da nessuno di voi; solo due studenti, in tutta la storia di questa scuola, sono stati capaci di preparare un infuso in piena regola, e dubito seriamente che qualcuno di questa classe sia in grado di farlo. A lavoro”

Appena ebbe finito di parlare, tutti cominciarono ad estrarre gli ingredienti e cominciarono a trafficare intorno al proprio paiolo.

Harry abbassò con decisione lo sguardo, ben determinato a non guardare nulla se non la lavagna e il proprio calderone; Hermione, seduta la suo fianco, non si perdeva un suo movimento.

Harry trattenne a stento un sospiro: era stato stupido da parte sua, pensare di riuscire a nascondere tutto ai suoi amici; doveva saperlo che Hermione avrebbe capito che c’era qualcosa che non andava, ed era solo questione di tempo prima che lo notassero anche Ron, e tutti gli altri.

Questo, però, non cambiava nulla, nella sua decisione: avrebbe tenuto ogni cosa per sé, nonostante le occhiate insistenti dei compagni.

Con un altro profondo sospiro, versò la radice di Asfodelo nell’infuso d’Artemisia, miscelando il tutto, e ruotando in senso orario.

Proprio nel banco davanti al suo, Neville aveva appena aggiunto il succo di Fagioli Sopoforosi prima dell’Asfodelo, e la pozione, invece di prendere il caratteristico color ribes nero, era diventata di un forte blu elettrico.

Piton aveva notato quel particolare esperimento del suo studente, e si era avvicinato a lui, palesemente esasperato.

“Blu elettrico” disse, sollevando un po’ di pozione con il mestolo e facendola scivolare di nuovo nel calderone, per mostrarla agli altri “Paciock, hai quindici minuti per farla diventare nera, come dev’essere, dopodichè potrò scrivere un altro zero accanto al tuo nome, nel mio registro”.

Neville gemette, accucciandosi indietro sulla sedia, con aria terribilmente affranta.

Harry si morse il labbro inferiore, dispiaciuto; si scambiò uno sguardo d’intesa con Dean, ed entrambi iniziarono a sussurrargli suggerimenti, mentre Piton si allontanava per insultare Seamus.

Mentre Neville eseguiva le istruzioni che gli stavano borbottando i suoi amici, lo sguardo gelido e impenetrabile di Piton finì sul banco di Harry, intento a mescolare il suo distillato, di un lilla chiaro.

Harry avvertì lo sguardo del professore su di sé, quasi come se gli penetrasse il cranio. Cercando di non pensare, continuò imperterrito a mescolare la pozione in senso antiorario, rendendola sempre più chiara man mano che miscelava gli ingredienti.

Lo sguardo impassibile di Piton rimase fisso ad osservare il capo chino sul calderone del suo allievo, senza pronunciare una critica o un insulto. In tutta la lezione, non una volta si rivolse a lui, schernendolo o facendosi beffe di lui o del suo modo di comportarsi; nulla.

E Harry capì che allora, sapeva.

“Tempo scaduto”

La sua voce bassa e distaccata risuonò tra i vapori colorati che offuscavano la vista nell’aula; Harry posò il mestolo e versò un po’ della sua pozione in una piccola fiaschetta di vetro, con il proprio nome in bella vista.

Piton fece il giro della classe, osservando i vari risultati degli studenti; non fece alcun commento tra i Serpeverde, le cui pozioni erano dei colori più disparati. Arrivato ai tavoli dei Grifondoro, si lanciò in critiche di vario genere sulle loro incapacità nella materia.

Dopo aver tolto dieci punti alla loro Casa, perché Neville, la cui pozione era di un lilla chiaro, esattamente come quella di Hermione, si avvicinò al paiolo di Harry, l’unico rimasto.

Un ghigno gli deformò il viso, mentre si avvicinava al suo banco, preparandosi a insultare il ragazzo, ma il sorriso beffardo gli morì in gola, quando i suoi occhi si posarono sul calderone che conteneva un distillato limpido come acqua.

Non fece alcun commento, ma si limitò ad osservare il risultato, per poi posare gli occhi sul volto di sfida di Harry.

Il suono della campanella annunciò la fine della lezione.

*

 

“Ho una fame che non ci vedo” disse Ron, camminando al fianco di Harry, lungo le scale verso la Sala Grande. Harry lo seguì, varcando l’ampia entrata, dove già un centinaio di studenti aveva dato inizio al pranzo. .

Si accomodarono lungo la panca più vicina alla parete di pietra, e si servirono di costolette e patate.

Hermione aveva appena tirato un grosso volume foderato in pelle, e stava leggendo di Archibald Alderton, un mago vissuto nel diciassettesimo secolo, famoso per aver fatto esplodere il villaggio di Little Dropping in Hampshire mentre stava tentando di mescolare magicamente una torta di compleanno all'interno delle sue cucine.
Dean, seduto al suo fianco, aveva già iniziato a scrivere il tema per Piton.

