1-
Lo
sapevano
entrambi
Per quanto l’Olimpo si trovasse a diversi
metri di altitudine
dalla Terra, e la sua vista fosse completamente celata dalle nubi sia
di notte
che di giorno, gli Dei sapevano sempre ciò che accadeva nel
mondo mortale, a
volte anche prima che gli eventi si verificassero. L’incontro
del giovane umano
con Kurt non era un evento così scandaloso come si poteva
pensare: difatti il
presenziare dinanzi i mortali non era vietato, ne sconsigliato.
Semplicemente
era molto, molto raro, come d’altronde rare erano le volte
che gli Dei
scendevano sulla Terra, se si escludevano le visite ai templi a loro
dedicati,
e gli incontri con i loro sacerdoti, i quali avvenivano,
però, in periodi ben
precisi.
Ciò che però fu visto come
strano, e di cui ogni abitante
dell’Olimpo aveva iniziato a parlare, era stata la sua
bizzarra reazione: Kurt
era tra gli Dei uno dei più venerati, a cui ci si rivolgeva
più spesso, e,
certamente, quello che più spesso appariva ai suoi sacerdoti,
quindi era anche
colui che aveva il maggior contatto umano.
Qual’era, dunque, il motivo che
l’aveva spinto a tornare così in fretta
dalla sua pausa terrestre?
-Kurt!Kurt! Aspettami, per piacere!-
La voce cristallina di Rachel aveva ripetuto quella
frase già una
decina di volte, con sempre più impazienza, mentre lo
seguiva a passo spedito
tra i sentieri dell’Olimpo. Nonostante camminassero non
proprio
tranquillamente, le loro figure apparivano perfette, le lunghe vesti
bianche
seguivano i movimenti come se stessero semplicemente passeggiando, i
lunghi
boccoli di lei minimamente scomposti. Era parecchio divertente quando i
due
gemelli si ritrovavano a passeggiare insieme tra il popolo delle nubi,
perché
le loro voci allegre raggiungevano ogni abitazione, e si ritrovavano
spesso ad
essere seguiti dalle belle Ninfe, le quali danzavano intorno a loro
senza il
minimo sforzo, molte volte “istigate” dalla stessa
Rachel, che intonava per
loro una melodia. Le loro risate melodiose rendevano la scena
un interessante
quadretto per chi li osservava.
Quel giorno, però, Kurt non sembrava
esser dell’umore giusto, lui
che ai volteggi delle bellissime fanciulle sorrideva deliziato e non si
faceva
mai pregare per essere coinvolto. Quasi correva
nell’attraversare le vie, lo
sguardo diretto versa la sua meta, che altri non era che il tempio
stesso, le
orecchie sorde alla voce della sorella, il cui tono si faceva via via
più
insistente di minuto in minuto. Ormai giunto agli inizi della
scalinata, decise
finalmente di smettere di ignorarla, e si voltò stizzito
verso di lei, la quale
si fermò di scatto alla vista dello sguardo che le aveva
lanciato.
-Mia dolce sorella, che padre Finn mi dia la forza
per sopportare
i tuoi tormenti! E’ veramente così poco intuibile
il fatto che non voglia
parlare?- domandò, il tono di voce falsamente gentile,
l’indice della mano
destra steso verso di lei in maniera minacciosa.
Rachel sorrise, socchiudendo i begli occhi color
cioccolato, così
diversi da quelli del gemello, e con entrambe le mani racchiuse quella
di lui,
abbassando poi le braccia, così da potersi avvicinare senza
ostacoli.
-Kurtie, lo sai che non è educato
indicare le persone?- gli chiese
con tono di voce divertito, ignorando completamente ciò che
le aveva detto
pochi secondi prima, e senza aspettare risposta lo trascinò
con se su per le
scale, una mano ancora stretta con quella di lui.
Si,per
chi li osservava era
senza dubbio un piacevole siparietto, ma il Dio non sembrava pensarla
allo
stesso modo, almeno a giudicare dal sospiro esasperato che si era
lasciato
sfuggire dalle labbra, e stanco si abbandonò
all’idea di seguirla.
