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Autore: irytvb    22/07/2011    4 recensioni
eccomi qui con la mia prima one-shot su Harry Potter!
dopo aver visto l' ultimo film, non so perchè, mi sono fatta tante domande su Voldemort, ma soprattutto mi sono chiesta com' era quando era ancora Tom Riddle, e, bhè, il risultato è qui!
"Non era una coincidenza, ne era sicuro.
Era lui a rompere le cose.
Ma nessuno gli credeva, e, dopo un po' anche Tom si era stancato di parlarne.
Ma non di pensarlo.
Sapeva di essere diverso, sapeva di essere speciale."
che dire, spero sia di vostro gusto!
questa storia partecipa al concorso one-shot estiva.
(betata da Gleekinn518)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tom O. Riddle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Le dieci Estati di Tom Riddle.

 

Io non amo la gente perfetta,
quelli che non sono mai caduti
o che non hanno mai inciampato:
a loro non si è mai svelata la bellezza della vita

(Boris Pasternack)

La prima Estate che Tom Riddle ricordasse era tetra, senza nemmeno un raggio di sole.

Aveva cinque anni, questo se lo ricordava bene, e aveva passato tutti e tre quei caldissimi mesi in uno sgabuzzino, da solo.

Naturalmente non era stato per scelta, ma per una punizione.

A quanto pare era sbagliato portare serpenti nell' orfanatrofio: la gente ne aveva paura.

Il che era proprio strano, visto che Tom non vedeva niente di male in quegli animali, anzi, sembravano più intelligenti di tutti gli altri: sapevano parlare.

Lo aveva detto anche alla Direttrice, ma lei aveva prodotto solo un verso scettico, dicendo che a volte i bambini avevano proprio una gran fantasia.

Che stupida.

Tom aveva capito che non gli credeva, ma non gli era importato: non era una novità.

Ogni volta che succedeva qualcosa di strano, come una lampadina nuova che esplodeva, come dei vetri che si rompevano all' improvviso, era sempre quando lui era arrabbiato.

Non era una coincidenza, ne era sicuro.

Era lui a rompere le cose.

Ma nessuno gli credeva, e, dopo un po' anche Tom si era stancato di parlarne.

Ma non di pensarlo.

Sapeva di essere diverso, sapeva di essere speciale.

Anche il serpente lo aveva detto.

E, nonostante quella stanza buia che lo nascondeva al mondo, sapeva che ben presto nemmeno quattro mura lo avrebbero fermato.

Era troppo importante perchè venisse anche solo intralciato.

Lui era diverso da tutti gli altri bambini, e gli andava bene così.



La seconda Estate di Tom fu di gran lunga più piacevole della prima: per prima cosa non la passò in uno sgabuzzino, ma al mare.

Naturalmente non era un di quei posti raffinati, con le spiagge dalla sabbia bianca e il mare cristallino che trovava descritti nei libri.

Era un posto.. salato, questa era la definizione giusta.

Anche a chilometri dal mare poteva sentire nell' aria l' odore di salsedine.

A Tom quel posto piaceva: era isolato, e pieno di serpenti.

Non che il mare fosse la località giusta per loro, eppure lo cercavano, strisciando anche per chilometri, solo per incontrarlo.

Tom non poteva fare a meno di sentirsi potente.

Era una sensazione a lui nuova, perchè nell' orfanatrofio non poteva mai decidere quasi niente.

Decise che voleva sentirsi in quel modo più spesso.



La terza Estate la passò nello stesso posto dell' anno prima.

Ma erano cambiate tante cose.

Adesso le persone lo ascoltavano.

lo seguivano, facevano tutto ciò che desiderava.

Aveva scoperto che poteva spingere qualunque essere vivente a fare ciò che voleva: bastava qualche parola gentile ma inflessibile, e tempo qualche secondo si trovava in mano ciò che aveva chiesto.

Si chiamava manipolazione.

