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Autore: pillsandshit    24/07/2011    2 recensioni
Come il famoso Harry Potter, anche Cassie Prescott ha ricevuto la sua lettera, insieme ad altri futuri grandi maghi, tra cui le migliori amiche Amy e Penny, il figlio del celeberrimo Malfoy, Scorpius, i figli del ragazzo sopravvissuto, Lily ed Albus Severus Potter, e tanti altri, quelli della Nuova Generazione. Nessuno riesce ad avvicinare Cassie né tanto meno a stringerci amicizia, perchè il suo passato non le permette di affezionarsi alle persone; tranne che ad Amy e Penny. Con loro è sempre stato diverso, perchè nessuna delle tre si era mai dovuta sforzare di essere carina o gentile con le altre. Si capivano e basta, e andavano d'accordo. Nonostante fossero state smistate in case diverse. Ma si sa, Hogwarts non è solo un luogo di magia, ma bensì un luogo in cui ritrovare se stessi, un luogo in cui scegliere chi poter essere. E così fa anche Cassie, dopo aver capito che non è il passato che fa il nostro futuro.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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#SEI ANNI FA

La sveglia segnava le sette e un quarto, quando suonò per la terza volta. 
Ero troppo stanca per alzarmi, così mandai al diavolo le tre ore di ''preparazione del look'' e restai a letto, prendendo la sveglia assonnata e mettendola sotto il cuscino.
Avevo dormito a malapena la notte precedente, e di certo un'ora in più di sonno non mi avrebbe fatta arrivare tardi il primo giorno in quella scuola. Purtroppo però, neanche due secondi dopo, qualcuno irruppe nella mia stanza, disturbando il mio non-sonno.
Blaise. 
«Heilà! Buongiorno dormigliona!» quasi urlò, spalancando la mia porta per poi raggiungere le finestre, mentre io in risposta borbottavo qualcosa di incomprensibile, che neanch'io capii.
Blaise tirò le tende per far entrare la luce del sole, e che sole poi. Ce n'era di quelli che neanche ad agosto si vedevano. Nella stanza entrò una luce pazzesca, che faceva male agli occhi anche solo a guardarne il riflesso sul pavimento. Così li richiusi, buttando quasi a sbattere, la testa sul cuscino. 
«Eh no, non ci pensare tesoro. Alza quel didietro e vai a prepararti, o faremo tardi.» Sorrise Blaise avvicinandosi al mio letto, tirandomi giù le coperte che nel frattempo avevo tirato fin sopra alla testa, cercando di dormire un altro po'.
Confusa e per gran parte addormentata, borbottai un «eddai, ma ho sonno! Non possiamo prendere il prossimo treno?» così mi misi una mano sulla fronte a mò di riparo per la luce del sole che stavo iniziando ad odiare da quel preciso momento. 
«Ti piacerebbe. Ma no, non possiamo. C'è un solo treno per Hogwarts, e se lo perdi resti a casa. E a me pare di aver capito che tu non vuoi restar qui qualche secondo in più, o erano solo fantasie?»
Tirai Blaise per un braccio, facendolo mettere davanti a me così da coprire la luce. E che diamine, non volevo perdere la vista prima del mio primo giorno di scuola. Di quella scuola. Hogwarts. Chi avrebbe mai pensato che una ragazzina di appena undici anni, era una strega? E non ero neanche l'unica. Quest'anno, avrei frequentato il primo anno insieme ad altri ragazzi maghi e streghe della mia età, e so che di solito le persone normali e con un buon cervello sarebbero più che emozionate di andare in quella scuola, ma io non di certo. In realtà, la consideravo una specie di fuga da casa, un posto in cui rifugiarmi finalmente, un posto da fare mio. Anche se lì di mio avrei fatto solo la divisa, ma questi son dettagli.
