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Autore: Lena1897    23/07/2011    4 recensioni
Dal testo:
La stanza in cui Adrian si trova è immersa nella luce, i colori sono caldi e belli, tutto suggerisce bellezza e felicità. Angenoir, al centro della stanza, indossa un grazioso abito bianco, scivola sulle sue forme rotonde e materne, i bei boccoli corvini sono semi raccolti, fermati da delle perle ai lati del capo. Le guance sono teneramente rosate, come la bocca e gli occhi irradiano calma e serenità. Quando vede Adrian gli corre incontro sorridendo e lo bacia con innocenza e trasporto.
Genere: Dark, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Three Ladies

La stanza in cui Adrian si trova è immersa nella luce, i colori sono caldi e armoniosi, tutto suggerisce bellezza e felicità. Angenoir, al centro della stanza, indossa un grazioso abito bianco, scivola sulle sue forme rotonde e materne, i bei boccoli corvini sono semi raccolti, fermati da delle perle ai lati del capo. Le guance sono teneramente rosate, come la bocca e gli occhi irradiano calma e serenità. Quando vede Adrian gli corre incontro sorridendo e lo bacia con innocenza e trasporto.
Rimangono abbracciati ad osservarsi dolcemente, innamorati, fino a quando il guardiano non vede un'ombra correre alle spalle della sposa. Si discosta da lei, intimandole di non muoversi, mentre lui scappa dietro la sagoma scura che si muove troppo veloce. Comincia a correre mentre la insegue fino alla foresta. Il cielo si oscura rapidamente e tutto diventa blu, grigio e nero, non c’è calore, non c’è luce e lui comincia a sentirsi inquieto. Nei pressi di una radura, accanto ad una baracca sciroccata la figura si ferma. Il manto nero scivola sulle spalle strette, la statura è esigua ed un cappuccio la copre; pare tremare.
- Chi sei? - domanda cauto, cercando il pugnale alla cintola.
- Sono ciò che tu hai fatto di me - risponde una voce che Adrian conosce, ma distorta dal dolore.
- Voltati e guardami - dice afferrando saldamente l’arma, ma l’altra non accenna movimenti - Voltati e guardami! - ordina nuovamente. Con lentezza delle mani bianche e scarne fuoriescono dal mantello e tirano giù il cappuccio dal quale discende una massa di onde crespe, nere, secche. Infine la figura si volta ed Adrian cade in ginocchio nel vederla.
Sulle labbra non c’è più corallo, la pelle non è più bianca, ma d’un pallore grigiastro, tutto il viso è scavato e gli occhi infossati sono cerchiati da aloni neri, all’interno la pupilla è circondata dal rosso e il nero d’onice smorzato e spento. Sotto il manto un abito scuro pende su un corpo magro, scheletrico a giudicare dalla sporgenza delle clavicole oltre la scollatura.
- Che cosa hai fatto? - domanda la maschera con voce disperata - Beatrice che cosa hai fatto? - urla sbattendo i pugni per terra.
- Niente, Adrian - gli risponde muovendo passi verso di lui e chinandosi perché i visi possano essere alla stessa altezza - Non ho fatto niente, io - ripete, mentre una mano scarna si porta alla spalla ed abbassa il vestito, mostrando non solo quanto anoressico sia diventato il corpo ma anche un livido sull’avambraccio sinistro - Hai fatto tutto da solo.
- No… no… no… - ripete Adrian sconvolto - Io non volevo questo - si muove per afferrarla, ma troppo veloce la figura si scansa.
- Non puoi più toccarmi, non più - dice con più durezza e poi i lineamenti si trasfigurano in una smorfia atroce di dolore - Hai ucciso il mio bambino - singhiozza, mentre lo sguardo si volge ad un fagotto minuscolo, il lino bianco imbrattato di sangue. Adrian si avvicina e lo scopre e dentro vi vede un feto di circa dieci settimane, potrebbe già contargli le dita delle manine, se non fosse che grumi di sangue vecchio insozzano la piccola creatura morta.
- Non lo sapevo - dice sommessamente mentre comincia a piangere - Perdonami - supplica volgendosi alla figura - Perdonami - ripete.
