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Autore: Sandra Voirol    23/07/2011    7 recensioni
Buon Sabato !!!!
Oggi vi propongo l'inizio di New Moon se fosse Prov. Edward!!!!
Almeno la mia versione...
Spero che vi piaccia!!!
Buona Lettura!!!!
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
- Questa storia fa parte della serie 'L' Anima di Edward...ma non solo'
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Buon Sabato A tutti !!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Oggi vi propongo il primo capitolo di New Moon Prov. Edward...

cioè...come sarebbe stato...Secondo me...

se fosse stato
POV. EDWARD !!!!!!!!!!!!!!!!!

Grazie infinite a chi continua a seguirmi nonostante posto le OS più raramente !!!!!!!!!!!

Siete mitici!!!!!!!!!!!!!!

Buona Lettura!!!!!!!!!



















L’ ILLUSIONE
 

 

Sei mesi insieme, non riuscivo a crederci nemmeno io. Sei mesi che ero perennemente al fianco della ragazza che adoravo. L’amore della mia esistenza. Mi sentivo esplodere il cuore in petto, solo al pensiero. Potevo essere così fortunato? Tutti i miei timori – fino ad ora – si erano rivelati infondati. Dall’episodio del clan di James, tutto era stato calmo e tranquillo. E se anche non smettevo di essere perennemente allerta, cominciavo a crederci veramente. Che fosse possibile. Che potessi seguire la vita di Bella insieme a lei. Al suo fianco. Ormai avevo imparato bene, a gestire il vampiro dentro di me. Mi ero abituato a sentirlo agitarsi ed usare le unghie, nel tentativo di uscire fuori e saziarsi. Da quando avevo assaggiato il suo sangue, era ancora più difficile contenere il mostro. Ora - oltre al suo profumo – avevo anche il ricordo del suo sapore, marchiato a fuoco nella memoria. Ero sempre perfettamente controllato, non mi concedevo mai un gesto in più. Non volevo corre rischi inutili. Mi ero ripromesso di essere molto rigido su questo punto. La baciavo molto poco, rispetto a quanto avrei voluto. E le sfioravo delicatamente le labbra, senza metterci tutto l’impeto che trattenevo dentro di me, ogni volta. La gola mia ardeva senza pietà, come un sole che esplodesse nella trachea. E il desiderio del suo sangue aumentava in proporzione alla sua vicinanza. Dopo poco che poggiavo le mie labbra sulle sue, ero costretto a ritirarmi in buon ordine. Il vampiro attaccava violentemente in questi frangenti, e per essere sicuro di contenerlo, dovevo fermarmi. Prima che prendesse il sopravvento. Dovevo stare attento al vampiro, ma anche alla sua forza. Lei era fragilissima rispetto a me. Era sempre entusiasta e si lanciava nel bacio con molta più passione di quanto ne potevo sopportare, senza lasciarmi andare. E rischiare di ucciderla. E dovevo sempre frenarla; non gradiva mai che mi tirassi indietro. Ma era per salvarle la vita che agivo così. Non certo per un mio desiderio. Fosse stato per me, l’avrei baciata tutto il giorno. Oltre questo, andavamo d’amore e d’accordo, come se fossimo uno solo. Mentre lei viveva la sua vita, io vivevo per lei. Esattamente ciò che desideravo.  
L’avevo lasciata poco prima dell’alba. Ero sgattaiolato come sempre – fuori dal suo abbraccio – ed ero tornato a casa per cambiarmi e andare ad aspettarla a scuola. Oggi era un giorno importante, anche se si ostinava a viverlo come una tragedia. Per me, questo era un giorno da festeggiare. Come avrei vissuto, se lei non fosse nata? Solo il pensiero mi metteva i brividi. Non volevo ricordare quanto fosse vuota e triste la mia esistenza, prima che arrivasse lei. Appena giunto a casa, Alice mi aveva imposto di spalleggiarla per la festa che le aveva organizzato. Sentivo forte, l’odore di rifiuto in arrivo. Sapevo che Bella odiava le feste. Come essere al centro dell’attenzione. Ma sapevo anche, quanto la mia famiglia – e in particolar modo Alice – ci tenessero a festeggiarla. Tutti l’amavano – esclusa Rosalie. E Jazz – bè - il suo unico problema in realtà, era controllarsi. Aveva sempre pensieri positivi su di lei. Comunque, speravo che Bella collaborasse un tantino, e che si adeguasse all’entusiasmo di mia sorella. Pura utopia, diceva una vocina nella mia testa. Ma avrei cercato di fargliela digerire. Cos’era mai, in fondo. Solo una festicciola tra noi. Niente di strano. Bella era stata già tante volte a casa nostra. Cosa poteva esserci di tanto diverso?