«No, hai ragione» risposi ancora assonnata, e facendo per alzarmi dal letto, continuai «ci metto un attimo a prepararmi. Hai avvertito mia madre che oggi è il gran giorno? Cioè, le hai ricordato che una madre normale dovrebbe ricordare a sua figlia cosa portare e cosa no prima di partire per un viaggio così? O anche solo di salutarmi?»
«L'ho chiamata ieri sera prima di andare a dormire, ed era un po' impegnata... ma ha detto che ci sarà.» Disse, un po' in imbarazzo forse, abbassando lo sguardo.
«Ci sarà? Sì, certo. Ed io allora ho progettato il London Eye.» Scrollai la testa, mentre mi spostavo per la stanza raccogliendo trucchi e vestiti da portare in bagno con me.
«Wow, allora sarai sicuramente smistata tra i Corvonero, se sei così geniale da progettare uno dei monumenti più famosi di Londra.» Ci scherzò su, sorridendo e spingendomi piano verso il bagno.
«Sbrigati pigrona, intanto vado a prepararti la colazione» disse, ancora sorridendo.
«Okay.»
Quando entrai in bagno, non volevo assolutamente guardarmi allo specchio, sapendo già com'era il mio aspetto ancor prima di guardarlo: orrendo. Ma non potei fare a meno di dare una sbirciata, dato che avevo lo specchio praticamente di fronte. 
Ero pallida, e la luce del lampadario rendeva la mia pelle chiara a chiazze, facendola sembrare quella di un cadavere. I lunghi capelli rossi, raccolti in una coda alla cieca, avevano preso una strana sfumatura arancione, sotto quella luce. Gli occhi ancora assonnati, erano circondati di profonde occhiaie, mentre sulle guange s'intravvedevano ancora le righe lasciate dalle lacrime che scendevano giù, durante l'ennesima nottata passata a piangere. Avevo un aspetto a dir poco orrendo; e il pigiamone di certo non aiutava. Mi allontanai in fretta dallo specchio, non volendo vedermi ridotta a quel modo ancora a lungo, mi tolsi la maglia gigante con cui dormivo spesso, i calzoncini, e mi infilai sotto la doccia. Era calda quanto bastava per farmi rilassare, e fredda abbastanza per farmi svegliare. 
Poco dopo, esattamente 8 minuti più tardi - avevo iniziato a migliorare il mio record nel fare una doccia - me ne stavo di nuovo davanti allo specchio, stretta nell'accappatoio e con il phone in mano, ad asciugarmi i capelli. Avevo ancora un aspetto lugubre, ma era decisamente migliore di prima. Ora, solo le profonde occhiaie mostravano la mia stanchezza.
Mi rivestii in fretta, per poi correre giù dalle scale ed arrivare in cucina. Come sempre, Blaise mi aveva preparato una brocca di succo alla pesca, e le sue strabuonissime frittelle, con tanto di faccina sorridente fatta con la panna. Dio, se sapeva cucinare! Addentai in fretta una frittella, staccandole una parte del sorriso così da farla sembrare una faccia triste. Solo a guardare quella frittella mi tornavano in mente tante cose, ma prima di mettermi a piangere così dal nulla, ricacciai indietro quei pensieri, e addentai un altro pezzo di frittella.
«Allora?» Blaise fece un sorriso a trentadue denti, che faceva sorridere a sua volta solo a guardarlo, ma che incuteva anche un pò di timore. 
«Squisite» ciancicai, per poi prendere un bicchiere di succo per mandar giù la quasi intera frittella che avevo cercato di mandar giù, con l'unico risultato di stare per strozzarmi da sola. 
Riprendendomi, continuai «come sempre del resto. L'anno prossimo, quando tornerò... mi insegnerai a farle?»
Il suo sorriso si allargò, incutendo ancora più timore. «Certo piccola. Ma adesso, dovresti pensare a quest'anno, e a divertirti, e soprattutto, a te stessa. L'anno prossimo sicuramente non vedrai l'ora di tornarci, in quella scuola. O forse ci tornerai così presto da non riuscire a tornare per imparare a fare le mie frittelle.» Continuò a sorridere, ma quando finì la frase il sorriso si spense un poco. 