“Secondo te, pioverà?” chiese Ron, scrutando il soffitto con aria preoccupata: il cielo era molto nuvoloso e carico di pioggia. Harry era sicuro che sarebbe piovuto nel giro di poche ore, ma non se la sentì di dirgli questo, né che non gliene importava assolutamente nulla.

“Magari una pioggerella leggera” replicò solidale.

Aveva appena ingoiato l’ultimo pezzo di torta di melassa, che Angelina Johnson si precipitò accanto a lui con tale forza da farlo cadere dalla panca; Seamus e Dean lo afferrarono per le braccia prima che toccasse terra.

Angelina, che sembrava non essersi accorta di nulla, aveva iniziato a parlare ininterrottamente rivolgendosi a Ron e Ginny; Harry non potè fare a meno di notare che anche Fred e George sembravano alquanto seccati dal suo comportamento.

Soffiando nervosamente, Harry riprese posto, sedendosi il più lontano possibile dal Capitano dei Grifondoro, e tirò fuori dalla borsa l’orario del pomeriggio: avevano un’ora di Erbologia e una di Difesa contro le Arti Oscure.

Gemette: trascorrere un’altra lezione insieme a quella vipera della Umbridge era l’ultima cosa che voleva; per qualche istante, considerò l’idea di bigiare Difesa, per passare il pomeriggio a dormire, ma cambiò subito idea al pensiero di quello che gli avrebbe detto Hermione, se l’avesse fatto.

Per rincuorarsi, si servì di un altro pezzo di torta.

La voce terribilmente fastidiosa di Angelina riempiva ancora l’aria, e accanto a lui, sembrava esserci incontro una riunione di tutta la squadra. Lanciò uno sguardo furtivo ad Hermione, e scorse sul suo volto chiaro un’espressione di nervosismo puro.

Sia per evitare che nascesse una discussione sull’importanza dello sport sia per avere la possibilità di non sentire più parlare di Quidditch, afferrò la sua amica per il braccio, e la fece alzare, chiedendole di accompagnarlo in biblioteca.

Hermione lo fissò sorpresa, ma lo seguì ugualmente fuori dalla Sala.

Nessuno dei due si accorse dello sguardo di Cho, che sembrava non perderli di vista per un istante.

*

“Sei stato molto bravo, oggi a Pozioni”

Harry sorrise leggermente, sfogliando un pesantissimo libro alla ricerca di qualcosa che lo aiutasse a scrivere il tema di Storia della Magia sulle lotte tra Giganti.

“Non che Piton mi abbia gratificato molto. Cioè, non che me lo aspettassi, ma se fosse stato un minimo corretto, avrebbe almeno evitato di togliere ingiustamente quei punti a Neville”.

Hermione sospirò solidale.

“Ti manca, eh?”

Harry alzò lo sguardo, stupito, e video il suo osservare malinconico, il campo di Quidditch.

“Troppo” ammise tristemente. “Il Quidditch è stata una delle prime cose che mi ha fatto sentire davvero parte di questo mondo”

Hermione si avvicinò, e gli spostò un ciuffo dalla fronte con dolcezza; Harry notò che era un gesto che faceva spesso, ormai.

“Non preoccuparti; passerà presto”

Harry annuì, quasi per non contraddirla che per averle creduto sul serio.

Un silenzio carico di tensione cadde tra loro; poi, hermione fece per parlare, ma un tonfo improvviso li fece trasalire entrambi.

“Eccovi, finalmente”

Seamus li raggiunse e afferrò Harry per un braccio, costringendolo ad alzarsi.

“Muovetevi, o la Sprite ci sotterrerà con le sue stupide piante strombazzanti”.

*

“Fatemi fare tutto quello che volete: chiudetemi in una gabbia con gli Schiopodi, lanciatemi dalla torre nord, fatemi andare a cena con Piton, ma questo…no”

Harry sorrise debolmente, mentre rientravano nel castello, alla volta dell’aula di Difesa contro le Arti Oscure.

Un senso di oppressione si appropriò del suo stomaco, come ogni volta che stava per vedere la Umbridge; le cicatrici sul dorso della sua mano erano più vivide che mai.

Stava salendo le scale verso il primo piano, quando una voce gelida sibilò nel corridoio, sovrastando le voci di tutti gli studenti.

“Potter”

Harry si girò di botto, e quasi perse l’equilibrio; sentì un dolore lancinante al collo per esserci girato così bruscamente.

Piton lo osservava con la sua solita aria impassibile dal pianerottolo sottostante.

“Nel mio ufficio; adesso”

Harry si sentì come sul ciglio di un baratro: doveva scegliere tra un’ora con la Umbridge, o un tê te-à-tê te con Piton.