Mentre l’aspettavo davanti scuola, con la mia sorella pestifera preferita, sentivo già forte la sua mancanza. Non vedevo l’ora che arrivasse. Ogni attimo lontano da lei era una tortura per me. Quando sentii il rombo del Pick-up in avvicinamento, mi sentii subito meglio. Anche se non le leggevo nella mente - mentre scendeva dal suo decrepito mezzo - il suo umore era scritto a caratteri cubitali sul suo viso. Pessima giornata. Proprio come temevo. Erano mesi che il tasto “età”, era sensibile per lei. Alice le saltellò incontro con un pacchetto per lei. Ovviamente, come mi aspettavo – e credo che fosse preparata anche Alice – non aveva accolto molto bene il dono. “Niente regali”. Con un umore tetro. Le si poteva quasi vedere una nuvoletta nera sulla testa. Quando arrivò da me, le porsi la mano. Probabilmente oggi avrei dovuto trattarla con le pinze. Meglio essere prudenti sia con i gesti che con le parole. Non volevo turbarla, più di quanto non lo fosse di suo. Ma mentre mi stringeva la mano sentii il suo cuore perdere un battito. Sorrisi. Era segno che la nuvola si era allontanata. Almeno per un po’. Adoravo, avere quest’effetto su di lei.
Cercai di andarci con i piedi di piombo. Speravo ancora che cambiasse idea, su ciò che mi aveva imposto. Mentre le accarezzavo le labbra: “Quindi - su tua richiesta - mi è ancora proibito, farti gli auguri, giusto?”.
“Giusto”, rispose concisa.
Tentammo, sia Alice che io, di rasserenarla sulla questione. Ma era decisa a prenderla per il verso sbagliato. Il fatto che – tecnicamente - fosse più vecchia di me di un anno, la sconvolgeva. Ma io, in realtà ne avevo centonove mica diciassette. Anche se erano quelli gli anni che dimostravo. La sua età non m’importava affatto. L’avrei amata follemente anche quando avrebbe avuto ottant’anni. L’aspetto fisico contava davvero molto, ma molto poco per me. Ciò che amavo di lei era ben altro. Era la sua anima, la sua forza, il suo coraggio, il suo carattere, la passione con cui mi amava. Incomprensibilmente, tra l’altro. Il suo corpo era bellissimo, ma non avrebbe mai e poi mai influenzato, ciò che provavo per lei. E sapevo anche dove andava a parare nella sua testa. Immortale. Il mio sorriso s'irrigidì solo al pensiero. Lei continuava a tartassarmi perché la trasformassi, ma io non l’avrei mai privata della sua anima. Senza contare, che non avrei mai voluto che subisse quel dolore terrificante. Per me l’avrei voluto, con tutto me stesso. Ma per lei, non potevo tollerare che subisse quell’inferno. Era fuori discussione.
Poi Alice deviò il discorso sulla festa. Di bene in meglio. Infatti, fece di tutto per evitare l’invito. E sebbene, Alice fosse pronta a ribattere ad ogni sua scusa, alla fine decisi di assecondarla. Era pur sempre il suo compleanno, anche se non voleva festeggiarlo. Volevo che almeno una cosa, la facesse come voleva lei. Quindi interruppi le proteste crescenti di mia sorella, ai suoi pretesti. E, concedendo a Bella di vedere questo benedetto Romeo e Giulietta - nella versione degli anni sessanta, consigliata dal professore – dissi a mia sorella che saremmo arrivati per la festa, verso le sette. Riuscii a soffocare le proteste di Bella, con la scusa che dovevamo entrare in aula, mentre Alice saltellava soddisfatta, verso la sua classe. E per tutto il tempo non accennai più alla festa. Per fortuna, più passavano le ore e più si rilassava. Alla fine delle lezioni l’accompagnai come sempre al suo Chevy. Alice era andata via con la Volvo, così io sarei rimasto con Bella. Tanto per cominciare, perchè volevo stare ogni attimo con lei, ma anche per evitare che si dileguasse - per evitare la festa. Sapevo che ci avrebbe provato. Non lo gradì. E reagendo da testarda qual era, si ostinò a guidare lei. Per assurdo, con la scusa che fosse il suo compleanno. Oggi la sua mente mi era ancora più incomprensibile del solito. Ma ormai la conoscevo abbastanza da sapere come prenderla.  