Sapevo che era triste per la mia partenza, ma sapevo anche che l'avrei rivisto, durante ogni vacanza. E lo sapeva anche lui, dato che mi diede tutte le dritte su Hogwarts ancor prima di ricevere la mia lettera. 
Blaise era uomo stupendo, e per me era stato una specie di secondo, o anche primo, padre. Mio padre, un mago alquanto bravo (almeno così mi aveva raccontato Blaise), se n'era andato di casa appena mia madre gli disse che era incinta di me. E mia madre non resse: ovviamente lo amava davvero. E al contrario suo, lei restò con me. Ma non è mai stata davvero una madre, piuttosto una figlia, dato che ero io a consolarla quando stava male, e tutte le altre cose che invece una madre dovrebbe fare o dire alla figlia.
Da quando mio padre se n'era andato, mia madre aveva cambiato uomini continuamente. E succedeva ancora, ancora, e ancora. Ecco perchè passavo le notti a piangere. Ecco perchè ero cresciuta così, non fidandomi neanche di me stessa. Ed ecco perchè non vedevo l'ora di andarmene di lì. Negli ultimi undici anni, al posto di mia madre, c'era stato Blaise con me. Era stato il migliore amico di mio padre, e quindi era come uno di famiglia, anche per mia madre. Da quando si presentò la prima volta a casa mia, prendendosi cura di me come se fossi sua figlia, avevo sperato che mia madre potesse conoscere qualcuno come lui un giorno. Qualcuno che l'avrebbe resa davvero felice. Ma lei continuava a far ciò che voleva e continuava a non ascoltarmi, quindi diciamo che il nostro rapporto era andato a puttane da anni. O meglio, non esisteva proprio. Ma era sempre mia madre, perciò avrei voluto che fosse lì con me in quel momento, a salutarmi prima di partire per uno strano mondo di cui ancora dovevo cominciare a far parte. Così, bevvi l'ultimo sorso di succo di frutta, andai a darmi un'ultima sistemata, e poi, col mio baule, uscii di casa.
Vivevo in una delle zone più ricche di Londra: una di quelle zone piene di grandi ville con giardini così grandi da aprirci tre parchi dei divertimenti. Però, era anche una di quelle zone piena di ricconi strafottenti che solo perchè avevano qualche soldo in più degli altri, o un bell'aspetto, si credevano Gesù sceso in terra. E così anche io; ma che ci si può aspettare da una ragazzina di appena undici anni, cresciuta da un uomo che non è il padre, con una madre depressa ed egoista, e senza amici? Solo questo. Strafottenza, superiorità ed egoismo. Da quando ero all'asilo, allontanavo sempre chiunque cercasse di fare amicizia con me, o cercasse anche solo un contatto. Purtroppo ero fatta così, e per quanto ci avessi provato fin ora, le cose non erano mai cambiate, e neanche io. 
Mentre chiudevo la porta di casa, iniziai a sentire uno stano formicolio nello stomaco, come quando si è in agitazione per qualcosa. Il viaggio, mi dissi mentalmente. Anche se di solito, quando il mio stomaco faceva i capricci, era perchè qualcosa non andava. Una volta mi aveva perfino salvata da un serpente che girava per lo zoo, quando Blaise ci aveva portata.
Mi guardai intorno, ma non c'erano altro che enormi ville. Il cielo era sereno, e non c'era vento, il che non significava nulla di strano. Camminai lungo il prato della mia villa, fino a raggiungere i grandi scalini all'entrata, dove mi sedetti accanto al baule, aspettando mia madre.
Il tempo passava lentamente, così tirai fuori la mia prima edizione di Cime Tempestose, e ripresi a leggere dal punto in cui ero rimasta giorni, forse settimane prima. Amavo leggere, ma ultimamente avevo trascurato parecchio i libri, per star dietro all'ennesima fase di depressione di mia madre dopo l'ennesima rottura con l'ennesimo uomo. Che stress che era quella donna!