Malgrado la forte tentazione di evitarsi l’ennesimo squartamento alla mano, parlò.

“Professore, ho lezione di Difesa; dubito che la professoressa Umbridge sarà contenta se…”

“Parlerò io con lei. Ora, seguimi”

Harry sospirò, capendo che non aveva altra scelta.

Lanciò uno sguardo depresso a Ron, e seguì Piton verso i sotterranei. Sentì lo stomaco stringersi al pensiero di trovarsi da solo con Piton, dopo quello che aveva scoperot.

“Entra”

Harry obbedì, chiudendosi la porta alle spalle; Piton si sedette dietro la scrivania, scrutandolo con aria severa.

“Ho avuto lo spiacevole incarico di comunicarti che, per le prossime vacanze di Pasqua, tu e i tuoi amichetti verrete trasferiti a Londra”.

Harry sapeva che per “Londra”, intedeva Grimmauld Place, numero 12.

Rimase sorpreso dalla notizia, ma si sentì rincuorato; l’idea di rivedere Sirius e Remus e passare del tempo con loro, senza nessuno che li osservasse come se fossero tutti pazzi, lo rendeva molto felice.

“Verrai con loro nel mio ufficio alle quattro in punto, non un minuto più tardi, e userai una Passaporta. Sono stato chiaro?”

Harry annuì, senza dire una parola; avvertiva uno strano senso di angoscia, alla bocca dello stomaco. Ritrovarsi faccia a faccia con Piton lo metteva particolarmente a disagio: non riusciva più a vederlo come l’intransigente professore di Pozioni, intrattabile e insensibile.

Nonostante in quel momento mantenesse, come sempre, la sua solita maschera fredda e impassibile, Harry non riusciva a non vedere in lui il ragazzo sensibile e innamorato che aveva visto nel Pensatoio; era come se, all’improvviso, Piton fosse diventato, ai suoi occhi, anche lui un essere umano, capace di provare emozioni, come la felicità o l’amore.

“Bene. Per quanto riguardo le nostre lezioni di Occlumanzia, le riprenderemo il primo giorno di ritorno dalle vacanze”

Ci volle qualche secondo prima che l’affermazione di Piton cogliesse nel segno; Harry rimase imbambolato ad osservarlo per dieci secondi buoni, prima di comprendere a pieno il significato delle sue parole. Poi, finalmente il messaggio arrivò al suo cervello, e si sentì morire: Piton non aveva capito niente, e ora pretendeva perfino che riprendessero quelle orribili torture?

Uno spasmo di rabbia sostituì l’ondata di piacere che l’aveva travolto alla notizia di rivedere Sirius. E stavolta non aveva affatto la volontà di reprimerlo.

Non gli importava quanto Silente lo avesse pregato perché continuasse a farsi seguire da Piton, non aveva alcuna intenzione di portare avanti quell’inferno, non per un uomo che aveva passato la sua vita a raccontargli bugie su bugie.

“La ringrazio per la sua disponibilità, ma non credo vorrò continuare con queste lezioni” asserì educato.

Il volto olivastro di Piton s’irrigidì; le sue labbra si strinsero appena.

“Potter, forse non mi sono spiegato: io non te lo sto chiedendo per favore. Tu continuerai a studiare Occlumanzia, e basta. Dovesse essere l’ultima cosa che faccio nella vita”

Parlava a voce bassa e minacciosa; sembrava quasi stesse ringhiando.

Ma Harry non si fece neanche intimidire; non si era mai comportato da studente modello, e non aveva alcun interesse ad iniziare ora.

“Io non voglio continuare”

Piton soffiò, alzandosi e posando le mani sulla scrivania; si sporse leggermente verso di lui, sfiorandone il viso, e sibilò:

“Non m’interessa se tu vuoi o non vuoi; faremo così e basta. Dovessi venire personalmente a prenderti nel tuo dormitorio, e portarti qui facendoti leccare il pavimento. Ora, va’ a lezione”

Harry si morse il labbro inferiore, e uscì dallo studio, fulminando Piton con lo sguardo.

*

“Ron, ti decidi a muoverti o no?”

Harry ed Hermione stavano aspettando in Sala Comune con i propri bagagli già pronti per andare nell’ufficio di Piton e da lì prendere la passaporta che li avrebbe portati al numero dodici di Grimmauld Place.

Tuttavia, proprio quando Fred e George erano riusciti ad infilare gli ultimi scherzi sfornati dalla ditta Tiri Vispi Weasley, Ginny aveva finito di salutare Terry Steeval, il suo nuovo fidanzato, e Harry aveva chiuso nel baule la Mappa e il Mantello, era arrivata Angelina Johnson, che aveva grande urgenza di discutere con gli ultimi due Weasley di un’importante tattica di gioco.

