Premessa: vi ricordo che la seconda persona singolare è relativa alla Cuddy.
Domani
“Credo
di non aver mai assunto una guardia del corpo. O almeno non pagata con
una mia
carta di credito” il bastone di House oscillava minaccioso
davanti alle facce
del team.
“Credo
che il paziente abbia un tumore.”
“E
dove, sentiamo? Su quella cartella c’è scritto che
l’abbiamo bombardato di
radiazioni ionizzanti oltre ogni soglia.” Indicò
il fascicolo, ovviamente
chiuso. “Se non abbiamo ancora trovato
qualcosa…”
“Significa
che non abbiamo cercato abbastanza!” mormorò
Tredici scuotendo la testa.
“O
che avete perso tempo cercando
qualcos’altro.”
Chase
allargò le braccia. “Sarebbe a dire?”
“Sarebbe
a dire” si appoggiò al tavolo, “che
c’è qualcuno di voi – o,
perché no, tutti
quanti – che si interessa dei miei movimenti.”
Taub
trattenne una risata. “È strano, detto da chi si
introduce senza nessun
rispetto nelle vite e nelle case altrui.”
“Dei
miei pazienti!” alzò la voce. “Mi
ringrazierebbero, però, se sapessero quante
cose si scoprono nelle loro dimore. Se solo fossero più
attenti, si risolverebbero
il caso da soli!”
Evidentemente
stava esagerando, perché la risatina di Foreman
aumentò di volume.
“Chi
te l’ha detto?” domandò sapientemente
Taub.
“Mi
ha pagato per non dirvelo. 100 dollari.”
Foreman
si sporse verso Tredici, ma fece in modo che sentissero anche gli
altri. “Non
abbastanza per tenere completamente nascosto il segreto.”
“Si
è accidentalmente dimenticato di includerlo nel ricatto.
Che, tra l’altro, ho
stabilito io, perciò non avrebbe avuto scampo in nessun
modo.”
“Sei
un bastardo.”
“Ma
non troppo. Voi sapete di dovervela prendere con qualcuno, ma non
sapete con
chi. Il che fa contenti voi e anche Wilson. In effetti dovrei essere
contento
anche io, che mi prendo gioco di voi e che da oggi in poi ho un
ulteriore
motivo valido per non farvi da balia nei vostri turni
notturni.”
“Ma
se ti ingrazi sempre la Cuddy per evitare le notti!”
“Appunto.”
Sorrise
nella sua serietà, mentre i ragazzi spalancavano agli occhi
confusi da quel
mare di ragionamenti logici.
House
si avvicinò alla soglia. “Buon lavoro.”
“Dove
vai?”
“Ad
ingraziarmi la Cuddy.”
---
“Avrei
vinto la scommessa” affermò Taub con distacco.
“Scommessa
che non hai avuto il coraggio di aprire” rise Foreman
massaggiandosi il mento.
“Va
in giro a dire che i pazienti mentono, quando è il primo a
farlo!” continuò l’altro.
“Se
voi non foste così scemi da cascarci ogni volta”
li interruppe l’unica voce
femminile, “non godrebbe, a vivere di bugie.”
“Senti
chi parla. Come se avessi scoperto dalle sue parole che con il
capo-”
“Non
dalle sue” lo bloccò, “ma dallo sguardo
della Cuddy.”
“Voi
donne...” mugugnò Chase.
“Noi
donne” si inalberò Tredici, “sappiamo
riconoscere le altre donne quando sono
innamorate.”
“Se
è per questo, si amano da una vita.”
“Ma
è solo da stamattina che ho notato… quella luce
negli occhi, avete presente?” si
alzò in piedi gesticolando con le dita.
“Ah
sì, come quando mettono un litro di collirio le attrici
delle soap.”
“Da
quando in qua guardi le soap?”
“Non
credo che la Cuddy si dia del collirio. È felice. Niente di
più semplice.”
“E
la felicità sarebbe semplice? Prova a dirlo ad
House!”
“Credo
che presto se ne renderà conto.”
---
“Non
ho intenzione di diminuire le tue ore in ambulatorio, né di
consentirti di
bucare il cranio alla gente senza un motivo valido, né di
accorciare i camici
delle infermiere, o di eliminarli del tutto. Stasera non sono libera,
la mia
baby-sitter mi ha dato buca.”
“Ho
finito le ore di ambulatorio di oggi e della settimana, il mio paziente
sta
così bene che dorme da tre giorni, le uniche gambe che mi
interessa guardare
sono le tue, e stasera vengo io da te, così non hai bisogno
di nessuna
baby-sitter.”
“C’è
qualcosa di negoziabile, in quello che hai detto?”
“Forse
la parte sui camici...”
“Non
ti bastavo io?”