Non era una bella parola secondo il dizionario, ma a Tom non importava, perchè lo faceva sentire così bene...

La prima volta che aveva manipolato qualcuno era stato il coniglio di Billy Stubbs.

Quella stupido bambino continuava a dargli fastidio, così aveva convinto il roditore ad impiccarsi.

Non era stato nemmeno difficile: si era concentrato su quello che voleva, e, in un attimo, si era ritrovato a capire ciò che l' animale pensava.

Da lì a sussurargli ciò che voleva facesse era stato un attimo.

Ed il coniglio, ubbidiente, era salito sulla trave più alta e si era impiccato. Da solo.

Il problema era venuto dopo: sembrava che la signora Cole fosse più interessata a quella strana impiccagione che al suo potere di parlare con i serpenti.

Tom aveva sempre pensato che fosse stupida, del resto.

Ma, siccome nessuno poteva provare che era stato lui il boia, il caso fu archiviato come un altra delle "stranezze di quel Tom," come disse la Direttrice.

Il bambino di sette anni non si offese a quelle parole, anzi: sorrise.

"Amy? Dennis?" li chiamò Tom, disegnandosi un sorriso dolce e contrito sul viso, mentre aspettava che i bambini lasciassero perdere i giocattoli e venissero da lui.

La bambina dalle trecce rosse e il naso spruzzato dalle lentiggine lo guardò incuriosita, mentre il bambino dai capelli biondo cenere sembrava guardingo.

"Mi dispiace di essermi arrabbiato così tanto perchè non mi avete ceduto la torta, aveva ragione Dennis, non era un vostro diritto farlo." disse Tom, "per riparare a questo errore voi mostrerò una cosa, volete? E' una grotta segreta, la conosco solo io..."

Dennis e Amy lo seguirono con un sorrisone, sotto il sole stranamente caldo.

Anche Tom sorrideva, ma per un altra ragione: si sentiva così bene!


La quarta Estate andò diversamente.

Non andarono al mare, probabilmente per colpa dell' incidente della grotta.

Nonostante ciò Tom non si sentì in colpa nemmeno una volta: se Amy e Dennis fossero stati furbi gli avrebbero ceduto la torta.

La cosa che davvero infastidiva Tom erano tutte le persone che andavano e venivano nella sua camera: erano dottori.

Ma lui non stava male.

All' inizio non aveva capito perchè venissero, (aveva supposto delle visite di routine,) ma, man mano che venivano Tom si rese conto di chi erano davvero: psicologi.

Pensavano che fosse pazzo.

Quando lo capì tutte le lampadine dell' orfanatrofio scoppiarono nello stesso istante.

Come osavano, pensare ad una cosa del genere? Come potevano scambiare la sua unicità con la pazzia?

Fu quello che chiese alla dottoressa O'Conner.

La donna aveva sgranato gli occhi azzurri, e appoggiandosi sulle ginocchia, (in modo che fossero alti allo stesso modo,) aveva spiegato: "Non pensiamo che tu sia pazzo, Tom. E' per sicurezza che la signora Cole mi ha chiamato: trova strano che tu sia sempre solo, e che quando non lo sei comandi tutti gli altri bambini."

"Non vedo cosa ci sia di sbagliato." le aveva risposto Tom, guardandola dritta negli occhi. "perchè ti ha chiamato? Dimmi la verità." aveva aggiunto, con forza, ordinandoglielo.

"La signora Cole pensa che tu faccia male agli altri bambini." aveva risposto la dottoressa, con voce monocorde.

"Trovo che i pensieri della signora Cole siano assurdi: io non ho mai fatto male a nessuno. perchè dovrei? E per quanto riguarda la solitudine... bhè, a me piace. riesco a pensare meglio." le aveva detto con un sorriso innocente.

Non trovò niente di strano nel sentire la dottoressa O'Conner ripetere alla direttrice le sue stesse parole.

Invece, subito dopo si era issato sul cornicione della finestra, con le gambe sospese nel vuoto, ad osservare l' Inghilterra in piena Estate.