- No. Io non so più perdonare. Non so più credere. Non so più vivere - scandisce la figura alabastrina, sempre più rigida.
- Ti prego… avremo altri figli - prova a convincerla, tentando di toccarle di nuovo le mani. Stavolta ci riesce, ma solo perché lei non si muove più.
- Non so più vivere e non posso più dare la vita - mormora a voce bassa - Io sono come morta - sussurra l’istante prima di immobilizzarsi. Adrian prova a smuoverla, a chiamarla, ma lei non risponde e gli occhi sono fermi, vitrei.
Sente una risata, non lontano. Prova a seguire quel suono, per cercare aiuto e si ritrova sulle sponde del laghetto. La luna è parzialmente nascosta dalle nuvole, ma illumina quello straccio di verde, puntellato di fiori colorati; anche gli alberi sono in fiore e le foglie sono dei verdi più disparati, le acque del lago sono anch’esse d’un verde petrolio e appaiono stranamente vischiose. Vede una fanciulla dai capelli neri, pieni di fiori camminare sul ciglio del lago. La sua veste rossa scivola su un corpo acerbo, magro, ma il tenue rosato delle sue mani fa intuire che sia in salute.
- Signorina… vi prego aiutatemi - gli dice avvicinandosi circospetto. La damigella si volta ed Adrian ancora una volta è sconvolto. Angenoir ha il viso magro, come quando l’ha conosciuta, il corpo esile, ma scattante e i suoi occhi sono vivi, misteriosi; sono gli occhi che l’hanno incantato, come le sue labbra, rosse perché sporche di succo di mirtillo. Ride allegramente quando lo vede
- Ciao! - lo saluta infantile.
- Beatrice sei tu, sei viva - dice sollevato.
- Chi è Beatrice? - domanda la fanciulla con un pesante accento spagnolo - Io mi chiamo Angenoir Marconi… - e fa un pomposo e teatrale inchino - e sono un’attrice. Tu chi sei? - gli domanda mentre prende delle erbe dalla sua borsa - Tenete del rosmarino… è buono per la memoria - gli dice porgendogli la pianta - e la lavanda che è così profumata - aggiunge tendendo il rametto violaceo.
- Beatrice sono io… Adrian - tenta lui prendendo i fiori e poi gettandoli per terra. La ragazza s’imbroncia al gesto.
- Non conosco nessun Adrian - afferma offesa tornando sulla sponda del laghetto a far l’equilibrista.
- Sono tuo marito… abbiamo tre figli… Beatrice - cerca di ricordarle. Ma lei scoppia a ridere.
- Io sposata? - lo schernisce - Voi siete pazzo! Io non sono sposata e non ho figli e non conosco nessuna Beatrice - ripete ridendo, in un modo che Adrian trova per qualche motivo fastidioso. Tanto che non controlla il gesto e la afferra per un braccio per avvicinarla a sé. La ragazza lo osserva spaventata, sgrana gli occhi - Sei tu… sei tu… - comincia a ripetere e prima che Adrian possa calmarla lei afferra il dagger dalla sua cintola e lo colpisce allo stomaco - Sapevo che saresti tornato, Filippo, per uccidere anche me come hai fatto con la mia famiglia - gli rinfaccia, per poi ridere - Ma sono io che ho ucciso te, bastardo - si china quindi per guardare Adrian sofferente - E ora muori - ribadisce infilando il pugnale ancora più affondo nella sua carne.
- Bea-Beatrice - soffia lui cadendo sulle gambe deboli, mentre fiotti di sangue escono dalla ferita. Ma lei non lo ascolta più, cantando con voce soave s’è avvicinata ad un albero le cui radici affondano nel lago, s’è arrampicata su di esse e tende le mani verso un ramo per cogliere dei fiori di ciliegio, ma all’improvviso perde l’equilibrio e cade nel lago. Adrian la vede inghiottita dalle acque l’attimo prima che la morte lo colga.

Si sveglia sudato e spaventato al centro del suo letto, si guarda intorno, ma di Beatrice nemmeno l’ombra.





Angolo autrice: Salve, questa è la seconda Shot che pubblico su Beatrice/Angenoir ed Adrian, personaggi originali creati da me e da una mia amica. Questa è probabilmente più inquietante della precedente, mi dispiace se ho esagerato, spero comunque di avervi offerto una lettura interessante. Se avete critiche o suggerimenti, lasciatemi una recensione e sarò felice di rispondervi.
   
 
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