Appena abbassai gli occhi sul libro, ne sentii un altro paio su di me. Mi guardai intorno ancora, ma non c'era nessuno. Stavo per caso impazzendo? Molto probabile.
Stavo per tornare al mio libro, quando all'improvviso scorsi un movimento di fronte a me, al lato opposto della via cui stavo di fronte. C'era un'enorme villa bianca, poco più grande della mia, e alla porta, c'era qualcuno che tentava di chiuderla. Una ragazza, direi. A meno che i Malfoy non si fossero trasferiti proprio di fronte a me e Draco Malfoy si era fatto crescere un bel pò i capelli, allora sì, era una ragazza. Non la vidi in faccia finchè non si voltò, dopo aver chiuso la porta di casa.
Aveva capelli di un biondo strano, quasi dorato, e li teneva legati dietro da una lunga treccia, che finiva con un fiocco bianco. Indossava una felpa bianca che le stava quasi aderente, e un paio di normali jeans. Sembrava avere più o meno la mia età, credo.
E come se potesse leggermi nel pensiero, nel momento preciso in cui la scrutai, mi guardò. 
Se ne rimase lì immobile a guardarmi, aspettandosi qualcosa forse. Da quella lontananza non riuscivo a vedere bene la ragazza, ma le sue labbra parvero muoversi in un «ciao» solo mimato.
Continuava a guardarmi, e io non distolsi lo sguardo, finchè non sentii sbattere la porta dietro di me. Blaise stava camminando veloce verso di me, con il telefono in mano.
Ripensando alla ragazza immobile, mi voltai lentamente, ma lei stava già richiudendo la porta dietro di sè, dopo essere entrata in casa. 
«Non verrà. Vero?» dissi guardando un punto fisso davanti a me, per cercare di non guardare Blaise. Lui si sedette accanto a me. «No. Mi dispiace.» mi disse con lo sguardo un pò triste.
«Non c'è bisogno di mettersi a piangere no? Ci sono abituata tanto.» Abbassai lo sguardo sui miei piedi, per poi voltarmi. «Allora... andiamo?» sperai che fosse arrivata l'ora di andare, perchè non avevo intenzione di parlare dell'argomento.
Con mia sorpresa, lui sorrise, entrò in casa e poi riuscì con indosso un giaccone lungo e nero, da bravo Serpeverde. (Ah, non ve l'ho detto? Blaise Zabini, ex serpeverde, ex migliore amico di Malfoy. Draco Malfoy.) 
E parlando del diavolo...
Appena Blaise chiuse il cancello della villa, vidi due figure in lontananza avvicinarsi. E non c'era bisogno di avvicinarsi per vedere chi fossero. Anche attraverso la nebbia più fitta, si riuscivano ad intravvedere due teste bionde - che da lontano potevano sembrare bianche - e ingelatinate. No vabbè, forse non era così prevedibile chi fossero, ma solo una famiglia poteva provenire dalla villa alle loro spalle, i Malfoy. Villa Malfoy era la villa più famosa, in un certo senso; per Draco Malfoy ovviamente. Era anche la villa più grande, e forse la più bella, di tutta quel circolo. Si trovava in fondo alla via, accanto ad altre due ville, di cui non conoscevo i proprietari. Vicino alle due ville, c'era la mia, e di fronte alla mia, quella della ragazza bionda. I Warrington. Nel circolo vivevano tutti maghi che erano stati dei Serpeverde, sia famosi che non, ma io non ne avevo mai conosciuto nessuno.
«Guarda chi si vede!» sorrise Blaise ai due. Non mi ero accorta che fosse accanto a me, nè che i due si erano avvicinati a noi. 