*******
-Blaine, caro, dov’è il
capriolo?-
Una donna dall’aria materna lo accolse
sull’uscio di casa,
tenendogli aperta la porta di legno scheggiata, così da
farlo entrare. Aveva
folti capelli scuri e occhi color caramello, la stessa
tonalità del giovane,
solo un po’ più spenti. Ella lo squadrò
dal basso verso l’alto e, dopo alcuni
secondi, constatò che no, non vi era alcun capriolo, ne
accanto a lui ne da
qualche altra parte. Il suo sguardo divenne prima duro, portando le
braccia ad
incrociarsi sul petto, ma non ottenendo risposta si lasciò
andare ad un triste
sospiro. Senza dire una parola si fece da parte, permettendogli di
passare
senza difficoltà. Blaine mosse lentamente qualche passo, per
poi ritrovarsi
all’interno della piccola casa; spostando lo sguardo sui muri
che conosceva
alla perfezione, ma che in quel momento non vedeva davvero, si
avvicinò al
tavolo di legno in mezzo alla stanza, e si lasciò cadere
sulla sedia, portando
i gomiti a poggiarsi sulle ginocchia e i palmi delle mani a circondarsi
le
guancie, coperte dalla barba ispida. Aveva camminato come un automa
dalla
radura fin lì, ed era una fortuna che la loro casa si
trovasse al limitare
della foresta, poiché distratto com’era stato
avrebbe finito con il perdersi o
l’essere trovato a vagare come un matto dagli altri abitanti
del villaggio.
-Che Finn ti fulmini! Insomma, vuoi guardarmi
almeno?! Blaine!!!-
la donna aveva iniziato a sbraitare dopo l’insistente
silenzio del figlio, che
ormai durava da alcuni minuti, in cui lei era rimasta dapprima ad
osservarlo,
preoccupata che fosse successo qualcosa di grave nella foresta, ma poi,
non
riuscendo a trattenersi, aveva iniziato a chiedergli spiegazioni del
suo
mutismo e dello strano comportamento; come chiunque avrebbe potuto
prevedere,
il non rispondere del giovane l’aveva fatta maggiormente
innervosire, iniziando
ad urlare per cercare di smuoverlo. Tentativo che si era rivelato
alquanto
inutile.
Finalmente, Blaine decise di degnarla della propria
attenzione e
alzò il viso verso di lei, guardandola come se non la
vedesse realmente.
-Io vado a dormire.- disse soltanto, con voce
debole, e senza
attendere risposta si alzò dalla sedia, dirigendosi verso le
scale in pietra
che portavano alle camere della piccola casa dove viveva con la sua
famiglia.
La mente era così presa dai pensieri più
disparati che non si accorse nemmeno
che la madre aveva ripreso ad urlargli contro a voce sempre
più alta.
Una volta nella sua stanza, Blaine si chiuse dietro
la porta di
legno, lasciando fuori la voce della madre, e si lasciò
cadere in terra, la
schiena appoggiata ad essa, nella mente ancora gli occhi che aveva
incontrato
quel giorno.
Quello era il Dio Kurt, lo sapeva. Nonostante seguisse le
tradizioni e le
rispettasse perché era giusto
e non
per un vero e proprio culto, le statue che lo raffiguravano erano
conosciutissime. E quel viso, Blaine non riusciva a farlo sparire dai
suoi
occhi, come se si fosse attaccato alle iridi e non volesse andarsene;
nessun
essere umano, in tutta la Grecia e nel resto del mondo conosciuto,
poteva avere
una bellezza simile. Tratti delicati e al tempo stesso virili, occhi
così
profondi, come se potessero contenere tutta la sapienza del mondo, e
quel corpo
slanciato, tonico..solo un essere divino poteva possedere un dono
simile, e
quello il giovane lo aveva stabilito pochi istanti dopo che il suo
sguardo si
era soffermato per dei secondi di troppo sulle gambe muscolose e
pallide come
il più prezioso dei marmi.
Blaine represse un urlo di frustrazione quando
ripercorse
mentalmente quel corpo intravisto poche ore prima; non si era mai fatto
problemi nell’ammettere la sua attrazione per gli uomini, e
in quell’epoca d’oro
nessuno ne avrebbe mai fatto un problema. Ma una divinità
era semplicemente troppo su cui
fantasticare e, si disse,
probabilmente non era nemmeno decoroso. Magari
in quel preciso momento lo stava
osservando, dall’alto del monte Olimpo, e rideva di quello
sciocco mortale
rimasto sconvolto da un incontro durato a malapena cinque secondi e
che, quasi
certamente, non si sarebbe mai più ripetuto.
Quello che Blaine non poteva sapere, e che forse
non avrebbe mai
saputo, era che quella notte non fu l’unico a rimuginarci
sopra.