Da quando era stato costretto a lasciare la squadra, Harry aveva pensato che gli altri componenti della squadra avrebbero avuto il tatto e la delicatezza di non parlare continuamente di Quidditch davanti a lui, e in parte era stato anche così: Katie e Alicia si erano dimostrate veramente molto dolci nei suoi confronti.

Entrambe parlavano spesso con Harry del più e del meno, e si erano rivelate molto dispiaciute di aver perso il loro Cercatore, non tanto per quello che Harry significa per la squadra quanto per loro. In particolar modo con Katie, Harry era arrivato a stringere un ottimo rapporto di amicizia, che non poco aveva innervosito Cho.

Ron era troppo preso a disperarsi di essere un pessimo portiere per far caso al fatto che Harry si sentisse sprofondare ogni volta che si discutesse di Quidditch; Angelina, invece, era un vero incubo.

Oltre ad esser diventata molto umorale dal punto di vista delle performance in campo, si era rivelata un Capitano ossessivo e petulante. Si comportava in maniera piuttosto scortese con gli altri giocatori, causando molte liti in squadra, e pretendeva che anche gli altri ponessero l’obiettivo della Coppa al di sopra di chiunque altro.

Questo aveva provocato anche una crisi nel suo rendimento scolastico; era sempre di pessimo umore, e non faceva altro che parlare di tattiche di gioco e spionaggio sportivo dalla mattina alla sera, senza curarsi minimamente se Harry, Fred o George fossero presenti.

“…dunque, come vi ho detto anche ieri, ricordatevi che Zacharias Smith ha preparato una squadra molto forte, per cui dovremo intensificare gli allenamenti, al ritorno dalle vacanze. Bisognerà, inoltre, che vi alleniate anche in questi dieci giorni, o ci troveremo impreparati quando affronteremo i Tassorosso tra due settimane. E poi ricordativi anche che…”

Ma nessuno seppe cos’altro era importante che Ron e Ginny ricordassero, perché Hermione esplose.

“Johnson! Ora BASTA! Dacci un taglio, chiaro? Il Quidditch non è la priorità del pianeta, senza contare che potresti avere la delicatezza di non parlarne davanti a Harry e Fred e George!”

Tutti rimasero di sasso; un sorriso spontaneo curvò le labbra piene di Harry.

Angelina sembrava esser stata schiaffeggiata; dopo un primo momento di spaesamento, replicò stizzita.

“Granger” esordì freddamente. “Se sei esaurita, fatti curare, ma non venir a scocciare me. Sbaglio, o anche tu esulti, quando Grifondoro vince? Cos’è, Miss-So-Tutto-Io non sa come rispondere?”

Questo fu più di ogni altra cosa ciò che mandò in bestia Hermione.

Harry pensò per un attimo che l’avrebbe presa a schiaffi, ma come sempre, lei lo sorprese.

Respirò profondamente, e si eresse in tutta la sua altezza.

“Punizione, Johnson. Il tuo comportamento è maleducato, e diseducativo. Scriverò personalmente alla professoressa McGranitt, oggi stesso. Ora, se non ti spiace dobbiamo andare”

Sorrise, avvicinandosi a lei. “Buona Pasqua”

Harry rimase senza parole; sorridendo, la seguì oltre il ritratto della Signora Grassa, verso l’ufficio di Piton.

Il professore li aspettava dietro la scrivania; non perse l’occasione di rimproverarli per il ritardo.

“Vedo che per voi la puntualità è un optional” disse con voce gelida.

Harry non alzò neanche lo sguardo verso il suo; si gettò la borsa in spalla, e si avvicinò alla teiera che li avrebbe portati a Londra.

Poggiò due dita sul manico, e strinse forte.

“Pronti? Tre…due…uno…”

Harry avvertì il consueto strappo all’ombelico, e tutto intorno a lui divenne una confusione di colori e oscurità; si sentì come risucchiato dall’aria, e si ritrovò con le ginocchia sul pavimento in legno del numero dodici.

Una voce profonda proveniente dalla cucina stava intimando ad un elfo di levarsi dai piedi, mentre un’altra voce, più bassa e pacata, invitava la prima a calmarsi.

Harry sorrise; erano arrivati.


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Spero che il capitolo vi sia piaciuto *-*

Prima di chiudere, vorrei ringraziare La Lady, HCSLSKHMAYSBDD (spero che questo capitolo ti sia piaciuto), roxy_xyz, saundersery che hanno recensito, Elasia, ilion13, Iurin, Lisa Piton, MartyNic, Phoebhe76 e RapeChan che messo la storia tra le seguite e Vale Lovegood che ha messo la storia tra i preferiti.

Grazie a tutti, un bacio e alla prossima.

La vostra Mary

 

   
 
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