Blaise allungò una mano, che strinse quella di Draco Malfoy. «Ciao, Blaise.» Sorrise lentamente Malfoy. «Non sapevo avessi una figlia.» Continuò, guardando me per un attimo, che sembrava un'eternità. L'avevo sempre trovato un uomo affascinante, anche se la stempiatura aveva iniziato a farsi vedere. Ma lo trovavo comunque affascinante; cavolo era Draco Malfoy! Nel momento in cui rimasi a fissarlo nei profondi, e bellissimi, occhi grigi, non mi accorsi di avere due occhi puntati su di me. E nemmeno di essermi persa metà del discorso tra Blaise e Draco Malfoy.
«Non c'è dubbio che terrà alto il nome di famiglia. Giusto Scorp?» chiese Draco al figlio.
«Giusto papà.» Usava un tono piuttosto suadente per avere solo undici anni. E anche un pò troppa gelatina, per i miei gusti.
E così quello doveva essere Scorpius, il famoso figlio dei Malfoy. E come aveva appena detto il padre, era più che sicuro che sarebbe stato un Serpeverde. Ed io ora, iniziavo a non aver più tanta voglia di finirci, con quello strano ragazzino che se ne stava lì a fissarmi, mentre io fissavo il padre. Detta così può sembrare una strana scena, ma sfido chiunque a riuscire a staccare gli occhi da quel gran figo di Draco Malfoy.
Perciò, li staccai di malavoglia, quando Scorpius mi disse un «ciao» sempre con voce suadente. Guardandomi come si guarderebbe un bicchiere d'acqua dopo aver camminato una settimana nel deserto senza bere. Metteva i brividi. Al contrario del padre, i suoi occhi grigi erano screziati di azzurro, ma erano altrettanto penetranti. 
«Ciao» risposi, senza sorridere né accennare ad un saluto né fare nient'altro che fosse un qualsiasi movimento. A volte ero un pò goffa, e in quel momento non avevo voglia di fare una qualche figura di merda davanti a Draco Malfoy.
«Sono Scorpius, piacere.» Continuò lui, sorridendo un poco. «Spero di vederti nei Serpeverde.»
«Lo spero anch'io.» Risposi cercando di mantenere il tono più calmo di quanto non fosse.
«E tu sei...?»
«Cassie, Prescott.» Rispose Blaise per me, sorridendo al ragazzino.
«Allora piacere Cassie Prescott.» Mi sorrise, non gentilmente, ma da ragazzo-figo-che-sa-di-essere-figo.
«Come credi.» Risposi, cercando di sembrare superiore a lui. Cosa che mi riuscì, dato che ridusse gli occhi a fessura, senza smettere di sorridere però. Gli occhi dicevano chiaro e tondo che per un Malfoy, era ovvio che chiunque al posto mio li avrebbe serviti e adorati, ma a me non importava. Non mi facevo mettere i piedi in testa da nessuno, neanche da un Malfoy. A meno che non fosse stato il padre, ovvio.
«Scusa, Draco, ma siamo in ritardo.» Sorrise gentilmente Blaise a Draco, mentre l'ultimo allungò di nuovo la mano, che Blaise strinse di nuovo.
«Spero di rivederti in giro, Zabini.» Ricambiò il saluto Draco, facendo un piccolo sorriso. Poi, seguito dal figlio e dal suo sguardo ancora su di me, se ne andarono.
«L'ultima cosa che vorrei è che tu scateni qualche litigata col piccolo Scorpius, arrivata ad Hogwarts. Su, andiamo.» Mi sorrise Blaise, per poi prendermi per le spalle e incamminarci.
Beh, il mio stomaco era ancora piuttosto sottosopra, e il mio cervello doveva ancora mettersi in moto per il fatto che stavo per andare in una scuola piena di maghi e streghe. Cercavo di restare calma almeno esteriormente, mentre dentro morivo di curiosità su come sarebbe stata la scuola, gli insegnanti, gli alunni e tutto il resto. Blaise mi aveva rassicurata per tutto il viaggio, fino all'arrivo alla stazione, quando mi trovai davanti a un enorme, e davvero lungo, treno rosso e nero, col nome di Binario 9¾. 
   
 
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