*******
Gli Dei non avevano bisogno di dormire come
facevano gli esseri
umani, potevano rimanere svegli per lunghi periodi senza che il loro
corpo ne
risentisse, poiché era l’ambrosia stessa che
riusciva a rifocillare di energie
i loro spiriti; nonostante ciò, alcuni, di tanto in tanto,
si concedevano delle
sedute di meditazioni e di contatto con la natura, scendendo sulla
Terra o
scomparendo nei remoti passaggi dell’Olimpo. Kurt mai come
in quel momento
aveva desiderato dormire e far passare quel cerchio alla testa che
aveva
iniziato ad esser presente dopo i primi minuti passati con Rachel.
Adorava la
gemella, forse anche più di tutti gli altri suoi fratelli,
ma parlare con lei
era sempre così stancante, non si accontentava mai di
ciò che lui le diceva,
almeno finchè la discussione non prendeva la piega che
desiderava lei.
Stava seduto scompostamente sul suo scranno nella
sala centrale
del tempio , il viso poggiato su un pugno chiuso, lo sguardo stanco
puntato
sulla grossa sfera al centro del cerchio. Lo strano oggetto emanava una
forte
luce bianca, e al suo interno si potevano scorgere delle immagini che
si
muovevano veloci, ma che era difficile distinguere se non vi si
prestava la
giusta attenzione. Fu lì che lo trovò David.
Rimase ad osservarlo dall’entrata del
tempio, in silenzio, gli
occhi che scrutavano attentamente la sua
espressione. L’aveva cercato per tutto l’Olimpo,
quando aveva sentito due ninfe
ridacchiare sui due gemelli che correvano trafelati per i sentieri,
discutendo
di qualche incontro con non sapeva chi. A Kurt non piaceva essere visto
dagli
umani, lo sapeva; finiva con il sentirsi a disagio, diverso. Inutile
ricordargli che lo era davvero, che era una divinità e
quindi lo veneravano,
per lui non faceva alcuna differenza.
Gli si avvicinò con passo lento,
premendo i sandali sul marmo quel
tanto che bastava da produrre un discreto rumore che annunciasse il suo
arrivo.
Come preavviso, Kurt lo sentì subito, e si
affrettò a distogliere lo sguardo
dalla sfera al centro della sala; le immagini si dissolsero.
-Ehi! Ti ho cercato per tutto l’Olimpo,
ho sentito del tuo
bizzarro incontro. Cos’è, stavi controllando
l’umano?- gli chiese, una volta
arrivatogli vicino, dall’alto della sua figura muscolosa e
imponente. Lo
osservò con gli occhi scuri, soffermandosi attentamente
sulle espressioni che
gli balenavano in viso quando parlava. Se mentiva, lo si notava subito
dalle
piccolissime rughe che si formavano ai lati degli occhi.
Kurt si sforzò di ridere, simulando
un’indifferenza che non gli
apparteneva. Il suo rapporto con Dave era poco chiaro, e gli suonava
strano che
proprio lui gli facesse quella domanda; si affrettò comunque
a rispondergli,
senza però sforzarsi troppo di nascondere la sua reale
agitazione.
-Oh figurati, stavo solo controllando la
sacerdotessa del tempio
di Delfi!-
Gli sorrise appena, e alzandosi in fretta lo prese
per un braccio,
portandoselo dietro verso la sala a destra, dove il lungo tavolo era
pieno di
buona frutta, sapendo che stava solo fingendo.
In realtà, lo sapevano entrambi.
Spazio
dell’autrice:
Bene, pensavo di metterci molto meno, ma non avevo
considerato che
sono tornata a casa dei miei con il mare a pochi metri da me *-*
Bene, che ne pensate? Ecco che entra in scena anche
Dave, un
personaggio che a me personalmente piace molto, anche se a periodi
alterni.
Sarà una presenza molto importante nella storia.
Ringrazio chi ha recensito, e le 88 persone che
hanno letto, mi
farebbe piacere se mi dessero un parere, anche piccolo! Insomma, ci
tengo,
ditemi se sto solo perdendo tempo e sto scrivendo una boiata!
Penso
comunque che il mio ritmo di aggiornamento sarà un capitolo
la settimana, salvo imprevisti. Ancora un po’ di stallo e
qualche curiosità in
più, entreremo nel vivo della storia fra qualche capitolo!
Non mi piace essere
frettolosa… niente, ho detto ciò che volevo dire,
ho farneticato abbastanza,
domani ho un matrimonio, vi abbandono *-*