Era bella.


La quinta Estate all' orfanatrofio fu una delle più belle.

Tom aveva scoperto che se si concentrava poteva uscire dall' edificio senza muovere un passo, così poteva gironzolare per ore nella città.

Poi, all' ora di pranzo si metteva in un angolo della strada, chiudeva gli occhi ed era di nuovo nell' orfanatrofio.

Era facile, e nessuno si accorgeva della sua momentanea assenza, pensando che fosse nella sua stanza, come al solito.

il diciotto Luglio stava gironzolando tra le bancarelle del mercato, con una mela in mano che gli era stata regalata da Martha, la fruttivendola: gli regalava sempre qualcosa, perchè, a quanto diceva lei, somigliava molto al figlio che era partito per la guerra e mai tornato.

Tom ne dubitava, e ne era anche infastidito: come poteva dire che erano simili?

Lui era senza dubbio migliore.

Ma non lo diceva, un po' perchè gli piaceva avere sempre qualcosa da mangiare, e un po' perchè quella donna sembrava trattarlo come un figlio.

Il che era strano, perchè lui non aveva mai avuto una madre: voleva sapere cosa si provava.

Mentre camminava, sentì qualcuno dietro di lui.

Era un ragazzo più grande , che lo prese per la spalla e lo trascinò in un angolo buio.

Tom lo lasciò fare, curioso di sapere cosa volesse.

Che magari fosse qualcuno mandato dal padre, che sapeva chiamarsi Tom Riddle come lui?

"Dammi tutti i soldi che hai." aveva intimato l' altro ragazzo.

"Cosa?"

"Ho detto, dammi tutti i soldi." ripetè.

"Non ne ho." aveva risposto Tom, deluso, ed in parte arrabbiato con l' altro.

Il ragazzo più grande lo squadrò da capo a piedi, scegliendo di credere al bambino:

"dammi le scarpe allora."

"No."

"Ho detto di darmele!" aveva ripetuto minaccioso, ergendosi in tutta la sua statura.

Superava Tom di almeno venti centimetri.

"ed io ho detto di no. e se non vuoi farti male sparisci immediatamente." aveva risposto il bambino, con calma.

In realtà sperava che non l' avrebbe ascoltato. Sarebbe stato più divertente.

"Tu farmi del male, piccoletto?" aveva chiesto, ridendo.

Si, sarebbe stato divertente, pensò Tom, addocchiando la vecchia armonica a bocca che l' altro aveva nella tasca.

Decise che la voleva.

"Come vuoi." disse stancamente, prima che l' altro ragazzo venisse sbattuto contro il muro da una forza invisibile.

Tom si chinò sul corpo inconscio, sospirando: alla fine non era stato divertente.

Non aveva nemmeno combattuto.

Era debole.

Prese l' armonica arruginita dalla tasca dell' altro, e la mise nella propria.



A dieci anni*, alla fine della sua sesta Estate, Tom ricevette una visita da Albus Silente.

fu strano, perchè Tom non aveva mai ricevuto visite che non riguardassero le sue facoltà mentali.

Era sempre stato solo, ma non gli era mai dispiaciuto: aveva capito che solo è meglio.

Niente preoccupazioni, niente speanze infantili di suo padre che lo portava via dall' orfanatrofio.

Tom non ha perso la speranza, semplicemente, ha capito che non può essere ancora vivo.

E va bene così, ormai è abituato, non ha bisogno di nessuno.

A Settembre andrà ad una scuola di magia e stregoneria, chiamata Hogwarts.

Silente ha detto che lì ci saranno altre persone come lui, ma Tom ne dubita fortemente.

lui è meglio di loro.

Lo ha sempre saputo.



La sua settima Estate è terribile.

Più della prima di cui si ricorda, perchè sa che là fuori c'è tutto un mondo di cui deve ancora sapere tutto.

Eppure non può andarci.