“Tu
non lo porti quasi mai, il camice! Non ti ricordi neanche come si fanno
gli
esami del sangue.”
“Ciao,
House.”
“A
stasera, Cuddy.”
“A
domani, House.”
“Prepara
qualcosa che non sia una pizza scongelata.”
“Invitami
a cena.” Proseguisti a ordinare i documenti sulla tua
scrivania come se quella
proposta indotta non ti avesse già suscitato pentimento. Mai
House ti avrebbe
chiesto di uscire – almeno non come le persone normali
chiedono di uscire ad
altre persone normali – tantomeno tu avresti mai azzardato
una simile
richiesta.
“È
un modo per pagarti la cena?”
“È
un modo per comportarsi come due…”
House
si divertì per la tua esitazione. Non sapevi come definirvi,
e, a quanto pare,
nemmeno lui aveva le idee chiare.
---
“Amici?”
“Colleghi.”
“Il
paziente è ancora in coma.”
“Amici
intimi.”
“Amantiiii"
Foreman fece la voce roca seguita da un’eco in tono
volutamente terrorizzante.
“Fidanzati.”
“Fidanzati
è troppo ufficiale.”
“Concludendo…
colleghi compagni.”
“O
compagni colleghi?”
---
“Deve
proprio avere tutto un nome, per te?”
“No.
Vado avanti a ripetere proliferazione
cellulare incontrollata quando non ho voglia di dire ai miei
pazienti che
hanno il cancro. Lascio a te immaginare quale sia quella
donna con il culo più grosso dell’ospedale.”
Miss culo grosso.
Sorridesti.
Sembrava ieri, quando ti prendeva in giro
all’università.
Sembrava
ieri, quando il sogno di averlo accanto ti aveva reso, invece, Miss
depressione
dell’anno. Sembrava ieri, quando Clarissa ti esponeva le sue
contorte idee
sull’amore e sul tuo futuro professionale e sentimentale con Greg.
E la sua stanza, e
i suoi occhi, e le sue labbra, e il tuo librone di medicina.
---
“Sto
cercando House, l’avete visto?” Wilson
curvò nella direzione del team, dopo
essere uscito di corsa dall’ascensore. In mano aveva una
scatola che aveva
l’aria di essere stata aperta di recente.
Tredici
si voltò dalla parte opposta, fingendo di dare
un’occhiata alla cartella in
cima al raccoglitore del bancone dell’accettazione. Le
sfuggì un sorriso.
“Hai
provato nel suo studio?” fece Taub, impassibile.
L’oncologo
strinse gli occhi. “C’è qualcosa che non
so?”
Chase
borbottò qualcosa di rassicurante, che sortì
però l’effetto opposto.
“Oh,
è arrivato House” si tolse dai guai Foreman, il
gomito appoggiato al banco.
Wilson
si girò, ad attendere che l’andatura zoppicante
del suo amico si fermasse
davanti a lui.
“Riunione
di famiglia? O consulto per un’unghia rotta?
Già… le unghie rotte sono un
enorme problema!” esclamò a voce eccessivamente
alta.
Wilson
alzò il pacchetto, rigirandolo. “Che cosa
significa, esattamente, ‘da indossare
il giorno del mio matrimonio’? Di solito, sono gli sposi, a
scegliere quando e
come sposarsi. Di solito.”
“È
divertente, come tu sia risalito al mittente senza essere riuscito a
dare un
significato allegorico alle mie parole. Ti sopravvalutavo.”
“Meglio
così. Non mi sarei mai sposato indossando una cravatta con
degli orsacchiotti
rosa.”
I
ragazzi ridacchiarono, tossendo e schiarendosi la voce.
E
House rimase immobile, piegato in avanti sul suo bastone. Gli occhi
come due
fessure controllavano ogni movimento millimetrico di Wilson, mentre si
inumidiva
il labbro inferiore che morse tra i denti.
L’uomo
si voltò, davanti al suo pubblico che non aspettava altro.
“No,
aspetta… cosa?!”
---
E la sua moto, le
sue battute, le sue mani a ritrovare tutto di te.
Sembrava
ieri, quando le voci di corridoio vi davano già per
fidanzati.
Le
stesse che oggi, più di quindici anni dopo, stanno
riempiendo l’ospedale,
perché, finalmente, non ci sono più dubbi sugli
appellativi da attribuirvi.
Fine.
Angolo autrice:
Frettoloso e non degno finale per questa storia che mi tormenta ogni volta che apro la mia pagina autrice o un foglio bianco di Word.
Ero e sono tuttora in crisi, a manovrare questi due personaggi. Mi sfuggono di mano, non riesco più a capire quando sono IC e quando non lo sono. E l'ultima serie non ha per niente aiutato.
Ha poco senso, dopo tutto questo tempo, ma voglio comunque ringraziare tutti coloro che mi hanno letto.