Si dice...
A Matteo
A Damiano
E a Becky,
che
mi fa deprimere.
Si dice che il
fulmine non cada mai due volte nello stesso posto.
Che cazzata. Il
fulmine era da almeno mezzora che cadeva sempre sullo stesso identico posto.
Neanche un minimo passo avanti, niente di niente.
In questo caso, il
fulmine era un ragazzino di undici anni di nome Nigel, e il punto contro cui continuava a cadere, con
insistenza, erano le metafore.
-Riproviamo,
Nigel.- sospirò Alicia. -Che differenza c’è tra una similitudine e una
metafora?-
-Una similitudine
è quando c’è il “come”.- disse lui sicuro. Alicia
annuì incoraggiante.
-E una metafora è quando il “come” si
toglie.- continuò.
-Okay, fin qui ci siamo.- disse Alicia. –Ora fammi un esempio.-
Si dice che il
frutto non cada mai lontano dall’albero. E infatti...
-Oh, non lo so! Che senso ha toglierlo? La frase non ha
senso senza il “come”!- esclamò Nigel
frustrato, accasciandosi sul tavolo.
Si dice anche che
non si dovrebbero uccidere i dodicenni svogliati che ti danno la sensazione di
aver buttato via mezzora della tua vita. Ma Alicia non
era tanto d’accordo.
Alicia era una
ragazza di diciassette anni che aveva deciso di trovarsi un lavoro estivo; in
particolare, dava ripetizioni di letteratura ai ragazzi delle medie. Ovviamente
non veniva pagata molto, e non era un lavoro molto
soddisfacente, ma era comunque un qualcosa. Alicia aveva
grandi progetti per l’università cui andare, aspirava al massimo: niente
di meno che Harvard. L’unico problema erano i costi: appunto, cercava di trovare più soldi
possibile. Si dice che più si mira in alto, più fragorosa è la caduta; ma lei
non ci pensava: prima di tutto perché era sicura di potercela fare, e poi
perché non si trattava che di un gioco di parole di
pessimo gusto.
E lei ci sapeva fare,
con le parole: sarebbe andata ad Harvard
e sarebbe diventata la più grande letterata del mondo. Semplicemente.
Finalmente
arrivarono le cinque e mezzo, e fu ora di andarsene.
-Vedi di studiare,
o la prossima volta saremo punto e a capo, capito?-
disse Alicia, raccogliendo le sue cose. Nigel annuì,
un po’ sconsolato, in effetti.
La madre di Nigel venne a salutarla e la accompagnò alla porta. Lei
salutò a sua volta e, trattenendo un sospiro di sollievo,
si diresse verso casa. Non era distante.
Camminava
fischiettando. Lungo la strada passò accanto al giardino della signora Sloper, che le rivolse allegra un cenno; Alicia ricambiò, e
il suo sguardo si posò per caso su una farfallina bianca. Una comune,
normalissima farfalla bianca.
Si dice che il
battito d’ali di una farfalla possa provocare un uragano. Questa
sì che era una cazzata,
più di quella storia del fulmine e della caduta. Come può una farfalla
scatenare un uragano?, si chiese, seguendola con lo
sguardo. L’insetto svolazzò sulla strada, seguendo chissà quale percorso e
precedendo Alicia sulla strada di casa.
E seguendo con gli occhi la farfalla, Alicia
vide chi stava arrivando.
Era Oliver. In bicicletta, diretto dalla parte opposta alla
sua. Incrociò il suo sguardo, e la salutò con un cenno e un breve sorriso.
Passò oltre.
Fu un attimo,
appena un battito di ciglia. Poco meno di un tu-tum.
Non sapeva cosa la
spingeva a farlo.
-Oliver!- chiamò.
Lui frenò e si
voltò a guardarla: i capelli spettinati, gli occhi castani, la borsa con il
cambio per andare a giocare a basket.
-Ciao!- disse lui,
e guardò Alicia con fare incuriosito. Dopotutto, era lei che lo aveva fermato.
Alicia prese un
respiro.
Si dice che certi
verbi non reggono l’imperativo; il verbo leggere,
ad esempio, o immaginare. Ci si può
sempre provare, certo; ma se ordinate a qualcuno di leggere o immaginare senza
che ne abbia voglia, che risultato otterrete?
Niente. Proprio un
bel niente.
E anche il verbo amare fa parte di queste parole. Non ha senso
ordinare a qualcuno di amarti, perché
non otterresti nessun risultato.
O almeno, è così che si dice. E Alicia, come
sappiamo, non era spesso d’accordo con quel che si dice.
-Oliver, amami!-
Lui rimase un
attimo sconcertato; poi, come se non avesse aspettato nient’altro in tutta la
vita, scese dalla bicicletta, camminò versò Alicia, che si era avvicinata, e la
baciò. Dopotutto, l’amava con tutto se stesso.
Si separarono e si
fissarono negli occhi. Lui aveva una sensazione strana: come se fino a un attimo prima non provasse niente per quella ragazza che
teneva tra le braccia... eppure, ora l’amava. Decise che non gli importava.
E così si fidanzarono; passarono gli anni, e
quando furono abbastanza grandi da permettersi certe pazzie, fuggirono insieme
e si sposarono. Lei andò a studiare ad Harvard, e divenne la più grande letterata del mondo; lui
diventò un giocatore di basket professionista ed entrò nella nazionale. Ebbero
tre figli splendidi, e insomma vissero la vita migliore che una donna e un uomo
possano desiderare.
Per una volta, una
farfalla aveva davvero provocato un uragano.
E detto così, questo potrebbe sembrare un
finale un po’ troppo campato in aria; ma se le parole cominciano a non avere
più senso, perché non dovrebbe farlo anche la storia?
Ecco,
ho pubblicato qualcosa. Una storia stupida, scema, senza senso, ma è qualcosa.
Spero che ci sia qualche anima pia che in fondo in fondo in fondo la
apprezzi... su, non è carina come shot? *_* L’ho scritta fondamentalmente perché qualcuno insisteva sul fatto che non
pubblicassi da troppo tempo, ma l’idea mi è venuta guardando una farfalla che
svolazzava tranquilla su un prato vicino casa mia... Ok,
non vi importava, ma dovevo allungare un po’ queste
note dell’autore, no? :)
Va
beh, se vi va recensite, che mi farebbe piacere, e se non vi va non fatelo.
Logico. -.-’’
Salve
a tutti :D