Una volta nel Pick-up iniziai ad armeggiare con l’autoradio. Ero felice che Emmett avesse deciso di regalargliene una nuova. Almeno, una cosa del suo mezzo, non sarebbe stata decrepita. Bella non gradì la mia battuta sull'elemento in questione, e la sua risposta acida mi fece sorridere. Anche se cercai di contenermi. Non volevo irritarla ancora di più. Ma era quasi comico, vederla arrabbiata con me. Non le succedeva mai. Non capivo proprio questa sua costante ritrosia a ricevere regali. Per me il suo atteggiamento era un mistero. Io potevo darle tutto, qualsiasi cosa desiderasse. Perché non mi concedesse di esaudire i suoi desideri era una cosa incomprensibile. E vederla privarsi di tante cose, vederla lavorare, andare in giro con uno Chevy in fase di decomposizione, era una cosa che mi turbava e mi faceva stare male. Senza contare le discussioni sul college. Io le avrei pagato molto volentieri le spese per i suoi studi. Ormai era praticamente parte della famiglia. Come pagavamo le nostre rette, potevamo tranquillamente pagare anche la sua. Per noi, il denaro non era certo un problema. Con Alice, il gioco in borsa era una passeggiata. Avevamo denaro molto, ma molto più, che in abbondanza. In fondo, l’anno seguente, potevamo andare tutti a Dartmouth. Sarebbe stato bellissimo. Ero entusiasta a quell’idea. Ma si ostinava a fare le cose con le sue sole forze. Chissà in quale college saremmo finiti, con questo suo atteggiamento. Non che m’importasse, ma pensavo anche alle offerte del college, che si adattassero a noi vampiri. E alla caccia, naturalmente. Io avrei potuto darle tutto. Perché non accettava niente da me? Era categorica. Non mi aveva concesso nemmeno di farle il regalo di compleanno. Anche se qualche cosa gliel’avevo fatto. Ma senza spendere denaro. Lei lo avrebbe indubbiamente rifiutato, ne ero certo. Ma ciò che le avrei regalato, aveva buone prospettive di farla felice. Almeno lo speravo ardentemente. Sapevo quanto amasse la mia musica e sentirmela suonare. Alice mi aveva dato una mano. Mentre io suonavo al piano, i suoi brani preferiti – partendo dalla sua ninna nanna – Alice li aveva registrati su cd. Ora ero bello impacchettato, insieme agli altri. In attesa che venisse a casa nostra ad aprirli.
Quando parcheggiò di fronte a casa sua, le presi delicatamente il volto tra le mani. Speravo che il fascino che esercitavo su di lei, la rasserenasse. Con gli occhi incollati ai suoi le chiesi: “Se non sei contenta oggi, quando allora?”.
“E se non mi andasse di essere contenta?” replicò senza fiato ma con una smorfia evidente alla parola “contenta”.
Affondai ancora di più i miei occhi nei suoi: “Mi dispiace”. E mi avvicinai per baciarla. Quando le mie labbra si poggiarono sulle sue, come al solito la mia doppia personalità mi travolse. Il vampiro ringhiava dentro di me, chiuso nella sua cella e privato della voce. Ma la gola sembrava un altoforno. Il dolore era violento. Ma il piacere che l’altra parte di me provava – cioè l’uomo – mitigava la sofferenza, tanto da renderla sopportabile. Le sue labbra erano morbidissime, calde, anzi bollenti. E il suo sapore mi stordiva. Il desiderio di non smettere mai, era sempre tanto forte da obbligarmi a fare violenza su me stesso, per lasciarle – quando il vampiro diventava troppo pericoloso. Adoravo baciarla. Le mie terminazioni nervose andavano in estasi. Sentivo il piacere che provavo sulle labbra, diffondersi in tutto il corpo. Era come se le sue labbra si posassero dentro di me, non solo sopra. Quando, come sempre si era lanciata nel bacio - con più impeto di quanto ne potessi sopportare - con un sorriso l’avevo sciolta dall’abbraccio intorno al mio collo. “Non esagerare”, le avevo sussurrato sul collo. Per poi, riportare le labbra sulle sue – delicatamente – per un ultimo assaggio prima di lasciarle. Il suo cuore martellava furioso nel petto. Era una cosa che mi piaceva troppo. Sentire il suo amore, la sua passione, in diretta - con un segno tangibile - era molto gratificante per me.