Da bambino si era sbagliato: a quanto pare quattro mura lo stavano fermando.

Non perchè non sapesse come uscire dall' orfanatrofio, ma perchè non poteva.

Per colpa di uno stupido statuto di segretezza.

Tom si ripromette che un giorno delle mura non sarebbero mai più state capaci di trattenerlo.

Un giorno distruggerà questo stupido edificio, che sapeva essere brutto, ma dopo aver visto Hogwarts, semplicemente non reggeva il paragone.

Non c'erano quadri che parlavano, non c'erano libri da cui estrapolare segreti.

Intorno è tutto così.. così normale.

ed è sbagliato.

Lui non dovrebbe stare qui, quanto in agosto non dovrebbe piovere.

Eppure, la pioggia preme contro le finestre.




La sua ottava Estate lo vede diverso.

Lo vede deciso più che mai.

Passa tutti e tre i mesi nella sua stanza, spulciando registri di famiglie purosangue, in cerca del cognome Riddle.

Non c'è, però scopre che Orvoloson è il nome di uno degli ultimi eredi di Salzar Serpeverde.

Quindi, ha creduto per tutta la sua vita che sua madre fosse morta perchè babbana, ma in realtà l' ha abbandonato.

Si è lasciata morire, senza nemmeno cercare un modo di curarsi.

E anche suo padre, Tom Riddle, l' ha abbandonato.

Non è mai venuto a cercarlo.

Ha creduto per tutta la sua vita nelle cose sbagliate.

Ma non farà più questo errore.

Da lì in poi crederà solo in sè stesso.


La sua nona Estate la trascorre per la maggior parte a Little Hangleton.

Ricorderà per sempre gli occhi di suo padre allargarsi, vedendolo.

Non lo può certo biasimare: è uguale a lui.

E' uguale a quel babbano che l' ha abbandonato, che ha abbandonato lui e sua madre.

Che gli ha impedito di avere una casa e di conoscere il Mondo Magico prima.

Merita di morire, e con lui anche i suoi nonni.

Non l' hanno voluto? Bene, lui non vuole nemmeno loro nel mondo.

sta meglio da solo, l' ha sempre saputo, infondo.

E' in quel momento che Tom smette di pensare a sè con quel nome: troppo simile a suo padre.

Lui non è come suo padre.

Lui è diverso.

D' ora in poi sarà Lord Voldemort.


 

La decima Estate di Tom dura qualche secondo.

Il tempo per capire che sì, quel ragazzetto con la cicatrice l' ha sconfitto, e che sì, lui non si è impegnato.

Non ha combattuto davvero.

Semplicemente vuole finirla di essere solo.

Ha passato la vita in solitudine, e adesso è stufo.

Per pochi attimi pensa che avrebbe voluto essere uguale a tutti gli altri.

ma poi quel pensiero passa.

Lui è diverso.

Non è mai stato un problema, e non lo sarà nemmeno ora.

Lui ha voluto essere diverso, e ci è riuscito.

Le persone lo ricorderanno come colui che è riuscito a sconfiggere la Morte.

Perchè, non sa se anche Potter l' ha capito, si è arreso a lei.

E' stata una decisione veloce, il tempo di quattro chiacchiere col bambino che è sopravvisuto, il tempo di capire che dopo aver vinto non avrebbe saputo che cosa fare.

Forse, se non si fosse arreso avrebbe vinto, o forse avrebbe vinto Potter, di nuovo.

Forse l' amore è davvero più potente di qualunque arma.

Ma Tom non lo sa, nè lo vuole sapere.

  

L' Estate è unica, volubile, diversa da tutte le altre stagioni.

Tom è unico, volubile, diverso da tutti gli altri.

E va bene così.

Fine.


 

* non so perchè, ma ho sempre pensato che Riddle compisse gli anni a Ottobre.
^il mio angoletto^

come vi è sembrata? ditemelo con una recensione :)

1 baci8
iry


 









  
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