Quando Bella fece partire il film, si venne ad accomodare nel mio abbraccio, sopra il divano. L’avvolsi nel plaid che era poggiato sullo schienale, per non gelarla con la mia temperatura polare. L’abbracciavo riuscendo a controllare il vampiro, oltre all’uomo. Era calda, morbida e profumata. E mi tentava in modo incredibile. Ma amavo tenerla stretta a me, quindi mi godevo il piacere misto al dolore. Ero abituato – ormai – a sentire queste emozioni, agitarsi violente dentro di me. Avrei dovuto conviverci per tutta la sua vita.
Non capivo la sua passione per questa tragedia Shakespeariana. Romeo non mi sembrava un tipo molto intelligente. Aveva smantellato ogni sua possibilità di felicità. Mentre lei seguiva la storia, io l’accarezzavo lieve sulle braccia e posavo le labbra sui suoi capelli. Mi beavo di lei, mentre lei si faceva prendere dalla tragedia di Romeo e Giulietta. Avevo cominciato a sussurrarle all’orecchio, tutte le battute di Romeo. La sentivo rabbrividire alla mia voce, calda, bassa e dolce. Le stavo regalando altre emozioni. Era la mia massima aspirazione. Darle il massimo di tutto. Anche della tragedia di Shakespeare. Entrare insieme a lei, nelle emozioni che provava, era tutto per me. Quando pianse per il dolore di Giulietta - quando al suo risveglio trovò Romeo morto, per lei – un po’ lo invidiai. Per gli umani era tanto facile uccidersi, se volevano. In alcuni frangenti, avrei voluto tanto, avere la stessa facilità. Bella si sconvolse alla mia rivelazione. Ma forse non poteva capire. Quando James era stato sul punto di ucciderla, ero concentrato per arrivare in tempo e salvarla. Ma una parte del mio cervello valutava le possibilità che avevo per raggiungerla, se non fossi arrivato in tempo. Non avrei mai potuto sopravviverle. Era fuori questione. Come lo sarebbe stato una volta che fosse morta. Fosse stato per un incidente, una malattia o di vecchiaia. Io l’avrei seguita a ruota. Non potevo vivere senza di lei. Il pensiero, di vivere un’ora sola senza che lei fosse viva e al mio fianco, era una tortura insostenibile. Il dolore, mi avrebbe squarciato da dentro, facendomi bruciare nel più profondo degli inferni sulla terra. Solo il pensiero mi faceva sussultare. Sarei impazzito. Sarei morto dentro, mentre continuavo a non vivere. L’atrocità di ciò che avrei provato, avrebbe annientato ogni mio soffio di vita. Ma avevo la soluzione, per fortuna. Visto che sicuramente non avrei potuto contare sulla mia famiglia, sarei andato ad istigare i Volturi. Avrei trovato il modo di inferocirli tanto da uccidermi. Mentre raccontavo i miei pensieri a Bella, mi sentivo lucido e felice, all’idea che non avrei sopportato quel dolore terrificante. Che avevo trovato una soluzione praticabile. Volle sapere dei Volturi e mi rimproverò per le mie intenzioni. Il suo cuore batteva un po’ più veloce e scoordinato: era preda dell’ansia. Mi teneva il viso tra le mani, e cercava di convincermi a non farmi del male. Ma il male, sarebbe stato vivere…non morire. L’inferno sarebbe stato la vita, non morire ed andare all’inferno. Lei riteneva che non avesse importanza ciò che le sarebbe accaduto. Ma non si rendeva conto che tutto…di lei, era fondamentale per me. Ogni suo respiro era vita per me. Se avesse smesso di respirare, io avrei smesso di esistere. Non c’era altra soluzione. E comunque, come le avevo risposto – era una conversazione superflua - la sua vita non sarebbe stata mai più minacciata.
    

   
 
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